Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 27 - GIUGNO 1999
Il Parco naturale regionale d'Aveto: dopo le controversie, ecco gli studi
Sabrina Capra e Silvia Soppa
 

L'occasione
Nel luglio 1997, l'Ente Parco Aveto, tra i primi in Liguria, ha dato avvio agli studi propedeutici per il Piano del Parco naturale regionale dell'Aveto, così come è previsto dalla vigente legge regionale n. 12/95, "Riordino delle aree protette".
Nonostante la tutela di quest'area fosse già prevista nella legge-quadro n. 40/77, le controverse vicende gestionali e amministrative delle aree protette liguri avevano fino a quel momento impedito l'avvio di studi approfonditi: mancavano enti di gestione appositi, mancava il personale, di conseguenza mancava chi si potesse occupare dell'organizzazione di iniziative di tale portata.
Gli Studi propedeutici al Piano del Parco delI'Aveto hanno costituito, dunque, una fase molto importante per la sua programmazione gestionale. Scopo di questi studi era quello di fornire un primo quadro di conoscenza della zona, il più esaustivo possibile, attraverso il contributo di numerose figure professionali che si occupano a diverso titolo del territorio.
L'organizzazione di tali professionisti è stata concepita facendo riferimento alle tematiche più innovative, poiché si è ritenuto importante utilizzare sia un apporto di tipo multidisciplinare, volto a tenere in considerazione tutti i molteplici aspetti che caratterizzano il territorio, sia di tipo interdisciplinare, allo scopo di delineare un quadro integrato della realtà analizzata.
Per raggiungere questi obiettivi, sono stati perciò utilizzati i contributi di numerose discipline, che potessero al meglio indagare le diverse caratteristiche di quest'area, da quelle naturalistiche a quelle territoriali e sociali.
Proprio questo ultimo ambito, territoriale e sociale, si richiama agli indirizzi del nuovo corso legislativo che ha introdotto, accanto a studi considerati tradizionali per la conoscenza di un' area protetta (zoologia, botanica, agronomia, geologia e urbanistica), studi di tipo sociologico (1)
A sua volta, il gruppo sociologico, partendo da questa impostazione di lavoro, ha sperimentato la collaborazione di due figure professionali, considerandole complementari in tema di proposte per la pianificazione territoriale: il sociologo e il territorialista.

