Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 28 - OTTOBRE 1999
 

Relazione del presidente Enzo Valbonesi all'assemblea della Federparchi
Firenze 16 dicembre 1999
 



L'assemblea annuale dei soci della Federazione dei Parchi si sta ormai ritagliando uno spazio di tradizione tra gli appuntamenti dedicati ai temi delle aree protette. Anche per questo, per garantire cioè la partecipazione più ampia agli aderenti ed ai tanti ospiti che tradizionalmente sono soliti partecipare ad un dibattito utile per "sentire il polso" del mondo della tutela, la convocazione è stata diffusa assai per tempo. L'assemblea si è tenuta a Firenze, nella sala Est-Ovest di via dei Ginori, il giorno 16 dicembre. All'ordine del giorno gli adempimenti statutari dell'associazione ma anche alcuni importanti documenti contenenti ali obiettivi per il lavoro futuro.

 

Seattle riguarda anche noi

Non vorrei esagerare ma credo che, quello che è accaduto nei giorni scorsi a Seattle ci riguardi direttamente e ci tocca da vicino: ha cioè a che fare in qualche modo anche con l'impegno che conduciamo quotidianamente nelle nostre Aree Protette.

A Seattle si sono ritrovate forze tra loro molto diverse in quanto a interessi ed ispirazioni ideali ma sostanzialmente unite a contrastare un'idea ed una pratica della globalizzazione che, di fatto, tende alla standardizzazione culturale e con essa a sommergere le identità nazionali e le produzioni più tipiche.

E questo versante ecologista della protesta di Seattle che si ricollega più strettamente anche ad alcuni filoni non secondari dei nostro lavoro nei Parchi dove, sempre più frequentemente operiamo, oltreché per difendere la natura, anche per mantenere e valorizzare il grande patrimonio di identità e culture locali, di produzioni agricole e di prodotti alimentari tipici che spesso sono il frutto del complesso ed equilibrato rapporto di scambio uomo-natura venutosi a determinare nel tempo.

E anche dalla capacità di mantenere ed attualizzare quel rapporto tra uomo e natura che oggi dipende, in buona misura, la conservazione di tanta parte della stessa biodiversità ancora custodita nelle nostre Aree Protette. Ma soprattutto quel rapporto d'uso, corretto e sostenibile, delle risorse naturali è fondamentale perché l'uomo resti a vivere nelle nostre Aree Protette per lavorare, per tutelare e non per fare folklore.

Per sostenere e fare affermare questa concezione, questa missione moderna e attiva delle Aree Protette, la battaglia di Seattle è dunque anche la nostra battaglia.

E la battaglia di chi ritiene essenziale un ruolo dinamico, produttivo, dei nostri Parchi, un ruolo che è in contrasto con chi li osteggia ritenendoli dannosi perché contrari al libero sviluppo delle farse produttive o li propugna solo come "santuari di natura incontaminata" dove l'uomo può anche non esserci, anzi è meglio che non ci sia.

 

Gli accordi e le alleanze per affermare la nostra fruizione

Se dovessi provare ad individuare il risultato più importante e più proficuo ottenuto durante questo anno di lavoro della nostra Associazione, non avrei dubbi nell'identificarlo con l'intesa che già da alcuni mesi abbiamo sottoscritto con le principali Organizzazioni professionali agricole per "la valorizzazione ed il sostegno dell' agricoltura nelle Aree Protette italiane".

Quell'intesa, che ora dobbiamo fare vivere in ognuna delle nostre Aree Protette, anche in quelle più piccole, simboleggia e bene esemplifica, secondo me, la direzione di marcia lungo la quale sempre di più e meglio dobbiamo muoverci per costruire alleanze e accordi. Questi sono indispensabili per fare uscire i Parchi dall' isolamento e per trovare, nel contempo, comuni terreni di convergenza con interessi e soggetti, come sono appunto gli operatori agricoli e, più in generale, il mondo rurale; per affermare, nei fatti, le nostre finalità istitutive e cioè la tutela, e la valorizzazione delle risorse naturali con l'uomo che vive e opera nei Parchi.

