Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 31 - OTTOBRE 2000


Il Forum dei parchi oltre il dieci per cento
Enzo Valbonesi *
 

Dal 1993 ad oggi l'Italia è riuscita a passare da 4 a 19 Parchi nazionali, a rilanciare in molti casi la costituzione di Parchi regionali, ad avviare l'istituzione di un discreto numero di aree marine protette. Cosa ha reso possibile un simile successo, che ha portato il nostro Paese, in soli sette anni, dagli ultimi ai primi posti nella graduatoria europea?
Enzo Valbonesi, presidente della Federparchi, è partito dalla risposta a questo interrogativo per introdurre il dibattito al "Forum dei Parchi" e presentare aspettative, idee e proposte della propria associazione per la 2ª conferenza nazionale delle aree protette. La ragione del successo sta "nell'aver accettato la scommessa di coniugare conservazione ed ecosviluppo; nell'aver fatto dei parchi un progetto nuovo ed originale di sviluppo locale e autosostenibile". Protagonisti della scommessa sono stati i ministri che si sono succeduti, tanti amministratori regionali e locali, gli uomini - direttori, amministratori, operatori dei Parchi e della pubblica amministrazione, dirigenti delle associazioni ambientaliste - che hanno rifiutato la vecchia e superata logica del parco come isola e hanno costruito la cultura del parco come laboratorio di conservazione attiva e di sviluppo locale.
E il Forum di Roma, indetto per esprimere una forte richiesta per la convocazione della conferenza nazionale, di fronte all'apprezzato annuncio del Ministro Bordon circa l'assise per febbraio, è stato allora l'occasione per mettere a punto i nuovi obiettivi che quella cultura, anche grazie alla accresciuta rappresentatività e credibilità della Federparchi, può esprimere per rendere più forte ed attrezzato il sistema delle aree protette.
L'obiettivo strategico è stato sintetizzato in uno slogan: "andare oltre il 10%", cioè capitalizzare il traguardo raggiunto in quantità di superficie protetta per esaltare la qualità dei processi che si devono attivare per rendere i Parchi elementi nodali di una rete, di un sistema infrastrutturale ambientale che innervi l'intero territorio nazionale.
Soprattutto a questo fine andrà orientata la conferenza che, secondo la Federazione dei Parchi, dovrà innanzitutto essere unitaria e paritaria - cioè organizzata congiuntamente da governo, regioni e Parchi - e in grado di sollecitare gli apporti del mondo della cultura, delle autonomie, degli attori economici e sociali, dell'associazionismo e del volontariato.

Ecco dunque i contenuti della conferenza ritenuti irrinunciabili:
  • la sistemazione organica del generale progetto di conservazione ed ecosviluppo destinato a dare corpo alla costruzione del sistema nazionale delle aree protette e della rete ecologica nazionale;
  • la messa a punto dei grandi programmi di sistema; la definizione precisa cioè di contenuti, obiettivi e strumenti anche finanziari per gli accordi riguardanti le Alpi, la pianura padana, l'Appennino (che ha già conosciuto un primo pur esiguo finanziamento), le coste, le isole minori;
  • la definizione di uno strumento indispensabile per dare concretezza al principio della leale collaborazione tra le istituzioni: "un tavolo istituzionale permanente di concertazione a latere della conferenza Stato-regioni, di cui faccia parte anche la Federparchi".

Il Forum ha avuto anche riguardo per l'attualità e, oltre a riservare un grande spazio all'alluvione in corso nel Nord, ha espresso orientamenti e proposte su:

  • la proposta di legge finanziaria per il 2001. Essa non contiene nessuna positiva novità per le aree protette ed anzi presenta una lieve contrazione degli stanziamenti; la Federparchi propone dunque che sia dotata di almeno 50 miliardi da destinare ad investimenti per Parchi nazionali e Aree Protette marine;
  • gli strumenti a disposizione delle regioni - Complementi di Programmazione per i Fondi Strutturali, Agenda 2000,programmi leader più -. La Federparchi chiede che essi siano utilizzati per costruire azioni significative e coordinate in campo ambientale, alle quali chiamare, attraverso apposite sedi di confronto, le aree protette ad essere protagoniste;
  • i Piani regionali di sviluppo rurale. Poiché costituiscono lo strumento nel quale si concentra la parte maggiore di risorse pubbliche per il sostegno dell'agricoltura, è lavorando su di essi che si possono indirizzare le misure ambientali della nuova politica agricola comune per favorire l'arricchimento della biodiversità, difendere l'agricoltura tradizionale, conservare produzioni animali e vegetali tipiche.

