Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 28 - OTTOBRE 1999
 

Tutela del territorio tra progettualità e realizzazioni
Peris Persi e Erika Roccato*
 



1. Il contributo al dibattito dell'Istituto di Geografia di Urbino

Il potente detonatore della conferenza nazionale sull'ambiente, svoltosi ad Urbino nel 1973 è valso a risvegliare l'interesse del paese su un problema fino allora sottovalutato sul quale le forze politiche non avevano preso seri impegni (Persi, 1973). In quel momento la stampa e gli enti pubblici hanno cominciato ad interessarsi con più assiduità alla nuova tematica che emergeva sullo scenario nazionale, sollecitando le sedi della ricerca verso un rinnovato ruolo di studio e di proposta.

L'Istituto di Geografia, nella persona dello scrivente, aveva già preso parte a gruppi di lavoro su ambiti locali (AA.VV., 1971), ma predispone un più ampio e sistematico contributo solo alla metà degli anni Settanta, quando per la prima volta nella regione compare una organica proposta di aree da sottoporre a tutela (Persi, 1976).

La Regione Marche, che si presentava come una "fascia costiera industre ed affollata, con alle spalle una specie di parco nazionale di bellezze naturali e di ricordi storici" (Cori, 1967, p. 171), in realtà è già una terra piuttosto antropizzata, favorita tuttavia da un moderato carico demografico, da un diffuso e minuto insediamento urbano, da un generale sfruttamento agrario della collina e da un'economia montana per secoli prevalentemente silvo-pastorale. Ma al suo interno profonde sono le varietà paesistiche e sempre più avvertita l'urgenza di tutela contro le aggressioni operate dall'attività estrattiva (cave) e gli effetti indesiderati della crescente urbanizzazione.

In quegli anni le Marche appaiono come un territorio ecologicamente smilitarizzato, privo di parchi naturali, a dispetto della suggestività e irripetibilità di alcuni paesaggi, di situazioni naturalistiche di grande significato o di complessi culturali importanti e non solo alla scala regionale o nazionale.

Di qui una serie di proposte di tutela motivate che riguardano le seguenti aree: Monte Carpegna (esteso al Sasso Simone e Simoncello), Alto Metauro (Alpe della Luna, Fonte degli Abeti e valli del Meta e dell'Auro), Catria e Nerone, Gola del Furlo (M. Pietralata e M. Paganuccio), Conero, S. Vicino, Gola della Rossa e Gola di Frasassi, S. Silvestro e Valleremita, Cingoli, Sibillini, Monti della Laga.

Quindi dieci parchi sufficientemente estesi, diversi dei quali, posti a cavaliere dello spartiacque appenninico, interessano anche Toscana, Umbria e Abruzzo: tra questi emerge per importanza quello dei Sibillini cui, sin da allora, si propone una tutela nazionale.

Sul tema si torna nei primi anni Ottanta quando il convegno sui "parchi nazionali - parchi regionali in Italia" consente nuove puntualizzazioni, nonché la valutazione dello stato dei progressi compiuti in materia di tutela (Persi e Mazzufferi, 1984). La delusione sembra però prevalere perché le tante proposte del decennio precedente, a dispetto del vivace dibattito suscitato, non hanno trovato accoglimento legislativo.

In questo vuoto decisionale va segnalata l'emanazione da parte della presidenza regionale del decreto 18.397 del 4 luglio 1979 relativo alla "delimitazione delle aree floristiche protette", importante iniziativa, ma limitata a valenze botaniche, priva quindi di una visione integrata e territoriale della questione ambientale. La realizzazione del Parco dei Sibillini è ancora lontana, ma persino quello del Conero tarda a concretizzarsi per contrasti locali e per la difficoltà di intesa dei partiti e delle amministrazioni comunali.

