Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 30 - GIUGNO 2000


I compiti e le sfide di "Ercolano"
Enzo Valbonesi*
 

La nostra associazione
Quella odierna è la quarta assemblea congressuale della nostra associazione. La prima, quella fondativa, si tenne ben undici anni fa a Bordonecchia per iniziativa di un piccolissimo gruppo di parchi regionali, che costituirono, un po' pionieristicamente, ma con grande lungimiranza, l'allora Coordinamento nazionale parchi. In questo arco di tempo abbiamo compiuto, non senza fatica ed impegno, grandissimi passi in avanti. Oggi associamo 174 aree protette tra cui 16 parchi nazionali, 80 parchi regionali e 78 riserve, sia terrestri che marine. Rispetto all'ultima assemblea congressuale, che si svolse a Torino nel 1997, abbiamo raddoppiato il numero dei parchi nazionali e regionali aderenti e sono ora funzionanti sei coordinamenti regionali. Questi dati quantitativi, da soli, sarebbero sufficienti a dimostrare la crescita e la vitalità della nostra associazione; crescita che è ben testimoniata, però, anche dal grande risultato, superiore a qualsiasi più rosea aspettativa, che ha registrato, anche qualitativamente, la Giornata europea dei parchi. Promossa, per la prima volta in Italia, da noi insieme ad Europarc, essa ha visto svolgersi in tutto il Paese, dal 20 al 28 maggio, oltre 500 iniziative dislocate in 110 aree protette; iniziative che hanno registrato uno straordinario successo di partecipazione e che si sono tenute grazie al lavoro di tanti amministratori e operatori dei parchi che voglio qui ringraziare pubblicamente. Penso si possa dire senza trionfalismi di sorta che, in questi ultimi anni, si è accresciuto anche il ruolo, l'autorevolezza e la rappresentatività della federazione, tanto sul versante dell'iniziativa politica e sindacale, quanto su quello dei servizi offerti agli enti associati. Di fatto, oggi, siamo l'unica vera associazione italiana delle aree protette; un'associazione democratica e aperta, trasparente e rigorosa nella propria vita interna perché fondata su regole precise e rispettate, ma soprattutto perché la nostra è un'associazione che vive solo grazie all'apporto degli enti associati, attraverso l'autofinanziamento e il continuo scambio e confronto di esperienze. Non credo sia necessario che mi soffermi nella descrizione minuziosa delle tante cose fatte in questi tre anni che ci separano dalla precedente assemblea congressuale o nell'elencazione degli strumenti di cui ci siamo serviti finora (la rivista "Parchi", le News mensili, la nostra segreteria tecnica, ecc.) per dimostrare che il bilancio che possiamo presentare è sicuramente molto positivo. Voglio solo proporvi una riflessione e fornire alcuni dati che dimostrano chiaramente il notevole sviluppo di interesse che vi è oggi nei confronti dei parchi nel nostro Paese. Il nostro sito www.parks.it, che, a partire dal 1996, costituisce di fatto il vero e proprio portale dei parchi italiani, ha avuto in questi ultimi tempi una crescita esponenziale: dai 120 mila accessi del 1998 si è passati ai 400 mila registratisi nei soli primi 5 mesi dell'anno in corso, con la previsione di raggiungere a fine anno ben 7 milioni di pagine scaricate. Un sito, il nostro, che è anche uno strumento importante di scambio di informazioni tra i parchi, e un formidabile mezzo di promozione e di conoscenza delle aree protette. Ora, è nostra intenzione arricchirlo e potenziarlo a cominciare da due iniziative che realizzeremo nei prossimi mesi: la messa in rete dell'ospitalità turistica nei parchi e lo scambio di conoscenze amministrative e gestionali tra gli operatori delle aree protette. Occorre essere consapevoli, infatti, che stiamo entrando nella vera e propria "era dell'accesso" e sarà attraverso la rete che nei prossimi anni si giocheranno gran parte delle opportunità di sviluppo, soprattutto quelle collegate alla maggiore diffusione della conoscenza, anche per le aree protette. Attraverso il sito noi possiamo aiutare i parchi a non subire lo sviluppo e l'invadenza della rete ma nel contempo li possiamo mettere in grado di partecipare alla competizione culturale, ma anche economica e sociale, che la globalizzazione ci sta già imponendo. È fondamentale che come federazione continuiamo a garantire anche per il futuro un ruolo forte nella gestione dell'accesso, attraverso la rete, al mondo delle aree protette perché ciò costituisce la principale difesa contro il pericolo che altri occupino questo spazio con l'obiettivo principale di banalizzare il messaggio culturale dei parchi o peggio di sfruttare solo commercialmente la loro immagine. Insieme all'orgoglio e alla soddisfazione per i risultati ottenuti e per il maggior radicamento raggiunto oggi dalla nostra associazione, dobbiamo però anche proporci per il futuro l'obiettivo di un ulteriore sviluppo organizzativo reperendo per questo le risorse finanziarie necessarie. Oltre all'autofinanziamento dei soci, dobbiamo riuscire ad accrescere le entrate derivanti da progetti e servizi che possiamo svolgere per conto dei ministeri, delle regioni o di altri soggetti pubblicitari o privati, comprese le eventuali sponsorizzazioni.