Le ragioni di questo Forum
Alcune settimane fa, decidendo di promuovere l'appuntamento di oggi, avevamo pensato a questo Forum essenzialmente per tre ragioni.
La prima per fare emergere una spinta, una richiesta forte affinché venisse convocata rapidamente la 2 a conferenza nazionale sulle aree protette.
La seconda per esaminare quanto e cosa riservava la legge finanziaria, e più in generale i provvedimenti di programmazione economico-finanziaria nazionali, per i Parchi, per le aree marine protette e più complessivamente per le azioni di sistema previste dalla l. 426/98.
La terza per compiere insieme a voi una ricognizione ed un aggiornamento sullo stato delle politiche nazionali e regionali dirette o riferite in qualche modo ai Parchi ed alle iniziative di conservazione e tutela ambientale con l'obiettivo, eventualmente, anche di correggere le stesse linee programmatiche messe a punto pochi mesi fa nel nostro congresso di Ercolano.
Da questo decidemmo di fissare questo incontro ad oggi almeno uno degli obiettivi che ci eravamo dati è stato già raggiunto perché come sapete il Ministro Bordon (che non potrà partecipare ai nostri lavori in quanto impegnato in una visita di Stato in Cina e Giappone) ha annunciato che in febbraio si terrà la 2 a conferenza nazionale sulle aree protette.

La 2 a conferenza nazionale sulle aree protette
Questa positiva decisione rende per certi versi ancora più concreta e attuale la nostra discussione obbligandoci così a spostarne semmai lo scopo e ad incentrarla essenzialmente sull'individuazione degli obiettivi e dei contenuti che la conferenza dovrà avere, ma anche sul ruolo che dobbiamo richiedere sia riservato a noi, alle aree protette, per partecipare autorevolmente sia alla sua impostazione che al suo svolgimento.
Io ritengo che se la 1 a conferenza sulle aree protette, pur tra limiti ed anche errori (come quello di non averci voluto considerare e fare parlare in quanto associazione rappresentativa dei Parchi), è servita ed è riuscita a fare riconoscere al Paese i Parchi come soggetti e come strumenti importanti per la conservazione e la valorizzazione della nostra biodiversità, come cioè nuova e moderna realtà che ha aiutato l'Italia ad avvicinarsi agli standard quantitativi e qualitativi di tutela degli altri Paesi europei, la 2 a conferenza deve puntare soprattutto a valorizzare ed a fare conoscere i risultati ottenuti in questi anni e deve, questo è il punto decisivo, riuscire a sistemare più organicamente ed a definire meglio, di quanto si è riusciti a fare finora, il progetto generale di conservazione e di ecosviluppo che il nostro Paese si vuole dare; cioè le azioni, i programmi, le iniziative che debbano sostanziare e dare corpo alla costruzione del sistema nazionale delle aree protette e della rete ecologica nazionale.
Questi mi paiono gli obiettivi centrali, i cardini intorno ai quali dovrà ruotare la 2 a conferenza. Una conferenza, quella di febbraio, che deve essere veramente una conferenza unitaria e paritaria, innanzitutto sotto il profilo istituzionale, nel senso che ci auguriamo e per questo ci batteremo, affinché venga organizzata insieme al governo, dal Ministero dell'ambiente, dalle regioni e dai Parchi.

Una conferenza, ma di questo penso possiamo essere certi per avere ascoltato più volte in questi mesi il Ministro Bordon, che non riproponga più alcuna separazione o suddivisione gerarchica tra Parchi nazionali e Parchi regionali ma si muove invece completamente dentro la logica: del sistema e della rete.
Una conferenza dunque molto aperta innanzitutto al contributo di tutti i soggetti istituzionali, centrali e locali; nel senso cioè che essa richieda e solleciti contributi, idee ed impegni anche da parte dei Ministeri dell'agricoltura, dei beni culturali, della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca scientifica, così come dell'Upi, dell'Anci e dell'Uncem e soprattutto, lo ripeto, delle regioni.
Ma anche aperta agli attori sociali ed economici, a partire soprattutto dalle associazioni professionali degli agricoltori e pescatori, per arrivare alle migliaia di giovani che si sono o stanno cercando di inventarsi un lavoro nei Parchi, costruendo così l'economia vera delle nostre aree protette.
Ed infine aperte, più della prima, all'ascolto delle idee e delle istanze del volontariato ambientale, quel volontariato che è così impetuosamente cresciuto in questi anni.
Logicamente noi ci aspettiamo che nell'assise di febbraio un contributo alto di elaborazione e di proposte venga dallo stesso mondo dell'associazionismo ambientale a cominciare da quella componente che finora è stata meno disposta a fare i conti con i Parchi intesi come soggetti istituzionali autonomi e con la nuova dimensione sociale, culturale ed economica che la stessa espansione quantitativa delle aree protette ci impone oggi come terreno decisivo perché le stesse azioni di tutela attiva possano avere successo.

