Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 28 - OTTOBRE 1999
 

C.I.P. - Coste italiane protette Il documento programmatico
 



Una questione ormai matura
Alcuni segnali facilmente interpretabili mostrano la "maturità" della questione che in pochi ponemmo alcuni anni fa: è necessario formulare un progetto complessivo d'area vasta, analogo ad altri che si occupano dell'entroterra protetto negli Appennini o di quello alpino, mirato sui problemi specifici delle aree protette costiete.
La necessità di questo pacchetto di progetti operativi è dimostrata dall'attenzione di una regione, le Marche, che hanno inserito nella proposta di riparto dei fondi regionali per le aree protette un apposito capitolo destinato a CIP, "Coste italiane protette" prevedendo dichiaratamente che quel progetto sarà gestito dai parchi costieri della regione. Ma c'è di più. Il Ministero dell'ambiente sta considerando con attenzione "CIP" e di "CIP" si ragiona seriamente in importanti appuntamenti nazionali.
Mi pare utile a quanti lavorano per costruire il sistema nazionale dei parchi fornire in questa sede la documentazione di base sulla quale si è misurata l'assemblea nazionale della Federparchi, in una riunione nazionale svoltasi subito dopo la chiusura dei lavori dell' appuntamento fiorentino del dicembre scorso, ed il congresso nazionale di Legambiente, praticamente nella stessa settimana. Gli autori dei due documenti sono diversi, ed anche (in parte) gli interlocutori per i quali i testi erano stati predisposti. I concetti sono praticamente gli stessi ma mi pare importante rendere disponibili i testi integrali per documentare il punto di arrivo unitario del dibattito preparatorio, nel momento in cui è tempo di tradurre l'insieme delle buone intenzioni in qualcosa di ancora più completo, passando da progetti (dichiarazioni di intenti legittime e lodevoli aspirazioni) volontari a quelli ufficiali, frutto di protocolli d'intesa e di deliberazioni formali. Inoltre all'abbonato che a volte trovasse "pesanti" e difficili da leggere alcuni saggi che escono su Parchi forniamo nell ' occasione un diversivo piacevole, tanto più gradevole in quanto per certi aspetti ripetitivo. Anche da questo punto di vista, infatti, i materiali che seguono appaiono di agevole assimilazione pur esprimendo problematiche molto sentite da chi gestisce aree protette costiere, e di alto profilo, non contenendo piccole questioni marginali e locali ma puntando direttamente ad avviare un processo di modernizzazione effettivo nell'amministrazione attiva del patrimonio naturalistico e paesaggistico delle coste italiane. (M.G.).

 

La legge quadro n. 394 configura una politica di sistema per la cui realizzazione erano stati previsti taluni strumenti basilari di carattere conoscitivo e di indirizzo tra i quali la carta della natura e una classificazione non unicamente di tipo istituzionale, ma strettamente connessa alle varie e diverse finalità del complesso delle aree protette.

La mancata attuazione di questi strumenti, essenziali per la costruzione di un effettivo sistema nazionale, ha indotto il legislatore, con la recente legge 426, a delineare un percorso in grado di raccordare gli interventi e l'iniziativa delle varie aree protette sulla base di progetti per grandi aree e temi.

Sono stati così previsti il progetto APE, un progetto alpino in base alla Convenzione per le Alpi, recentemente ratificata dal Parlamento, il progetto ITACA per le piccole isole.

Questa indicazione della legge ha, prima ancora che un valore concreto di carattere operativo, un significato più generale in quanto conferma l'esigenza, oggi alla base della 'nuova programmazione', di azioni volte a superare, anche per le aree protette, la frammentarietà e ogni forma di separatezza sia di carattere istituzionale che di altro genere, ad esempio tra terra e mare.

Il mancato riferimento della legge 426 al progetto CIP, che per iniziativa della Federazione Italiana dei Parchi cominciò a prendere forma in un convegno nazionale tenutosi ad Ancona, nel 1997, in occasione di Parcoproduce, non va dunque considerato alla stregua di una 'esclusione' ma soltanto una omissione dovuta probabilmente alla scarsa conoscenza di un progetto che d'altra parte è solo alle sue prime battute. D'altronde il carattere "tematico" e insieme "territoriale" dei progetti, richiamati dalla legge corrispondono interamente e pienamente alla natura dei CIP.

Scopo dell'iniziativa, che la Federazione Italiana dei Parchi assume insieme ai parchi marchigiani, alla Università di Ancona ed alla Regione Mar che (che per questo ha già previsto un finanziamento di 500 milioni) è quello di contribuire, attraverso una diretta collaborazione con le aree protette interessate, altre istituzioni e centri di ricerca, alla definizione di un progetto da proporre al governo, e al parlamento.

Esso è innanzi tutto un progetto che muove dalle esigenze, dai problemi e dalle idee delle aree protette site sulla costa specialmente ma non soltanto adriatica. Si tratta in altri termini di un'idea maturata nel mondo delle aree protette accomunate, indipendentemente dalla loro dimensione, storia, natura istituzionale, dai problemi derivanti dalla loro collocazione costiera e dalla convinzione che le aree protette della costa possono rappresentare una leva fondamentale e qualificata per immettere nelle scelte politiche e programmatiche delle istituzioni centrali e decentrate nuovi contenuti e obiettivi ispirati alle finalità generali proprie di una moderna tutela ambientale.

