Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 31 - OTTOBRE 2000


Il dinosauro era ancora lì?
 

Per successivi ingrandimenti
- Ci occupiamo di "gestione ambientale" da un punto di vista particolare (quello di chi gestisce aree protette), e sulla base di quanto accade in un particolare mondo (quello delle aree protette). Corriamo quindi il rischio di privilegiare dati che per noi sono molto importanti, come quello che la recente tracimazione dei fiumi piemontesi e lombardi non ha provocato danni ad esempio nel parco del Ticino dove la cultura, la progettazione e le esperienze di gestione dei parchi hanno predisposto una situazione di fatto eco sostenibile.
Nel corso della giornata romana del 18 ottobre, mentre la regina Elisabetta visitava il Vittoriano e le televisioni di tutto il mondo riprendevano le immagini del Po in piena e del ponte della ferrovia da innalzare o da far saltare per evitare esondazioni violente e incontrollabili, dalla tribuna del "Forum dei parchi" si analizzavano pregi e limiti dell'azione del magistrato del Po, e si portavano esempi precisi del ruolo positivo che i parchi hanno già svolto come fattore di prevenzione dei disastri ambientali.
In tempo reale, in diretta con lo svolgersi degli avvenimenti, non abbiamo sfogliato l'album di famiglia per dividere il mondo in buoni e cattivi, e per autonominarci gli unici buonissimi, né ci siamo limitati ad elencare le molte cose che non vanno nel mondo. Nell'incontro programmato dalla nostra Federazione per mettere a punto "obiettivi e proposte per la seconda conferenza nazionale" in modo da poter guardare "oltre il dieci per cento" di territorio tutelato, abbiamo chiesto ancora una volta, con l'autorevole voce di Enzo Valbonesi, e con la forza che lo stesso Valbonesi riceve (e ritrasmette) dalla ricchezza delle adesioni alla Federparchi, di costruire il sistema nazionale delle aree protette, fornendo cifre e dati sulla importante realtà del lavoro che già oggi svolgono egregiamente parchi e riserve naturali montane, costiere e marine.
Partendo dalle realtà che conosciamo, per successivi ingrandimenti possiamo dire la nostra sulle reti ecologiche, su carta della natura, sui progetti di area vasta (Convenzione delle Alpi; Appennino parco d'Europa; Coste italiane protette; Itaca), sulla necessità di strumenti efficaci per costruire la rete ecologica e per mettere in opera davvero i progetti di area vasta, nello spirito della costruzione del sistema nazionale delle aree protette.

Le politiche di sistema, al centro della seconda conferenza - È stato interessante - come sempre, del resto ascoltare Aldo Cosentino che ha confermato che la seconda conferenza nazionale delle aree protette si farà a febbraio, e che in quella sede non ci si dovrà limitare a discutere se i parchi vanno bene o no, anche perché funzionano, e vanno bene, ma sarà molto opportuno mettere al centro di quell'appuntamento le politiche di sistema, con tutto quello che esse politiche comportano.
È stato bello ascoltare Ermete Realacci che ha parlato della forza che la Federparchi ha raggiunto, degli esempi del parco del Ticino (e del parco del Vesuvio relativamente a Sarno) che hanno dimostrato che territori fortemente stressati possono trovare negli enti parco i primi anticipatori dell'indispensabile nuova politica territoriale di area vasta.
Ed ha fatto assai piacere ascoltare Stefano Maestrelli che ha inquadrato la giornata romana in un passaggio di fase delle politiche ambientali in Italia, determinato dalla grande e positiva crescita della realtà che fa capo alla Federparchi, ma anche dal dato di fatto che sul territorio ci sono momenti di grande preoccupazione e di reali ritardi. Di fronte a queste due facce della questione "le forze politiche alcune cose ce le devono dire con maggiore chiarezza". Bene. Altri hanno il compito, in questo stesso numero della rivista, di rendere conto giornalisticamente del forum di Roma e della "tavola rotonda" pomeridiana tra i rappresentanti delle istituzioni e delle forze politiche.
Io qui uso il ricordo del forum per sviluppare una mia considerazione. Quando esplodono le contraddizioni e arriva il disastro più o meno previsto e quasi sempre prevedibile ci si sente sconfitti. Lo hanno detto in tanti, al forum: da Ermete Realacci a Walter Giuliano, a molti altri. E poi, quando pazientemente ricostruiamo le cose che pure abbiamo realizzato per evitare disastri maggiori, abbiamo molti argomenti da portare. Lo hanno fatto Maurizio Fraissinet, Maurilio Cipparone (cosa sarebbe oggi il nostro Paese, senza i parchi?), Luciano Saino, Piero Mandarino, ed altri ancora.
Ma allora, proprio perché sono vere entrambe le posizioni, occorre ingrandire ancora il fotogramma, uscire dal recinto dei parchi, e cominciare a fare più massa critica nei confronti dei progetti di sistema sostanzialmente fermi al palo, dei ritardi di carta della natura e del piano delle coste, delle difficoltà che ancora esistono a differenti livelli istituzionali nel praticare davvero politiche di sistema, nella logica di un unico sistema di aree protette provinciali, regionali o nazionali che siano.

