Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 27 - GIUGNO 1999
Salviamo il paesaggio italiano
Intervista alla Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, on. Giovanna Melandri
Giulio lelar
 

Nata a New York nemmeno trentott'anni anni fa, laurea in scienze economiche e politica fiscale, deputato dalla passata legislatura, a Giovanna Melandri è toccato il non facile compito di succedere alla guida del Ministero oggi dei Beni e delle Attività Culturali a Walter Veltroni. E cioè al più dinamico - e potente, visto il peso politico - titolare che il dicastero di via del Collegio Romano abbia mai conosciuto. Nonostante la lunga militanza nel movimento ambientalista dentro Legambiente, in Parlamento si è occupata soprattutto di bioetica, violenza sessuale, riproduzione assistita, adozioni. L'ultima proposta di legge presentata, prima della nomina in seno al governo D'Alema nell'ottobre scorso, s'intitola Norme per favorire l" amicizia tra i bambini e la televisione.

Alla ministro Melandri è toccata pure la delicata eredità di gestire per la prima volta nel nostro Paese una Conferenza nazionale sul paesaggio, già annunciata da Veltroni e prevista per il prossimo ottobre. Su un tema così rilevante e così strettamente collegato alle finalità istituzionali dei parchi, le abbiamo rivolto alcune domande.

 

Signora ministro, che una Conferenza nazionale sul paesaggio l'organizzi il Ministero della Cultura e non il Ministero dell'Ambiente, a noi pare, può capitare solo in Italia. E' il segno, l'ennesimo, dell'intreccio tra storia, arte e natura che rende unico e straordinario il nostro Paese e che permea di sé non solo più o meno consapevolmente l'identità degli italiani ma anche l'ordinamento amministrativo dello Stato e persino il nome dei ministeri della Repubblica. Almeno così era stato per un quarto di secolo, ma l'abbandono dei "beni ambientali" a beneficio delle "attività culturali" nella nuova denominazione del Suo dicastero poteva far pensare a un prossimo ripensamento. Così non è, pare di capire anche dal nuovo testo unico in itinere e da questa stessa conferenza. Anche in tempi di riordino dei ministeri il paesaggio "resta" ai Beni culturali, non è vero ministro? Ed è destinata a lunga vita pure quella linea invisibile che oggi separa le due facce della tutela, parchi e soprintendenze per capirci?

La prima Conferenza governativa mai convocata su questo tema sarà l occasione per riaffermare il grande valore culturale del paesaggio che mai come nel nostro paese è l espressione delle relazioni che esistono da millenni fra natura e componenti storiche dovute alla presenza dell'uomo. L'integrazione fra ambiente e monumenti città storiche resti archeologici, rappresenta una parte fondamentale della nostra identità culturale e sono convinta sia una delle ricchezze fondamentali del nostro paese. Sarebbe sbagliato vedere come cose diverse e lontane la tutela degli.ambienti naturali e quella di territori su cui l'opera dell'uomo ha lasciato tracce leggibili e diffuse. E sarebbe un errore pensare che tutto si possa risolvere solo in una discussione fra competenze amministrative. C'è un salto culturale che il nostro paese deve fare nella valorizzazione dei suoi valori fondamentali di identità: il paesaggio non ha solo valori estetici ma è il "naturale palinsesto" come lo definiva Giulio Carlo Argan, che rende leggibile ed integrato il sedimentarsi della storia che ha lasciato tracce abbondantissime nel nostro paese. Gestire un parco e salvaguardarne i valori ambientali è cosa diversa dall'esercitare la tutela paesaggistica. Sono, se vogliamo, mestieri diversi e diverse competenze che si devono integrare sulla base del fatto che tutela ambientale e tutela storico-artistica e paesaggistica sono due facce della stessa medaglia. Sarebbe auspicabile, quindi, un'azione integrata tra organismi competenti, nel rispetto delle proprie autonomie, che valorizzi sia la difesa e la ricchezza dei contenuti ambientali (tutela degli equilibri ecologici, biodiversità, sostenibilità della fruizione) che la conservazione e la promozione dei beni di interesse storico, artistico e paesaggistico.