Se le aree protette oggi interessate, 24 parchi e 54 riserve, per altro quasi tutte di limitata estensione, costituiscono infatti una realtà spezzettata (quasi una sorta di catena di DNA mancante di interi settori, e senza una logica ed un progetto omogeneo dei valori naturalistici, ambientali e paesistici da proteggere) e troppo debole per costituire, da sola, un baluardo certo per la conservazione dell'esile confine terramare, esse possono però rappresentare l'indispensabile testa di ponte per la ricerca, lo studio, la sperimentazione e 1' affermazione di criteri operativi e gestionali e di modalità di investimento utili per la protezione di un ambito territoriale molto particolare. Soprattutto se del "sistema" entreranno a far parte adeguati corridoi ecologici che evitino la formazione di un arcipelago di aree biologicamente sane avulso dal contesto territoriale sempre più degradato e grazie ai quali si eviti di concedere all' ambiente una percentuale di territorio per poi fare della rimanente quello che si vuole. Il concetto di corridoi ecologici (o biologici) dovrebbe essere esteso anche al concetto di salvaguardia delle unità di paesaggio, facendo coincidere gli interessi più specificatamente ambientali a quelli di tipo storico-culturale che sono estremamente importati e diffusi proprio nell'Italia Mediterranea. Questa unitarietà, questa particolarità che pure caratterizza una estensione di molte migliaia di chilometri, è stata fino ad oggi di fatto ignorata nel dibattito concernente i temi della protezione. In genere si parla di parchi terrestri e di aree marine, ma non dei parchi il cui operato è condizionato da questa specificità territoriale che è appunto la fascia costiera. E singolare che nel momento in cui giustamente, attraverso la presenza e~l'iniziativa di un sistema diffuso di parchi, si cerca di fronteggiare le conseguenze, di carattere non soltanto sociale ma anche ambientale, derivanti dai fenomeni di abbandono delle aree interne, soprattutto della dorsale appenninica, non si prendono in adeguata considerazione i fenomeni gravissimi che anche in seguito all'abbandono della campagna e della montagna si sono prodotti sulla costa. Fenomeni che tutte le previsioni, anche comunitarie, segnalano anche per il futuro prossimo in costante e preoccupante crescita e aggravamento, a meno che non intervengano politiche e misure capaci di invertire e correggere le attuali tendenze.

Con il progetto Itaca (limitato però solo alle piccole isole) si è iniziato a pensare ed agire verso le coste, ma non basta. Un dato per tutti serve a dare conto del ruolo cardine che la costa riveste per l'intera vita del paese: in poco più di 600 comuni, che rappresentano il 7% dei comuni italiani, si addensa oggi oltre il 30% della popolazione residente in Italia e verso di essi si concentra un afflusso turistico già oggi impressionante e previsto in ulteriore forte crescita nei prossimi anni. Occorre pertanto porre sul tappeto importanti temi di programma e di progetto su scala nazionale quali:

  • l'arretramento delle infrastrutture;
  • 1'utilizzazione e razionalizzazione della portualità esistente;
  • l'avvio di seri progetti per il turismo ecocompatibile agendo verso la destagionalizzazione, facendo chiarezza su quello che potrebbe essere il più serio problema per la conservazione dei prossimi decenni;
  • la difesa della costa dall'erosione e dall'inquinamento.

In questo senso - ed è la ragione di fondo che ispira il progetto CIP - si ribadisce che la costa rappresenta sia un fondamentale punto di lettura e monitoraggio della situazione che è venuta a determinarsi nel rapporto terra/mare sia la base di una politica nuova per avviare una spirale virtuosa nel rapporto tra aree interne e aree marine.

I primi ambiti di sviluppo dei progetto potrebbero essere individuati secondo il seguente schema:
1- MODELLI DI GESTIONE COMPATIBILI DELLE AREE PROTETTE E DEGLI AMBITI DI INTERESSE PAESAGGISTICO COSTIERI questo tipo di analisi si rende necessaria per valutare compiutamente come e quanto la presenza di un'area protetta possa incidere nel contesto socio economico di area a sviluppo medio alto dei paese a differenza di quanto succede in situazioni definite "povere" o "depresse" ove la risorsa parco diviene chiave di volta per tentare il ribaltamento di un declino apparentemente inevitabile. Per far questo occorre individuare una strategia autonoma che non ricalchi progetti concepiti per altre realtà sociali e territoriali. La costa diviene una superficie con un suo "spessore" che coinvolge le aree retrostanti, molto spesso causa dei problemi che si accumulano lungo di essa, e non una linea di mterfama marelterra. E cammino verso l'obiettivo può essere attuato attraverso una serie di analisi di ampio respiro:

  • analisi socio economica
  • analisi strutturale dei servizi e realtà produttive ed occupazionali
  • analisi ambientale e dei valori diffusi (paesaggio) - analisi delle problematiche ambientali
  • studio dei collegamenti con i regolatori comunitari.

2 - COME GESTIRE LA RISORSA TURISMO Il turismo può essere l'elemento cui ancorare gli obiettivi di conservazione, ma può essere anche, altrove, la causa del degrado irreversibile della risorsa originaria. Tutti gli indicatori danno il fenomeno in crescita nel Mediterraneo per i prossimi anni: una previsione di siffatta importanza non può non essere oggetto di una profonda analisi sui benefici e sui rischi che da essa derivano:

  • analisi dell'industria turistica
  • analisi dell'offerta
  • vantaggi e svantaggi della destagionalizzazione - il coinvolgimento degli operatori
  • la sostenibilità ambientale del carico turistico.

3 - ATLANTE DELLE COSTE PROTETTE E DA PROTEGGERE

Ipotesi di una sintesi sperimentale tra Carta della Natura e Piano delle Coste. Uno strumento nuovo, da realizzare sperimentalmente su un' area ristretta, collezionando l'enorme massa di dati esistenti scollegati tra loro, ma soprattutto non finalizzati ad una visione integrata delle problematiche. Una proposta metodologica in questo senso al Ministero dell'Ambiente.