Il decennio si chiude con due interventi: uno sulla difesa ambientale in Europa (Persi, 1988-1), tema su cui l'Istituto di Geografia organizza un convegno (Persi, 1988-2), e l'altro sui piani paesistici dopo il varo della legge nazionale n. 431/85, nota come legge Galasso, con cui si supera la dicotomia tra pianificazione e ambiente e si propone uno strumento d'intervento territoriale in grado di coniugare sviluppo e tutela (Persi,1989-1). Tale legge inoltre obbliga le regioni a dotarsi di un piano paesistico, e quindi impone alle amministrazioni regionali di affrontare responsabilmente un'opera troppo a lungo elusa e, comunque, mai conclusa.

L' aver posto al centro dell'interesse conservativo il paesaggio, bene della natura e della società, documento unitario di civiltà e dell'umano progresso, riscatta il lassismo del periodo precedente e rilancia su nuove basi lo sviluppo sociale e la valorizzazione delle risorse naturali. Sicché per la prima volta anche nelle Marche si è di fronte ad una svolta mentre le crescenti istanze sociali rendono meno lontana la realizzazione dei primi parchi e riserve naturali.

La Regione Marche approva il proprio Piano Paesistico Ambientale Regionale (PPAR) nel 1989 con lo scopo dichiarato di gestire la tutela del paesaggio in base a criteri programmatici di pianificazione e non secondo interventi specifici, legati ad emergenze e singoli aspetti ambientali. In precedenza aveva varato una legge per la costituzione del parco del Conero (1987) primo parco regionale, dalla lunga e laboriosa gestazione, per i molteplici interessi che tale emergenza naturalistica riveste, data anche la sua prossimità al capoluogo. L'interesse al dibattito ambientale, sia pure sotto profili particolari, è proseguito anche successivamente con contributi su tematiche generali e regionali (Persi, 1989-2 e Persi, 19893; Pongetti, 1994; Persi, Pongetti, 1998).

 

2. Il Piano Paesistico Ambientale Regionale e le prime aree protette

Nella relazione esplicativo-descrittiva del PPAR (approvata con delibera del Consiglio Regionale n. 197 del 3.11.1989) vengono delineati i "caratteri del paesaggio marchigiano" sia da un punto di vista storico-culturale che da un punto di vista naturalistico. L'individuazione dei lineamenti geologici, geomorfologici, idrografici e vegetazionali, evidenziando le peculiarità, ricchezze e debolezze del territorio marchigiano, producono una conoscenza della realtà regionale, nella sua globalità, che fino a quel momento mancava.
Con il PPAR il concetto di tutela amplia il suo spettro di azione, non solo estendendosi all'intera regione, ma inglobando nella salvaguardia e valorizzazione paesaggistica la componente naturale, storica e antropica. Tali fattori determinano la struttura del Piano, costituita da sottosistemi, cioè da aree tematiche (geologica, botanica, storico-culturale) e da categorie di beni (coste, fiumi, crinali, versanti, fondovalle, boschi, zone umide, monumenti naturali, ecc.), studiate e analizzate in modo da determinare gli indirizzi di tutela e i principi normativi a cui sottoporre l'intero territorio.

Sulla base di tali elementi il PPAR individua due livelli di tutela: orientata e integrale. La prima consente di intervenire sul territorio, seppur in maniera controllata e "ecocompatibile"; la seconda, invece, esclude ogni possibilità di azione che non sia finalizzata alla conservazione e/o al consolidamento degli elementi che lo caratterizzano. In relazione alle tipologie fondamentali della struttura territoriale, cioè alle categorie costitutive, al loro valore e a quello dei sottosistemi interessati, viene stabilito il livello di tutela, mentre i confini dell'area interessata sono individuati tramite una perimetrazione provvisoria che verrà poi definita dai singoli strumenti di pianificazione sotto ordinati. All'interno del sistema ambientale regionale vengono individuate cinque tipi di aree in base al valore paesistico (indicate con A, B, C, D, V) (').