I compiti e le sfide che ci stanno davanti
Il nostro rafforzamento, l'ampliamento della nostra capacità di iniziativa politica e del consenso nei confronti delle nostre idee e posizioni fa un tutt'uno con la sfida principale che sta oggi di fronte ai parchi, quella di dimostrare che essi possono essere, oltre che strumenti di conservazione della biodiversità, volani di sviluppo e di occupazione qualificata. Uno sviluppo che sia, però, ambientalmente e socialmente sostenibile. Questo deve essere, senza titubanze, il cuore della nostra missione nei prossimi anni, su questo terreno dobbiamo e possiamo dimostrare la nostra utilità come aree protette e affermare così il nostro ruolo più attuale e moderno, quello cioè di soggetti pubblici capaci di coniugare meglio e più di altri ecologia ed economia, natura e cultura, conservazione ed innovazione, globalizzazione ed identità locali. Dalla nostra parte abbiamo il crescente consenso e la simpatia della gran parte degli italiani che oggi amano e conoscono più di prima i parchi, tutti i parchi e non solo quelli più antichi. Lo sforzo che dobbiamo portare a termine al più presto è però anche quello di sfatare tra l'opinione pubblica l'immagine un po' cartolinesca e bucolica delle aree protette vissute ancora troppo spesso come luoghi magici o come santuari della natura, una natura pensata spesso senza l'uomo e dove recarsi anche per mettersi la coscienza a posto a buon mercato. Con questo lavoro, che è prima di tutto culturale, non si tratta di smitizzare i parchi o di fare svanire quel messaggio di speranza e di diversità positiva che essi rappresentano tra la gente, bensì di renderlo più concreto e soprattutto di tradurlo in azioni esemplificative, in nuovi criteri di gestione e di valorizzazione delle risorse naturali. Dobbiamo essere più consapevoli, noi operatori dei parchi per primi per dare poi ai cittadini questo messaggio che le aree protette non sono dei fini in sé, ma solo strumenti speciali per il governo di territori particolarmente fragili e ricchi di biodiversità; strumenti che servono appunto per sperimentare nuovi moduli di pianificazione e di regolazione nell'uso del territorio, moduli da estendere con il tempo, questo è il vero obiettivo, anche al di fuori del parco. Il parco quindi come grande strumento rappresentativo ed educativo di un nuovo rapporto uomonatura per favorire nuovi comportamenti umani più rispettosi verso l'ambiente. Per questo credo che sia fuorviante, perché tutta dentro una concezione consolatoria dei parchi, l'immagine dell'Arca di Noè scelta per simboleggiare la missione delle aree protette nel terzo millennio da parte degli organizzatori del convegno che si terrà a Camerino nell'ottobre prossimo. I parchi debbono servire oggi ad evitare il diluvio, la distruzione, e non tanto domani per salvare il salvabile. Essi hanno un ruolo fondamentale nell'anticipare e sperimentare lo sviluppo durevole ora e in concreto. Saremmo fuori strada se li concepissimo come tante Arche di Noè o come isole assediate dall'uomo, un uomo contrapposto in assoluto alla natura, perché così facendo dichiareremmo la nostra impotenza e l'impossibilità di riuscire a cambiare. Così facendo saremmo proprio noi a ridurre la grande missione sociale e culturale dei parchi, per relegarla nel terreno puramente difensivo, e alla fine perdente, della semplice conservazione di alcuni lembi di natura ancora incontaminata. Mi serve a questo proposito fare una breve citazione di Valerio Giacomini il quale affermava molto giustamente che "il grande significato di un parco è soprattutto umano poiché è umana la funzione che esso deve assolvere: ricercare nuovi comportamenti di compatibilità fra sviluppo antropico e mantenimento degli equilibri