 

Il sistema nazionale e la rete ecologica

Ritengo che oggi, considerando che il dato quantitativo (cioè il numero dei Parchi e delle Riserve terrestri e marine istituite o in via d'istituzione; il numero e la dimensione complessiva delle Zone di protezione speciale o dei Siti di importanza Comunitaria proposti in questi anni all'Ue) è ormai notevole, fino a coprire quasi il 10% del territorio italiano, noi dobbiamo concentrare la nostra attenzione sulla qualità del processo in atto, sulla qualità e l'efficacia delle diverse azioni intraprese o ancora da intraprendere per costruire il "Sistema nazionale delle aree protette" e insieme ad esso avviare la realizzazione di un obiettivo ancora più ambizioso, e cioè la "Rete ecologica nazionale".

"Sistema nazionale" e "Rete ecologica nazionale" che non sono tanto, vale la pena di ribadirlo ancora una volta, l'elenco delle varie aree protette istituite o previste, a cui magari aggiungere semplicemente, per formare la Rete, le aree contigue, i demani e così via, bensì un insieme organico, sinergico, di iniziative e di politiche (territoriali, tecnico scientifiche, di ricerca applicata, di sviluppo sostenibile, ecc.), coerenti tra loro e concertate tra lo Stato (e non il solo Ministero dell'Ambiente), le Regioni e gli Enti locali. Politiche orientate a fare delle Aree Protette, e delle loro azioni sul territorio, I'intelaiatura ambientale portante per una nuova programmazione di tutela e d'uso del suolo, improntata alla sostenibilità ambientale e sociale.

 

Ritardi ed involuzioni delle politiche di sistema e della c operazione Stato regioni

E su questo piano che oggi, purtroppo, registriamo invece i ritardi più vistosi. Essi sono dati dalla mancanza (dopo nove anni dalla legge 394), della Carta della Natura; di un Programma nazionale, condiviso con le Regioni, di investimenti per i Parchi sia nazionali che regionali; di progetti settoriali di valorizzazione per l'agricoltura, il turismo. Ia formazione professionale, ecc.. Si tratta, come si può vedere, di cose non nuove, ma che stiamo chiedendo purtroppo vanamente da anni. Si tratta di obiettivi che, seppure fissati nella legge quadro, ancora non sono divenuti atti concreti. Anzi, in alcuni casi quegli obiettivi, che non è fuori luogo definire strategici per la costruzione del "Sistema nazionale", sono stati cancellati o dimenticati; in altri casi ancora vengono perseguiti con ritardi paurosi.

Tutto questo anche perché non c'é più stata, così come non c'è tuttora, quella cooperazione, tra Ministero dell'Ambiente e Regioni, che è essenziale per dare vita ad una collaborazione vera tra di loro; collaborazione che rappresenta la pre condizione istituzionale indispensabile perché queste politiche di sistema si possano realizzare.

Purtroppo continuiamo ad assistere a nuovi conflitti istituzionali, che alimentano un'ulteriore separazione e divaricazione tra Stato e Regioni, come nel caso del mancato passaggio delle riserve naturali dello Stato sia ai Parchi nazionali che alle Regioni stesse: passaggio previsto sia dalla Bassanini che dalla 1.426, ma che è ancora lontano dall'essere attuato per ragioni che hanno poco a che fare con il merito dei problemi o con la tutela ambientale e molto con questioni di puro potere.

La constatazione amara, molto amara, che dobbiamo trarre da questo quadro è che siamo di fronte ad apparati dello Stato i quali, anziché attuare le leggi che il Parlamento ha approvato nel campo delle Aree Protette rimangono inerti o, peggio, di fatto lavorano per eludere, con cavilli spezzo capziosi, gli atti che portano il segno del decentramento, dell'autonomia e dell'ulteriore responsabilizzazione degli Enti Parco, per mantenere a sé poteri e funzioni. Quasi non si fidassero degli stessi organismi, come gli Enti Parco nazionali, istituiti proprio per realizzare finalità generali e primarie dello Stato.

 

Gli accordi di programmata per i grandi sistemi ambientali

Le uniche novità positive - in un quadro di scarso se non nullo spirito di vera collaborazione tra il Ministero e le Regioni - sono date dal tentativo avviato per dare attuazione alla legge 426 relativamente agli Accordi di programma tra Stato, Regioni e Parchi, per le Aree Protette Appenniniche e per quelle delle Isole minori.

Attualmente sono in corso i lavori di due commissioni, che fanno capo ai Sottosegretari ai Ministeri dell'Ambiente e del Tesoro. Commissioni, delle quali la Federazione è stata invitata a fare parte e che dovrebbero, entro breve, predisporre i Programmi d'Azione di questi due importanti Accordi, prima che gli stessi siano esaminati e poi approvati dal Cipe.

