Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 27 - GIUGNO 1999
Tra i campi e il bosco, perplessi
M.G.
 

Solo le note a piè di pagina - Vivere sull'Adriatico a volte aiuta a capire alcuni nessi tra il pensare globalmente e l'agire localmente che coinvolgono l'Unione europea ed i Balcani. Altre volte aiuta a capire il complesso sovrapporsi dell'inquinamento di coliformi totali, fecali e streptococchi che Goletta Verde non si stanca di studiare, e quello da bombe della Nato (errore collaterale?). Sempre ci costringe al senso delle proporzioni, essendo chiaro che l'Adriatico è golfo del Mediterraneo, anch'esso golfo inquinato (e racchiuso in un catino di territori franosi e superantropizzati) che, a confronto dell'Atlantico, è poca acqua putrida. Essendo i grandi mari, altrove. Ed essendo le città nelle quali si decidono le sorti del mondo assai lontane da Sirolo o da Ancona.
Con questo stato d'animo, e quindi con una punta di quella "sprezzatura" che - forse non a caso - Baldesar Castiglione inventò da queste parti, alla corte dei Montefeltro, in Urbino, leggo quello che Giacomo Vaciago scrive sulla rivista diretta dall'anconetano Geminello Alvi, Surplus (bimestrale di economia del gruppo editoriale L'Espresso) a proposito del nesso tra il tanto celebrato "Rapporto Delors" che poi diventò il Trattato di Maastricht e l'attuale unione monetaria "... così poco attraente, ossessionata com'è dalla stabilità, a spese della crescita".
Giacomo Vaciago, fatta la lodevole fatica di rileggersi il "Rapporto Delors", conclude che "... il consenso con quella individuazione dei problemi e dei rimedi è ancora oggi elevato", ma trova grave che in fase di applicazione "del buon libro di testo si sono saltate le parti più interessanti, finendo per sviluppare solo le poche note a piè di pagina...".
Trovo notevole questa osservazione, perché la confronto con una serie di nostre teorie che guardano all'Europa dell'ambiente e delle aree protette come ad un processo che sarà in grado di attuare (magari lentamente, magari con qualche difficoltà di rodaggio) politiche di sistema e di rete di grande respiro. Pronti a rinunciare, magari, a fette di sovranità, ed anche ad antichi (ma non necessariamente vecchi) principi che davano molta importanza al locale ed alle sue autonomie amministrative.
Tuttavia si profila anche per i provvedimenti principali che dovrebbero sostenere la svolta ambientalista dell'azione dell'Unione europea quella applicazione che salta le parti più interessanti, sviluppando solo poche note a piè di pagina, e sgangherando ulteriormente quel poco o quel tanto di politiche che in sede nazionale e regionale si stavano mettendo in moto.
Ripeto. Tutto questo visto dall' Adriatico suona come qualcosa di lontano e un po' curioso. Hai I ' impressione che il gioco sia solo intellettuale. Una sorta di esperimento destinato a fallire di mettere le braghe al caso, ed alle pratiche basse, immaginato più per scrivere un editoriale che per cambiare davvero il corso delle vicende europee. Ma, dentro questi confini, e spruzzata di "sprezzatura", a me pare che la questione sia degna di figurare qui, in apertura di numero. Come monito, ma anche come filo conduttore del lavoro editoriale di Parchi.
I parchi sono mezzi, non fini. - Fatta la nostra parte alla quarta festa nazionale dei parchi, all'Aquila, ci apprestiamo a fare i conti con altri appuntamenti ormai tradizionali ( il convegno di Gargnano del centro studi Valerio Giacomini, dal 20 al 22 Ottobre; il classico "Parco produce"...), oppure nuovi e ricchi di suggestive promesse, come la Conferenza nazionale sulla tutela dei valori paesaggistici, voluta dal Ministero dei beni culturali, oppure quella sulla ruralità, voluta dal Ministero delle risorse agricole.
