Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 28 - OTTOBRE 1999
 

Conservazione e biodiversità
Alessandro Bardi*
 



La fauna e la flora sono 1' anima dei Parchi Nazionali, nati storicamente per tutelare i grandi spazi naturali, ma soprattutto le specie animali minacciate dalla caccia e la flora più spettacolare.
L'abbondanza di biodiversità e l'integrità delle catene ecologiche è il migliore indicatore dell'efficacia della gestione di un'area protetta istituita per la conservazione della Natura.
Il monitoraggio della fauna e gli interventi per la sua gestione rappresentano quindi un forte strumento di verifica, controllo ed indirizzo della gestione di un'Area Protetta.
Lo sviluppo del Sistema nazionale delle Aree Protette avuto negli ultimi anni, in cui ha avuto un ruolo determinante l'istituzione di una quindicina di nuovi parchi nazionali a seguito dell'emanazione della legge quadro per le aree protette (394/91), ha certamente aperto prospettive importanti per la conservazione della biodiversità nel nostro paese.

La realizzazione di un adeguato sistema di aree protette è infatti per un paese il maggior progetto di conservazione della biodiversità, soprattutto se il progetto delle aree protette avviene seguendo i principi della Biologia della Conservazione per far sì che insieme alla difesa dei biotopi di maggior interesse vengano pianificati correttamente anche zone cuscinetto e aree di comunicazione (corridoi faunistici) al fine di rendere più produttivo e duraturo l'intervento di conservazione della biodiversità.

Dalla protezione della fauna dalle minacce della caccia o dei boschi dai tagli indiscriminati, finalità originarie di conservazione della biodiversità nelle aree protette, si rende oggi assolutamente necessario passare ad una gestione della biodiversità attiva tesa a riequilibrare gli scompensi dovuti alle attività umane, ad accelerare i fenomeni di recupero spontanei e a salvaguardare le specie minacciate.
Non si deve però dimenticare come la gestione della biodiversità nelle Aree Protette deve essere parte integrante e fondamentale di una politica di gestione della fauna a livello nazionale.
A tale riguardo il nostro paese risulta ancora sprovvisto di strumenti fondamentali quali:

  • il Piano Nazionale della Biodiversità, di cui l'Italia deve dotarsi a seguito della Convenzione Internazionale sulla Biodiversità;
  • la Carta della natura, inventario georeferenziato della biodiversità del paese;
  • una legge quadro per la gestione della flora e della fauna, visto che fino ad oggi l'unica legge italiana in cui si accenni al problema della gestione della fauna è la legge sulla caccia (157/92) e che non esiste una legge nazionale per la difesa della flora.

Questi strumenti costituiranno certamente un indirizzo fondamentale anche per impostare la gestione attiva della biodiversità nei Parchi.
Pur nelle more dell'elaborazione di questi strumenti, che c'è da augurarsi più breve possibile, molte sono le attività di gestione della biodiversità che è possibile e necessario avviare nei Parchi.
A tale riguardo è anzi auspicabile una maggiore attenzione e solerzia degli enti parco per l'avvio di progetti conservazione, fino ad oggi tenuti da molti enti in secondo piano rispetto a progetti di infrastrutturazione e di sviluppo economico. Una revisione di tale approccio deve partire dalla considerazione che la Natura rappresenta il patrimonio che i parchi devono in primo luogo tutelare, e in secondo luogo rendere economicamente redditizio, tenendo sempre a mente che non si può sperare di godere dei frutti di una pianta che non venga curata.
Né si possono limitare le prospettive della gestione della biodiversità, alla disputa di retroguardia tutta italiana "caccia nei parchi si/caccia nei parchi no".
Rimandando per le questioni tecniche, che questa comporta al Dossier WVVF Italia "Caccia e gestione della fauna nelle aree protette" (Roma, ottobre 1999) si può soltanto affermare che i parchi nazionali vengono istituiti per tutelare la Natura, e quindi la biodiversità e per la fruizione di questa da parte della collettività.

La caccia non è quindi tecnicamente ed eticamente accettabile all'interno dei parchi, anche perché limiterebbe il diritto di fruizione da parte della collettività della fauna a vantaggio di pochi.
E sufficiente una escursione nella Val di Rose, nel parco nazionale d'Abruzzo o in una qualsiasi vallata alpina dove si abbiano maggiori popolazioni di camosci ma venga esercitata la caccia per capire come quest'ultima riduca il diritto di "fruizione" da parte del pubblico della fauna.
All'interno delle aree protette si potranno quindi effettuare soltanto prelievi selettivi, svolti da personale del parco e non da cacciatori, con tecniche non provocanti disturbo all'ecosistema del parco e soprattutto salvaguardando il più possibile tanto da un punto di vista etico che tecnico il patrimonio faunistico.
Invece fino ad oggi qualsiasi intervento rivolto al controllo di popolazioni animali in disequilibrio con l'ambiente è stato sempre approcciato con un'ottica venatoria senza prendere in considerazione il fatto che nella maggioranza dei casi il disequilibrio stesso era stato causato proprio dall'attività venatoria da pratiche ad essa correlate.
Ben altre sono le sfide che si aprono oggi per la gestione della biodiversità nelle aree protette, che dovrebbero essere perseguite con sollecitudine dal Servizio Conservazione Natura del Ministero dell'ambiente e dagli Enti parco.