Il lavoro per il quale dobbiamo maggiormente impegnarci e stiamo già impegnandoci è volto a far sì che i Programmi d'Azione di Ape e di Itaca siano coerenti con le finalità delle Aree Protette, ma soprattutto a sollecitare il Parlamento ed il Ministero dell'Ambiente affinché individuino in fretta le risorse finanziarie necessarie per dare gambe a queste due prime azioni di sistema, il cui valore sta appunto, oltreché nei contenuti, nel fatto di essere le prime iniziative nazionali che si riferiscono a grandi sistemi ambientali. Esse, come tali, assumono un notevole significato esemplificativo: un significato che è accresciuto dall'essere concertate e condivise da parti di più Ministeri, dalle Regioni, dal sistema delle Autonomie Locali e dai Parchi.

Come Federazione stiamo anche operando purché si avvii il terzo Accordo di programma previsto dalla legge 426: quello relativo al sistema delle Aree protette dell' arco Alpino, che oggi può contare su una base di partenza più solida che in passato, rappresentata dalla recente e faticosa ratifica, da parte del nostro Parlamento, della Convenzione delle Alpi di cui è stato assiduo animatore il Sottosegretario all'Ambiente on. Valerio Calzolaio.

A questo proposito posso annunciare che lo stesso Sottosegretario Calzolaio, accogliendo un nostro invito in tal senso, ha già convocato, per la fine del prossimo mese di gennaio, una riunione di tutte le Aree Protette italiane dell'arco Alpino. Nelle cartelle che vi sono state consegnate troverete sia i materiali prodotti dal Comitato tecnico che sta lavorando presso il Cipe su Ape, sia le nostre prime proposte per l'accordo di Programma relativo alla Aree Protette Alpine.

Insieme a queste cose abbiamo anche preparato due brevi note, due sintetici documenti che valgono come base di discussione e che sono riferiti alla Aree Protette del Bacino del Po e alle Aree Protette costiere. Noi infatti riteniamo che insieme all'Appennino, alle Isole minori ed alla Alpi si debba lavorare per definire anche questi altri due Programmi d'Azione improntati alla tutela ed all'ecosviluppo di due rilevantissimi sistemi territoriali.

 

Per fare crescere ancora la nostra associazione

Insieme a questi impegni di lavoro, legati all'avvio delle politiche di sistema, dobbiamo però dedicare la nostra attenzione, nei prossimi mesi, essenzialmente ad accrescere la nostra organizzazione: a qualificare cioè la Federazione come sostegno e servizio ai nostri associati.

In questo ultimo anno è cresciuta in modo straordinario la nostra capacità rappresentativa e non credo di esagerare nel dire che è aumentata anche la nostra autorevolezza.

Non voglio elencare in questa relazione tutti i risultati del nostro lavoro. Voglio solo ricordare che abbiamo collaborato, o stiamo collaborando, con molte Regioni (Toscana, Liguria, Puglia, Marche) per realizzare importanti progetti. In particolare stiamo per siglare due significative convenzioni, una con la Regione Liguria per istituire un Centro Studi sui problemi della tutela del mare; una con la Regione Marche per avviare lo studio ed il progetto per le Aree protette costiere di quella Regione, ma non solo.

Anche la nostra capacità organizzativa e di iniziativa si è estesa e si è qualificata con il pieno funzionamento dei Coordinamenti regionali, alcuni dei quali nelle settimane scorse hanno svolto le rispettive Conferenze in Liguria, in Emilia Romagna e in Toscana. (A queste sole tre Conferenze hanno partecipato ben 270 persone).

Analoghi momenti di confronto si svolgeranno nei prossimi mesi anche nelle Marche e nel Lazio. In questo ultimo anno sono anche aumentate le Aree protette e gli Enti associati e si sono estesi i rapporti con le Associazioni di categoria, gli Enti locali, ecc.. Tutto questo - compatibilmente con il nostro bilancio, che è più solido di qualche tempo addietro, pur restando complessivamente troppo modesto rispetto alle necessità - ci impone ora un salto di qualità in termini di rafforzamento del nostro apparato, per riuscire a fare fronte ad una domanda di servizi che sta aumentando in maniera esponenziale.

