Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 29 - FEBBRAIO 2000


Perché vale la pena battersi
 



Edo esce, Willer entra, e poi? - L'Italia è un Paese difficile da spiegare agli stranieri. Si sono svolte le elezioni regionali, "quindi" è caduto il Governo nazionale. Si sono rinnovati tutti i consigli regionali, "quindi" è cambiato il titolare del ministero dell'Ambiente. Raccontata così, ad un marziano a Roma, la cosa potrebbe apparire singolare.

Eppure tutto si tiene, e non è vero che non ci siano logiche profonde dietro il mutare degli assetti di potere. Noi di "Parchi" abbiamo espresso le nostre opinioni sull'operato del ministro Ronchi. Io personalmente ho avuto il compito di presiedere una delle riunioni (ad Ancona, a Parco produce 1999) nel corso delle quali ci siamo scambiati progetti, speranze e opinioni, a volte anche non coincidenti. A Ronchi va dato atto di avere operato intensamente nel settore che ci sta a cuore, rilanciandone il ruolo e le prospettive strategiche, e colmando parte dei ritardi che si erano accumulati.

Non si può - invece - dire che Edo Ronchi abbia condiviso le nostre impostazioni in ordine alla riforma dei ministeri in genere e di quello dell'Ambiente in ispecie, o che abbia favorito un disegno di regionalizzazione alta, non sgangherata né separatista, della politica di tutela e valorizzazione delle aree protette e delle riserve marine. Al contrario la gestione Ronchi ha coinciso con il massimo di centralismo e di statalismo, motivato dall'esigenza di radicare dal centro impostazioni ambientaliste.

In tempi di gestioni unitarie di mare e di costa predicate dalla Unione europea, il ministero di Ronchi ha fatto di tutto per separare i parchi costieri dalle riserve marine. In tempi di regionalismo e di federalismo, il ministero di Ronchi si è barricato nei parchi nazionali, accusando le Regioni di non essere in grado o di non avere la volontà politica di costruire un unico sistema nazionale di parchi. Contemporaneamente questa logica di "torre d'avorio" o di "forte

Alamo" non ha contribuito a fare della questione ambientale l'asse di tutte le politiche del Governo centrale, né l'asse delle politiche delle regioni.

Ciò nonostante Edo Ronchi è stato un buon ministro, sinceramente interessato all'affermazione di un nuovo sviluppo eco sostenibile. Pertanto lo ringraziamo per quanto ha fatto, e siamo in grado di comprendere le ragioni di quanto ci ha diviso da alcuni aspetti della sua azione, che ci permettiamo di ricordare per amore di verità, e soprattutto perché sono tuttora spalancati e bisognosi di essere affrontati e risolti.

Al successore Willer Bordon non chiediamo (come altri, invece, fanno) di essere la fotocopia di Ronchi. Oltretutto sarebbe davvero curioso che ciò fosse possibile! Sul tavolo del nuovo ministro arriveranno i problemi lasciati aperti dal suo predecessore. Il rapporto con la Federparchi, che sarebbe ora suonata di riconoscere anche formalmente come voce autorevole e rappresentativa dei parchi italiani. I ritardi nell'attuazione di remote decisioni del Parlamento (Carta della natura; Piano generale delle coste). La necessità di realizzare il sistema dei parchi nazionali, comprensivo dei parchi nazionali e di quelli regionali, ritrovando, ricostruendo o reinventando tavoli istituzionali e metodologie di redistribuzione dei fondi d'intesa con Regioni sempre meno disposte ad appiattirsi sugli orientamenti dello Stato centrale, e molte altre questioni, dettagliatamente e ripetutamente esposte in passato e facilmente rintracciabili nella collezione di questa rivista.

Ovviamente il problema da risolvere non è "fare come Ronchi" oppure "fare diversamente da Ronchi". Il problema è il che fare in una situazione politica nazionale profondamente mutata, con Regioni rinnovate (ci piaccia o no il segno di quel rinnovamento), nell'urgenza di individuare un terreno comune di modernizzazione ambientalista capace di unire l'intero Paese, evitando lacerazioni insanabili e cedimenti incomprensibili.