 

Il cammino dello schema di decreto legislativo che contiene il testo unico sui beni culturali e ambientali, approvato in gennaio dal Governo, non sembra dei più facili. Dopo la decisa bocciatura da parte della Conferenza Stato-regioni insieme ad Upi, Anci e Uncem, la bozza di provvedimento ha raccolto da parte delle commissioni parlamentari un parere sì favorevole, ma accompagnato da una tale abbondanza di osservazioni da sembrare un rinvio a settembre. Cosa accadrà negli ulteriori sei mesi di proroga messi a disposizione dal Parlamento per il varo definitivo?

Il testo unico, è bene chiarirlo, ha come fine principale il riordino delle norme esistenti e non crea, quindi, nuove leggi o approcci legislativi. Che vi siano osservazioni su un testo che mette insieme centinaia di norme è del tutto legittimo e non deve suscitare scandalo. Il lavoro svolto è stato complesso e di enorme importanza perché dall'approvazione in poi ci sarà soltanto un testo cui fare riferimento. Quindi: norme più snelle, leggi che non si contraddicono, interpretazioni più certe. La tutela, senz'altro, ne esce rafforzata. Ben venga, quindi, tutto il tempo che serve.

 

Anche la Federazione dei parchi è intervenuta sulla bozza di testo unico, osservando la mancata considerazione nella normativa presa in esame "delle funzioni e dei procedimenti già esistenti in materia di aree protette", cioè in particolare la legge-quadro sui parchi 394/91 con le successive modifiche. I parchi e le riserve nazionali e regionali, infatti, sono compresi dalla Galasso tra i beni paesistici da tutelare e perciò sottoposti automaticamente al vincolo ex lege 1497/39, quindi rientrano appieno nella materia che il nuovo provvedimento si appresta a riordinare. Non le sembrano, ministro, osservazioni legittime?

Il testo è ancora in corso di approvazione. Vedremo alla fine quali osservazioni sono state recepite.

 

Tra gli scopi della Conferenza sul paesaggio sembra esserci l'approdo a una nuova legge che disciplini la materia prendendo atto - com'è scritto nei documenti preparatori all'evento - della limitata efficacia della complessa, poco chiara e scarsamente incisiva azione di governo sul territorio. E così?

Sì, è proprio questo il punto centrale di discussione della Conferenza: verificare l'efficacia delle leggi esistenti e, eventualmente, immaginare correttivi all'azione di tutela del paesaggio e della pianificazione territoriale. Le conclusioni, ovviamente, andranno tratte alla fine di un percorso che, lo ricordo, coinvolge già da alcuni mesi tutti i soggetti in campo: associazioni di tutela, comunità scientifica, enti locali, altre amministrazioni dello Stato enti parco, aziende private e forze politiche.

 

Cosa risponde a chi osserva che prima di pensare a rivedere la Galasso occorrerebbe vederla pienamente operante, e magari dando più risorse in uomini e mezzi alle Soprintendenze? Anche nel rapporto curato lo scorso anno dal suo ministero si evidenzia la parziale e insufficiente applicazione della legge.

Lo spirito della legge Galasso non è in discussione. Semmai bisogna rivederne i meccanismi di applicazione che, evidentemente, non sempre hanno funzionato, se l'abusivismo ha dilagato sulle nostre coste e all'interno di aree vincolate dalla legge. Penso, semmai, che se un passo in avanti va fatto, bisognerebbe superare una concezione della tutela che si esaurisce nei vincoli per promuovere una "tutela attiva". Non solo divieti, quindi, ma valorizzazione del paesaggio e dell'ambiente come risorsa strategica di un paese unico come il nostro.

 

Maturata già nella gestione Ronchey, formalizzata da Fisichella, applicata per la prima volta dal ministro Paolucci nei riguardi della Regione Campania (con un'azione proseguita ancora nell'aprile scorso con l'approvazione dei piani di Capri, Anacapri e Ischia), l'iniziativa da parte del Ministero dei Beni Culturali di esercitare il potere sostitutivo nella redazione dei piani paesistici in caso di inadempienza delle regioni, previsto dalla legge Galasso, è proseguita durante la gestione Veltroni con un intervento relativo alla Calabria. Si proseguirà su questa linea, e con quali passi?

