Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 31 - OTTOBRE 2000


Commenti
a cura di Renzo Moschini
 



Villasimius,
Non sono molte le occasioni da noi in cui le forze politiche si occupano direttamente delle aree protette. E non sempre quando ciò avviene possiamo rallegrarcene visto il vento che tira, ad esempio, in diverse regioni.
Se la sezione tematica dei DS che si occupa di ambiente decide di riunirsi a Villasimius per discutere di aree marine protette dinanzi ad una platea tutt'altro che 'riservata' al partito (erano numerose e autorevoli le rappresentanze istituzionali, le associazioni ambientaliste e scientifiche), l'evento merita perciò di essere registrato e commentato.
Intanto perché se le aree protette in generale non costituiscono certo un conturbante oggetto di desiderio dei partiti quelle marine - persino tra gli addetti ai lavori - appassionano anche di meno. Ciò doverosamente premesso diciamo subito che la discussione a cominciare dalla relazione introduttiva di Attilio Rinaldi responsabile del gruppo mare dei DS ha confermato che sul tema permangono non poche incertezze e zone di confusione che non ritroviamo, ad esempio, quando si discute delle altre aree protette.
Il che già di per sé è un segnale inquietante dal momento che la istituzione di riserve marine risale per legge addirittura al 1982 (legge sul mare). Dopo 18 anni e dopo che la legge 394 ha equiparato i parchi marini ai parchi terrestri per le riserve la situazione rimane infatti quanto mai confusa o se si preferisce - come qualcuno ha detto nel dibattito - incasinata. Tanto che in sede ministeriale - nonostante le competenze della Marina mercantile siano state finalmente ricondotte al Ministero dell'ambiente proprio per superare qualsiasi separatezza tra mare e terra - si vorrebbero istituire organi di riserva anche all'interno dei Parchi nazionali dell'Asinara, Maddalena e Arcipelago Toscano. Su questo punto, per fortuna, il dibattito ed in particolare le conclusioni dell'on. Bandoli responsabile della sezione tematica, si sono pronunciati nettamente e in maniera vivace contro questa ipotesi assurda. D'altronde riesce difficile persino capire come possa essere presa in considerazione una tale mostruosità istituzionale e amministrativa che proprio per questo però conferma la perdurante difficoltà a concepire le aree protette come un sistema unitario. Che non significa, come è stato detto, disconoscimento delle specificità le quali però neppure nel caso delle aree marine possono essere pretestuosamente accampate per soluzioni da scegliere caso per caso. Perché è sicuramente vero che il mare e la costa presentano situazioni tra di loro estremamente variegate di cui si deve tenere conto facendo leva soprattutto sul ruolo degli enti locali e specialmente dei comuni. Su questo punto vi è stata una larghissima convergenza anche con le associazioni. Ma come è stato detto in più di un intervento questa non è una prerogativa esclusiva delle aree protette marine come testimoniano le vicende di questi anni che hanno visto nascere tanti parchi tra non poche tensioni e confronti proprio su questo punto. Ecco perché anche l'ipotesi di coinvolgere direttamente (per qualcuno addirittura per legge) nella gestione delle riserve le associazioni dei pescatori professionisti ha suscitato perplessità di cui si è fatto carico in particolare Maestrelli presidente del Parco di Migliarino - S.Rossore e responsabile del gruppo parchi dei DS ma anche Enzo Valbonesi presidente della Federazione nazionale dei Parchi e delle Riserve. Il problema naturalmente non è quello di coinvolgere le associazioni dei pescatori visto quello che si sta già facendo e con ottimi risultati con le associazioni degli agricoltori e non solo. Il punto è che inserire per legge la rappresentanza dei pescatori renderebbe poi poco ragionevole, anzi assolutamente inspiegabile e incomprensibile, non fare altrettanto con altre categorie per gli altri parchi. Senza considerare che il ruolo rafforzato delle istituzioni locali (che sarà tanto più efficace e forte se esse saranno in rete con tutte le altre) ha anche se non principalmente questo scopo ossia di accrescerne la rappresentatività dei molteplici interessi locali. Incamminarsi sulla strada di un 'allargamento' istituzionale alle rappresentanze di categoria e diciamo pure corporative potrebbe aprire in tempi rapidi una contesa sul 'chi' e il 'perché' che non gioverebbe assolutamente al consolidamento del sistema delle aree protette e soprattutto ad una più stretta e costruttiva collaborazione tra parchi terrestri e marini. A questa rafforzata collaborazione mira in particolare Cip, il progetto coste protette di cui si è parlato anche nel seminario di cui si stanno mettendo a punto e portando avanti una serie di impegni e iniziative che contribuiranno a rendere il dibattito e il confronto su questi temi interessante e soprattutto costruttivo.

