Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 26 - FEBBRAIO 1999
  Cento idee per lo sviluppo
Renzo Moschini


In un ponderoso volume di quasi 700 pagine a cura del Dipartimento delle politiche di sviluppo e di coesione del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione sono raccolte e presentate le "Cento idee per lo sviluppo; schede di programma 2000-2006", discusse a Catania ai primi di Dicembre del '98.

E probabile che qualcuno dinanzi a pubblicazioni del genere vada con la mente e, quindi, con comprensibile scetticismo, all'ingloriosa fine di tanti 'libri dei sogni'. Ma sbaglierebbe. Non certo perché dinanzi a programmi che impegnano centinaia di amministrazioni a tutti i livelli istituzionali e tanti e diversi progetti non sia lecito - anzi doveroso - tenere gli occhi bene aperti e non farsi illusioni. Sbaglierebbe perché in quel volume non c'è un 'piano', ma vi sono raccolte cento e più idee frutto, come ricorda il Ministro Ciampi nella sua introduzione, del lavoro di cento e più mani. Quel volume grazie alla regia del Ministro e del ministero che più si sono contraddistinti nello sforzo per 'portare' l'Italia in Europa, raccoglie già tante tessere che insieme ad altre domani potranno costituire il mosaico della nostra nuova politica di programmazione. Politica da costruire attraverso un processo partenariale di analisi, di discussione tecnica e politica, di decisione da parte delle Regioni e delle istituzioni centrali.

Si tratta in buona sostanza di un punto di partenza e non di arrivo di quella 'Nuova Programmazione' in cui il metodo di informazione, trasparenza, coordinamento, negoziazione, valutazione tecnica vale quanto il merito delle proposte .

E poi è la prima volta che Stato, regioni e autonomie in base a nuovi strumenti europei si impegnano sulla base di ben definiti percorsi ma anche precise date e scadenze a dar vita a tavoli di concertazione e negoziazione nazionali e regionali, per concordare le cose da fare e fissare le responsabilità di ciascuno senza trucchi e senza inganni. Non è davvero poco considerata l'allergia atavica delle nostre istituzioni ad assumersi concreti, chiari impegni e soprattutto a mantenerli senza scaricare sugli altri partner la responsabilità dei ritardi e delle inadempienze.

Se poi si tiene conto che il tutto riporta e riconduce ad altri non meno significativi accordi a cominciare dal patto per lo sviluppo sociale, ai patti territoriali, ai contratti d'area, ai contratti di programma credo non si faticherà a comprendere che quella che si aperta è davvero una nuova fase.

A questo punto vorrei evidenziare che tra gli aspetti positivi e importanti di questa 'operazione' vi è una novità che non mi pare sia stata finora colta in tutta la sua valenza. Intendo riferirmi alla collocazione e al ruolo delle tematiche ambientali nell'ambito di questa 'nuova programmazione'. Sono note le polemiche che da sempre accompagnano il dibattito sulle politiche ambientali e l'accusa che esse regolarmente finiscono ai margini delle scelte di fondo o, tutt'al più, se va bene, in un apposito 'capitolo' .

Anche recentemente in occasione di un primo bilancio delle politiche ambientali dell'attuale governo ci si è chiesti se oltre al lodevole impegno del ministro Ronchi c'era qualcosa di nuovo rispetto al passato nel comportamento del governo.

La conferma più puntuale e chiara che c'è del nuovo viene proprio dal quel ponderoso volume e da quegli atti che o lo recepiscono o comunque lo accompagnano e lo sostengono (patti, ecc.). Quegli strumenti ormai costituiscono i binari sui quali si muove la politica governativa al centro, ma anche in periferia in virtù appunto di quelle intese autonomamente sottoscritte non soltanto dalle istituzioni ma anche dalle rappresentanze sociali.

Il lettore scettico ma anche chi da tempo chiede una diversa considerazione dei problemi ambientali non potrà non provare soddisfazione ed anche una certa sorpresa nel trovare che tra i cinque grandi assi di intervento della relazione Previsionale programmatica ricordati nella introduzione da Ciampi, al primo posto vi è la 'valorizzazione delle risorse naturali e ambientali' .

