Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 30 - GIUGNO 2000


Il centro Giacomini sulle reti ecologiche
Cinzia Margiocco*
 

A Gambarie d'Aspromonte (RC) il Centro Studi Valerio Giacomini, in collaborazione con il Parco Nazionale dell'Aspromonte, ha organizzato nei giorni 15 e 16 giugno 2000 il seminario propedeutico dedicato al tema "protagonista" per l'anno 2000 del suo tradizionale appuntamento culturale e istituzionale: le "reti ecologiche". Nella prima giornata la discussione ha approfondito, come nella tradizione del Centro Studi, soprattutto gli aspetti scientifici dell'argomento, con una relazione introduttiva (pubblicata in questo numero) di Cinzia Margiocco (Regione Lombardia), seguita da una relazione del Prof. Pietro Brandmayr (Università della Calabria) che ha proposto alla discussione alcune importanti considerazioni sulla fisionomia di una rete di connessione tra gli strati informativi del sistema ecologico - paesaggistico e gli strati correlati di pianificazione e gestione e delle attività umane in genere, portando anche alcuni significativi esempi di studi applicati alla realtà calabra. Corrado Battisti (Provincia di Roma) ha richiamato l'attenzione sui tre diversi approcci per la costruzione di una rete ecologica: strutturale (rete di ecosistemi), funzionale ( reti finalizzate a specie - obiettivo) e gestionale (rete di aree protette) illustrando il lavoro svolto nell'ambito della pianificazione territoriale provinciale. Giorgia Scopece (Ministero dell'ambiente) ha portato l'esempio della "Rete ecologica nazionale" come quadro di riferimento programmatico per la valorizzazione delle risorse ambientali nelle politiche di sviluppo, secondo l'attuale impostazione della programmazione finanziaria complessiva per gli anni 2000 - 2006, mentre Rocco Mercurio (Regione Calabria) ha sottolineato l'unitarietà dei problemi ambientali del Mediterraneo e l'importanza di utilizzare al meglio tutti gli strumenti della cooperazione internazionale, con un cenno particolare al programma Interreg 3 ed al coinvolgimento dei paesi "terzi" dell'area balcanica e del nord Africa. Questo importante spunto ha trovato ampio sviluppo nella giornata del 16 giugno, che ha costituito significativo momento di incontro tra istituzioni italiane, macedone e bosniache sui temi di tutela della natura. L'esperienza di vari e qualificati operatori nel campo della cooperazione internazionale ha consentito di inquadrare anche i temi di una rete per la tutela dei valori ecologici nel complesso sistema delle relazioni internazionali tra le diverse realtà sociali ed economiche, sottolineando le opportunità di arricchimento culturale su tali argomenti da parte di tutti gli attori della cooperazione. L'appuntamento "istituzionale" per sviluppare al meglio questi stimolanti temi di discussione è, come al solito, a Gargnano, nella sede di Palazzo Feltrinelli, i giorni 12 e 13 ottobre 2000, nei quali il Centro Studi Valerio Giacomini organizza il convegno internazionale: "Reti ecologiche. Azioni locali di gestione territoriale per la conservazione dell'ambiente" .

 