Il nuovo testo unico degli enti locali
Con una puntualità assolutamente insolita rispetto alle scadenze previste è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo testo unico degli enti locali che ha mandato definitivamente in pensione il vecchio t.u. dell'34. Nel decennio che sta per concludersi registriamo dunque la legge 142, le recenti e profonde modifiche apportatevi dalla legge 265 e ora il nuovo t.u. che non solo raccorda ma sistematizza una materia che in poco tempo è stata rivoltata come un guanto eliminando sovrapposizioni, contraddizioni e sedimentazioni del passato adeguandola al nuovo disegno di riforma della pubblica amministrazione e delle istituzioni.
È un esempio raro e riuscito di innovazione normativa in cui si è realizzata una perfetta intesa tra Parlamento e Governo i quali hanno saputo al meglio avvalersi del concorso e della 'cooperazione' delle associazioni rappresentative degli enti locali e delle regioni.
Viene spontaneo dinanzi a questo esito giustamente salutato da unanimi apprezzamenti rilevare con qualche rammarico come non si sia riusciti a fare altrettanto per la legislazione e le normative sulle aree protette. E quel che amareggia di più non è tanto il fatto che non si volesse a torto o a ragione rimettere mano a determinate norme della legge quadro, ma che lo si sia fatto invece seguendo un percorso esattamente inverso rispetto a quel che si è appena concluso per gli enti locali.
La legge 394 infatti è stata nel corso di questi anni ritoccata anche per aspetti tutt'altro che secondari ma lo si è fatto confusamente, ricorrendo a misure inserite all'ultimo momento in provvedimenti omnibus e soprattutto senza alcuna trasparenza e confronto con i rappresentanti dei parchi. L'opposto appunto di quel che si è fatto con successo per gli enti locali i quali presentavano innegabilmente più problemi e difficoltà.
A differenza del Ministero degli interni (il che è tutto dire) il Ministero dell'ambiente non ha mai presentato in questi anni sue proposte ne ha fatto da filtro a quelle che maturavano anche in maniera pasticciata in Parlamento.
Tornando al nuovo t.u. nel merito c'è da dire che esso consolida una impostazione di cui si dovrebbe tener maggior conto anche per le aree protette volta a cogliere cioè e valorizzare l'autonomia dei singoli enti a seconda delle specificità territoriali in cui essi operano; aree montane, isolane, metropolitane, tutto però nell'ambito di un sistema coerente, senza alcuna concessione alla frantumazione anzi puntando sull'associazionismo non forzoso.
C'è in questa visione la conferma che un sistema può funzionare al meglio se non pretende di imporre in situazioni diverse soluzioni identiche ma anche la dimostrazione che ciò può essere fatto evitando che si proceda caso per caso e in maniera scoordinata tra i vari livelli istituzionali; comuni, province, regioni.
Le aree protette non possono non trarre preziose indicazioni e stimoli da questa nuova normativa alla luce della quale non appare davvero ragionevole e razionale, tanto per fare un esempio fra i tanti possibili, che parchi di un solo comune siano gestiti con enti formati alla stessa maniera di parchi con quasi 100 comuni.
La stessa cosa va detta per quanto riguarda la tentazione ricorrente nel caso delle aree marine protette a ricercare caso per caso soluzioni che non rispettano l'esigenza di cooperazione istituzionale che è invece alla base della nuova legislazione degli enti locali. Prima se ne prenderà atto meglio sarà per tutti.
Infine una notazione su un punto da noi sollevato altre volte che nel t.u. trova una palmare conferma. Quante volte abbiamo detto che era assurdo non riconoscere l'associazione dei parchi? Ebbene il nuovo t.u. sanziona per la prima volta in una legge generale che Upi, Anci, Uncem e Cispel ossia le associazioni rappresentative degli enti elettivi (province e comuni) ed anche di quelli derivati (comunità montane e aziende) debbono essere non solo coinvolte sul piano istituzionale ma debbono poter contare su sedi, personale, risorse nella misura che la legge fissa con estrema precisione.
Chissà che a qualcuno al Ministero dell'ambiente non fischino gli orecchi. Noi naturalmente lo speriamo.