E che non si tratti, diciamo così, di un 'caso' o di una scelta di facciata lo si vede subito perché poche pagine più avanti, nel capitolo 'Fabbisogni e opportunità', nell'indicare le politiche i cui effetti diretti dovranno contribuire al 'benessere dei cittadini' si indica 'la loro capacità di godere del patrimonio naturale e culturale in primo luogo delle aree in cui operano'. Tra i beni da godere vengono indicate la qualità dell'acqua, dell'aria, dei prodotti di cui si avvalgono. E se fin qui siamo agli obiettivi generali, quando si passa alle 'idee, proposte, progetti' e quindi ad una individuazione delle modalità operative e dei concreti obiettivi da perseguire specialmente per il Sud, si prospetta il rafforzamento di una coesione interna tra sistemi infrastrutturali e ambientali integrati fra i parchi e le aree protette.

Al tema dei Parchi naturali sono in effetti dedicati nel volume numerosi contributi di esperti e, ciò che più conta, molteplici riferimenti puntuali nelle schede presentate dai ministeri e dalle regioni. Come viene detto nel commento introduttivo del volume "La valorizzazione dei parchi implica un loro stretto collegamento con il contesto territoriale di riferimento e la definizione di una 'rete ecologica nazionale' (Gambino)". Di fronte alle opportunità di sviluppo turistico offerte dai parchi naturali e alla pressione a cui gli enti di gestione sono sottoposti per localizzare le proprie strutture e Centri Visita, appare necessario concentrare gli interventi nel fornire ai parchi l'assistenza tecnica necessaria a elaborare programmi di intervento (ad es. piani di ricettività, di informazione diffusa, di accesso controllato, ecc.) e nel realizzare "programmi basati sul trasferimento di competenze e sul gemellaggio fra aree" (Natali).

Abbiamo voluto citare i parchi perché essi in qualche modo costituiscono, quasi simbolicamente nell'immaginario collettivo, l'espressione più significativa e avanzata di una seria politica ambientale anche se, ovviamente, non la esauriscono. Potremmo dire che così come il nostro ritardo nel costruire un sistema di aree protette per un lungo periodo di tempo è stata la testimonianza più tangibile (la prova a carico) della nostra 'arretratezza' politica e culturale in campo ambientale, oggi questo accresciuto impegno e interesse per i parchi conferma una inversione di tendenza le cui implicazioni non possono essere sottovalutate. Vedremo subito che nelle 'Cento idee' ci sono le premesse ma non ancora la certezza che a questa svolta 'promessa' si vada davvero e speditamente. Ma intanto dobbiamo registrare la novità perché come dice Massimo Scalia della Commissione Ambiente della Camera e leader storico dell'ambientalismo italiano; "Negli ultimi due anni e mezzo si è lavorato molto per fare aumentare l'incidenza dell' ambiente nelle politiche generali ed in particolare in quelle economiche. L'inserimento, per la prima volta, dell'ambiente tra le priorità nazionali nel documento programmatico del Governo D'Alema ha rappresentato, al riguardo un evento particolarmente significativo".

Ecco, le 'Cento idee' per uno sviluppo sostenibile sono la prova, 1' effetto concreto e tangibile di questa novità. Sarebbe ben strano che di questo non prendessero atto con soddisfazione e attenzione innanzitutto coloro che per l'ambiente vogliono efficaci politiche generali e non 'palliativi' o contentini settoriali.

Da una lettura d'insieme di questo documento emergono anche non pochi limiti e primo fra tutti quello di una certa genericità delle schede sia ministeriali che regionali o locali. Sono debolezze che sicuramente ai tavoli negoziali nazionali e regionali non potranno mostrarsi in tutta la loro portata e resta da vedere naturalmente quanto ad esse sarà possibile rimediare visto che in quelle sedi dovranno essere 'licenziati' progetti realizzabili. E tuttavia senza sottovalutare o minimizzare carenze peraltro note che nessuno può realisticamente pensare che potessero sparire di colpo, quasi d'incanto, resta un dato di fondo di straordinaria importanza. Il quale può davvero segnare un punto di svolta per le politiche ambientali e per la politica generale del nostro Paese; per la prima volta 1' ambiente nella sua più ampia accezione è assunto come punto di riferimento essenziale della 'nuova programmazione'. A noi qui non è possibile ovviamente dar conto neppure sommariamente del contenuto del volume e dei numerosi, persino insoliti, riferimenti a iniziative e progetti a carattere ambientale. Vale la pena di sottolineare che anche capitoli abbastanza tradizionali e ricorrenti in simili documenti, quali sono le 'infrastrutture', questa volta sono quasi sempre 'finalizzate' in tutto o in parte alla realizzazione di politiche volte a valorizzare correttamente, in maniera 'sostenibile' il nostro patrimonio naturale culturale, a renderlo accessibile, usufruibile. Anche i parchi, specie i grandi parchi del Sud, figurano quindi in questa strategia programmatoria non più come meri richiami di prestigio ma come concreti punti di riferimento di una politica che non solo li comprende ma li colloca in una posizione strategica, di volano.