naturali, fissando i parametri qualitativi e quantitativi di tale compatibilità". Penso che chi come noi si occupa quotidianamente della gestione delle aree protette dovrebbe rileggere e riflettere più spesso su "Uomini e Parchi", un testo quasi profetico e tuttora di stringente attualità. Uno dei compiti principali che la nostra associazione deve assolvere è dunque quello di evitare che i parchi restino chiusi nei loro recinti, in una sorta di sfera protettiva che risulterebbe mortale perché potrebbe rafforzare l'illusione che i parchi possano essere posti per sempre al riparo dalle contraddizioni e dai processi negativi che si svolgono al loro esterno. È un rischio pericoloso che dobbiamo combattere: un rischio, purtroppo, ancora presente in quella parte del mondo ambientalista più recalcitrante a misurarsi con la dimensione sociale ed economica delle aree protette. Oggi nel nostro Paese, invece, le aree protette, anche perché ormai comprendono il 10% del territorio nazionale, debbono necessariamente essere parte a pieno titolo, e con un ruolo originale, dei processi di sviluppo e di modernizzazione in atto. Debbono, cioè, essere attori dello sviluppo locale, orientandolo verso la sostenibilità. È questo, del resto, il terreno più fertile per produrre consenso e costruire alleanze, intese, progetti comuni con le altre istituzioni pubbliche e con le forze sociali. Dobbiamo riuscire a produrre iniziative capaci di fare identificare sempre di più i parchi soprattutto quelli delle aree interne e svantaggiate come soggetti dinamici e propositivi in grado di conservare la biodiversità e insieme di sostenere la tenuta e, perché no, anche la rinascita di comunità umane che sono rimaste spesso ai margini dei processi di crescita culturale e sociale del Paese. Quasi ovunque infatti le aree protette sono state percepite dalle istituzioni e dalle comunità locali come occasione storica per il riconoscimento e la promozione a livello nazionale delle proprie identità e peculiarità, e come strumento per pretendere il mantenimento di un rinnovato e non assistenziale sistema di servizi territoriali in grado di rispondere sia alle esigenze dei residenti che a quelle dei visitatori. È lungo questa linea, lungo questo asse politico e culturale che stiamo lavorando come federazione. Vorrei sottolineare, a questo proposito, a dimostrazione della giustezza dei nostri obiettivi, il considerevole successo che sta riscuotendo l'intesa siglata un anno fa con le organizzazioni agricole nazionali per il sostegno dell'agricoltura nelle aree protette. In molti parchi si svolgono incontri e si stanno firmando accordi locali con gli agricoltori che servono anche a rompere il muro di incomprensione e di diffidenza che quasi ovunque esiste e ha separato finora i parchi dal mondo rurale. Sono in atto in molte aree protette iniziative importanti ed innovative dirette a sostenere l'agricoltura tradizionale e a mantenere l'uomo soprattutto in montagna legato al territorio, come produttore, e non per fare folklore. Ritengo valga la pena proporci l'obiettivo di verificare nei prossimi giorni con le associazioni agricole la possibilità di organizzare nei parchi, il prossimo novembre, in concomitanza con l'inizio dell'annata agraria, una giornata nazionale fatta di manifestazioni, incontri ecc. dedicati al rapporto parchiagricoltura, o meglio parchi e mondo rurale. In questo senso va anche il progetto dello "Atlante dei prodotti agroalimentari tipici dei Parchi" che Slow Food realizzerà nei prossimi mesi su incarico del ministero dell'ambiente per tutte le aree protette italiane, attraverso la nostra collaborazione e quella di Legambiente. Questo progetto ha un grande valore simbolico ed enormi potenzialità positive.