Fanno parte del primo gruppo (tipo A) le aree di grande eccezionalità per la presenza di elementi naturalistici e storico-culturali di grande valore; tali sono, nelle Marche: Monti Sibillini - Monti della Laga; Monte S. Vicino - Gola della RossaFrasassi; Abbadia di Fiastra; Catria-Nerone; Conero; S. Bartolo.

Appartiene al gruppo B, un numero maggiore di zone, anch'esse rilevanti seppur con un valore paesistico-ambientale inferiore a quelle di tipo A: si tratta di 22 aree importanti sia da un punto di vista prettamente naturalistico (Carpegna, FurloPietralata-Paganuccio, Alpe della Luna, Monte Cucco, Valle di Campodonico-Valleremita) che da un punto di vista storico-architettonico (S. Leo, Cartoceto-Serrungarina, Trebbiantico-CandelaraRosciano, Cupramarittima, Cingoli, Offagna, Smerillo, ecc.).

Pur non risultando sempre chiaro il criterio di inserimento di alcune località in un gruppo piuttosto che in un altro, interessa sottolineare come per tutte le aree di tipo A, più alcune di tipo B, quindi per le aree più rilevanti del territorio, il PPAR proponga l'istituzione di parchi e riserve naturali al fine di garantirne la salvaguardia e la protezione.

Nel Piano si elabora anche una prima classificazione delle aree da sottoporre a tutela, che sono divise in:

  • a) parchi naturali regionali, intesi quali zone che devono essere organizzate in modo unitario, con preminente riguardo alle esigenze di protezione della natura e dell'ambiente e di uso culturale e ricreativo, nonché allo sviluppo delle attività agricole, silvo-pastorali e delle altre attività tradizionali atte a favorire la crescita economica, sociale e culturale delle comunità residenti, per cui al concetto protezionistico si unisce quello di fruizione e sviluppo;
  • b) riserve naturali, intese quali zone specificamente destinate alla conservazione della natura in tutte le manifestazioni che concorrono al mantenimento dei relativi ecosistemi, le attività umane sono quindi finalizzate alla protezione e al controllo;
  • c) parchi archeologici e/o culturali, intesi come aree di interesse archeologico in cui l'importanza dei beni e del circostante assetto paesisticoambientale rendono opportuna l'istituzione di apposite aree attrezzate per lo studio e il turismo culturale.

Rifacendosi a questa classificazione il PPAR individua indicativamente il perimetro di 9 parchi regionali, 26 riserve naturali, 4 parchi storicoculturali e 3 parchi archeologici per una superficie tutelata pari al 13,5% di quella regionale (2). In tale lista sono, ovviamente, incluse le aree protette già istituite: la Riserva Naturale di Torricchio (1970) e dell'Abbadia di Fiastra (1984), il Parco Regionale del Conero (con l.r. n. 21 del 23 aprile 1987) e il Parco Nazionale dei Monti Sibillini la cui costituzione aveva appena preso avvio (con d.m. del 13 luglio 1989 e con successivo decreto del 3 febbraio 1990).

 

3. Le Riserve Naturali

La Riserva Naturale di Torricchio, prima area protetta delle Marche, nacque nel 1970 per volontà dell'Università di Camerino, in collaborazione con il WWF. L' Università ricevette in dono l'intera area dal Marchese Mario Incisa della Rocchetta, ex presidente nazionale del World Wild Found. Dopo essere stata ufficialmente istituita con decreto rettorale (26.2.1973), venne prima dichiarata Riserva Naturale Statale con d.m. 7.4.1977 e in seguito inserita nella rete delle riserve biogenetiche del Consiglio d'Europa, sempre con d.m. del 4.10.1979 (3).

Soltanto nel giugno del 1984 - con un forte ritardo rispetto allo Stato e al Consiglio d'Europaentra in scena la Regione Marche che stipula con la Riserva una convenzione in base alla quale ne riconosce l'importanza regionale e prevede l'erogazione di fondi per favorire al suo interno attività e progetti di tutela e valorizzazione ambientale (4).