Presupposti teorici e metodologici
La scelta di questa collaborazione è stata motivata, anzitutto, dal desiderio di provare strade nuove, partendo dalla novità dell'oggetto di ricerca, dal momento che gli studi sui parchi sono, almeno per quanto riguarda la Liguria, nella loro fase iniziale; inoltre, poiché le indagini di tipo sociologico sono state introdotte solo recentemente in questo settore e pertanto rivestono carattere ancora sperimentale, dalla necessità di trovare un metodo di lavoro che permettesse di conseguire gli obiettivi richiesti dal committente e, al contempo, di evidenziare l'utilità pratica e conoscitiva di questo approccio.
Sulla base di queste premesse, il gruppo sociologico ha fatto propria la considerazione che la conoscenza delle rappresentazioni sociali è elemento fondamentale di un processo di decodificazione del territorio e di acquisizione delle informazioni essenziali per la pianificazione e per la progettazione (...) Un elemento che ha lo scopo di consentire al progettista di rendersi conto dei rapporti complessi che si creano tra una popolazione ed un territorio, anche per poter immaginare quali rapporti potrebbero stabilirsi con gli spazi trasformati dalla sua ipotesi progettuale" (2).
Si tratta, pertanto, di un campo di indagine particolare in cui l'elemento del territorio, inteso come luogo fisico, luogo costruito e luogo abitato, diventa imprescindibile dallo studio dei rapporti e delle di-
namiche sociali presenti sul territorio stesso e oggetto di tradizionale indagine del sociologo.
Si è, allora, manifestata l'esigenza, condivisa, del dialogo tra la figura del sociologo e la figura specifica dell' architetto attento alle problematiche del territorio, affinché il sapere "esperto" (3) dell'uno interagisse con il sapere "esperto" dell'altro, per giungere ad una più alta sintesi delle due diverse forme di lettura del territorio.
Per quanto riguarda lo specifico problema della metodologia da adottare per l'analisi si è, di conseguenza, trovata una risposta proprio in questa nuova interazione tra le due figure di professionisti, in base alla quale le tradizionali tecniche di indagine utilizzate (analisi statistica, intervista ed osservazione) hanno potuto essere applicate in modo innovativo attraverso questo "duplice sguardo" sul comune "oggetto-territorio".
Questa impostazione di lavoro non solo ben si adatta ai più recenti indirizzi relativi al "principio della partecipazione" in materia di pianificazione delle aree protette, ma ne propone, anche, un'accezione particolare: poiché tale principio prevede la concertazione di più soggetti durante la pianificazione, si può pensare, facendo un ulteriore passo in avanti, che essa non debba limitarsi soltanto a coloro che vengono consultati nella fase di elaborazione del piano (ad esempio residenti, turisti, ecc.), bensì possa essere estesa anche a coloro che se ne occupano direttamente, cioè ai professionisti stessi, affinché "partecipino" attraverso le loro conoscenze (4).
La compresenza delle due figure del territorialista e del sociologo trova una ulteriore motivazione anche nelle caratteristiche tipologiche del Parco dell'Aveto, le quali, del resto, rispecchiano pienamente quelle di molte aree protette, in particolare liguri. A prima vista, infatti, il Parco sembrerebbe esprimere una forte naturalità, dal momento che la sua perimetrazione non comprende nuclei abitati - eccezioni fatta per un numero assai ridotto di case sparse o piccoli nuclei -, e quindi sembrerebbe escludere la necessità di studi di tipo socio-territoriale, a favore, invece, di quelli di tipo naturalistico.
In realtà, il paesaggio del Parco è del tutto costruito, anche nelle sue forme di "apparente" naturalità, in quanto frutto dell'opera secolare dell'uomo sul territorio; inoltre, le zone abitate dei comuni su cui insiste l'area protetta sono tal-
mente limitrofe che la fruizione dell'intero ambito non può prescindere da esse; infine, la perimetrazione del Parco non è ancora stata individuata in maniera definitiva, in quanto si aspetta proprio la redazione e l'approvazione del Piano e questo stato di cose rende ancor più "virtuali" i suoi confini.
In questo contesto, quindi, la considerazione dei bisogni, degli usi, delle aspettative e dei conflitti della popolazione mantiene una notevole importanza al momento della redazione del Piano, anche tenuto conto della caratteristica stessa della disciplina in materia di aree protette, che prevede l'analisi e lo studio di più temi legati al territorio.

Il metodo
Lo svolgimento dell'indagine, dunque, non si è limitato alle parti comprese nei confini dell'area protetta, bensì è stato esteso a tutto il territorio che ne è amministrativamente interessato, al fine di avere un quadro conoscitivo esauriente della zona su cui il Parco insiste '5).
Nello specifico, il lavoro si è articolato su più piani, partendo da un'analisi statistico-demografica dei comuni interessati, dedicando una parte apposita ai dati turistici e approfondendo, poi, il discorso attraverso una rilevazione sul campo, effettuata tramite interviste a "testimoni qualificati", allo scopo di evidenziare gli aspetti propriamente sociali.