Già all'Aquila alcuni momenti convegnistici (I'incontro su Ape e sulle politiche di sistema, con la partecipazione di Valerio Calzolaio; I'incontro sui fondi strutturali e gli accordi di programma, con la partecipazione di Giorgio Macciotta) sono risultati in parte "nuovi", soprattutto per l'evidente acquisita padronanza da parte della Federparchi di un modo di lavorare che la rende naturalmente protagonista del confronto tra istituzioni, associazioni e tecnici, in vista di un lavoro sempre meno frammentato e sempre più volto alla pratica di politiche di sviluppo sostenibile. Vedremo se lo stesso clima si potrà mantenere negli appuntamenti "romani" che sono in agenda alla ripresa, ed in tutte le occasioni che saranno a calendario in questa fine di 1999, e che metteranno alla prova il "popolo dei parchi" nella duplice direzione che spesso ci ricorda Enzo Valbonesi: del non essere più autoreferenti, poiché i parchi sono mezzi e non fini, e del non sopportare più di essere considerati ospiti aggiuntivi e facoltativi ogni volta che sedi decisionali si occupino di tutela e valorizzazione della natura e di sviluppo economico comunque aggettivato.
Passeremo al bosco? - Passeggiando nei prati attorno alla basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove è sempre vivo il ricordo di frate Pietro Angeleri da Morrone, il papa Celestino V (sepolto lì) eletto già ottantacinquenne in luglio (e consacrato papa sempre lì, nella chiesa di Collemaggio), dimissionario a dicembre di quello stesso 1296 ... vengono pensieri neri. Come si fa, girando tra i tubi Innocenti che coprono la facciata dell'attuale residenza delle spoglie mortali di fra' Pietro Angeleri, imbattendosi con l'attrezzatura dell'arrampicata sportiva e con la gente che chiede cartine e gadget negli stand della festa dei parchi, dico come si fa a non pensare al "gran rifiuto" che solo Dante, con la sua testa medioevale, poteva attribuire alla "viltade"? Oggi che pericolosi soggetti come Ernst Junger trovano giudizioso "tagliare la corda" e "darsi alla macchia'', cioè passare al bosco come nuova risposta (di destra, certo; individualista, certo) della libertà dopo che il Titanic è affondato, e che la barca comune rischia di chiamarsi Leviatano, il ricordo della presenza del frate eremita nei boschi delmonte Morrone, nel parco della Maiella (sentieri consigliati numero 4, dal colle delle Vacche all'eremo di san Pietro, oppure numero 1, da Serramonacesca). da' da pensare. Soprattutto a chi, come molti di noi che presiedono parchi, avendo boschi splendidi a disposizione, potrebbe molto facilmente "passare al bosco" jungerianamente, come atto di libertà nella catastrofe, rifiutando di essere "lavoratore" o "milite ignoto", o chissà cosa d'altro, prodotto dall'intreccio tra il degrado ambientale e quello civile.
La comunicazione ambientale dà segnali zigzaganti - Il panorama degli impegni di f ne anno si intreccia. del resto, con un mondo della comunicazione in perenne fibrillazione, e con una discussione sempre al limite del conflitto di interessi.
Le Regioni danno deboli segnali di nuova vitalità (nascono due riviste regionali dedicate ai parchi nelle Marche e in Lombardia; nelle Marche il sottosegretari Valerio Calzolaio ha concluso ai primi di luglio la "prima conferenza regionale sulle politiche ambientali ', che ha dato ampio spazio alle aree protette ed al coordinamento marchigiano). Come dire: "eppur si muovono..." .
Ma per due riviste di Regioni che nascono, ce ne sono due, di area, che rischiano di scomparire, per decisione dell'editore. Modus ed Erba, due strumenti interessanti di comunicazione che i Verdi si erano dati potrebbero cessare le pubblicazioni, proprio mentre l'inserto dell'Unità dedicato a "Ecologia e territorio" muove i suoi primi passi. E non c'è da spremersi troppo le meningi su questi segnali contraddittori che arrivano da sinistra. Da sempre sappiamo che il percorso dell'innovazione è contorto, trasversale alle aree culturali. e carsico. Non lo scopriamo oggi. Come non scopriamo oggi che il processo di affennazione di politiche di sistema (o di rete) va a zig zag, e si confonde spesso con pantani dove non è chiaro se si stia costruendo un sistema, o il sistema per tirare a campare, e se la rete sia quello che si scrive nei documenti, o il solito strumento acchiappa farfalle.