Da un punto di vista tipologico la Riserva di Torricchio è una riserva integrale totalmente disabitata, utilizzata dall'Università di Camerino unicamente per la ricerca scientifica e l'attività didattica. Torricchio è nata come riserva destinata a svolgere unicamente azione di tutela e conservazione, ed è per questo che al suo interno le visite sono permesse solo previa autorizzazione. In esecuzione ad alcune leggi e delibere regionali, l'Università ha recentemente elaborato un "Progetto esecutivo per il Piano della Riserva" che riguarda, in parte, anche le future prospettive d'uso dell'area a fini educativi e didattici che coinvolgano scuole, università e gruppi di esperti, in modo da favorire un' apertura ad un pubblico specializzato.

Il 18 giugno 1984 è comunque un giorno importante a livello regionale in materia di aree protette. La regione, infatti, stipula in quella data anche un'altra Convenzione con la Fondazione Giustiniani Bandini, proprietaria dell'area nella quale viene istituita una nuova zona protetta, la Riserva Naturale Abbadia di Fiastra (5).

Questa volta il percorso istitutivo è opposto: si parte dal livello regionale per giungere poi, nel dicembre 1985, al riconoscimento nazionale con la dichiarazione di Riserva Naturale Statale (con d.m. del 10.12.1985). La Riserva, in questo caso, non è concepita come zona "specificamente destinata alla conservazione della natura", ma come area che ai principi di tutela affianca quelli di valorizzazione e di apertura all'uomo, non solo nelle vesti di visitatore ma anche di plasmatore

del paesaggio agrario che tanta parte ha avuto e continua ad avere nella storia di questo territorio. Rispetto all'elenco, stilato nel Piano paesistico regionale, delle ventisei riserve naturali (comprese la Montagna di Torricchio e Abbadia di Fiastra), solo cinque aree sono attualmente tutelate, seppure con diversa classificazione. Nei territori di Sasso Simone e Simoncello, San Bartolo, Valle Scapuccia, Gola della Rossa e Frasassi (6), previsti come riserve, sono stati infatti realizzati dei parchi regionali. La Regione Marche, quindi, non ha istituito riserve naturali regionali a differenza di quanto previsto dal piano paesistico nel 1989.

 

4. I Parchi delle Marche: una difficile fase di avvio

Il primo parco ad essere istituito nelle Marche, con l.r. n. 21 del 23.4.1987, come già detto, è il parco del Conero (7). Dopo quasi un ventennio di mobilitazioni e di proposte per la tutela di un' area che presentava elevati valori naturalistici e storico-artistici, dove la sempre crescente pressione demografica metteva in serio pericolo la conservazione di un promontorio di grande interesse geologico e ambientale, si giunge all'approvazione di una legge che ne garantisce la salvaguardia. In base a quanto sancito dal primo articolo della legge istitutiva, scopo del parco era quello di garantire: "la programmazione unitaria dell'uso del territorio interessato con preminente riguardo alle esigenze di tutela della natura e dell'ambiente, nonché alla promozione della conoscenza scientifica e della didattica naturalistica, per favorire lo sviluppo delle attività economiche, turistiche e sociali delle comunità residenti e rendendolo compatibile con la tutela e la salvaguardia delle peculiari caratteristiche naturali, ambientali e storiche del Conero".

Programmazione dell'uso del territorio, tutela, sviluppo socio-economico e turistico compatibile con l'attività di conservazione degli habitat naturali, sono tutti obiettivi che un parco come quello del Conero non può prescindere dal porsi, esprimendo in questa molteplicità di scopi la vera essenza di un'area protetta in cui forte è la presenza dell'uomo.

Nonostante l'indiscusso valore dei principi sanciti dalla legge e l'evidente necessità di sottoporre, al più presto, a tutela l'intera zona del Conero, non poche furono le opposizioni al parco anche dopo l'istituzione e durante i suoi primi anni di vita, fondamentalmente fino al 1994.

Le vicende istitutive di gran parte delle aree protette sono contrassegnate da analoghe difficoltà e resistenze.

