Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 30 - GIUGNO 2000


L'Ecomuseo dell'Oltregiogo
Roberto Burlando* e Barbara Baldasso**
 

Il concetto di parco, soprattutto in Italia, si è storicamente radicato attraverso la contrapposizione, ed oggi il compromesso, tra due concetti fondamentali: il parco ottocentesco, visto come grande giardino, e il parco nazionale, istituito negli anni venti, per la conservazione della flora e della fauna piuttosto che in considerazione delle esigenze della popolazione residente e dell'impatto socioeconomico. Se il primo aspetto esula dalla concezione moderna di contesto ecologico, in cui l'ambiente dovrebbe essere inteso come la continuazione dell'ecosistema senza pesanti abbellimenti, il secondo vive sulle contraddizioni del postulato "conserviamo tutto con una finalità protezionistica che ha portato alla sua mummificazione" (1).
In Europa molte nazioni, la Francia su tutte, stanno cercando di migliorare tali condizioni, attraverso l'istituzione di progetti guida che abbiano come punto di partenza e fine il territorio storico e/o culturale attorno a cui il parco nasce. L'istituzione di un'area protetta, avulsa dalla comunità che vive al suo interno, è il problema principale che deve essere affrontato una volta intrapresa la strada della progettazione in ambito protezionistico. La legislazione italiana, soprattutto nelle ultime direttive, ha puntato decisamente la sua attenzione sulla programmazione organica in funzione della collettività e dell'aspetto economico. Il tema dello sviluppo sostenibile, da alcuni anni, è considerato di fondamentale importanza per la convivenza del parco con quelle zone definite umanizzate per la forte presenza di comunità residenti che spesso hanno avuto e creato problemi di non poco conto. Partendo dall'analisi delle potenzialità dell'area protetta e dal concetto di turismo sostenibile, avendo comunque ben fermi gli obiettivi di tutela obbligatori per un parco, si giunge necessariamente alla conclusione che la valorizzazione delle emergenze, anche architettoniche, possa essere espressa soltanto con una forma di turismo non alla moda o elitario, ma legato al territorio, ricco di cultura e contenuti: la scelta obbligata cade sull'ecomuseo. Questa è sicuramente l'idea più funzionale e progettualmente ottimale per un'area protetta che abbia enormi potenzialità e risorse inespresse. Tra le altre cose, l'ecomuseo, infatti, permette la localizzazione e la rivalutazione dell'elemento rurale rappresentato dalla cultura materiale del luogo, mai sradicato dal territorio cui è figlio, ma legato a quel sapore e a quell'umore che lo ha visto nascere. È inoltre in grado di incrementare la valorizzazione e lo sfruttamento di quelle emergenze storicorurali altrimenti abbandonate al proprio destino e preda di inutile degrado, trasformandole anche in una fonte di sviluppo economico, e di sottolineare il protagonismo della popolazione stessa nella gestione, allargando così i benefici a tutti i residenti. Tali iniziative si basano sulla realizzazione di elementi museali mai fini a se stessi e nati allo scopo di essere le tappe di un museo più grande: il cosiddetto Museo del Territorio. È opportuno ora addentrarsi nell'area di intervento vero e proprio: il Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo. Posto a cavallo dell'Appennino LigurePiemontese - in quella zona storica che fu il cuore dell'Oltregiogo - incastonato tra il versante costiero e la pianura alessandrina, traccia una linea immaginaria dividendo, con i confini amministrativi, ciò che la storia e la cultura non hanno mai diviso. Istituito dalla Regione Piemonte con la legge regionale n. 52 del 31 agosto 1979 copre oggi una superficie di circa 8000 ettari. La felice concomitanza delle particolari condizioni climatiche, geografiche e, soprattutto, geomorfologiche rende l'area uno dei maggiori santuari naturalistici italiani se si considera che un sesto della flora italiana è presente in questa oasi appenninica.