Su queste problematiche attendiamo di vedere all'opera il nuovo ministro, che, fin da ora, deve sapere di poter contare sulla leale e fattiva collaborazione di tutti i parchi che rappresentiamo.
Auguri, signor Ministro.

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Il giornalista Sisifo - Chi sa vivere riesce a cogliere il dato essenziale dalla miriade di rumori che la società della comunicazione produce. Ed essere in grado di riorganizzare i materiali informativi grezzi allo scopo di produrre innovazione è probabilmente la parte meno ignobile del nostro mestiere di giornalisti. Quindi avanti, diamoci da fare.

Il flusso di informazioni nel quale navighiamo assomiglia ai marciapiedi della quinta strada (o, per non allargarci e restare sul nostro) di via del Corso nelle ore di punta. Tutti vanno, corrono, si vedono ma non si guardano, in uno spreco sgangherato di progetti e di energie. Così accade agli articoli di rivista, agli studi, ai libri, ai convegni. Si approfondiscono temi. Si individuano problemi. E tutto scorre via, sotto le rotative, negli scaffali delle librerie, nei pacchi di giornali e di riviste che consumiamo senza grande costrutto, uno via l'altro. Come quella folla solitaria di individui che si mescola ma non si unisce, così le nostre idee ed i nostri approfondimenti rimbalzano gli uni contro gli altri, in un grande flipper che ingoia tutto senza pietà, in attesa di altri buchi neri e di improbabili apocalissi definitive e finali.

La ricerca di Giulio Ielardi pubblicata nello scorso numero avrà prodotto un minimo di curiosità in chi stanzia fondi per i parchi nazionali o per quelli regionali? Io so chi riceve "Parchi" nella mia città e nella mia Regione. Certo, non sono in grado di dire chi la legge davvero. Mi capita di incontrare in occasioni pubbliche i miei probabili lettori, ma non riesco a dedurre dai loro interventi la prova che le cifre faticosamente raccolte da Ielardi sono servite a far aggiustare il tiro all'uno o all'altro.

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Alcune esperienze in trasferta - Forse farei meglio a non allontanarmi dalle Marche. E a coltivare più attentamente il mio orticello. Invece a volte cedo alla tentazione di accettare qualche invito. La Regione Liguria mi ha invitato ad un convegno di più giornate nel corso del quale si presentò il piano delle coste liguri. È stato bello incontrarsi con gli amici che hanno lavorato a quel piano. È stato interessante incontrare uomini del ministero e dirigenti Enea tutti molto pragmatici e disponibili, molto attenti alle mie ragioni quando infilavo nel discorso la tesi dell'opportunità di un progetto di area vasta garantito dal sistema dei parchi e dalle regioni che metta a fuoco le priorità problematiche relative alla tutela e alla valorizzazione delle aree costiere.

È stato altrettanto interessante accettare l'invito di Enzo Valbonesi a far parte di una delegazione ristretta di presidenti di parchi costieri che si recava al ministero dell'Ambiente per prendere contatto formalmente ed ufficialmente con il senatore on. Nicola Fusillo, sottosegretario di Stato con delega alle competenze della tutela e della difesa del mare. La brigata era rappresentativa e molto qualificata. C'erano i presidenti dei parchi costieri del Gargano, dell'Asinara, della Maddalena, dell'arcipelago Toscano, assieme al presidente della Federparchi, Valbonesi, e a Fabio Renzi di Legambiente. Il confronto con il nuovo sottosegretario è stato positivo. Fusillo si è impegnato ad approfondire i temi sottoposti alla sua attenzione, ha richiesto documenti ulteriori, si è mostrato disponibile a prendere di petto eventuali difficoltà burocratiche poco comprensibili e fuori da ogni logica di sussidiarietà. A Nicola Fusillo ho detto che la perplessità dei presidenti di parchi costieri nei confronti dell'ipotesi di creare organismi di gestione dei parchi marini separati ed autosufficienti partiva dalla condivisione profonda degli orientamenti dell'Unione europea in ordine alla gestione integrata delle questioni che riguardano le coste, perché la linea di costa dovrebbe essere un ponte, non una frontiera. Mi è parso che il sottosegretario di Stato condividesse questa impostazione, mentre i burocrati ministeriali un po' meno.