L'analisi statistico-demografica
Per quanto riguarda il primo livello conoscitivo, sono stati rielaborati i dati forniti dall'ISTAT; infatti, dal momento che l'Istituto fornisce informazioni aggregate a livello provinciale e non locale, si è dovuta effettuare una scomposizione e una ricomposizione di tali dati per poter disporre di un insieme omogeneo e autonomo di indicazioni sull'area del Parco.
Si è proceduto, pertanto a:
  • disaggregare a livello comunale i dati ISTAT riguardanti la struttura della popolazione e la struttura socio-economica per le annate censuarie 1971-81-91, allo scopo di ricavarne "serie storiche";
  • enucleare le principali caratteristiche sociodemografiche a livello di singoli centri, nuclei e case sparse di ciascun comune facente parte del Parco, relativamente al 1991;
  • confrontare i dati ISTAT l991 con i dati della Regione Liguria su basi comunali 1996, riguardo alle variazioni numeriche della popolazione. Nella prima di queste tre fasi, sono state individuate molteplici variabili, elaborate attraverso le tre successive annate statistiche (71/81/91), relative a: superficie territoriale, densità, popolazione residente (per sesso, stato civile, classe di età, grado di istruzione, popolazione attiva e non attiva, attività economica), composizione ed ampiezza delle famiglie residenti e caratteristiche delle abitazioni.
    Questo tipo di approfondimento ha permesso di fornire un quadro ampio e dettagliato della popolazione residente e di cogliere, ove possibile, delle linee di tendenza nell'ambito delle dinamiche demografiche individuate. Utilizzando a tale scopo una lettura sia diacronica che sincronica, è stato possibile individuare rispettivamente, da un lato, le variazioni intervenute nel corso degli ultimi vent'anni in ciascun comune e, dall'altro, le variazioni verificatesi nel tempo tra un comune e l'altro, evidenziando peculiarità, somiglianze e differenze tra di loro.
    Nella seconda delle tre fasi, per meglio fotografare la peculiare "polverizzazione" insediativa di questo territorio, si e proceduto ad un'analisi ancora più dettagliata, scorporando le principali caratteristiche statistico-demografiche, a livello dei singoli centri, nuclei e case sparse che compongono ciascun comune, sulla base dei dati disponibili più recenti, ossia quelli del censimento 1991.
    Infine, nella terza fase, data la distanza tra l'ultimo anno di rilevazione censuaria (1991) e il periodo in cui si è svolta l'indagine (1997-98), si è ritenuto opportuno, almeno per quei dati da considerarsi fondamentali, effettuare un confronto tra il censimento 1991 e i dati anagrafici 1996, relativi alla variazione della popolazione residente e il suo peso percentuale per classi di età.

L'analisi dei dati turistici
Per quanto riguarda questa parte di indagine, si sono utilizzate due fonti principali:

  • dati quantitativi forniti dall'Agenzia provinciale per il turismo, elaborati, anche in questo caso, sulla base di "serie storiche" - dal 1992 al 1997 allo scopo di cogliere l'andamento dei flussi turistici registrati nell'area della Val D'Aveto. La scelta dell'arco temporale preso in considerazione per l'analisi è stata condizionata dal fatto che tali informazioni sono disponibili solamente a partire dal 1992, anno dell'apertura dell'Agenzia per il turismo competente per il territorio in esame;
  • informazioni scaturite da un "Questionario di indagine", semistrutturato, a risposte in parte chiuse e in parte aperte, somministrato nel corso di una rilevazione estiva ed una invernale e formulato allo scopo di capire il tipo di fruitori che frequentano abitualmente il territorio interessato dal Parco, nonché il loro giudizio sul Parco stesso.
    L'attenzione rivolta ai dati turistici trova una sua giustificazione in due ragioni fondamentali. La prima è di natura storica, in quanto, già all'inizio di questo secolo, comuni come Santo Stefano D'Aveto si erano costruiti una buona immagine di attrattiva turistica d'élite, e, successivamente, negli anni Sessanta, si erano proposti come meta invernale per il nascente turismo di massa. Il secondo motivo trova il suo fondamento nell' attuale destinazione a parco dell'area, dal momento che alcune forme di turismo costituiscono una delle possibili attività di utilizzo compatibile del territorio. Date queste premesse, era pertanto interessante cercare di capire quanto e in che modo la fruizione turistica della Valle fosse cambiata in questi anni, in cui la zona ha subìto notevoli trasformazioni d'uso, e quali prospettive si presentassero nel nuovo contesto.