La stessa organizzazione della Festa dei Parchi, che terremo insieme a Europarc il prossimo 24 maggio 2000, in concomitanza con la giornata europea delle Aree Protette, richiede un impegno molto forte, oltre a risorse economiche e umane ingenti ed attività promozionali e di preparazione che sono di grande portata.

A proposito dell'esigenza di fornire servizi e consulenze ai Parchi, - sulla falsariga, ad esempio, di quanto hanno fatto da tempo, e con profitto, le Associazioni degli Enti locali a favore dei propri associati, o che fa la Federazione dei Parchi regionali francesi - credo non sia più rinviabile, anche per noi, una scelta in merito.

Si tratta di affrontarla con determinazione mettendo a punto, nei prossimi mesi, una precisa proposta organizzativa; individuando bene lo strumento giuridico più opportuno e anche i possibili partner dell'operazione.

Ritengo che la Federazione, per la sua natura giuridica ed istituzionale e per la sua rappresentatività, sia il soggetto più idoneo a dare vita a questo strumento di servizio.

Il WWF nazionale, nei mesi scorsi, ha proposto al Ministro Ronchi un progetto analogo, riferito per la verità a un'Agenzia per i Parchi Nazionali e sul modello dell'Agenzia dei parchi degli USA. Se questa idea dei WWF si concretizzerà ci confronteremo e cercheremo punti di collaborazione. Ma vogliamo chiarire, senza spirito di concorrenza, che la nostra visione dell'Agenzia di Servizio ai Parchi è molto diversa rispetto a quella delineata dal WWF.

Innanzitutto noi non vogliamo sostituirci, con il nostro lavoro, al ruolo che è proprio dei Servizi e delle Direzioni del Ministero dell' Ambiente o a quelli che, nelle Regioni, si occupano di Aree protette.

Non abbiamo poi alcuna pretesa di fare concorrenza alle società di consulenza o ai progettisti privati, perché pensiamo di agire solo in pochi campi e con il compito principale di aiutare le Aree Protette valorizzando le esperienze più avanzate e pur diffondendo la conoscenza dei casi di successo. Vogliamo cioè far circolare le professionalità e i progetti più innovativi delle Aree Protette, utilizzando per questa operazione innanzitutto le migliori e numerose competenze tecniche ed amministrative presenti nei nostri Parchi.

 

Un nuovo rapporto c on il Ministero dell'ambiente

Mentre pensiamo di sviluppare questo lavoro e la fruizione di servizio a favore, prima di tutto, degli associati alla Federazione, ci rammarichiamo per il fatto che il Ministero continui testardamente a privarsi della nostra esperienza e della nostra disponibilità a collaborare per fare crescere e qualificare la gestione dei Parchi.

Esso privilegia, o meglio, sceglie un rapporto esclusivo di collaborazione con le principali associazioni ambientaliste anche là dove, e sono tanti gli esempi in questo senso, sarebbe più naturale e logico chiamare in causa la nostra associazione, servirsi di essa.

Siccome tutto questo non può essere dovuto a semplice dimenticanza e dal momento che ora, a differenza di pochi anni fa, nessuno può affermare che non siamo rappresentativi del mondo dei Parchi, ed in particolare di quelli nazionali, non possiamo che dedurre si tratti di una scelta consapevole e voluta: una scelta grave ed irrazionale, ma soprattutto irresponsabile, perché così si finisce per penalizzare l'efficienza dello stesso Ministero e l'incisività della sua azione verso le Aree Protette.

Facciamo questa critica e diamo questo peso, che può sembrare esagerato, a questo argomento, non perché siamo mossi da volontà egemoniche o perché non riconosciamo l'importanza ed il ruolo che molte Associazioni hanno avuto e continuano ad avere a sostegno delle politiche delle Aree Protette, ma più semplicemente perché riteniamo che in alcuni campi il rapporto principale di partenariato e di consultazione il Ministero non possa non tenerlo principalmente, non esclusivamente, ma prioritariamente, con la nostra Associazione, così come altri Ministeri tengono costantemente ed istituzionalmente rapporti e collaborazioni con l'Anci, l'Upi, I'Uncem.

Se questo avvenisse anche nel campo delle Aree Protette, e ci batteremo perché avvenga, penso che ne trarrebbero vantaggio le Aree Protette prima di tutto, ma anche lo stesso Ministero e le Associazioni ambientaliste, che vedrebbero collocato il loro indispensabile ruolo su un piano più proprio e più chiaro.