Il termine "rete" viene usato per meglio descrivere i rapporti intercorrenti tra gli elementi di un sistema ecologico in termini di trasferimento di energia alimentare. Dal concetto di "catena alimentare" - suddivisa in "catena di pascolo" e "catena di detrito" - si passa a quello di "rete alimentare" per meglio evidenziare il fatto che i flussi di energia alimentare non costituiscono sequenze isolate, ma interconnesse da intrecci tra i diversi elementi del sistema, ai diversi "livelli trofici" (produttori, consumatori primari, consumatori secondari). Questa definizione "ecologica" di una rete trofica è basata sull'organizzazione funzionale di un sistema, cioè l'economia di funzionamento del l'ecosistema. E' importante sottolineare che il livello trofico non riguarda la classificazione delle specie: una data popolazione o specie può essere coinvolta in più di uno stadio o livello trofico, a seconda del livello di stadio vitale o dei periodi stagionali. Questa definizione di "rete ecologica" basata sull'organizzazione funzionale (energetica) dei sistemi ecologici ha il pregio di comprendere tutti gli elementi del sistema, sia vegetali che animali, nel loro rapporto con l'ambiente abiotico, in una chiave di lettura perciò "sinecologica". Voglio qui ricordare, come recente esempio di utilizzo di questo concetto per il termine "rete ecologica", il lavoro di Lorenzo Betti su "La rete ecologica nei torrenti alpini tipici"(1 ).
Questo approccio tende a porre l'attenzione sull'intreccio funzionale esistente tra gli elementi di un sistema ecologico in un ambito spaziale più o meno geograficamente definito; per inciso annoto che, estendendolo agli ambienti non solo naturali, ma anche variamente modificati dall'intervento dell'uomo (anch'egli elemento dell'ecosistema) si ha un'applicazione dell'approccio integrato per le strategie di conservazione della natura, oggi sempre più citato e discusso in varie sedi istituzionali. Parallelamente, nella ricerca scientifica, si è andato evolvendo un altro concetto di "rete ecologica" nell'ambito dell'altra grande branca dell'ecologia, l'autoecologia, cioè lo studio dei singoli individui di una specie in riferimento alla storia della vita e al comportamento come adattamento all'ambiente. Questo filone di ricerca scientifica ha dato luogo a tutti gli studi sulla dinamica e distribuzione delle popolazioni. Questo approccio di ricerca, oltre a generare un gran numero di lavori biogeografici sulla distribuzione di specie, vegetali e animali, ha contribuito al crescere dell'interesse sul funzionamento biologico del "corridoi ecologici" o "habitat linkages". Questo filone si è sviluppato soprattutto ad opera di ecologi specialisti per ambito sistematico in campo faunistico, essendo più immediate le implicazioni dovute alla mobilità degli individui ed alla disponibilità di habitat idonei. Anche in questo caso mi piace ricorrere ad un richiamo direi "storico" del dibattito culturale che si è evoluto in Italia a proposito di questi argomenti, citando un lavoro di Contoli ( 2 ) in cui l'autore, collegandosi alle acquisizioni della biogeografia ecologica applicata ai problemi della pianificazione delle aree protette, fu uno dei primi a citare come necessario corredo di conoscenze il riconoscimento di "ponti biotici" per la distribuzione della fauna quale elemento di valutazione per la realizzazione di infrastrutture. Nello stesso lavoro si toccavano temi ancora oggi di grande attualità - quali la stima del livello di diversità biologica come indice di "validità ambientale" per i biotopi da sottoporre a tutela - e si concludeva che "dopo l'epoca eroica del paleoprotezionismo è il momento di passare ad una fase più propositiva e attiva nei confronti delle forze ed esigenze delle popolazioni", citando non a caso Valerio Giacobini. Come non riconoscere in pieno, a 20 anni di distanza, il richiamo agli argomenti attuali di una politica di conservazione della natura integrata con l'uso sostenibile delle risorse? Ma torniamo a ripercorrere il filo evolutivo della ricerca ecologica applicata; molti sforzi di ricerca si sono sviluppati in questi anni sul tema dei corridoi ecologici, in tutto il mondo. Una interessante chiave di lettura ci è fornita dall'articolo di Beier e Noss ( 3 ) , ricercatori statunitensi, pubblicato nel 1998 su "Conservatione Biology" ed in lingua italiana sul già citato dossier di Attenzione WWF sulle reti ecologiche. Il titolo, significativo, recita: "I corridoi tra gli habitat permettono la connessione?" ed è la spia di un dibattito vivo in campo scientifico. Questo studio comparativo analizza metodi e risultati di 32 studi selezionati su questo argomento in 10 riviste scientifiche (più altre fonti) e pubblicati tra il 1980 e il 1997, concludendo che ogni generalizzazione sul valore biologico dei corridoi rimane vaga a causa della natura particolare di ogni specie. I dati scientificamente attendibili ad oggi disponibili sull'efficacia dei corridoi come mezzi di connessione tra popolazioni sono infatti riferibili solo a singole specie o al più a gruppi sistematici. Mancano totalmente studi rigorosi sugli effetti dei corridoi rispetto alla diffusione dei rischi di disturbo, delle invasioni di specie esotiche, sui tassi di predazione e sulla ricchezza o composizione delle specie. Mantenendo ben chiari questi limiti di generalizzazione, gli autori ritengono comunque di affermare che per l'efficacia di diffusione per popolazioni di singole specie un territorio con collegamenti è sicuramente preferibile ad uno frammentato. Possiamo oggi concludere (con Bennett ( 4 )) che promuovere le connessioni all'interno di una rete di riserve o altri habitat non costituisce la panacea per i problemi derivanti dalla frammentazione degli ambienti naturali, ma soltanto una delle seguenti 4 strategie generali:

  • espansione degli habitat per la protezione della flora e della fauna; · miglioramento di qualità degli habitat con pratiche adeguate di gestione;
  • minimizzazione degli impatti nocivi derivanti dall'uso dei territori;
  • mantenimento ed incremento della connettività degli ambienti naturali. La ricerca scientifica di impostazione autoecologica ci conduce quindi a delineare una seconda definizione di "rete ecologica", come disposizione spaziale delle aree in cui le popolazioni di una determinata specie si trovano a varie densità. In funzione della loro capacità di automantenersi, le popolazioni possono distinguersi in:
  • contingenti source (sorgente) in cui il tasso di natalità è maggiore di quello di mortalità: esse generano dispersione di individui verso altre popolazioni;
  • contingenti sink (declino) in cui la mortalità è superiore alla natalità e la sopravvivenza è affidata ad un flusso di individui provenienti dall'esterno. In condizioni ottimali gli areali occupati da questi contingenti sono collegati tra loro o tramite aree di continuità fisica (corridoi) o tramite connessioni funzionali (spesso la mobilità è assicurata dal mezzo aereo). Per ogni specie animale o vegetale in un determinato territorio è possibile riconoscere, tramite studi di dinamica delle popolazioni, una rete ecologica costituita da nuclei "source", aree "sink", corridoi di continuità, aree di connessione funzionale. Una delle semplificazioni oggi più in uso per limitare gli effetti della frammentazione degli ambienti naturali sul livello di biodiversità è quella di assumere come certa la funzionalità ecologica complessiva di una continuità fisica tra aree naturalisticamente pregevoli, attraverso la creazione di "corridoi ecologici" riferibili a strutture del paesaggio; ma in realtà, come abbiamo visto, non vi è alcuna garanzia che una rete così identificata a livello macroscopico sia utile alla conservazione di una frazione significativa delle specie animali e vegetali (Boitani 1999 ( 5 )). Poiché non è immaginabile attendere un livello di ricerca scientifica sufficientemente compiuto in questo campo prima di mettere in atto strategie e soluzioni politico - istituzionali capaci di contrastare efficacemente la perdita di biodiversità, ritengo che sia compito primario della comunità scientifica concentrare i propri sforzi di ricerca su quelle specie di maggiore significato sintetico (specie chiave, ombrello, bandiera) la cui gestione e monitoraggio possano offrire più concreti effetti sullo stato globale del livello di biodiversità, con un approfondimento particolare rivolto alle specie vegetali, che mi paiono oggi meno indagate da questo punto di vista. Ma veniamo adesso alle accezioni di "rete ecologica" ricavabili dai documenti istituzionali. Non posso non fare un cenno breve - e quindi non giustamente commisurato all'importanza anche culturale di questo riferimento - alla Rete europea Natura 2000, che nel 1992 ha introdotto una nuova concezione di tutela del patrimonio naturale diffusa all'intero territorio, da attivarsi non solo tramite l'istituzione di aree protette. La Rete europea Natura 2000, benché faccia cenno alle misure da attuare nelle aree di collegamento, non teorizza propriamente una trama fisica di connessione tra i siti individuati, e pure li inquadra in un "sistema" funzionale legato all'identificazione di elenchi di riferimento comuni per tutti i Paesi membri, così come di procedure comuni da mettere in atto sui siti. Le procedure in corso per il riconoscimento ufficiale dei siti, basate su criteri di rappresentatività del singolo sito in riferimento alla distribuzione europea della specie o dell'habitat, introducono una valutazione funzionale molto utile alla creazione di un vero sistema europeo dei siti, se non di una "rete" secondo l'accezione classica. Il riferimento più importante per l'Italia è sicuramente il Rapporto interinale del tavolo settoriale "Rete ecologica nazionale" e le conseguenti "Linee guida". Non voglio qui certo toccare tutti gli argomenti che compongono questo documento, la cui portata è molto vasta in connessione allo sviluppo di un'intera politica di uso sostenibile delle risorse naturali sia all'interno che all'esterno delle aree protette, a tale argomento è dedicato uno degli interventi che seguiranno. Per restare nel tema di questo mio intervento introduttivo, mi soffermo sulla definizione che in esso troviamo di:

Rete ecologica: infrastruttura naturale e ambientale che persegue il fine di interrelazionare e di connettere ambiti territoriali dotati di una maggiore presenza di naturalità, ove migliore è stato ed è il grado di integrazione delle comunità locali con i processi naturali, recuperando e ricucen·60 PARCHI do tutti quegli ambienti relitti e dispersi nel territorio che hanno mantenuto viva una seppur residua struttura originaria, ambiti la cui permanenza è condizione necessaria per il sostegno complessivo di una diffusa e diversificata qualità naturale nel nostro paese. La Rete ecologica nazionale è costituita da: · Le aree centrali (core areas): coincidenti con aree già sottoposte o da sottoporre a tutela, ove sono presenti biotopi, habitat naturali e seminaturali, ecosistemi di terra o di mare che caratterizzano l'alto contenuto di naturalità.

- Le zone cuscinetto (buffer zones): rappresentano le zone contigue e le fasce di rispetto adiacenti alle aree centrali, costituiscono il nesso fra la società e la natura, ove è necessario attuare una politica di corretta gestione dei fattori abiotici e biotici e di quelli connessi con l'attività antropica.

- I corridoi di connessione (green ways / blue ways): strutture di paesaggio preposte al mantenimento e al recupero delle connessioni tra ecosistemi e biotopi, finalizzati a supportare lo stato ottimale della conservazione delle specie e degli habitat presenti nelle aree ad alto valore naturalistico, favorendone la dispersione e garantendo lo svolgersi delle relazioni dinamiche, come ad esempio fra gli ecosistemi delle sorgenti fluviali e quelli lagunari e marini. In particolare i corridoi assolvono il ruolo di connettere le aree di valore naturale localizzate in ambiti terrestri e marini a forte antropizzazione (aree rurali e urbane, aree fluviali che attraversano i sistemi urbani, fasce costiere, complessi lagunari, aree marine di collegamento tra le piccole isole, paesaggi collinari e vallivi, parchi urbani di valore naturalistico e storico culturale).

- I nodi (key areas): si caratterizzano come luoghi complessi di interrelazione, al cui interno si confrontano le zone, centrali e di filtro, con i corridoi e i sistemi di servizi territoriali con essi connessi. I parchi per le loro caratteristiche territoriali e funzionali si propongono come nodi potenziali del sistema. Alla luce di quanto prima ricordato, ciò che non convince di questa definizione da un punto di vista scientifico - ecologico non è tanto la strutturazione gerarchica degli elementi di rete, che è riconducibile ai concetti di base di source population areas (aree centrali), aree di margine (zone cuscinetto), corridoi di connessione, quanto l'automatica identificazione di tali elementi con categorie territoriali predeterminate:

- alle aree centrali ed ai nodi corrispondono i parchi e le aree protette o da sottoporre a tutela (compresi SIC e ZPS), con riferimento all'elenco ufficiale delle aree protette;

- alle zone cuscinetto corrispondono le aree contigue e le fasce di rispetto sempre delle aree protette;

- ai corridoi di connessione corrispondono le aree fluviali di pregio, le zone montane a maggior naturalità e gli ambit di paesaggio più integri e sensibili.