Per chi immagina un sistema nazionale di aree protette che progetta con respiro europeo la crescita socio economica delle regioni italiane, con il supporto di una informazione generalista in grado di capire i termini della questione, facendo campagna con inchieste e notizie appropriate, e con l'aiuto di un ventaglio di strumenti informativi di settore, la congiuntura attuale porta parecchie ragioni di sconforto.
L'unica speranza alla quale ci si possa aggrappare è il dato di fatto che certi processi sono necessari a livello planetario, per contrastare le catastrofi "naturali" che ogni anno i rapporti sulla salute del pianeta ci sottopongono con crescente inquietudine, e che stanno diventando materia di direttive europee. Sicché sarebbe naturale aspettarsi che, nelle Regioni italiane e nei vari ministeri di riferimento, l'intera questione ambientale si indirizzasse presto su binari giudiziosamente programmati, e che i fondi dell'Unione europea non fossero legati soprattutto alla relazione del procuratore generale della Corte dei conti, Vincenzo Apicella, che annualmente contabilizza i danni causati dalle mancate entrate (nel 1998 furono, ad esempio. 4.500 miliardi), ma a decise politiche gestite con convinzione da tutti gli attori politici.
Il bicchiere si sta vuotando - Partecipando alla già citata "prima conferenza regionale sulle politiche ambientali", svoltasi di recente ad Ancona, mi è capitato di osservare che nonostante tutto il bicchiere non è ancora mezzo pieno.
Anzi, il bicchiere della nota metafora si sta svuotando, proprio perché in troppi ci muoviamo "come se" esistesse di già il sistema nazionale dei parchi, e "come se" i parchi regionali fossero adeguatamente finanziati, e "come se" quelli nazionali riuscissero a impegnare completamente le loro risorse, e non avessero più di 400 miliardi assegnati ma non spesi. Tutto questo - dicevo in Ancona, e ripeto qui - non capita per caso, ma perché una precisa politica ambientale di tutela e di valorizzazione non è ancora comune pab-imonio di tutti gli attori amministrativi.
E' questa la frontiera sulla quale siamo impegnati. Restando "sul nostro". Senza sgomitare. E perfino con buone dosi di 'sprezzatura".
Se riuschiremo a sfondare su questo punto, entreremo in Europa e modernizzeremo le regioni italiane. Altrimenti (stando sul nostro, senza sgomitare e con tutta la "sprezzatura" che ci sarà rimasta) diventerà molto ragionevole, e perfino coraggioso, qualche "gran rifiuto" del meridiano zero, o qualche piccolo, modesto e individuale passaggio al bosco, come risposta all'eterno sgangherato pasticcio del tira a campare nazionali popolare.
Un'idea per le prossime elezioni regionali -In ogni Regione si stanno sviluppando le ordinarie grandi manovre che precedono il rinnovo dei Consigli regionali. I più sinceri si limitano a proporre candidati, o a lavorare atfinchè il proprio candidato acquisisca un numero sufficiente di alleanze per affermarsi. Altri (bontà loro) parlano di progetti e di programmi. La Federazione dei parchi in occasione delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo ha chiesto a tutti i candidati uno specifico impegno a favore dei parchi. Alcuni lo hanno firmato, e la cosa potrebbe aiutare il lavoro di tutti noi. Analoga operazione potrà arricchire il discorso sui contenuti e sui programmi. Partendo per tempo potremmo addirittura partire dai rendiconti dei vari assessorati ai parchi. e degli atti presentati o approvati nei Consigli regionali. Se si danno voti, bandiere blu e vele verdi alle spiagge, non vedo perché non si possa mettere il naso nell'attività effettivamente svolta dai consiglieri regionali sui temi che ci appassionano.