 

Alcuni obiettivi per il prossimo anno

Nei prossimi mesi il Parlamento, che proprio in queste ore sta varando la legge finanziaria, affronterà la discussione sulla nuova legge relativa agli interventi in campo ambientale e probabilmente avvierà anche la predisposizione del "collegato ambientale" alla prossima legge finanziaria; quel collegato che non è stato possibile avere con l'attuale finanziaria per il 2000.

Saranno appuntamenti e provvedimenti molto importanti anche per le Aree Protette ed al loro interno dobbiamo fare in modo che trovino risposte alcuni problemi che stiamo ponendo da tempo con t`orza e che sintetizzo brevemente:

  • la creazione di un momento istituzionale di coordinamento, a fianco della Conferenza Stato-Regioni ed Autonomie, finalizzato a promuovere e sostenere innanzitutto le azioni di sistema a favore delle Aree Protette e per esaminare e definire gli stessi contenuti della Carta della Natura (un momento di cui la nostra Federazione deve fare parte a pieno titolo);
  • il finanziamento dei cinque Accordi di programma di cui ho detto prima e che sono relativi alle Aree Protette delle Alpi, dell'Appennino, delle Isole minori, delle Coste e del Bacino dei Po;
  • una sorta di moratoria per quanto riguarda l'istituzione di ulteriori Aree Protette nazionali, sia terrestri che marine, che non siano già previste dalla legislazione vigente; una moratoria che valga almeno fino a quando non sia stata approvata la Carta della Natura;
  • la parificazione dello status degli amministratori dei Parchi nazionali a quello degli amministratori degli Enti Locali.

A questi punti, che richiedono di essere affrontati con dei provvedimenti legislativi nazionali, si aggiungono altri temi che devono vederci impegnati in vista di una rapida soluzione e tra questi voglio citare la revisione del funzionamento amministrativo degli Enti Parco nazionali (per accentuarne l'autonomia e aumentarne l'efficienza) e la definizione del ruolo dei Direttori dei Parchi nazionali.

Sul versante delle Regioni ritengo che in cima ai nostri obiettivi debba restare la battaglia perché le Regioni che ancora non l'hanno fatto avviino la creazione dei propri Parchi. Mi riferisco alla Puglia, alla Sardegna, alla Calabria, ecc.. Alcune altre Regioni, che pure hanno istituito Parchi e Riserve, come l'Umbria, debbono invece sostenere, d'ora in avanti con maggiori risorse ed impegno le proprie Aree Protette.

Su tutto però campeggia la grave situazione della Lombardia dove il governo regionale, nonostante le resistenze opposte da un fronte ampio di forze che si sono affiancate agli Enti di gestione dei Parchi, continua a operare per ridurre drasticamente il ruolo di governo del territorio e l'autorevolezza istituzionale dei Parchi regionali.

Il caso del parco Sud Milano è in questo senso emblematico e la dice lunga sui reali interessi che muovono la Regione a proposito dei Parchi.

 

I limiti che dobbiamo correggere

Dicevo all'inizio che se dovessi citare un risultato importante conseguito dalla nostra iniziativa nel corso del 1999 mi rifarei all'accordo con le Associazioni agricole e più in generale alle così dette alleanze e collaborazioni che abbiamo costruito nei mesi scorsi.

Ma insieme ai risultati positivi credo sia necessario citare anche i limiti, o meglio le cose che nella nostra attività non siamo riusciti a fare nei termini che ci eravamo proposti nella precedente Assemblea generale del mese di gennaio.

Tra questi vi è sicuramente il tema delle Aree protette marine. Un tema che è stato e resta oggetto di dibattito, anche aspro, tra il Ministero e le Regioni e che, debbo dire, non ci ha visti protagonisti e partecipi come in altri campi.

Nel corso del 1999 sono stati, è vero, istituiti gli organi di gestione di numerose Riserve Marine; è andato avanti, con qualche problema e con difficoltà di rapporti con l'Associazione dei Comuni delle piccole Isole, I'Accordo di Programma per le Isole minori (che sta per essere definito prima di passare al Cipe). Ma, di pari passo, non è andata avanti a nostro avviso una ricerca politico programmatica ed istituzionale per collocare le Aree protette marine dentro il più generale sistema dei Parchi e delle Riserve; all'interno della prospettiva della "Rete ecologica nazionale" e per una nuova ed urgente politica nazionale del mare e delle aree costiere.