Il documento arriva a quantificare l'estensione di tali elementi della rete, confermando con ciò la automaticità di tale corrispondenza. Un analogo modello concettuale di tipo gerarchico è stato utilizzato per esempio da Malcevschi 6 per lo studio riguardante la rete ecologica della Provincia di Milano. In tale studio però non si è adottata una automatica classificazione degli elementi di rete con appoggio alle categorie istituzionali (parchi e aree protette), ma correttamente ci si è basati su valutazioni oggettive desunte da dati scientifici di base oltre che su valutazioni interpretative delle singole situazioni territoriali e di uso del suolo. E del resto tale non perfetta coincidenza è ovvia se si considera che, come tutti sappiamo, i confini, la localizzazione, la stessa esistenza di parchi e aree protette non discendono unicamente dalla loro situazione ecologica. Emerge ancora una volta da queste considerazioni l'importanza che avrebbe oggi, per la definizione di una rete veramente "ecologica" la disponibilità di uno strumento come la Carta della natura, per la cui costruzione non dobbiamo cessare di impegnarci a fondo. Come Carta della Natura, la Rete ecologica nazionale dovrà configurarsi come riferimento:

  • dinamico, non statico perché rigidamente legato ad oggetti istituzionali fissi quali i parchi e le aree protette, ma piuttosto connesso all'evoluzione spazio/temporale delle situazioni ecologiche reali e scientificamente monitorabili, siano esse all'interno o all'esterno delle aree protette;
  • adatto alle diverse scale di funzionamento degli ecosistemi, che dovranno rispondere ai diversi livelli istituzionali di governo del territorio, nell'ormai irrinunciabile modello di sussidiarietà per coordinare tutte le azioni necessarie a conservare un buon livello di biodiversità.

Ciò detto, va riconosciuto al Rapporto interinale per la programmazione dei fondi strutturali 2000 - 2006 un connotato importantissimo di visione sistematica degli interventi economici programmati. L'identificazione degli assi prioritari per lo spazio montano (programma APE), per gli ambiti urbani e costieri di riqualificazione ambientale (progetto CIP), per le isole (progetto ITACA) costituisce il primo vero inquadramento a sistema per le aree protette italiane. Se con gli strumenti della programmazione finanziaria si forniscono le opportunità per costruire nuovi ed efficaci collegamenti tra le aree protette, siano essi finalizzati al riequilibrio paesaggistico delle aree intermedie, allo sviluppo e valorizzazione di collegamenti escursionistici per un turismo sostenibile, alla condivisione di conoscenze, all'omogeneizzazione ed alla coeren za degli interventi da mettere in atto per un uso durevole delle risorse naturali, potremo ottenere risultati sicuramente utilissimi e costruire vere e proprie reti di efficace connessione - senza essere obbligati a chiamarle "ecologiche"!

 

* Regione Lombardia - Direzione generale Tutela ambientale

 

Note

  • (1) Attenzione WWF - dicembre 1999.
  • (2) L. CONTOLI "Approcci ecologici per la tutela della fauna mediante aree naturali protette" - Atti del Primo Congresso Nazionale della S.It.E - Società Italiana di ecologia - Parma - 1980.
  • (3) P. BEIER E R.F. NOSS "I corridoi tra gli habitat permettono la connessione?" Attenzione WWF - dicembre 1999.
  • (4) A.F. BENNETT 1997 "Habitat linkages - a kay element in an integrated landscape approach to conservation - Parks 7(1): 4349.
  • (5) L. BOITANI - 1999 - "La tutela e la valorizzazione della biodiversità terrestre in Italia. Appunti per la Rete Ecologica Nazionale" - comunicazione in Ecolavoro 99 - Conservazione della natura e sviluppo locale - Firenze - 14.12.1999.
  • (6) S. MALCEVSCHI 1999: La rete ecologica della provincia di Milano - Franco Angeli.