Il gruppo montuoso dei Monti Sibillini, pur distinguendosi nel panorama regionale e nazionale per i "caratteri di straordinaria peculiarità geomorfologica, naturalistica e etnico-culturale", ha raggiunto non senza difficoltà l'attuale status di parco nazionale. E dai primi anni Settanta che si fa strada la convinzione di dover sottoporre a tutela un'area che non poteva correre il rischio di subire i danni derivanti da un progressivo abbandono o da irrazionali azioni dell'uomo. Da un punto di vista legislativo, il primo passo verso la costituzione del Parco dei Sibillini è rappresentato dalla legge finanziaria n. 67 dell'11.3.1988, che, all'articolo 18, ne prevede l'istituzione. La prima perimetrazione provvisoria è contenuta nel decreto ministeriale del 13.7.1989, sostituito, pochi mesi dopo dal d.m. del 3.2.1990. Soltanto nel 1993 si arriva alla definitiva perimetrazione (d.P.R.6.8.1993), ma è dall'anno seguente, quando si tiene la prima seduta al completo del Consiglio direttivo, che il parco inizia ad essere operativo.

Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini è il più grande delle Marche. Esteso su un territorio di circa 70 mila ettari, coinvolge due regioni (Marche e Umbria), tre province (Macerata, Ascoli Piceno e Perugia),18 comuni e quattro comunità montane (Sibillini, Alte valli del Fiastrone, Chienti e Nera, Valnerina).

Altrettanto lunga e difficile è la fase di avvio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, che interessa la regione soltanto per un piccolo lembo di territorio compreso nella provincia di Ascoli Piceno: istituito dalla legge quadro sulle aree protette n. 394/91, diventa operativo soltanto a partire dal 1996 (8).

Neppure, quindi, la tanto attesa legge statale in materia di aree protette sembra aver snellito e facilitato la fase costitutiva e di avviamento dei "nuovi" parchi di fine millennio, che continuano a dover lottare per perseguire le molteplici finalità attribuitegli dalla nuova normativa: conservazione e salvaguardia del patrimonio naturale, incentivazione delle attività educativo-didattiche, di formazione e di ricerca scientifica, valorizzazione e sperimentazione di attività produttive compatibili.

In base al principi fondamentali stabiliti dalla legge 394/91, la Regione Marche elabora una propria normativa in materia di aree protette con l'approvazione, nell'aprile 1994, della l.r. n. 15 sulle "Norme per 1' istituzione e gestione delle aree protette naturali". L'art. 36 istituisce i parchi Gola della Rossa, Monte San Bartolo (9), Sasso Simone e Simoncello ('°), come individuati dal PPAR e riconosce priorità alla futura istituzione dei parchi di Valleremita e Alpe della Luna.
Tabella 1- Aree protette delle Marche (omissis)

Anche l'iter costitutivo di questi parchi regionali risulta complesso e piuttosto lungo; ostacoli politico-ideologici si uniscono a problemi di carattere tecnico, burocratico, finanziario e gestionale che concorrono a ritardare I ' inizio delle attività: il Parco del Sasso Simone e Simoncello è attivo dal 1996, il Parco del Monte San Bartolo funziona dal 1997, mentre il Parco della Gola della Rossa e Frasassi dal 1998 (la riperimetrazione, che ha inglobato anche l'area di Frasassi, ha reso necessaria una nuova legge istitutiva - I.r. n.57 del 2.9.97 "Istituzione del Parco naturale regionale della Gola della Rossa e di Frasassi" - che ha ulteriormente posticipato l'avvio a regime del parco) (Il).

Dopo la lunga gestazione degli anni '70 e '80, solo alla fine di questa seconda decade e soprattutto all'inizio della successiva, ha preso a delinearsi un primo sistema di aree tutelate regionali, che si affianca a quello nazionale del parco dei Sibillini e del Gran Sasso - Monti della Laga. Complessivamente 4 parchi: due lungo la costa (Conero e Monte S. Bartolo) e due all'interno (Sasso Simone e Simoncello, a nord della regione e Gola della Rossa e di Frasassi nel centro della stessa); quindi realtà estremamente differenziate per estensione, localizzazione, caratteri naturalistici e antropici, affidati ad enti di gestione diversa.