La rilevazione sul campo
Quest'ultima parte dell'indagine è stata caratterizzata da un lavoro diretto sul campo, attuato attraverso interviste semistrutturate, condotte nell'ambito di tutti i comuni interessati dall'istituzione del Parco.
Le interviste avevano lo scopo di procedere ad una più puntuale analisi delle diverse percezioni del ruolo e del significato del Parco, delle preferenze e delle attese dei diversi soggetti collettivi coinvolti, nonché del rilevamento dei conflitti e
dei consensi in merito all'istituzione dell' area protetta.
Il lavoro è stato ripartito in due sottofasi:

  • nella prima sono state intervistate persone del luogo, scelte o perché profonde conoscitrici delle peculiarità del territorio (come per esempio alcuni anziani residenti), o perché direttamente interessate alle attività economiche che in esso si svolgono (turismo, agricoltura, artigianato, ecc.). Questo lavoro ha messo in evidenza alcuni aspetti caratteristici della vita delle Valli e ha permesso di conoscere significativi valori collettivi, passati e presenti, attribuiti al territorio, nonché i problemi e le particolarità legati alle attività tipiche del luogo;
  • a questa fase ne è succeduta una seconda in cui, sempre attraverso interviste semistrutturate, sono stati coinvolti interlocutori istituzionali direttamente interessati alla gestione del territorio, i quali hanno espresso sulla questione-parco le problematiche connesse con la loro funzione pubblica; e ulteriori soggetti considerati "testimoni privilegiati" dell'area, in quanto, per il ruolo che rivestono, per la loro storia personale e professionale, sono portatori delle istanze più profonde della popolazione locale.
    Le interviste sono state articolate attraverso una serie di tematiche di base, relative a bisogni ed aspettative della popolazione sia a livello generale che specifico sul Parco, a consensi e conflitti direttamente legati alla sua presenza, nonché alla valutazione di alcuni aspetti legati alla sua istituzione. In particolare si è focalizzata l'attenzione sui rapporti tra parco e attività agricola, parco e attività venatoria, parco e turismo, parco e tutela naturalistica, parco e occupazione.
    Scopo dell'indagine sul campo era quello di ottenere, attraverso il dialogo, l'ascolto e il coinvolgimento della popolazione locale, non solo informazioni riguardanti le tematiche di cui sopra, ma anche risposte e indicazioni che potessero essere rielaborate all'interno della logica unitaria dello strumento di piano e, quindi, riproposte come suggerimenti condivisi e partecipati.