Oltre il 10%
Perché abbiamo raggiunto il 10% del territorio gestito a parco e siamo riusciti in pochi anni a passare dai soli 4 Parchi nazionali del 1993 ai 19 di oggi, a rilanciare la costituzione dei Parchi regionali e ad avviare l'istituzione di un discreto numero di aree marine protette?
La ragione del successo sta nell'avere accettato la scommessa di coniugare la conservazione con l'ecosviluppo ed avere portato i Parchi a misurarsi con il tema dello sviluppo locale, anzi avere fatto dei Parchi, in molti casi, un progetto nuovo ed originale di sviluppo locale durevole e autosostenibile incrociando così locale e globale, cultura, tradizioni, identità territoriali, con natura e conservazione degli ecosistemi; riuscendo spesso anche ad intercettare, attraverso il progetto Parco, le istanze e le stesse aspettative di rinascita di comunità locali oramai escluse dai processi di crescita del Paese.
Il motivo principale di questi risultati così straordinari che, senza trionfalismi esagerati, possiamo vantare e che dobbiamo rappresentare nella 2 a conferenza sta quindi, innanzitutto, nell'azione dei Ministri dell'ambiente che in questi anni si sono succeduti, così come sta nel lavoro di tanti amministratori regionali e locali.
Sta ad esempio nella felice scelta di portare alcuni uomini espressione di esperienze di governo locale a dirigere i Parchi nazionali; nominando presidenti che erano stati sindaci o amministratori provinciali; come nel Parco delle Dolomiti bellunesi, delle Cinque Terre, del Gargano e di tanti altri parchi ancora.
Sta cioè in tanti uomini: amministratori, direttori, operatori dei Parchi e della pubblica amministrazione o dirigenti delle associazioni ambientali che in questi anni hanno rifiutato la logica autoreferenziale del Parco come isola, ma hanno condiviso e costruito la cultura, che è la nostra, del Parco come laboratorio di sviluppo locale autosostenibile e di conservazione ambientale attiva, rischiando spesso, perché occorreva nuotare in mare aperto, anche di essere connotati come i traditori della interpretazione più classica, ma io dico più vecchia e oramai superata dalla conservazione ambientale e dei Parchi. Girando per l'Italia in queste ultime due settimane due cose mi hanno colpito più di altre.
La prima è lo straordinario successo dell'iniziativa promossa qualche giorno fa proprio qui a Roma da Confcommercio e Legambiente sui servizi territoriali diffusi. Un'iniziativa di cui i Parchi sono stati protagonisti diretti e nella quale sono anche stati considerati da tutti i relatori come soggetti positivi ed importanti per contrastare la scomparsa di tante comunità umane delle aree interne, delle nostre montagne, e delle piccole isole.
L'altra è la grande partecipazione di tantissimi giovani che hanno seguito a Villasimius il convegno promesso dall'area marina protetta di Capo Carbonare sul tema "L'ambiente e il mare: una risorsa per lo sviluppo". Una partecipazione che dimostra l'attesa e la speranza che soprattutto al Sud e nelle isole i giovani ripongono nelle azioni di conservazione e di valorizzazione dell'ambiente e soprattutto nelle aree protette.
Ho citato questi due esempi perché almeno a me confermano la giustezza della nostra linea politica se così si può dire e della nostra capacità d'incidere, di costruire nuove alleanze e di dinamizzare, animare, nuovi soggetti collettivi, nuovi movimenti in grado di rafforzare e spingere nella direzione che ci siamo dati e che indichiamo da tempo.
Questa in sostanza è la linea culturale che deve informare di sé e costituire l'anima alla 2 a conferenza.
Il cuore della conferenza invece deve consistere nella sua forte capacità progettuale e programmatica.