 

5. Previsioni e prospettive

Ai sensi dell'art.7 della l.r. 15/94, la Regione Marche programma gli interventi relativi alle aree naturali protette e alla tutela dei valori ambientali del suo territorio attraverso un programma triennale.

Il primo PTRAP (Piano triennale regionale aree protette) riguarda gli anni 1995/1997 che, oltre a fornire l'elenco ufficiale delle aree tutelate con relativi dati riguardanti la superficie e la popolazione residente, ripropone, confermando le indicazioni del piano paesistico ambientale, una lista delle aree protette da istituire, che riportiamo nella tabella seguente.

L'obiettivo è di sottoporre a tutela ancora il 4,75% del territorio regionale, privilegiando l'istituzione dei parchi di Valleremita e Alpe della Luna.

Le risorse finanziarie stanziate dalla regione nell'ambito di questo triennio si sono ben presto dimostrate insufficienti. Ciò è quanto emerge anche dal secondo piano triennale (1998/2000) in cui si ammette che le difficoltà di reperire ulteriori risorse finanziarie, unitamente ai problemi incontrati nella costituzione del parco naturale della Gola della Rossa, non consentono di dare avvio all' iter procedurale costitutivo dei "parchi prioritari", a cui nel frattempo è stato aggiunto il parco di Monte Cucco (già istituito nel versante umbro).

Ne consegue che la speranza di vedere realizzati, entro breve, i parchi di Valleremita e Alpe della Luna si riduce ad una mera illusione, mentre ancor più lontane si fanno le previsioni avanzate dal PPAR, tra 1' altro riconfermate dal primo PTRAP (1995/1997).

Attualmente i parchi regionali marchigiani sono costretti a confrontarsi con finanziamenti inadeguati alle reali esigenze di spesa che un organismo, soprattutto nella fase iniziale, deve affrontare per dotarsi delle strutture e dell' organico necessario al suo funzionamento. Inoltre, il budget di spesa messo a disposizione dalla regione può subire dei tagli, poiché all'atto di elaborazione del piano triennale, le risorse finanziare ammontano solo "presumibilmente" alla cifra stabilita.

Per garantire una comune linea d'azione ed una maggiore rappresentatività alle aree protette marchigiane, circa un anno e mezzo fa è nato il coordinamento regionale dei parchi e delle riserve naturali, a dieci anni dall'istituzione del coordinamento nazionale. Tale organismo è stato creato per favorire la collaborazione tra gli enti di gestione e dare avvio ad un sistema nazionale delle aree sottoposte a tutela capace di garantire uno sviluppo sostenibile del paese con l'attivazione di processi operanti non più a scala locale, ma nell'ottica più generale dei grandi sistemi ambientali e territoriali.

Nel nostro paese, le Alpi, l'Appennino, le coste, le isole minori e le due isole maggiori, determinano la creazione di un circuito di spazi naturali, una rete di sistemi territoriali contraddistinti dal conseguimento di obiettivi comuni per tutto ciò che riguarda non solo la conservazione e la tutela, ma anche lo sviluppo di "azioni economiche sostenibili", come stabilito all'art. 2, comma 22, della legge 426/98 (Nuovi interventi in campo ambientale).

In relazione ai grandi sistemi territoriali italiani vengono individuati altrettanti progetti: Convenzione delle Alpi, APE (Appennino Parco d'Europa), CIP (Coste Italiane Protette), Sistemi regionali Aree Protette della Sicilia e della Sardegna, Itaca (per le isole minori).

Le Marche sono interessate a due di questi piani programmatici di sviluppo integrato: al progetto APE, per le aree montane, e al progetto CIP, per i parchi costieri del Conero e del S. Bartolo.