La difesa della nostra biodiversità
Difendere, insieme alle specie rare di fauna selvatica e di flora spontanea, i prodotti a rischio di estinzione, ancora presenti nei nostri parchi, ma ancora vivi e con reali potenzialità produttive e commerciali, significa anche difenderli dall'omologazione industriale, dalle leggi iperigieniste e dalle regole della grande distribuzione. Ma significa difendere anche e soprattutto la biodiversità, ossia l'insieme di ambienti naturali e di specie animali e vegetali che sono la base per realizzare quei prodotti che con l'Atlante si vogliono prima censire e poi valorizzare. Mantenere vive queste attività e dare loro un futuro significa conservare il patrimonio di diversità naturale e culturale del nostro paese e garantire che le nostre produzioni tipiche, locali e tradizionali, costituiscano un arricchimento dell'offerta dei parchi italiani, nati ed istituiti anche per conservare e valorizzare questi patrimoni. Valorizzare i formaggi di malga dei nostri parchi alpini, ad esempio, significa anche opporsi all'abbandono dei pascoli e mantenere così spazi ricchi di biodiversità utili alla vita delle altre specie faunistiche. Difendere un prodotto e aumentarne il valore commerciale può significare anche rivitalizzare un'economia e dare un'opportunità in più agli agricoltori contro l'abbandono della terra. I nostri parchi sono dunque anche uno straordinario serbatoio di ecosistemi, razze e varietà; razze e varietà che si possono difendere solo attraverso la loro conoscenza, la loro valorizzazione economica e la divulgazione della loro funzione. Le nostre aree protette possono diventare il nuovo e straordinario giardino delle diversità vegetali e animali, delle varietà paesaggistiche del nostro paese. Per questo è importante l'Atlante ma importante sarà in futuro riuscire anche a difendere i parchi e l'equilibrio degli ecosistemi presenti dagli organismi geneticamente modificati. È molto significativo che pochi giorni fa, in concomitanza con la mostra convegno di Tebio, a Nairobi i rappresentanti dei Governi dell'Unione Europea e di altri 64 paesi abbiamo firmato un protocollo internazionale che fissa i parametri di controllo del commercio internazionale degli OGM. Noi dobbiamo chiedere al Governo che nei parchi e nelle aree contigue ad essi non si autorizzino culture transgeniche e dobbiamo da subito prevedere nei regolamenti dei parchi questo divieto perché dobbiamo difendere la biodiversità che lì è conservata; la ricchezza di varietà genetiche spesso ancora sconosciuta, ma che sicuramen te è fondamentale preservare dalla contaminazione e dalla scomparsa Ecco: anche questa è la funzione dei parchi oggi. Quella cioè di grandi laboratori per la ricerca scientifica applicata alla scoperta dei segreti della vita; utili a migliorare l'esistenza dell'uomo senza dovere ricorrere per forza alla manipolazione genetica. Come vedete difesa della biodiversità, difesa dell'agricoltura tradizionale e tutela dei prodotti tipici e naturali si intrecciano e si fondono trovando nei parchi il punto di eccellenza per convivere.

Parchi e democrazia
Abbiamo dunque tante valide ragioni per rilanciare e attualizzare la funzione delle aree protette. Dobbiamo farlo innanzitutto respingendo gli attacchi rozzi che ancora vengono da chi antepone alla conservazione ed all'ecosviluppo la logica dell'uso irrazionale e distruttivo delle risorse naturali, ma anche separando nettamente la nostra concezione, la nostra azione, da quella elitaria e superata nei fatti di chi ancora propugna i "Parchi santuario", i parchi senza l'uomo o peggio da difendere dall'uomo, gestiti spesso con modalità dirigistiche e separati dal contesto che li circonda. Il parco è un'istituzione che riesce a perseguire le sue finalità ed i suoi obiettivi se è capace di essere in rete sia con le amministrazioni centrali e regionali, sia con il sistema delle autonomie locali, tanto istituzionali che sociali. Per noi i parchi sono dunque processi che necessariamente includono la partecipazione e la democrazia, pena il fallimento della loro stessa funzione. Non ci appartiene la versione autoritaristica nella gestione delle aree protette, purtroppo ancora praticata anche in qualche parco italiano; anzi la combattiamo perché essa rappresenta il maggiore regalo che oggi si possa fare a chi li vuole delegittimare e screditare. Crediamo si possa, anzi si debba, difendere la natura servendosi innanzitutto della partecipazione, del coinvolgimento, in primo luogo delle popolazioni residenti oltre che di regole democratiche condivise. I parchi sono anche questo, soprattutto in un paese come il nostro così ricco di autogoverno, di protagonismo istituzionale e sociale e di tante identità locali.