Le politiche di sistema e la rete ecologica
La conferenza deve cioè servire a definire con precisione i contenuti, gli obiettivi e gli strumenti attraverso i quali avviare o accelerare, mettere in sostanza a punto, i grandi progetti di sistema che debbano sostanziare la rete ecologica nazionale e cioè quello delle Alpi, della pianura padana e del Bacino del Po, delle coste, delle aree marine protette e delle isole minori e di Ape (Appennino parco d'Europa). Progetti che debbono essere costruiti con la logica degli accordi di programma e debbano avere nel Ministero dell'ambiente e nelle regioni i protagonisti principali.
E quando dico che la conferenza deve servire a definire questi progetti intendo dire che in quella sede occorre delineare anche le possibili ipotesi ecomomico-finanziarie e individuare gli strumenti necessari per reperire almeno le prime risorse necessarie per farli partire, per avviarli.
In questo senso un primo risultato positivo è stato raggiunto per Ape attraverso lo stanziamento di una prima trance di finanziamento di 35 miliardi disposto quest'estate dal Cipe. Grazie a questo primo e parziale finanziamento (ma di grande significato politico), al quale cercheremo di fare in modo si aggiungano subito ulteriori risorse del Ministero dell'ambiente, si tratta ora di avviare rapidamente la costruzione del vero e proprio progetto operativo di Ape e di passare così ad una fase nella quale i Parchi interessati dovranno essere capaci di mettere in campo una forte progettualità, una grande operatività e soprattutto di proporre iniziative che vadano oltre i loro confini e siano in grado di individuare ad esempio i così detti corridoi ecologici, i grandi itinerari escursionistici e più in generale azioni e progetti di rete e di sistema capaci di coinvolgere anche comuni, comunità montane e provincie.
Ape in sostanza come strumento per sperimentare gli accordi di programma previsti dalla l. 426. Per finire su questo punto della conferenza, ritengo che affinché la piena e leale cooperazione tra tutti i livelli istituzionali faccia in futuro da perno alle politiche per e delle aree protette sia essenziale riproporre, attraverso la conferenza, una sede, un tavolo istituzionale permanente di concertazione e di confronto a latere della conferenza Stato-regioni; un tavolo di cui faccia parte in rappresentanza dei Parchi anche la nostra Federazione.
Così come credo che una linea di ricerca e di confronto aperta e coraggiosa vada avviata, a partire proprio dalla conferenza, intorno al tema dei controlli faunistici nei Parchi e nelle aree ad essi limitrofi. Un confronto con il mondo venatorio, ed in particolare con gli ambiti territoriali di caccia, è oramai maturo e necessario.
Si tratta di un tema spinoso, di un terreno carico di difficoltà e pericoli ma essenziale a mio avviso per affrontare con successo un problema sempre più grave come è quello dell'esubero di presenza di popolazioni di cinghiali e di altri ungulati in molti dei nostri Parchi.
Se a febbraio si svolgerà la 2 a conferenza sulle aree protette diventano allora ancora più importanti di quanto lo fossero in assoluto alcuni appuntamenti e strumenti ecomonico-finanziari eprogrammatici che saranno messi a punto nei prossimi mesi.
Il primo è quello della legge finanziaria per il 2001. Credo che questa legge finanziaria (una finanziaria che dopo tanti anni finalmente è in grado, grazie all'opera di risanamento compiuta, anche di restituire risorse per lo sviluppo) debba e possa fornire un segnale importante nel versante delle politiche di conservazione e delle aree protette; un segnale di volontà precisa che dia forza e credibilità alla stessa conferenza.