E legittimo chiedersi se la compresenza di questi due progetti potrebbe introdurre una frattura all'interno del sistema regionale delle aree protette che, peraltro, sembra destinato ad una tardiva attuazione, almeno fino a quando la politica ambientale resterà legata ad interessi e ottiche localistiche, influenzate più da principi e scelte di parte che da una vera visione d'insieme.

Importante è a questo punto il ruolo del coordinamento regionale che dovrà favorire l'adozione di scelte comuni e l'avvio di una gestione integrata delle singole aree non solo all'interno del proprio sistema territoriale, ma nell'ambito di quella rete ecologica nazionale prevista dalla Unione Europea, la cui realizzazione risponde alle attuali strategie internazionali elaborate per la conservazione della natura.

 

Bibliografla
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F. ZANDRl (a cura), I primi passi del Parco. Bilancio della vita e delle attività del Parco Naturale del Conero, Ancona, Tecnoprint, 1999.

* AP Persi si deve il paragrafo n. / a E Roccato r paragrafi 2, 3, 4, 5.

1. aree A: Aree eccezionali per la monumentalità dei paesaggi. Si tratta di luoghi di grande et`t`etto panoramico e di diffusa notorietà, luoghi in cui vi è una combinazione significativa di sito, insediamento, componenti architettoniche, storiche e naturalistiche;

aree B: Aree rilevanti per l'alto valore del rapporto architetturaambiente, del paesaggio e delle emergenze naturalistiche, caratteristiche della regione;

aree C: Aree che esprimono la qualità dift`usa del paesaggio regionale nelle molteplici torme che lo caratterizzano: torri, case coloniche~ ville, alberature, pievi, archeologia produttiva, fornaci, borghi, nuclei, paesaggio agrario storico, emergenze naturalistiche.

aree D: Aree non incluse nelle categorie precedenti che costituiscono la parte restante del territorio;

aree V: Aree di alta percettività visuale individuabili in relazione alle vie di comunicazione t`erroviarie, autostradali e stradali di maggiore intensità e traffico.

2 . Parchi Nah(rali: I ) Sasso Simone-Simoncello e Monte Carpegna; 2) Alpe della Luna; 3) Monte Nerone; 4) Monte Catria e Monte Cucco; 5) Monte Conero; 6) Valleremita; 7) Monte San Vicino e Piani di Cant`aito; 8) Monti Sibillini; 9) Monti della Laga. Riserve Naturali: I ) Sasso Simone e Simoncello; 2) Falesie del San Bartolo; 3) Bocca Serriola; 4) Gola del Gorgo a Cerbara e Fosso dell'Eremo; 5) Serre di Burano; 6) Gola del Furlo; 7) Cesane; 8) Valle Scapuccia; 9) Gola di Frasassi; 10) Gola della Rossa; Il) Monte San Vicino; 12) Monte Nero di Cingoli; 13) Macchia delle Tassinete; 14) Selva di Castelfidardo; 15) Monte Maggio; 16) Alto Esino; 17) Gola di Pnoraco; 18) Monte Pennino; 19) Piani di Montelago; 2()) Gola di S. Eustachio; 21 ) Abbadia di Fiastra; 22) Riserva di Torricchio; 23) Monte Castel Manardo; 24) Bosco Smerillo; 25) Monte dell'Ascensione; 26) San Gerbone. Parchi Storico-culturali: 1) Colle San Bartolo; 2) Gola del Furlo; 3) Gola della Rossa; 4) Abbadia di Fiastra. Parchi archeologici: I ) Suasa. 2) Cupramarittima, 3) Faleria.

3. La Riserva Naturale di Torricchio occupa un-area di 317 ettari di estensione compresa tra i comuni di Pivetorina e Monte Cavallo, in provincia di Macerata, in prossimità del confine con l'Umbria.