Adesso c'è un nuovo ministro, lo stesso sottosegretario e gli stessi burocrati. Quando riprenderemo il discorso, vedremo cosa si potrà fare, e se è proprio inevitabile che due parti dello stesso ministero siano impenetrabilmente autoreferenti, con la conseguenza che quello che appare logico alla ragione e al buonsenso si trasforma in una sorta di reato ammi-nistrativo.

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Altre esperienze domestiche - È stato altrettanto interessante seguire la campagna elettorale per il rinnovo dei con-sigli regionali, e verificare quanto sia lontana la cultura dei candidati a presidente di Regione da quello che a noi appare banale e da tutti condiviso, quando ci incontriamo nelle conferenze dei coordinamenti regionali. La democrazia applicata alla legittimazione degli amministratori è sempre una esperienza assai illuminante, in quanto consente di andare alla radice dei problemi, sia pure cogliendo attimi fuggenti e dovendo infilarsi nelle more e nelle pieghe del circo partitico e mediatico. Ho accettato l'invito di un comitato di pescatori sportivi che affermava di voler discutere dell'eventuale riserva marina del Conero. Sono andato, ed ho trovato quasi tutti i candidati a presidente della regione

Marche in una sala dove erano unite le associazioni dei cacciatori e quelle dei pescatori più o meno sportivi, tutti impegnati a battersi contro i parchi, montani, terrestri, marini, nazionali, regionali o condominiali. In quella sede ho potuto appena accennare al piccolo particolare che sarebbe stato utile conoscere la proposta di perimetrazione e di normativa dell'eventuale parco marino. Mi è stato risposto che il concetto di parco marino era già più che sufficiente per formare un comitato di oppositori. Per fortuna quella non è stata l'unica occasione offerta dalla campagna elettorale marchigiana per parlare di parchi. In altre sedi il clima è stato completamente diverso, al punto che il candidato che oggi è il nuovo presidente delle Marche ha firmato un documento di impegni molto preciso ed interessante.

Tuttavia la questione dei concetti, dei documenti, delle ricerche e degli incontri che rimbalzano gli uni sugli altri come in un perfido flipper, discarica di ogni pulsione progettuale e di ogni spinta alla modernizzazione, resta.

Resta in fatterelli locali, così come nei grandi fatti nazionali, del tutto speculari. Nel corso della manifestazione "salvalarte 2000" Legambiente mi ha invitato ad un dibattito presso l'università di Ancona in occasione della consegna del vecchio faro a Legambiente e della momentanea apertura al pubblico del parco del monte Cardeto, che si trova nel cuore della città, a ridosso della sede della facoltà di Economia. Al dibattito partecipavano il preside della Facoltà, il sindaco della città, l'assessore competente, il presidente del comitato spontaneo per la costituzione del parco, i vertici cittadini e regionali di Legambiente. Ho tentato di citare Giulio Ielardi, soprattutto quando l'assessore ha ricordato che l'area del piccolo parco urbano è costata al comune due miliardi e cento milioni, solo per l'acquisto dal ministero della Difesa. Per le spese successive sono a bilancio svariate decine di miliardi. Ho fatto presente che per un anno di attività di ogni tipo, il parco del Conero ha a disposizione poco più della cifra spesa per il solo esproprio dell'area. La circostanza non ha prodotto alcun interesse.

Ho tentato di mettere in relazione il progetto del sistema dei parchi provinciale e regionale con quello dei parchi urbani, ho avuto applausi, ma non sarei in grado di affermare che si stabilirà davvero un nesso tra il sistema dei parchi cittadini di interesse storico e naturalistico con il lavoro del parco regionale del Conero, e con gli studi dello staff che nell'edificio stesso dove dibattevamo sono al lavoro per fornire piani e studi al sistema dei parchi marchigiani.