Nella finanziaria, che nella versione approvata dal governo non contiene purtroppo nessuna novità positiva per le aree protette ma anzi una lieve contrazione delle voci di spesa ad esse destinate, noi chiediamo sia introdotto un capitolato di bilancio specifico, dotato almeno di 50 miliardi per sostenere gli investimenti dei Parchi nazionali e delle aree marine protette.
Quegli investimenti che non sono più stati organicamente finanziati dopo la soppressione dello strumento, originariamente contemplato dalla l. 394, dei programmi nazionali triennali.
Così come occorre lavorare perché la delibera Cipe per le aree depresse dell'anno venturo attribuisca ulteriori risorse ad Ape e avvii contemporaneamente il finanziamento degli accordi di programma previsti dalla l. 426 e cioè quello per le aree protette delle Alpi e quello per le aree protette marine e delle piccole isole.
Ma le opportunità finanziarie più consistenti, ed al cui pieno utilizzo come aree protette dobbiamo puntare, sono oggi quelle offerte dai complemeti di programmazione regionali per i fondi strutturali comunitari, da Agenda 2000 e dai futuri programmi "Leader plus".
Noi riteniamo sia urgente che su questi argomenti i coordinamenti dei Parchi si muovano in ogni regione per pretendere l'apertura di veri e propri tavoli di confronto con i Parchi a cominciare da quelle situazioni dove i territori compresi nelle aree protette sono stati poco o male considerati nei primi documenti per i fondi strutturali comunitari. Per questo è forse necessario svolgere nelle prossime settimane una approfondita ricognizione regione per regione volta a capire cosa sta succedendo e per portare così alla conferenza i risultati di questo lavoro; un lavoro che ci potrà consentire di fare dei bilanci, circa la qualità della programmazione regionale verso i Parchi, ma anche di individuare, soprattutto, le situazioni di maggiore difficoltà per poi intervenire e possibilmente superarle.
Nell'ambito della programmazione regionale io ritengo che noi dobbiamo dedicare un'attenzione ed un impegno particolare per cercare di utilizzare al meglio, e di orientare a favore dei nostri obiettivi, i piani di sviluppo rurale.
Oggi in questi piani è concentrata una buona fetta di risorse pubbliche per il sostegno dell'agricoltura ma anche per la conservazione del territorio, della biodiversità e del paesaggio.
Da quelle politiche e dalla qualità della loro gestione passano le scelte che possono favorire la tenuta demografica delle aree interne; le aree più in difficoltà del Paese, molte delle quali sono concentrate proprio nei Parchi. È lì che secondo me si deve e si può quindi esprimere appieno la nostra azione per indirizzare le misure agroambientali della nuova politica agricola comunitaria, rivolta al mondo rurale, a favore dell'arricchimento della biodiversità, della difesa dell'agricoltura tradizionale, della conservazione dei prodotti e delle varietà animali e vegetali tipiche e tradizionali. Insomma è su questo terreno che soprattutto, così come avviene in altri parti dell'Europa mediterranea, i Parchi possono dimostrare la loro vitalità, la loro utilità e realizzano così buona parte della propria missione.
Un altro ambito sul quale ritengo dovremo misurarci sempre di più in futuro è quello del turismo. Un settore di cui si è discusso anche pochi giorni fa nella conferenza indetta dal governo e che costituisce un'opportunità straordinaria per quasi tutti i territori dei nostri Parchi. Un'opportunità che però, anche qui, va non solo colta ma indirizzata, organizzando l'offerta, strutturando azioni promozionali capaci di rendere i Parchi protagonisti e non di subire passivamente gli effetti negativi del turismo sul tessuto territoriale e ambientale delle aree protette.
Entro pochi giorni discuteremo negli organismi della nostra associazione della costituzione di uno strumento societario specificatamente rivolto a questo scopo; ad organizzare e promuovere cioè l'offerta turistica presente nei Parchi ed a collegarla con la domanda e con il mercato.