I risultati
Il lavoro, nel suo complesso, si è svolto lungo un arco temporale di circa dieci mesi e ha prodotto risultati interessanti, insieme a notevoli spunti per successivi approfondimenti. Si è trattato, infatti, di uno studio preliminare, "di sfondo", su una realtà che si è rivelata in tutta la sua complessità ed eterogeneità; d'altra parte, le tre Valli su cui insiste il parco (Sturla, Graveglia, Aveto) sono sempre state connotate da tradizioni, storia e sviluppo molto differenti tra loro - condizionate in questo anche da un particolare assetto geografico - e, pertanto, indicazioni e suggerimenti devono essere appropriati alle diverse esigenze e problemi.
I dati statistici hanno fornito un primo quadro di insieme che - seppur non completo in conseguenza dei limiti intrinseci alla loro "rigidità" e al fatto che la maggior parte di essi risalissero alla data dell'ultimo censimento 1991 - ha consentito l'individuazione di alcune dinamiche, in atto nelle tre Valli, di rilevante utilità per un ente ancora ai primi passi. Spopolamento progressivo, soprattutto dei nuclei più lontani, invecchiamento e femminilizzazione della popolazione, bassissimi tassi di natalità, limitati tassi di attività sono caratteristiche della popolazione residente che non possono non essere tenute in considerazione da un intervento di pianificazione del territorio come quello avviato da un Piano del Parco.
I dati sul turismo, dal canto loro, hanno evidenziato un carattere spiccatamente locale delle presenze, con un numero minimo di strutture alberghiere - concentrate solo nelle aree a storica vocazione turistica - e una fruizione "pendolare", per lo più limitata a residenti della zona o della costa immediatamente prospiciente, fatta di gite domenicali e soggiorni estivi nelle case appartenute a genitori ed a parenti. Il flusso turistico è risultato essere poco programmato e poco prevedibile e, comunque, non legato in senso stretto alla presenza del Parco, quanto piuttosto al desiderio di trascorrere una giornata di svago in un posto considerato bello, piacevole e non troppo lontano da casa.
Il lavoro sul campo, a sua volta, ha permesso di cogliere umori, preoccupazioni, aspirazioni e desideri che rispecchiano lo "spirito del luogo", il forte sentimento di appartenenza ad esso, legato ad un senso della proprietà del territorio ancora molto radicato ed ereditato da una cultura contadina, di cui tuttora esistono tracce nelle Valli.
L'indagine diretta ha evidenziato tre diversi ordini di informazioni relativi a problemi, risorse e bisogni dell'area. Per quanto riguarda i problemi, si registrano fenomeni sociali che hanno investito, in generale, le zone rurali dal dopoguerra ad oggi, quali l'abbandono dell'attività agricola, 1' esodo della popolazione in età attiva verso centri industriali e terziari vicini, la perdita delle tradizionali tecniche di lavoro e la perdita di valore del territorio per le giovani generazioni.
Le Valli sono comunque ricche di risorse, che sono state distinte in sicure, già presenti a tutti gli effetti nell'area (quali i valori paesaggistici, naturalistici, geomorfologici, storici e architettonici del territorio), e potenziali, influenzabili dalle decisioni politiche che potranno essere prese in merito alla loro attivazione (quali, ad esempio, la posizione geografica, le differenti "vocazioni" economiche dei comuni del Parco, nonché la cultura e le tradizioni locali). Un aspetto interessante di questo ultimo tipo di risorse è la loro natura ambivalente, dal momento che esse si presentano a prima vista come "fattori problematici" del territorio, ma, se vagliate più attentamente, nascondono potenzialità di rilievo.
Le interviste hanno permesso, infine, di individuare alcuni bisogni, tra i quali si sono evidenziate la possibilità di intraprendere iniziative sul territorio (economiche, culturali, di interesse dei singoli) e, insieme, l'opportunità, per le giovani generazioni, di rimanere nel comune di nascita, dando loro occasioni di lavoro e guadagno, nonché la richiesta, da parte della popolazione residente, di condividere le diverse azioni di programmazione e gestione del territorio con i differenti livelli amministrativi preposti, al fine di trovare per l'area un ruolo qualificante rispetto ai comuni limitrofi alla zona del parco.
Da quanto sopra esposto, l'insieme di informazioni raccolte è estremamente ricco e denso di spunti, nonostante la natura preliminare del lavoro. Molto resta ancora da fare, punti da approfondire e nodi da risolvere, anche perché si tratta di un Parco giovane (l.r. n. 50/89) che può giovarsi di esperienze che si stanno conducendo altrove, sempre tenendo presente, comunque, che al parco compete il compito di realizzare alcuni presupposti per il benessere del territorio su cui insiste, senza tuttavia avere la velleità di risolvere tutti i problemi delle aree coinvolte.
Del resto, gli obiettivi da perseguire per una sua qualificazione sono ben identificabili e relativamente poco numerosi, non per mancanza di un ventaglio di scelte, ma perché allo stato attuale potrebbe essere prematuro - e forse anche controproducente - prospettare scenari troppo ambiziosi e pertanto di difficile realizzazione. Di conseguenza, le iniziative di cui l'Ente Parco può farsi promotore sono state ricondotte a periodi di tempo susseguenti, con fasi di "avvicinamento" alla comunità locale in un arco temporale medio-breve e fasi di "consolidamento" sul territorio nel medio-lungo periodo, attraverso azioni sempre più complesse (sia in termini economici sia in termini di investimento di risorse) e concertate con gli altri enti e con la popolazione, al fine di trovare un progressivo radicamento nell'area.