Il piccolo mosaico di colture che caratterizza il sito si può così brevemente riassumere: - Terreni non disboscati - la metà della superficie totale - che sono utilizzati come bosco ceduo in quanto più facilmente gestibile e lavorabile. Questa conversione ha mutato di molto l'aspetto del bosco ed ha esposto il terreno e le giovani piante al vento e al gelo, eliminando i pochi luoghi riparati alle specie più pregiate come il faggio e il carpino bianco che hanno lasciato il posto alla roverella, al sorbo e al carpino nero. - Boschi ridotti a cespuglieti. A causa della forte pendenza e per l'esposizione, lande desolate e coperte da erica e ginestra oppure foraggiere di poco valore hanno sostituito l'antico bosco. - In terzo luogo vi sono i terreni da pascolo che furono disboscati nei secoli per scopi agricoli e pastorali. La relativa omogeneità del paesaggio e la seguente scarsa copertura vegetazionale, potrebbero far ritenere che l'interesse botanico di questa area non sia affatto rilevante; in realtà, come citano molti autori (2), tra le 1500 entità botaniche localizzate all'interno del parco, più di 80 sono specie da proteggere totalmente. A conferma di ciò si ricorda che l'area è stata iscritta nell'elenco MAMB delle aree naturali protette al n. 314 ed è anche stata proposta quale "sito di importanza comunitaria" (3). Questi aspetti naturalistici e paesaggistici vengono completati dagli importanti elementi di architettura rurale quali cascine, mulini, neviere, ghiacciaie, arbeghi (gli essiccatoi per le castagne) e dalle numerose emergenze storiche rappresentate da castelli, monasteri, oratori, chiese che si sommano alle potenzialità inespresse. È proprio l'ecomuseo che permetterebbe di vivere tale area come un'unica identità legando così i due ambiti - quello storicoarchitettonico a quello territorialenaturalistico - per la rinascita e la riscoperta dell'intero territorio. Interventi analoghi - si citano le esperienze ecomuseali di Brotonne e di Armorique - hanno dimostrato che questo risulta essere il modo ottimale per incentivare benefici economici e creare posti di lavoro attraverso iniziative che, in fondo, non sono altro se non la Riconversione di aree dismesse risolvendo il problema del degrado ambientale con la restituzione di aree e di manufatti all'intera comunità. Il metodo da attuare è da ricercarsi nella reintegrazione di tutti quegli elementi architettonici, oggi abbandonati, riutilizzandoli previo restauro conservativo. Dopo un primo fondamentale studio di analisi delle emergenze esistenti, i passi successivi sono l'individuazione di quei siti adatti ad ospitare i musei o i punti d'informazione o di ricezione, il loro restauro conservativo e, dove necessario, quello strutturale attenendosi fedelmente alle caratteristiche tipologiche e ai materiali tipici dell'area. Al fine di attuare tali scopi, il progetto proposto è l'Ecomuseo dell'Oltregiogo. L'ecomuseo vivrebbe, quindi, su percorsi storici e paesaggistici lungo i quali si svilupperebbero elementi di attrazione turistica - proprietà private di enorme valenza storica come castelli e ville - supportati da punti di sosta, siti museali dove il visitatore potrà interagire direttamente. Zoomando sullo specifico è da sottolineare che l'Ecomuseo dell'Oltregiogo si potrebbe sviluppare su due itinerari: la Via della Storia e della Devozione e la Via delle Risorse Territoriali. L'itinerario denominato appunto la Via della Storia e della Devozione nasce dall'esigenza di valorizzare, dando il giusto risalto, le memorie storiche. Con la definizione di "memorie storiche", è da precisare, s'intendono non solo costruzioni risalenti ai secoli scorsi e luoghi di particolare suggestione legati all'evoluzione dell'Oltregiogo, ma anche