Le aree protette soggetti del federalismo
Per avviarmi alle conclusioni di questo mio intervento, che ha solo lo scopo di aprire la discussione e di stimolare il dibattito di stamane con l'obiettivo, attraverso i contributi e le proposte che emergeranno, di arricchire così la nostra piattaforma programmatica in vista della conferenza di febbraio, voglio rapidamente richiamare alla vostra attenzione l'importante risultato raggiunto, anche grazie alla nostra iniziativa, attraverso la decisione assunta, dopo ripetuti rinvii, pochi giorni fa dalla conferenza Stato-regioni di trasferire ai Parchi nazionali ed alle regioni la gestione delle riserve naturali dello Stato comprese all'interno del loro territorio.
Questo successo è di duplice valenza nel senso che da un lato rafforza il ruolo e la funzione degli enti parco nazionali e responsabilizza maggiormente le regioni nelle politiche di conservazione, dall'altro segna un punto di svolta molto positivo, perseguito con forza dal Ministero dell'ambiente, nel rapporto di collaborazione e cooperazione tra Stato centrale e regioni. Crea cioè un clima nuovo, molto utile anche in vista della conferenza.
Non è dello stesso segno positivo invece, purtroppo, la situazione dei Parchi della Liguria dove la regione si ostina a volere stravolgere, seppure con motivazioni contingenti che partono da preoccupazioni che in gran parte anche gli enti gestori condividono, l'assetto di quei Parchi rifiutandosi di rinunciare ad una linea di scontro e di accogliere la proposta che il nostro coordinamento regionale e Legambiente hanno avanzato per istituire un tavolo di lavoro congiunto volto ad affrontare insieme la revisione della legge regionale sulle aree protette in una prospettiva di sviluppo seria e non giocata invece solo sul versante degli interessi venatori.
Ci preoccupa anche, lo voglio accennare qui solo brevemente, la recente posizione espressa dalla Regione Abruzzo; posizione restata per fortuna isolata all'interno delle stesse regioni, che nel quadro della discussione avvenuta in conferenza Stato-regioni sul passaggio delle riserve dello Stato ha sollecitato la regionalizzazione dei Parchi nazionali.
Non abbiamo ora le condizioni per capire se si tratti di una posizione solo propagandistica o di una linea precisa, convinta, della Regione Abruzzo.
Il commento che ci sentiamo di fare è che a nostro avviso l'ordinamento che oggi presiede ai Parchi nazionali, e cioè la l. 394, ma soprattutto la loro attività istituzionale e gestionale (almeno per la stragrande maggioranza di essi), è già improntata ad una logica federalista e cooperativa. I Parchi nazionali cioè sono già oggi enti compositi, impregnati del principio di sussidiarietà e dello spirito di leale collaborazione tra i diversi livelli dello Stato.
Noi semmai ci poniamo l'obiettivo di esaltare ulteriormente e di affinare questa connotazione e di sperimentare tutti gli strumenti di concertazione disponibili; gli accordi di programma, i patti territoriali, ecc. perché i Parchi nazionali siano sempre di più e meglio inseriti nel circuito istituzionale regionale e locale ma con una loro precisa identità ed una funzione originale.
Come soggetti cioè capaci di mettere insieme interessi nazionali, generali e interessi e specificità territoriali locali.
Schiacciare questa loro funzione in una logica puramente localistica o regionalistica non serve prima di tutto alle comunità locali interessate le quali già oggi hanno a loro disposizione strumenti istituzionali dedicati ad una gestione puramente localistica e regionalistica. Comunità locali che in molti casi hanno percepito e voluto l'istituzione dei Parchi nazionali quale occasione storica per il riconoscimento e la promozione a livello nazionale ed internazionale delle proprie identità e peculiarità e spesso anche come strumento per pretendere dallo Stato nel suo insieme il mantenimento di un rinnovato e non assistenziale sistema di servizi territoriali.
Per questo i Parchi nazionali, per come sono gestiti nella maggior parte dei casi, hanno poco di centralistico e grazie anche all'azione della nostra associazione negli anni scorsi, nel dibattito sulla riforma della l. 394, li abbiamo saputi portare fuori dal terreno furviante e sterile dello scontro tra centralismo e autonomismo, così come dalla dicotomia conservazione/sviluppo per connotarli invece sempre di più come soggetti espressione di una concezione della autonomia aperta al contesto territoriale e istituzionale nel quale essi sono inseriti e come progetto, insieme, di conservazione e di sviluppo locale.
Per concludere davvero mi sento di dire che il rafforzamento e l'arricchimento culturale e programmatico della nostra associazione, insieme alla sua accresciuta rappresentatività, credibilità e capacità di relazioni, sia sociali che istituzionali, consentono oggi ai Parchi di presentarsi con maggiore autorevolezza e con maggiore capacità propositiva all'appuntamento della 2 a conferenza. Per questo dobbiamo attrezzarci bene, attraverso la discussione di stamane ed anche la tavola rotonda di questo pomeriggio, affinché l'appuntamento di febbraio riesca a corrispondere a queste aspettative, a mettere cioè a punto una trama ed un disegno nazionale preciso, ampio e di prospettive.
Noi metteremo tutto il nostro impegno in questa direzione sia perché siano centrati gli obiettivi che ho cercato di illustrare sia perché, successivamente, i temi che saranno messi a fuoco nella conferenza ed i suoi risultati siano fatti vivere nel Paese e siano tradotti in azioni concrete.

* Presidente della Federazione italiana parchi e riserve naturali