L'azione sostitutiva dello Stato con Veltroni ha ricevuto un forte impulso. Oltre a usare i poteri sulla Campania e sulla Calabria, il mio predecessore aveva avviato anche la diffida della Regione Lombardia, che si è poi messa in regola. A quel quadro mancava solo la Regione Puglia, cui abbiamo inviato la diffida da poche settimane. L azione di pressione sugli enti inadempienti negli ultimi tre anni si è fatta pressante.

 

L'abusivismo è il cancro che ha devastato e continua a devastare tante parti del paesaggio italiano. Il Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri ha censito l'anno scorso 18.402 costruzioni abusive in aree protette e demaniali. Che frutti stanno dando le iniziative annunciate in collaborazione coi Ministeri dell'Ambiente e dei Lavori Pubblici?

Il disegno di legge che semplifica le norme per le demolizioni di edifici abusivi ha iniziato il suo iter, con una prima lettura al Consiglio dei Ministri. E un segnale politicamente forte nel Paese dei ripetuti condoni. Gli abbattimenti, poi, non solo del Fuenti ma anche delle villette abusive di Eboli e Pomigliano d Arco dimostrano che in Italia si può cambiare: dal brutto al bello dall'illegalità diffusa alla cura del territorio.

 

Da un po' di tempo a questa parte, superando di slancio decenni di stasi, il mondo dei beni culturali sta conoscendo novità d'indubbio rilievo e Lei, fin dall'insediamento, ha manifestato l'intenzione di proseguire sulla strada della sperimentazione. Memore anche dell'esperienza maturata in seno al movimento ambientalista, crede che, come modello di una possibile e auspicabilmente vincente convivenza tra le diverse istanze sociali e l'azione di tutela, possano giungere indicazioni e suggerimenti dai parchi naturali così come sono oggi in Italia?

I parchi, e senz'altro quelli in cui c'è una diffusa coscienza ambientale, sono una delle esperienze da cui trarre importanti suggerimenti. Se è vero che all'inizio c'è stata ostilità perché si contrapponeva lo sviluppo ed il benessere sociale alla conservazione della natura, molto esperienze testimoniano, dopo qualche anno di applicazione, dell'esatto contrario. La difesa della natura, se ben valorizzata, è motore di uno sviluppo sostenibile e di lungo periodo.

 

I parchi naturali italiani, soprattutto quelli regionali ma non solo, stanno scoprendo sulle loro spalle quanto difficile sia l'applicazione reale dei principi di sussidiarietà. Anche la tutela del paesaggio e più in generale dei beni culturali sembra soffrire non poco di una cooperazione interistituzionale che nonostante i proclami stenta ad affermarsi. In questo senso ha suscitato interesse il recente accordo stretto per la prima volta tra il Ministero dei Beni e le Attività Culturali e una Regione, la Lombardia, per il finanziamento di un consistente programma di restauri e recuperi (174 miliardi in tutto) con il coinvolgimento di altri enti pubblici e dei privati. E un modello che troverà altre applicazioni e magari anche in altre amministrazioni, nelle intenzioni del Governo?

E' una delle strade privilegiate che il ministero sta percorrendo anche con altre Regioni come il Piemonte, l'Umbria e la Liguria.
Gli accordi di programma sono, infatti, uno strumento che offre un quadro certo e una collaborazione non episodica e di lungo periodo. In prospettiva accordi di questo tipo o anche la nuova programmazione del Cipe per le regioni meridionali costituiranno gli strumenti cardine della programmazione fra amministrazione centrale e enti territoriali.
C'è, poi, un' altra novità prevista dalla recente riforma del ministero, che faciliterà la cooperazione fra amministrazione dei beni culturali e regioni: la nascita dei Soprintendenti regionali. Sarà questa nuova figura di raccordo a creare un punto di riferimento certo per la programmazione ed anche per gli interventi territoriali. Un passo in avanti sensibile verso la concertazione interistituzionale ed il decentramento di funzioni dall'apparato centrale al territorio.