sentimenti, ricordi che fanno sì che tutto risulti amalgamato, continuo, in grado di far fare un salto all'indietro nel tempo. In effetti la sensazione di rivivere epoche passate coglie già, abbastanza di sovente, coloro i quali attraversano le terre del Monferrato; castelli, rocche, torri, chiese e monasteri risalenti addirittura al X secolo costituiscono spunti estremamente interessanti per l'intelligente curiosità del turista casuale. È proprio questa casualità, la mancanza di guide o di supporti, anche sul territorio che possano far conoscere questo stupendo patrimonio, e la sommaria indifferenza delle amministrazioni locali, ha stimolato il desiderio di riscattare la storia stessa. Lavorando sempre e solo sull'esistente si potrebbe riorganizzare il territorio dal punto di vista della viabilità intervenendo sulla manutenzione delle strade stesse, sulla segnaletica, comprendendo anche pannelli esplicativi relativi alle varie emergenze, e sulla possibilità di creare percorsi didattici completati da attività museali attualmente inesistenti. Fondamentali sarebbero, infatti, i punti dedicati alla raccolta di oggetti, testimonianze, piccoli tasselli di un mosaico che si estende nei secoli rendendoci complici e, al tempo stesso, spettatori di un'interessante evoluzione storicoculturale. Tra gli elementi museali legati all'ambito storico si individueranno il Museo della Vita Cortigiana presso il Castello Spinola a San Cristoforo, il Museo dell'Arte Sacra e della Devozione Popolare presso il Monastero medioevale di San Remigio, nel Comune di Parodi Ligure e lungo il percorso si troverà anche l'Auditorium localizzato presso l'Oratorio di San Sebastiano a Voltaggio. La seconda traccia si svilupperebbe quasi interamente all'interno dei confini del Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo ponendo l'attenzione sul territorio e sul legame storico e culturale tra l'uomo, il suo lavoro e l'ambiente circostante. Uno scrigno di cui si è persa la chiave; questa può essere la definizione giusta per individuare immediatamente il campo in analisi. L'itinerario della Via delle Risorse Territoriali diventerebbe il mezzo di correlazione tra le potenzialità presenti nell'ambito naturalistico ed il desiderio di riscoprirle, nella loro integrità architettonica e funzionale. È in questa direzione che nascerà la parte di ecomuseo più legata alla cultura rurale; la necessità di non decontestualizzare importanti esempi di antropizzazione protoindustriale, unita alla volontà di riportarli in vita vedendoli nuovamente in funzione, sono lo stimolo e lo scopo principale del progetto. Gli elementi cardine di questo percorso saranno, infatti, le cascine cinquecentesche, immerse nelle colline e nei castagneti, messe in comunicazione da diversi itinerari a cavallo o in mountain bike che renderanno la natura protagonista. I punti museali sulla vita e sul lavoro contadino saranno ospitati in diverse strutture all'interno del Comune di Bosio, scrupolosamente restaurate; alla cascina Astore infatti, prenderà vita il Museo della Castagna, a quella degli Alberghi il Museo della Vita Agreste, nei pressi della cascina Nespolo sorgerà la Casa Museo mentre il complesso dei Foi vedrà il Punto Informativo sull'eco museo e sul parco. Alcune fabbriche riaperte mostreranno gli antichi mestieri e tra queste la Ghiacciaia di Sadù, a Fraconalto, diverrà sede del Museo dell'Acqua legato allo sfruttamento della risorsa idrica nell'economia rurale dell'area. La fortuna e la caratteristica di questo ecomuseo potrebbe essere l'estrema facilità con la quale ognuno potrà giungere ai diversi punti museali sistemati lungo il percorso. Le due vie, transitabili in auto o in qualunque altro mezzo, si svilupperanno infatti su circa 50 Km di strada carrabile più decine di chilometri di circuiti paesaggistici, al crocevia dei quali troveranno sede diversi punti di sosta completi