Le politiche di sistema e la rete ecologica nazionale
Negli anni scorsi crediamo di avere fornito, come federazione dei parchi, un positivo contributo al confronto che ha preceduto la riforma della legge 394. Innanzitutto per evitare di stravolgerla e poi per non riproporre il terreno fuorviante della contrapposizione da un lato tra Stato e regioni e dall'altro tra conservazione e sviluppo, per portare invece il confronto sul terreno del contestuale sviluppo dell'autonomia delle aree protette nazionali e più in generale del sistema nazionale. La legge 426/98 è importante proprio perché prevedendo per i sistemi territoriali dell'arco alpino, dell'Appennino e delle isole minori la promozione di specifici accordi di programma per lo sviluppo di azioni economiche sostenibili recupera e rilancia la politica di sistema, aspetto che si era indebolito dopo lo scioglimento del Comitato nazionale per le aree protette e la soppressione della programmazione triennale. Si è così riproposto il terreno della sussidiarietà e della leale collaborazione tra i diversi soggetti istituzionali e con la 426/98 esce rafforzato anche il ruolo della Comunità del parco, alla quale la legge assegna ora importanti responsabilità nell'approvazione di strumenti fondamentali come lo statuto, il regolamento e il piano del parco. In questi anni la federazione ha sempre detto che le aree protette rappresentano i punti più avanzati per la gestione del territorio; una gestione improntata alla conservazione dinamica delle risorse naturali nella prospettiva di uniformare anche il resto del territorio a questi principi. Anche se ancora restano da istituire importanti parchi nazionali e alcune riserve marine, che ci auguriamo vedano la luce entro l'anno, oggi però io credo che il problema che abbiamo davanti non sia più tanto quello di creare ulteriori aree protette nazionali quanto quello di farle diventare, insieme a quelle regionali e locali, un vero sistema e di realizzare così la rete ecologica nazionale della quale le aree protette esistenti possono rappre sentare i nodi principali. Una rete che si deve configurare anche come un vero e proprio "sistema infrastrutturale ambientale" ricco di diversità naturale e culturale, di tante identità locali in grado questo deve essere l'obiettivo centrale di condizionare i grandi sistemi infrastrutturali esistenti o in progetto (le reti dei trasporti, dell'energia ecc.). Un disegno del resto coerente con le grandi strategie comunitarie ed internazionali di conservazione della natura e di sviluppo sostenibile, per la cui realizzazione è necessaria una intensa e soprattutto continua azione di concertazione istituzionale tra le istituzioni europee, quelle nazionali e regionali ed il sistema delle aree protette e degli enti locali. Quello della rete ecologica nazionale è dunque un grande ed ambizioso progetto, per ora solo abbozzato, che richiede alcune precondizioni di fondo ed un'ampia visione sistemica delle cose, una visione ben più ampia di quella che ha ispirato la legge 394/91.

La leale cooperazione tra le istituzioni
La prima precondizione è quella costituita dalla cooperazione interistituzionale. Essa è da sempre uno dei principali temi sui quali abbiamo cercato, purtroppo con scarso successo, di richiamare in questi anni l'azione e le scelte del Ministero dell'ambiente. Oggi per il ministero il problema, nel confronto con le nuove regioni, si ripropone tale e quale ed è quindi di ancora maggiore attualità e urgenza di prima. Esso riguarda tutte le scelte e i grandi progetti nazionali in corso: dalla Carta della Natura alle politiche di sistema per l'Appennino; le isole minori, le Alpi e le Coste; così come è con questo nodo, tutto politico, che dovrà fare i conti la stessa volontà di istituire i nuovi cinque parchi nazionali in corso di formazione ed in particolare quello del Gennargentu. Al ministro Bordon noi ci sentiamo in dovere di rivolgere una esortazione prioritaria: quella di impegnarsi affinché si affermi davvero, nel confronto con le nuove regioni, la piena e leale cooperazione interistituzionale. Francamente non vediamo altre strade, altre possibilità alternative per tentare di concretizzare ciò che del programma del Governo resta ancora da compiere nel campo dell'assetto e della conservazione del territorio e nella politica delle aree protette. Sappiamo che non sarà facile, ma del resto è con questo processo federalista, e con le forme non sempre virtuose che esso sta assumendo, che occorre misurarsi tenendo fermi alcuni principi, ma anche dimostrando grande flessibilità nella scelta degli strumenti e nell'individuazione delle competenze tra i vari attori istituzionali. Quella dei parchi nazionali è, a nostro avviso, una di quelle scelte che deve essere difesa fino in fondo perché essi sono già oggi in gran parte intessuti di federalismo e di spirito cooperativo. Su altri terreni però occorre forse che il ministero si apra davvero e più lealmente ad un nuovo rapporto con le regioni, a cominciare dalle problematiche connesse alla istituzione e alla gestione delle riserve marine, da quelle riferite al passaggio ai parchi nazionali e alle regioni delle riserve naturali dello Stato attualmente affidate al CFS per giungere, lo ripeto, alla definizione della Carta della Natura che deve vedere le regioni maggiormente protagoniste. La Federparchi da tempo ha anche proposto, per favorire il confronto e la collaborazione istituzionale, che a latere della Conferenza StatoRegioni si costituisse un comitato specifico, previsto per altro dal decreto legislativo 291/97, con compiti di istruttoria, di raccordo e di collaborazione alle attività della conferenza nel campo della politica delle aree protettee di cui, in rappresentanza dei parchi, facesse parte a pieno titolo anche la nostra associazione. A nostro parere questa proposta andrebbe accolta e concretizzata anche se siamo consapevoli che gli strumenti, come sarebbe questo comitato, non possono mai da soli risolvere questioni che sono innanzitutto politicoistituzionali.