4. In base all'accordo la regione si impegnava, inoltre, ad inserire la Riserva in un "sistema di parchi e riserve regionali", nel momento in cui fosse stato definito. In realtà la Convenzione non soltanto precorreva di molto i tempi introducendo un concetto nuovo per quel penodo, ma garantiva qualcosa di cui non vi erano neppure i presupposti. Non solo non esisteva il sistema dei parchi e delle riserve regionali, ma non esistevano neppure altre aree naturali tutelate.

5. La Riserva Naturale Abbadia di Fiastra, si estende per 1.800 ettari in un'area a cavallo tra la valle del fiume Chienti e quella del Fiastra, suo maggiore affluente. La Riserva si trova in provincia di Macerata, amministrativamente compresa tra il territorio del comune di Urbisaglia e Tolentino. A differenza della Riserva di Tomcchio, quella di Fiastra è caratterizzata da un territorio antropizzato ormai da secoli e il suo valore è legato alle vicende storiche di quest'area in cui sorge uno dei centri monastici più importanti dell'ltalia centrale, I'Abbazia Cistercense di S. Maria di Chiaravalle di Fiastra (1142),centropertresecolidiintenseattivitàeconomiche,socialie culturali. Cuore della Riserva è la cosiddetta "Selva", un bosco di 100 ettari, unica sopravvivenza di una vasta t`oresta che un tempo ricopriva queste colline, già individuato dalla Regione Marche come biotopo di particolare importanza e per questo dichiarato, ai sensi della l.r. n. 52/74, "Area floristica protetta".

6. Le tre aree sono state inglobate all'interno del Parco Naturale della Gola della Rossa e di Frasassi.

7. Il territono del parco del Conero, compreso tra i comuni di Ancona, Camerano, Numana e Sirolo, tutela un'area particolarmente interessante sia da un punto di vista naturalistico che storico-culturale. Il promontorio del Conero con le sue falesie a picco sul mare rappresenta, insieme al colle San Bartolo, I ' unico tratto di costa alta del versante Adriatico compreso tra Tneste e il Gargano. Tutta l'area è ricca di nlevanti testimonianze storicoarchitettoniche disseminate tra i centri stonci di Sirolo, Numana, Poggio, Camerano e la baia di Portonovo.

8.11 Parco si estende tra i comuni di Acquasanta Terme, Arquata del Tronto e Ascoli Piceno, per una superficie di circa 14.000 ettari, ma la sua superficie totale è pari a 150 mila ettan e vede coinvolti ben 44 comuni, 8 comunità montane, 5 province e 3 regioni. La complessa realtà politico amministrativa può giustificarne i ritardi istitutivi .

9.11 parco naturale regionale del Monte San Bartolo ha un'estensione di circa 1600 ettari e tutela un'area costiera compresa tra i comuni di Pesaro e Gabicce. In questo piccolo fazzoletto di terra oltre ad un'importante falesia si trovano resti di una antica villa tardo-romana a Colombarone, suggestivi centri storici di altura come Casteldimezzo e Fiorenzula di Focara, esempi di grandi ville nobiliari.

1().11 Parco del Sasso Simone e Simoncello fa parte dell'antico territorio del Montefeltro. Amministrativamente compreso nella Provincia di Pesaro, ai confini con Toscana e Romagna, interessa i Comuni di Carpegna, Pennabilli, Frontino, Pian di Meleto, Villagrande di Montecopiolo e Pietrarubbia. Nel versante toscano dell'area è stata istituita dalla Provincia di Arezzo la Riserva Naturale del Sasso Simone.

11.11 parco naturale della Gola della Rossa e di Frasassi è la più grande (9.553 ha) area protetta regionale sinora istituita nelle Marche. Il parco si estende su una parte del versante Appenninico della Provincia di Ancona ed è compreso nel territorio della Comunità Montana dell'Esino-Frasassi a cui è stata affidata la gestione. I comuni interessati sono: Arcevia, Cerreto d'Esi, Cupramontana, Fabnano, Genga, Mergo, Rosara, Sassoferrato, Serra San Quinco, Staffollo.