Conclusioni
L'elemento forte che ha consentito alla ricerca di raggiungere un buon livello di conoscenza è stata sicuramente l'interazione tra le due figure professionali che hanno collaborato al lavoro: nella lettura dei dati, nella conduzione delle interviste, nella riflessione su tutto il materiale raccolto, sono stati costanti la presenza del "duplice sguardo", la condivisione dei concetti significativi per entrambe le discipline rappresentate, lo scambio di conoscenze e punti di vista che hanno condotto ad una sintesi feconda e proficua.
L'immagine complessiva dell'area analizzata, scaturita da questo tipo di analisi, sembra rientrare pienamente in quella tipologia che Bonomi chiama delle "aree tristi" (6), zone marginali, generalmente inserite in vallate alpine e prealpine, che "[ ... ] non metabolizzano e non vivono i processi di modernizzazione che comunque, a prescindere dalla volontà locale, coinvolgono e mutano il senso del vivere in quei luoghi".
In tali zone, le popolazioni sono prevalentemente anziane, i bambini che nascono sono pochi, gli abitanti vivono per lo più di rimesse e di pensioni, l'emigrazione è stata forte e penalizzante, sia dal punto di vista economico che sociale, le persone che rimangono sono costrette al pendolarismo quotidiano.
Le "aree tristi", inoltre, sono spesso soggette a parchizzazione, che è considerata come uno dei possibili strumenti per il loro rilancio, ma che, tuttavia, "[ ... ] viene percepita come un vincolo incomprensibile rispetto ad un rapporto d'uso del bosco e della montagna sempre esistito, tanto che si assiste spesso ad un conflitto tra cultura ambientalista e cultura locale (7). Di fronte ad una situazione del genere, e in questo la Val D'Aveto non fa eccezione, le popolazioni si sentono esautorate dell'uso civico locale da parte di azioni e di provvedimenti, non condivisi e percepiti come "estranei", che mal si coniugano con la volontà e il desiderio dei residenti di possedere e usare i loro territori.
In questo contesto, un possibile ulteriore inasprimento dei conflitti può scaturire a seguito di alcune politiche che si stanno affermando in tema di aree protette, in base alle quali queste istituzioni sono considerate anche funzionali alle iniziative a sostegno dell'occupazione. Tale intento, tuttavia, assume spesso connotazioni più di tipo assistenziale e di breve durata che a favore di uno sviluppo diffuso e di lungo periodo, come la presenza di un parco dovrebbe assecondare.
Quanto descritto rimanda ad una riflessione di carattere più generale sul ruolo e sul senso della pianificazione delle aree protette, in base alla quale i parchi, secondo i recenti orientamenti legislativi, dovrebbero assumere una funzione articolata, portando avanti una nuova filosofia di intervento, che solleciti la collaborazione tra sforzi pubblici e privati a favore di iniziative molteplici - economiche, ma non solo - per lo sviluppo sostenibile del territorio.
In un quadro come quello prefigurato, la redazione di un piano del parco, proprio per il suo particolare oggetto di studio, dovrebbe, inoltre, permettere di sfruttare le potenzialità di questo strumento attraverso l'elaborazione di proposte distinte da quelle dei tradizionali piani urbanistici, senza che, per questo, gli aspetti antropici dell'area (paesaggio costruito, abitanti, ecc.) debbano passare in secondo piano di fronte agli aspetti più propriamente naturalistici.
Talvolta, infatti, la redazione di un piano territoriale tende a favorire analisi a impronta più strettamente naturalistica rispetto agli studi legati ad un concetto di territorio inteso come insieme stretto di uomo e ambiente, demandando in tal modo ad altri livelli istituzionali il dialogo con i soggetti interessati da questi provvedimenti.
L'attenzione al territorio nei processi di pianificazione, nondimeno, dovrebbe implicare uno sguardo che tenga conto della sua complessità, considerando sia gli aspetti naturalistici sia quelli del costruito e del sociale ed elaborandoli in maniera nuova rispetto ai parametri di riferimento tradizionali. Un punto da cui partire può essere costituito dall' attenzione alla domanda sociale di cui le popolazioni interessate sono espressione e dalla quale possono scaturire soluzioni insolite ed originali di supporto per gli stessi orientamenti progettuali della pianificazione. E, dunque, tramite sistemi di ascolto e di coinvolgimento della popolazione, che l'azione di piano diventa "partecipata" e aperta a nuovi approcci metodologici di cui quello sperimentato nel corso degli Studi propedeutici per il Parco dell'Aveto, costituisce un possibile passo in tale direzione.

* Sociologa
** Architetto Dipartimento POLIS- Dipartimento della Città, del Territorio e del Paesaggio Università di Genova