La seconda conferenza nazionale sulle aree protette
Anche intorno a questo tema e cioè: "Federalismo e sistema nazionale delle aree protette" dovrebbe ruotare la 2 a conferenza nazionale sulle aree protette, che il ministro Bordon ha annunciato di voler svolgere entro l'anno. La precedente fu caratterizzata, in questo argomento, da una chiusura netta da parte del ministero; chiusura che ha segnato poi inevitabilmente se si fa eccezione per la 426/99 gran parte della politica nazionale in questo campo. A nostro avviso la 2 a conferenza dovrebbe ripartire proprio da quel punto, per dare una svolta e segnare davvero l'apertura di una fase nuova: una fase il cui successo dipenderà comunque molto anche dall'atteggiamento e dalla volontà delle regioni. Noi ci auguriamo vivamente che la conferenza sia preceduta da specifici seminari preparatori per approfondire le principali questioni che sono sul tappeto, affinché i suoi lavori possano davvero condurre a sintesi le diverse proposte e posizioni che sono presenti. Deve cioè essere una vera conferenza programmatica, che sappia delineare una strategia per il futuro e non si limiti a celebrare quanto di buono, ed è tanto, è stato fatto in questi ultimi anni. Alla conferenza vorremmo dare il nostro contributo di esperienza, di analisi e di proposta, cosa che ci fu impedita nella prima conferenza. Per questo abbiamo già dichiarato al ministro la più piena disponibilità a collaborare alla sua preparazione fornendo tutte le conoscenze ed i dati di cui disponiamo. La conferenza deve, dunque, servire a consolidare ed a rilanciare, se così si può dire, le ragioni della politica dei parchi, la loro funzione e la loro prospettiva. Dobbiamo evitare di sentirci appagati dei risultati ottenuti e considerare tutt'altro che conclusa la missione dei parchi, ma soprattutto dobbiamo mantenere vive le finalità profonde che sono sottese alla politica delle aree protette evitando di farla rifluire nell'ordinarietà o peggio di farla scadere in una pura gestione tecnicoburocratica. Per far questo dobbiamo riuscire con la conferenza a coinvolgere in questa operazione di rilancio in chiave culturale dei parchi anche la parte più viva della cultura e della scienza e dare così un respiro ampio e di grande prospettiva civile a questa manifestazione. Una prospettiva che sia anche capace di fornire risposte al bisogno di valori e di partecipazione che soprattutto i giovani esprimono e che si traduce spesso nell'impegno nel campo del volontariato ambientale e nella ricerca di lavoro nei parchi. E proprio ai giovani che operano nei parchi, quei giovani che spesso si sono inventati dal nulla nuovi mestieri nelle aree protette, è dedicato un importante meeting di livello europeo che si terrà a fine settembre a Norcia nel Parco dei Monti Sibillini, in occasione dell'assemblea annuale di Europarc.

Un ampio movimento a favore dei parchi
Noi crediamo che i nemici dei parchi che ancora esistono e non vanno sottovalutati, così come non va sottovalutato il pericolo che i risultati ottenuti possano essere compromessi debbano oggi essere combattuti e sfidati non solo caso per caso, parco per parco, ma innanzitutto sul terreno culturale e dei valori ed è su questo terreno che dobbiamo riuscire a ricostruire un grande movimento, forse più articolato di quello che sostenne la legge 394, per favorire lo sviluppo delle aree protette. Un ruolo essenziale in questo senso hanno sicuramente le associazioni ambientaliste. Con loro, con tutte, vorremmo trovare motivi e progetti sui quali costruire collaborazioni e iniziative comuni. Oggi questa collaborazione è particolarmente viva e positiva soprattutto con Legambiente che ha aderito alla federazione con le sue oasi e riserve naturali. A Legambiente in questi anni ci ha unito la condivisione di molti obiettivi strategici e la scelta delle modalità per raggiungerli. Il merito di Legambiente è stato soprattutto quello di considerare fin dall'inizio la federazione una grande risorsa per la causa dei parchi e di non vederci come dei concorrenti o peggio degli intrusi in un campo, quello della conservazione dell'ambiente, considerato per diritto solo ad esclusivo appannaggio delle associazioni ambientaliste. Noi lavoreremo in futuro perché anche nelle altre associazioni, e soprattutto nel WWF, si affermi una visione positiva del nostro ruolo e si possano costruire nuovi rapporti che, partendo dal riconoscimento pieno della nostra rappresentatività, ci permettano di convergere e di allearci per le battaglie comuni, che dovremo sicuramente ingaggiare, senza per questo confondere i rispettivi ruoli e le rispettive finalità istitutive che sono e restano distinte. Ma oltre alle associazioni ambientaliste la difesa e lo sviluppo dei parchi sta già contando e deve sempre di più potere contare anche su altre forze. Dicevo già all'inizio delle intese che abbiamo sottoscritto con le Associazioni del mondo agricolo e con Slow Food, ma altre dobbiamo stringerne con le organizzazioni sindacali, con quelle dell'artigianato, del commercio, della cooperazione, con le associazioni del volontariato e soprattutto con quelle delle autonomie locali con alcune delle quali, l'UPI e l'UNCEM ad esempio, sono in atto da tempo intese che vogliamo formalizzare al più presto. La federazione deve cioè riuscire a costruire una fitta e solida rete di alleanze, molto articolata territorialmente e che sia in grado di abbracciare un ampio arco di problematiche trasversali e di obiettivi; alleanze e obiettivi capaci di confluire in un movimento che, proprio perché molto largo e composito, riesca a difendere ed a sostenere i parchi. Ma la prima e più solida difesa dei parchi sta innanzitutto in loro stessi, nella loro capacità di funzionare, di dare risposte rapide e positive, di sapere utilizzare bene le risorse e di non mandare deluse le tante, forse troppe, aspettative dei cittadini, soprattutto quelle delle popolazioni residenti. In sostanza i parchi debbono soprattutto farsi legittimare come soggetti buoni ed utili là dove sono insediati, per potersi così radicare nel territorio e porsi al riparo dai tentativi volti a snaturarne la funzione o ad isolarli.