Abbiamo l'impressione che se non si alza lo sguardo, così come invece sta avvenendo (seppure faticosamente) per le Aree protette terrestri, e non si proietta la istituzione e la gestione delle Aree protette marine in questo scenario più ampio, il rischio concreto è che esse non abbiano la spinta e il vigore necessari per sostenere una missione che non può essere solo quella, sicuramente utile ma troppo parziale, di difendere piccoli lembi del nostro mare e delle nostre coste.

Con la modifica statutaria che proponiamo oggi all'Assemblea, per creare la figura di un terzo Vicepresidente della Federazione, in rappresentanza delle Aree protette marine e costiere, ci dovremmo porre in condizione di affrontare meglio questi temi. Temi che però, per tradursi in vera capacità rappresentativa e di iniziativa politica da parte nostra, richiedono anche la riattivazione di uno specifico gruppo di lavoro e la organizzazione, per i primi mesi del 2000, di un Convegno nazionale dedicato alle problematiche del mare ed al ruolo delle Aree Protette.

L'altro limite che io sento, e sul quale dobbiamo intervenire, è quello relativo alle Aree Protette, nazionali e regionali, del Sud e della Sicilia.

Le Aree Protette del Meridione rappresentano, lo abbiamo già detto in tante occasioni, la sfida più ambiziosa, più difficile e più urgente per l'intero sistema nazionale.

In esse si uniscono, ai punti forse più alti del tentativo, difficilissimo, di ammodernamento delle Istituzioni pubbliche in atto nel Meridione, aspettative gigantesche che quindi, come tali, per essere corrisposte, richiedono una capacità di governo altissima, una capacità che, purtroppo, spesso non esiste e deve pertanto essere creata rapidamente.

All'interno del Consiglio della Federazione abbiamo affidato al Presidente del Parco nazionale del Vesuvio il compito di raccordare tra loro le nostre azioni e gli Amministratori che operano nelle Aree Protette del Sud. Non con la pretesa di risolvere problemi così complessi, ma solo di avviare un lavoro che avrà successo se ci sarà l'impegno di tutti e soprattutto se tutti sapremo cogliere nel segno individuando bene i fili da tirare perché i Parchi del Sud diventino nei fatti uno dei motori per un nuovo sviluppo, uno sviluppo vero, dell'intero Meridione d'Italia.

 

Le opportunità che non possiamo perdere

Oggi davanti a noi, e non solo alle Aree Protette del Sud, sono aperte nuove prospettive e nuove possibilità per esaltare la missione dei Parchi e accrescere la loro incisività politica e programmatica, ed essere esempi virtuosi dello sviluppo sostenibile.

La programmazzione dei Fondi Strutturali comunitari 2000-2006 rappresenta il punto di snodo decisivo dentro cui debbono sapere agire le nostre Aree Protette per entrare da protagoniste nella nuova programmazione economica e territoriale del nostro paese.

Se fallissimo questo obiettivo, che non dipende certamente tutto e solo da noi (ma in buona misura sì), faremmo sicuramente dei passi indietro in termini di legittimazione e di autorevolezza e perderemmo anche la carica di innovazione e di speranza che molte forze e molti cittadini ripongono nelle Aree Protette.

Senza paura di vedere snaturate le proprie funzioni ed il proprio ruolo le Aree Protette debbono avere la capacità di inserirsi virtuosamente nei processi di sviluppo locali, per riuscire a condizionarli e ad orientarli lungo l'asse dello sviluppo sostenibile e durevole, con una grande capacità di relazione sia con gli altri attori istituzionali che con le forze sociali, economiche e culturali presenti.

Non esiste, dobbiamo essere chiari con noi stessi, alternativa a questa sfida ed a questo terreno se non vogliamo ripiegare illusoriamente nell'opera di difesa passiva, seppure nobile, di qualche specie o habitat minacciato.