Con il microscopio, forse ... - E dopo aver ingrandito il fotogramma, occorrerà compiere anche una diversa operazione, con un altro strumento: il microscopio. Per capire cosa ci sia dietro l'apparente stato sgangherato delle istituzioni regionali e locali che dovrebbero essere le principali protagoniste di quella tale politica di sistema. Perché io non sono per niente convinto che i vuoti di iniziativa, i ritardi, le assenze, le sottovalutazioni, i giudizi imprecisi e banali, le fughe nell'altrove, siano tutte da attribuire alla lentezza di un processo di crescita della coscienza ambientale del nostro Paese. A me pare che si tratti di altro. Cominciano a confrontarsi nel concreto dei centri di potere amministrativo differenti opzioni, frutto di differenti culture politiche. Cominciano ad emergere differenze, divergenze e strategie di breve e di lungo periodo del tutto simili (nei loro meccanismi strutturali elementari) a quelle che fino ad oggi hanno governato la dialettica amministrativa e lo sviluppo non sostenibile. Se non posizioneremo il nostro microscopio su questi fatti nuovi, per reagire caso per caso con i reagenti giusti, e continueremo ad illuderci che il tempo porterà nuove e più precise consapevolezze ad un mondo distratto perché impreparato, non saremo in grado di affrontare processi politici ed amministrativi oggi allo stato nascente, che prima o poi arriveranno a maturazione e determineranno scenari complessi e matasse imbrogliate fatte di lana non solo caprina.

Per quanto ci riguarda - La nostra rivista nel corso del 2000 ha concentrato i suoi articoli e le ricerche sulle politiche di sistema e sulle caratteristiche dell'insieme del mondo dei parchi. Lo studio sulla spesa dei parchi è stato un punto di riferimento per tutti coloro che, nelle differenti realtà regionali, si sono misurati con le differenti impostazioni delle leggi di spesa e del riparto dei fondi. Il dossier sulle reti ecologiche è stato uno dei riferimenti obbligati del convegno internazionale di Gargnano. I nostri inserti speciali, la riedizione del numero zero, del maggio 1990, e il fascicolo allegato a questo numero ("La legge sulle aree protette dieci anni dopo", di Renzo Moschini) sono due strumenti di lavoro preziosi. A questa opera di documentazione, che sviluppa l'impianto immaginato nel 1990 con felice intuizione, si sono aggiunti momenti di diffusione dell'informazione dei parchi più agili (le news, distribuite mensilmente su supporto cartaceo e telematico, ma anche i comunicati e le e-mail del "postino" che entrano in sinergia con le varie decine di periodici che i parchi realizzano), ed il sito web che - assieme al molto altro - riproduce anche l'intera collezione di "Parchi". Basterà questo ventaglio di strumenti a rendere giustizia di quanto accade nella realtà delle aree protette, ed a superare il muro di gomma della non notiziabilità? Certamente no. Ogni segmento del nostro ventaglio di mezzi di comunicazione va costantemente tarato e riorientato. Inoltre ciascuno degli strumenti può interagire con tutti gli altri, pur mantenendo la specificità e l'identità propria.
Sicché molto va ulteriormente immaginato e perfezionato. Una sola cosa non è giusto pensare e dire: che siamo ancora all'anno zero della comunicazione dei parchi. Oppure anche che è tutto sbagliato, e tutto da rifare. Così come non sarebbe giusto sottovalutare o ignorare questa materia nell'impostare il piano di lavoro della Federazione, e dei coordinamenti regionali.

Il dinosauro è ancora lì? - Un celebre racconto brevissimo, scritto dal guatemalteco Augusto Monterroso, suona così: "Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì". I letterati che lo hanno studiato e commentato parlano di intensità e di unità interna alla narrazione. A me questo piccolo gioiello letterario serve per chiudere l'editoriale di fine anno, cominciato con il forum romano di metà ottobre, e dedicato all'ambiguità del nostro impegno di gestori dell'ambiente protetto.
Mi pare evidente che la fatica che dedichiamo all'approfondimento dei contenuti, alla progettazione vera e propria ed allo scambio di esperienze non possa rimanere circoscritta e quindi rinchiusa nei confini dei singoli parchi o di quell'ideale "parco di tutti i parchi" che dovrebbe essere il sistema nazionale.
Non si tratta solo di avere presente che il mondo è più vasto, e che le forze in campo sono altre, più forti e più invadenti di noi. Si tratta di avere sotto controllo ideale l'evoluzione del degrado nel globo, che sta assumendo una velocità sempre maggiore, e si sta articolando in processi sempre meno reversibili. Sicché, mentre noi immaginiamo di aver incassato un buon risultato per aver svolto un forum molto ricco di presenze e di contenuti, oppure per avere la prospettiva di svolgere un ruolo meno laterale nella imminente conferenza nazionale rispetto a quella precedente, i processi generali a livello planetario e quelli interni alla politica italiana (governativa o regionale) ci preparano scadenze sempre meno rasserenanti.
L'augurio di fine anno è quindi obbligato. Quando ci sveglieremo dal sonno, (nelle regioni dal sonno delle regioni, a Palazzo Chigi dal sonno di molti ministeri e di moltissimi burocrati, e sul cosiddetto "territorio" dal sonno della interpretazione minimalista e strumentale del ruolo delle aree protette), speriamo che - se non proprio il dinosauro, che ormai è andato - siano ancora lì le specie che Natura 2000 si propone di salvare con le direttive sugli habitat e sugli uccelli, i siti di importanza comunitaria e le zone speciali di conservazione. Tenendo duro sulla biodiversità, e allargando l'orizzonte degli attori delle politiche ambientaliste, dovrebbe essere possibile alzare il tiro dei nostri interventi e cercare il modo di invertire gli attuali trend del degrado. Almeno così mi piace immaginare il nostro futuro, dove potremo sperimentare anche un recupero di nuove identità e di ringiovanite culture nei formati nuovi che le nuove politiche di tutela e di valorizzazione renderanno funzionalmente fisiologici e praticabili. Dinosauri permettendo.
M.G.