Le aree marine protette
In questi ultimi anni è stato dato un grande impulso alla creazione di nuove aree marine protette. Oggi sono 15 quelle istituite e sono in atto gli studi e le procedure istruttorie per l'istituzione di altre tre. Sono risultati importanti per una politica di straordinario valore ambientale, come quella per la migliore tutela del nostro mare, che sconta tutti i limiti dovuti alla mancanza di un'adeguata esperienza gestionale in un comparto ancora molto giovane. Basti considerare che la prima area marina protetta istituita, quella di Ustica, ha compiuto da poco i 13 anni di vita. Un'esperienza che è difficilmente mutuabile dalle aree protette terrestri, così come non sono utilizzabili appieno, per il mare, categorie e criteri come quello di "confine" o di "zonizzazione". Si tratta dunque di studiare e sperimentare con flessibilità metodi di gestione originali, senza pretendere di coniare modelli validi ovunque ma neppure, occorre dirlo, individuati solo sulla base di convenienze politiche e istituzionali troppo particolari e circoscritte. L'opzione prioritaria deve essere quella che vede nei comuni il soggetto istituzionale principale, soprattutto là dove le aree protette marine riguardano anche le piccole isole. Rispetto al recente passato noi ci auguriamo che in futuro, da parte del Ministero dell'ambiente, sia affrontato senza rigidità il problema della gestione nel caso di aree protette marine prospicienti ad aree protette terrestri. Senza rigidità per noi significa che si deve innanzitutto verificare e perseguire l'obiettivo di una unica gestione, anche quando ci si trova di fronte ad un parco terrestre regionale. Non vanno cioè più riproposti veti, ammantati di giustificazioni di tipo legislativo o normativo, e le separazioni terramare, come si sono registrate a Portofino; così come secondo noi non dovrebbero essere istituite le riserve marine all'Arcipelago toscano, all'Asinara e alla Maddalena: si tratta di riserve che, se create, ricadrebbero in zone dove quei parchi nazionali hanno già competenze di tutela sul mare. A nostro avviso occorre, in generale e qui in particolare, evitare la duplicazione degli enti di gestione e delle normative di tutela e quindi il proliferare dei passaggi burocratici che si determinerebbero inevitabilmente e finirebbero sicuramente per produrre dannosi conflitti di competenza tra parchi e riserve marine. Per risolvere questi problemi forse servono anche delle modifiche legislative che quindi dovrebbero esse fatte al più presto (magari approfittando del d.l. "Nuovi interventi in campo ambientale"), così come per lo sviluppo armonico e incisivo delle aree protette marine serve la ripresa del confronto con le regioni. In questi ultimi anni il processo di crescita delle aree marine protette è stato affiancato da un co ordinamento che vede presenti oltre ad alcuni enti di gestione, le associazioni della pesca, quelle ambientaliste e importanti istituti di ricerca. Si tratta di un soggetto positivo e importante perché rappresenta una sede di dialogo e di elaborazione tra mondi ed interessi che si esprimono, spesso incrociandosi o sovrapponendosi, sull'ambiente marino, a cominciare proprio dalle aree protette. Vogliamo instaurare in futuro rapporti più solidi con CAMPI, questo è il nome del coordinamento, e contemporaneamente cercheremo di ampliare il numero delle aree protette marine a noi associate, che oggi sono date da quattro grandi parchi nazionali (il Gargano, l'Arcipelago Toscano, La Maddalena e l'Asinara) e da tre Riserve Marine nazionali, per poter così finalmente costituire al nostro interno una vera e propria "Sezione di lavoro" dedicata alle aree marine protette.