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Un sistema di crepe complementari - Mentre, nel mio piccolo, verificavo queste parallele crepe
(i cacciatori contro la riserva marina; gli ambientalisti a favore della gestione del faro e del parco, purché "cosa loro", indipendente dal parco regionale) a Roma si consumava il gioco di petardi relativo al passaggio di mano nella titolarietà del ministero dell'Ambiente. Si parva licet ... le due questioni si intrecciano, e portano alle stesse conclusioni. Molta strada è stata percorsa. Anche perché molte energie si sono spese, affinché le intuizioni di minoranze di ambientalisti diventassero oggi una sorta di progetto, che si articola in capitoli precisi che conosciamo a memoria. Tuttavia quella sorta di progetto è più volte minoritario. È minoritario nella coscienza generale del Paese, che lo confonde con la necessità di impedire scempi e lo delega a chi alza più la voce in occasione di disastri o di casi limite agli onori della cronaca. È minoritario nelle culture delle forze politiche, che lo considerano lo "sfizio" di loro minoranze interne da non ostacolare apertamente, ma da non sposare quando si attuano le distribuzioni serie di denaro pubblico. È minoritario all'in-terno dello stesso mondo ambientalista, in quanto tale progetto viene considerato la grande narrazione legittimante i piccoli specifici privilegi di settore, strappati caso per caso con le tradizionali logiche di lobby.

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Tuttavia restiamo in campo - Se fossimo solo a questo punto, con la consapevolezza che nel frattempo il degrado del pianeta avanza assai rapidamente, e con gli ultimi dati politici, che non sembrano promettere grandi avanzate delle forze di progresso, ci sarebbero tutte le condizioni per cercarsi un orticello meno avvelenato ed arido. Tuttavia non siamo solo a questo punto. La cultura naturalista ed ambientalista sta producendo ricerche e studi nuovi e molto puntuali. Dall'interno delle tradizionali burocrazie sorde e grigie arrivano voci non allineate, che lasciano sperare in un rinnovamento strutturale degli apparati; le associazioni ambientaliste non sono prevalentemente lobby. Almeno non tutte, e non tutti. E soprattutto è in campo la forza enorme delle aree protette vere, non più di carta, fatte di un miscuglio ormai inestricabile di culture, di provenienze politiche ed amministrative, di professionalità vere, che possono mettere in campo la loro grande forza non ancora pienamente sperimentata.

Non so di quante realtà si possa oggi parlare. Diciamo duecento, sparse per tutta la penisola? Diciamo la metà? Quando abbiamo immaginato di trasformare la festa annuale dei parchi in una sede di azioni contemporanee, decentrate in ciascuna area protetta, non eravamo sicuri che la cosa avesse un senso, e che sarebbe stata un passo avanti. Enzo Valbonesi si "impuntò", ci credette più di altri. Andammo avanti, e oggi sappiamo che grande esplosione di contenuti e di capacità progettuale si sia verificata nei dintorni del 24 maggio, giornata europea dei parchi. Da queste grandi, appassionanti novità si può partire per ricomporre tutto quello che è ancora troppo sgangherato, e tutto quello che è ancora minoritario, forse anche perché si sente e si colloca in un angolo minoritario. Possiamo essere protagonisti del nuovo sviluppo e della nuova modernizzazione del nostro Paese. Dal punto di vista culturale e scientifico è una semplice, oggettiva necessità. Dal punto di vista della politica, delle forze da coinvolgere, delle alleanze da costruire, un sentiero ripidissimo e pieno di frane, di quelli che non consiglieremmo nemmeno ai più esperti. La contraddizione c'è, ed è più che evidente. Ma se non la affrontiamo noi, chi lo farà? Se non lo faremo ora, quando lo faremo? Quando il gioco si fa duro, intanto si comincia a giocare. Il resto verrà di conseguenza, se verrà. Ma in ogni caso avremo fatto la cosa giusta.

M.G.