Che tutto questo appaia sovente più accennato che definito progettualmente deve certo mettere in guardia da eccessivi ottimismi. Ad esempio, "Le regioni - come viene detto nella sintesi introduttiva - non rendono esplicito che cosa possa discendere dalla visione complessiva sopra esposta, in termini di rapporto tra programmazione regionale e programmazione dei fondi strutturali, o tra scelte riferite all'intera regione e scelte riferite alle zone ammissibili".

Così come, in altri casi, le priorità indicate con riferimento alle 'zone in difficoltà' sono difficilmente distinguibili da quelle regionali complessive. Resta comunque il fatto assolutamente nuovo che le esigenze di protezione ambientale, di salvaguardia e valorizzazione del nostro patrimonio culturale sono assunte, pur con i limiti appena richiamati, come strategicamente prioritarie e figurano in un progetto 'nazionale' che dovrà misurarsi con le scelte europee. E una occasione unica insomma, anche per i parchi, di trovare finalmente ai tavoli nazionali e regionali dove si prenderanno queste importanti decisioni un loro posto e non sugli strapuntini. D'altra parte anche le istituzioni centrali al pari di quelle decentrate, chiamate per la prima volta a misurarsi sia orizzontalmente che verticalmente con gli altri livelli operativi, non sempre danno buona prova e in più di un caso se la cavano con proposte improvvisate e confuse. Lo stesso ministero dell'ambiente non ne esce molto bene. Nella sua scheda 1' elencazione degli interventi prioritari riguarda nell'ordine: la tutela delle acque, i rifiuti, la bonifica dei suoli, la difesa del suolo e la tutela delle aree naturali protette. Per quest'ultimo punto gli interventi dovrebbero concernere: la rinaturalizzazione, la riconversione di habitat preesistenti, la riforestazione con connesse attività di manutenzione, la tutela della risorsa idrica, l'informatizzazione. Segue un punto specifico riguardante la tutela e difesa dell' ambiente marino.

La lettura di questa scheda colpisce per la sua sconcertante genericità. I titoli richiamati vanno bene per tutte le latitudini e in qualsiasi tempo, ma essi non sono accompagnati (a 10 anni dall'approvazione della legge 394) da nessuna concreta indicazione di progetti, ipotesi di merito e geografica.

Si parla addirittura di 'istituzione di aree protette rivolte specificamente alle risorse genetiche forestali'. A cosa ci si riferisce, forse a quelle competenze del Ministero delle Risorse agricole o a quelle delle regioni? Ma in questo caso appunto non compete al Ministero dell'Ambiente. O forse non bastano gli attuali parchi nazionali e regionali che hanno anche compiti sperimentali, per curare le risorse genetiche?

E ancora, quando si parla di riconversione degli habitat preesistenti e si lamenta la carenza di informazioni sullo stato della conservazione degli habitat e sulle loro esigenze, si invoca la informatizzazione ma si tace sulla Carta della Natura che da 10 anni doveva darci quelle informazioni.

Stessa disarmante genericità e approssimazione quando si passa al comparto marino dove i vascelli disinquinanti si incrociano con il richiamo ai piani paesistici senza che ne emerga una qualche concreta indicazione sulla effettiva costruzione di un sistema di aree protette marine raccordate a quelle terrestri.

Più che una scheda da discutere ad uno dei tavoli di negoziazione sembra di leggere una relazione piuttosto pasticciata e confusa che c'è da augurarsi che non esprima l'effettivo livello di conoscenze e di idee del Ministero. Speriamo insomma che ai tavoli negoziali il Ministero sia in grado di presentarsi con qualcosa di più credibile e serio.

E tuttavia anche queste parti meno felici e positive del documento per la prima volta figurano in un contesto con il quale tutti debbono misurarsi e fare i conti. E se qualcuno a quei tavoli farà una brutta figura, peggio per lui, ora non avrà più scuse o alibi per continuare a giustificare le sue carenze, in quanto sarà comunque chiaro che per fare buoni progetti occorre innanzitutto farlo con gli interessati, inquesto caso le aree protette.

Se c'è infatti una morale, diciamo così, in tutto questo è che sono finiti i tempi del 'fai da te'. Il fare insieme, naturalmente, non sarà per questo semplice tanta è l'inveterata abitudine delle nostre strutture amministrative a 'comandare' piuttosto che a 'collaborare'. Ma chissà che le 'Cento idee' non aiutino le 'nuove' idee ad affermarsi.