I rapporti con il Ministero dell'ambiente
Nei giorni scorsi abbiamo svolto insieme al ministro Bordon, che oggi pomeriggio interverrà ai nostri lavori, due conferenze stampa ed anche un breve incontro. Abbiamo colto nel ministro una seria disponibilità ad impegnarsi per valorizzare e sostenere, prima di tutto all'interno del Governo, il sistema delle aree protette ed anche ad instaurare rapporti più proficui del passato con la nostra associazione. Al ministro abbiamo anche rivolto, tra le altre cose, alcune specifiche richieste relative al finanziamento degli accordi di programma per le aree protette delle Alpi, degli Appennini e delle isole minori; al trasferimento ai parchi delle riserve dello Stato gestite dal CFS, allo status degli amministratori. Ma in particolare gli abbiamo proposto la messa a punto di un protocollo generale d'intesa tra il Ministero dell'ambiente e la Federparchi, per formalizzare e sviluppare così un rapporto permanente di reciproca consultazione e di collaborazione, che di fatto costituisca il riconoscimento politico della nostra rappresentatività istituzionale. Si tratta di un riconoscimento che serve a rafforzare i parchi ed a renderli ancora più autorevoli come istituzioni pubbliche portatrici di interessi generali. Finora, se si escludono i buoni rapporti instauratisi con il Direttore del Servizio conservazione della natura, questo riconoscimento ci è stato caparbiamente rifiutato, senza argomentazioni e motivazioni plausibili, in base ad una visione e ad una pratica centralista e scarsamente cooperativa del ruolo del ministero in questo campo. Questo atteggiamento ci auguriamo lasci presto il posto a rapporti più aperti e veramente collaborativi sul modello di quelli che da tempo il governo tiene con le altre associazioni istituzionali e che esistono, ad esempio in Francia tra il Ministero dell'ambiente e l'associazione delle aree protette di quel Paese.

Benefici oltre le frontiere
Nel 2002 si terrà in Sud Africa il Congresso mondiale delle aree protette, che si svolge ogni 10 anni per iniziativa dell'IUCN, e che avrà per tema: "Benefici oltre le frontiere". Dal titolo sono molto chiari gli obiettivi che evocano bene la funzione attuale delle aree protette nel mondo e perché esso richiama innanzitutto il concetto di interdipendenza ma anche quello di solidarietà, di rispetto e di pace tra i popoli. I parchi, quindi, come un grande crocevia di valori e di civiltà. E proprio in quella parte dell'Africa australe ha preso il via alcuni anni fa un progetto altrettanto emblematico, quello dei Parchi della Pace, che punta ad ampliare e ad unificare le aree protette esistenti tra il Sud Africa ed i sei paesi con esso confinanti. Un grande parco, di estensione pari a quella del nostro paese, che potrebbe ridisegnare le strategie di difesa di un immenso patrimonio ambientale ma anche riunire ecosistemi e comunità umane del tutto affini, in una terra tormentata da oltre un secolo di guerre e conflitti etnici spaventosi. Un progetto che è anche un nuovo paradigma di conservazione che la tutela della natura, in Africa, non deve più significare semplicemente tutelare flora e fauna, magari per turisti di lusso, ma creare opportunità di sviluppo per tutti gli africani. Così come è paradigmatico, sempre in Sud Africa, il progetto in corso nel Kruger Parks per fare gestire alle popolazioni locali, i Makuleke, un area del parco che appartiene loro da secoli e dalla quale furono cacciati con la forza delle armi oltre venti anni fa. Sarebbe bello e per questo credo che la nostra associazione dovrebbe lavorare che i nostri parchi sostenessero concretamente questi due progetti perché essi sono un po' anche nostri: ci riguardano e ci toccano da vicino in una visione di interdipendenza ambientale e di solidarietà umana vera e profonda. Per concludere, scusandomi per la lunghezza e per avere comunque tralasciato molti temi, vorrei richiamare il mondo dei parchi, i tanti amministratori, i direttori, gli operatori delle aree protette che sono qui, a sentire ancora di più la crescita della Federparchi come cosa loro, come obiettivo del loro impegno quotidiano. Infine un sincero ringraziamento lo voglio rivolgere a tutti i nostri ospiti ed in modo particolare al Parco nazionale del Vesuvio che ci ha aiutato moltissimo nel lavoro preparatorio di questa assemblea.

* Presidente della Federazione italiana parchi e riserve naturali