Tra di esse possiamo citare:

  • l'inventario della biodiversità animale e vegetale presente all'interno delle aree protette e la conseguente necessità di istituzione di aree protette per salvaguardare la totalità della biodiversità nazionale (gap analisis);
  • il monitoraggio di specie minacciate per conoscere lo status delle loro popolazioni ed identificare gli interventi di conservazione; - lo studio delle caratteristiche dei cosiddetti "corridoi ecologici" necessarie a garantire la loro funzione di collegamento tra le aree protette per i diversi gruppi faunistici e floristici.
    A tale riguardo vale la pena citare ad esempio lo studio compiuto dal WWF Italia, nell' ambito del progetto LIFE "Grandi Carnivori nell'Arco Alpino" con il supporto scientifico dello IEA, per l'identificazione dei "corridoi" percorribili dagli orsi nell'arco alpino orientale;
  • l'identificazione delle fratture nella continuità ecologia del paese e degli interventi infrastrutturali necessari ad eliminarle;
  • l'identificazione di tecniche di gestione naturalistica degli ecosistemi tipici dei parchi nazionali italiani in grado di conciliare la salvaguardia degli ecosistemi con il loro sfruttamento agro-silvo-pastorale;
  • l' identificazione di programmi di reintroduzione di specie animali e vegetali nei parchi nazionali al fine di:
    • creare nuclei distinti di specie minacciate;
    • ricostituire le catene ecologiche all'interno dei parchl;
    • dotare i parchi delle loro attrazioni turistiche fondamentali flora e fauna.

A tale riguardo si può ipotizzare la reintroduzione del Camoscio d'Abruzzo sui Sibillini, alla reintroduzione degli ungulati in tutti i parchi nazionali del Mezzogiorno d'Italia, del Cervo sardo sul Gennargentu e così via;

  • la creazione di aree faunistiche nei parchi nazionali utilizzabili sia per scopi didattici ed educativi che per creare stock di riproduttori di specie da reintrodurre;
  • la creazione di orti botanici e vivai in grado di conservare la biodiversità floristica della penisola italiana.

Per quel che riguarda il patrimonio floristico e vegetazionale si può dire che sono molti gli ambienti che necessitano di una maggiore attenzione, di cui si conosce ben poco sulle componenti specifiche e soprattutto si conosce poco dei delicati rapporti ecologici tra specie ed ambiente stesso. Tra questi ambienti vanno certamente inserite le foreste, ma anche le steppe mediterranee, le zone umide, i pascoli, le praterie d'alta quota, le foreste in ambienti mediterranei e sub mediterranei per i quali risultano meno numerose le esperienze codificate rispetto ad analoghe situazioni nord-europee.
I fattori da fronteggiare maggiormente all'interno dei parchi per la difesa della flora e della vegetazione sono:

  • gli incendi boschivi;
  • il pascolo non regolamentato;
  • il taglio dei boschi;
  • la tutela di specie minacciate di particolare interesse per l'uomo;
  • e in minor misura le piogge acide, I'inquinamento atmosferico e idrico, l'abbassamento delle falde, l'immissione di specie autoctone, la qualità dei rimboschimenti e la gestione di quelli esistenti.

Per quanto riguarda la conservazione della fauna si possono proporre quattro possibili approcci:

  • 1. identificare e proteggere le popolazioni delle specie rare e minacciate;
  • 2. conservare popolazioni consistenti di:
    • pecie chiave, cioè quelle che giocano un ruolo chiave negli ecosistemi (keystone species);
    • specie ombrello, cioè quelle specie che richiedono ampi spazi naturali per sopravvivere tali da garantire cosi la conservazione di moltissime altre forme di vita "accolte" sotto l'ombrello protettivo della specie più esigente - specie bandiera - di particolare valore naturalistico, emotivo e simbolico;
  • 3. proteggere i migliori esempi di tutte le comunità naturali;
  • 4. identificare e gestire grandi ambiti territoriali per la conservazione della biodiversità e lo sfruttamento compatibile.

Per nessuno di essi si ha fino ad oggi un'applicazione esaustiva; tra le specie meritevoli di particolare attenzione da parte del sistema dei Parchi nazionali, sono il lupo, la lince, l'orso bruno, la lontra, la foca monaca, il cervo sardo, il camoscio appenninico.
In conclusione è importante sottolineare alcuni aspetti.
Il primo è che grazie alla direttiva habitat dell'Unione Europea, peraltro poco precisa per apetti prettamente mediterranei e alla Rete natura 2000, l'Italia ha uno strumento in grado di fornire priorità per la difesa della biodiversità.
Il secondo è che l'evoluzione del sistema nazionale delle Aree protette verso la Rete Ecologica Nazionale richiede anche in materia di gestione faunistica un'ottica non solo di Sistema, ma anche di Rete, al fine di fornire una reale prospettiva di conservazione della biodiversità a livello nazionale.
E quindi possibile e necessario coordinare gli interventi da effettuare nelle diverse aree, renderli inergici e integrati, attingendo non solo dalle risorse finanziarie destinate al sistema delle aree protette, ma anche da altre risorse sia comunitarie che nazionali, primi tra tutti i fondi strutturali per il periodo 2000-2006.

* Vice Segretario generale WWF Italia

 

Bibliografia
CALO C. M. E PETRETTI F., Caccia e gestione della fauna nelle aree protette - Dossier WWF "Caccia e gestione della fauna nelle aree protette", Roma, ottobre 1999.

FANTILLI P., Aree protette ed attività venatoria, Dossier WWF "Caccia e gestione della fauna nelle aree protette", Roma, ottobre 1999.

APOLLONIO M., Caccia nei Parchi Nazionali: la posizione dell'Unione Zoologica Italiana, Dossier WWF "Caccia e gestione della fauna nelle aree protette", Roma, ottobre 1999.

BoITANI L., Gestione delle specie e dei loro habitat nelle aree protette: le ragioni del divieto di caccia - Dossier WWF "Caccia e gestione della fauna nelle aree protette", Roma, ottobre 1999.

WWF Italia, Ecosistema Italia, Roma, maggio 1996.