Potremo promuovere con maggiore forza e con accresciuta credibilità ed autorevolezza la difesa della biodiversità e la conservazione delle risorse naturali racchiuse nelle Aree Protette, se ci saremo legittimati - e non autolegittimati - come un soggetto pubblico utile ed innovativo non in astratto, ma nel vivo dei processi territoriali di riqualificazione ambientale e di sviluppo locale. Quando i Parchi non sanno giocare anche questo ruolo, o rifiutano di misurarsi su questi terreni inediti, inevitabilmente assumono le sembianze di uno dei tanti Enti burocratici ed autoreferenti già presenti nel territorio e perdono insieme la loro originalità e la stessa possibilità di favorire comportamenti nuovi dell'uomo verso la natura.

 

I parchi come fattore di crescita culturale e civile

Mi pare si possa dire che, finora, le Aree Protette hanno saputo sostanzialmente essere all'altezza della sfida e che, anzi, attraverso i Parchi, grazie alla loro espansione numerica e alla loro maggiore visibilità, gli italiani stanno trovando un nuovo motivo di identità nazionale, un senso di appartenenza e di affetto per il nostro patrimonio naturale che prima non avevano nella stessa misura.

E un risultato straordinario, che costituisce la premessa, o una delle premesse, affinché si affermi anche nel nostro popolo un rispetto più alto, una maggiore conoscenza per la natura e quindi anche un più ampio e maturo senso civico.

Ma, preso atto di questo, dobbiamo però anche sapere evitare il rischio, molto pericoloso, dell'autocompiacimento, sentendoci appagati per i risultati ottenuti, stemperando l'analisi critica e l'urgenza di affrontare nuovi traguardi.

Proprio perché più di ieri le Aree Protette sono diventate patrimonio, senso comune di larghe masse e, lo ripeto, orgoglio nazionale diffuso, noi dobbiamo tenere alta e viva nel Paese la suggestione che quella che è stata intrapresa con l'istituzione di tanti Parchi è solo la prima tappa di un lungo processo, è solo una parte di una grande operazione culturale prima ancora che tecnico-scientifica. Bisogna allora mantenere fermi, e rendere ancora meglio identificabili, il senso di una prospettiva profonda, le finalità generali di un percorso che, proprio perché nuovo e difficile, ha necessità di essere sostenuto da una forte tensione collettiva, ideale e culturale allo stesso tempo.

Ecco: questo mi sembra lo spirito, il respiro ampio che dobbiamo dare al nostro lavoro perché non scivoli nella normalità e nell'ordinarietà, ma trovi invece ragioni profonde per essere rinnovato continuamente.

 

I nostri rapporti con i governi

Prima di concludere vorrei fare solo un accenno alla imminente crisi di Governo.

Noi, come normalmente fanno le Associazioni di Enti o istituzioni pubbliche, non giudichiamo i Governi se non dall'ottica che ci è propria e cioè quella, nel nostro caso, delle politiche ambientali e, all'interno di queste, in particolare di quelle rivolte alle Aree Protette.

Questo Governo e quello che lo ha preceduto hanno sicuramente fatto molto nel campo dell'istituzione delle nuove Aree Protette nazionali e, seppure tra tentennamenti e contraddizioni, hanno anche tentato di avviare alcune prime politiche di sistema.

Francamente ci si poteva aspettare di meglio ma è inconfutabile che essi, per le Aree Protette, hanno fatto molto di più rispetto a tutti quelli precedenti.

Non sappiamo ancora se ci sarà un nuovo Governo destinato a durare fino al termine della legislatura e quali assetti avrà. Sicuramente porremo al Ministro dell'Ambiente con forza, chiunque esso sia, i problemi che ho accennato prima e lo giudicheremo dalle risposte che saprà darci.

Ritengo sia opportuno però che, al di là della nostra inevitabile e necessaria interlocuzione con il Governo nazionale, e con quelli regionali che scaturiranno dalla consultazione della primavera prossima, noi avviamo un confronto con i responsabili delle politiche ambientali delle principali forze politiche nazionali, per presentarci loro e illustrare così le nostre posizioni e le nostre proposte.

Io termino qui, scusandomi per la lunghezza e rimandando ad altri interventi l'approfondimento di temi e problemi che io volutamente, e per ragioni di tempo, non ho trattato (a cominciare dall'illustrazione del Bilancio di previsione). Voglio solo ricordarvi che entro giugno del prossimo anno terremo l'Assemblea straordinaria delI'Associazione per il rinnovo dei nostri organismi e che quindi, in quella sede, potremo verificare più approfonditamente lo stato di salute della Federazione e mettere a punto meglio le nostre politiche per il futuro.