di attrezzature ed arredo urbano. L'Ecomuseo dell'Oltregiogo avrebbe come scopo prioritario quello di conservare e recuperare gli ambienti storici ed architettonici, come già detto, ma l'elemento caratterizzante dei due percorsi sarebbe quello di non dover essere inteso dalla popolazione come un nuovo modo di porre veti e paletti. Per evitare questo problema sarà necessario operare in modo da far procedere di pari passo gli interventi museali e quelli economici, per dare immediato impulso ad un'area che ha bisogno di sbocchi e di sviluppo. L'intervento progettuale andrebbe perciò in due direzioni: recuperare e rivalutare il Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo e sfruttare le potenzialità storiche dell'Oltregiogo. Queste due grandi aree, unite e distinte, potrebbero essere intese alla francese, con un'area parco più strettamente vincolata e legata al rispetto dell'ambiente, ed un'area preparco dove alcune norme, semplici ma necessarie, permetterebbero di controllare lo sviluppo di attività economiche il cui recupero è necessario al parco stesso. L'area preparco verrebbe individuata come propaggine storica dell'Oltregiogo, zona in cui le vicende delle popolazioni dei borghi medioevali durante i secoli, trovano ampio spazio nelle pagine dei libri. Non si ricorderanno certo tutte le emergenze e le potenzialità storiche dell'area riguardanti sia il Parco che l'Oltregiogo Genovese, ma è indubbio che tale patrimonio vada recuperato. Tutto ciò convive nell'Ecomuseo dell'Oltregiogo che permetterebbe di vincere il binomio più economia uguale meno cultura.
La domanda, non tanto di aumento di reddito, quanto di benessere sociale ed economico, è forte in tutta l'area sotto l'influenza del parco e soprattutto in quella zona più fortemente popolata definita, in Francia, Zone Peripherique. L'ecomuseo è un progetto pratico che permette di pianificare uno sviluppo economicoterritoriale nell'arco di alcuni anni, ma capace di trarre i frutti dell'intervento in pochissimo tempo, all'atto dell'apertura dei primi punti museali e di sosta dei diversi percorsi. Essendo strumento vivo ed aperto alle iniziative, non potrebbe far altro che crescere ed ampliarsi, riuscendo sempre a svilupparsi su se stesso, poiché molte delle entrate derivanti dall'apertura dei primi luoghi museali, dovrebbero essere reinvestite nella struttura per permettere, a quest'ultima, di incentivare l'iniziale strada progettuale, riuscendo anche ad ottenere un notevole risparmio sui finanziamenti necessari (effetto a cascata). L'aspetto positivo di questa iniziativa è che tale fonte economica e culturale può essere intesa come elemento didattico: l'Ecomuseo è, infatti, uno strumento messo a disposizione della comunità per trasmettere la propria cultura e le proprie radici a tutti coloro i quali fossero interessati a scavare nel proprio passato per comprendere gli sforzi dell'uomo ed i passi compiuti alla ricerca di un benessere che, fino al secolo scorso, coincideva con la parola sopravvivenza. Riconoscere una identità culturale e trasmetterla può anche essere il modo per riunire sotto uno stesso scopo, popolazioni ed amministrazioni segnate da contrasti, a volte anche accesi, che potrebbero sfruttare questa iniziativa alla luce di una unità sociale che caratterizzò gli uomini e le donne che, fino a pochi decenni fa, combattevano cause ben più importanti di quelle piccole beghe di confine che oggi minano i rapporti della convivenza vicinale.

 

*/** Collaboratori del Dipartimento "Polis" dell'Università di Genova, Fac. di Architettura
Il Dott. Burlando ha curato la parte teorica, la Dott.ssa Baldasso quella progettuale

 

Note

  • (1) FABBRI P., Le risorse del territorio attraverso le analisi fisiografiche, Alessandria 1978.
  • (2) Tra tutti PIGNETTI S., Flora d'Italia, 1982.
  • (3) Ai sensi dell'art. 4 della direttiva CEE 92/93 "Habitat".