La classificazione delle aree protette in Liguria
Dopo le estati romane sembra siano divenute di moda quelli liguri almeno per quanto riguarda le aree protette. L'anno scorso in piena canicola agostana tennero banco sui mezzi di informazione le pepate polemiche su Portofino e dintorni. Quest'anno sono state di scena le doppiette; dovendo i parchi liguri risolvere un problema a lungo rinviato ed ora giunto al dunque dopo la sentenza della Corte costituzionale ci si è ingegnati per trovare una via d'uscita. Con due leggine in prima battuta il consiglio regionale aveva pensato di risolvere la questione riclassificando le aree protette regionali in due categorie così da permettere a quelle non ricadenti nella legge 394 di far svolgere regolarmente alla riapertura l'attività venatoria in alcune aree.
Il Governo le ha bocciate entrambe. Sulla caccia non intendiamo in questa occasione tornare a ripeterci per dire che la via maestra è quella prevista dalla legge con le aree contigue. Ci preme invece segnalare e soffermarci brevemente sulle motivazioni con cui è stata respinta dal governo la istituzione di parchi regionali paesistico-rurali. È innegabile naturalmente che le due leggine nascevano per così dire con le stigmate di una affannosa ricerca per chiudere in tempo una situazione complicata e incancrenitasi in seguito ai troppi rinvii. Ma sostenere come si fa nella nota trasmessa dal commissario di governo alla regione che quel tipo di parco "non trova alcun riscontro nella vigente normativa statale in materia, ponendosi in contrasto con l'art. 2 della legge quadro sulle aree protette (394/91) che individua specificamente la classificazione delle aree protette" quanto meno denota una pigrizia culturale che non sembra scossa neppure da una recente pronunzia della Corte che ha dato ragione alla Provincia autonoma di Bolzano quando ha protestato per essere state le sue aree protette escluse dall'elenco ufficiale. In quella occasione la Corte aveva ricordato che lo Stato deve limitarsi a recepire ossia a svolgere una funzione di notaio e non di censore. Profili giuridici a parte quel che colpisce nella sbrigativa risposta ministeriale che ignora peraltro che in altre leggi regionali sono state inserite nuove tipologie di aree protette rispetto a quelle esplicitamente indicate nella legge quadro e senza considerare che in questi ultimi anni abbiamo assistito ad una vera e propria proliferazione di siti di varia provenienza ed estrazione senza che nessuno si sia posto il problema se essi sono 'coerenti' o meno con la normativa nazionale, è lo spirito 'burocratico' che la pervade. La legge quadro prevedeva sedi e strumenti per definire nuove tipologie di aree protette che in ragione della loro (positiva) crescita richiederebbero una costante opera di monitoraggio e di riclassificazione, ma in questi anni non è stato fatto niente. Anzi il ministero non ha battuto ciglio e si è badato bene dall'intervenire pur essendo chiamato a farlo in sede di 'parere' che il governo è tenuto ad esprimere sui provvedimenti legislativi, quando il Parlamento si è inventato dalla sera alla mattina il parco della Torre di Cerrano, parchi minerari e paleontologici altri pasticci che servono soltanto ad accrescere la confusione e a screditare l'idea stessa di area protetta. A quando un po' di coerenza?

Posti riservati sull'Arca
La cadenza decennale si addice a Camerino. Dopo quelli dell'80 e del '90 nell'ottobre scorso si è tenuto il terzo appuntamento con un titolo ben più ambizioso perché proiettava i parchi nel terzo millennio. Un viaggio affascinante ma anche impegnativo verso un futuro certo non rassicurante che gli organizzatori non a caso si sono accinti ad affrontare con una vera e propria Arca di Noè. I parchi, infatti, in questo avventuroso viaggio verso il futuro della Terra costituiscono appunto l'Arca che sfida il nuovo diluvio universale rappresentato dai tanti mali che affliggono l'umanità e l'ambiente. Camerino insomma - a detta dei suoi organizzatori - 'manifestazione culturale e ambientalista di fine secolo', viaggia con gli stivali delle sette leghe tra secoli e millenni sfidando prima ancora del futuro il senso della misura e delle proporzioni. Anche nel programma. A 20 anni dal primo Camerino ritroviamo infatti vecchie e gradite conoscenze ancora sulla breccia con immutato entusiasmo e combattività e che come tutti i veterani hanno il meritato diritto ad un posto non di seconda fila. Ma un'Arca se non vuole ridursi a modesta scialuppa o gozzo di salvataggio deve riuscire a traghettare gli animali più diversi senza lasciare sulla riva quelli che a torto o a ragione piacciono di meno perché più brutti, irrequieti, indisciplinati o meno nobili. Noè come è noto sotto questo profilo fu di manica larga e riempì l'Arca con generosità. A Camerino invece si è operato con darwiniana severità, selezionando accuratamente i passeggeri.
A molti il passaporto anche provvisorio non è stato rilasciato, forse perché, come avrebbero detto una volta in questura, avevano dei 'carichi pendenti'.
Intendiamoci, quelli ammessi alla felice crociera sono stati trattati con tutti i dovuti riguardi cercando innanzitutto di non affaticarli. I primi tre giorni di navigazione infatti si sono svolti a Roma tra saluti, visite, ricevimenti e insolite conferenze stampa in cui tra orsetti, campioni olimpici e cantanti tutti regolarmente fotografati al tavolo di lavoro per la soddisfazione dei naviganti su Internet che hanno potuto ritrovare dopo i trionfi di Sidney i 'guerrieri delle acque che ritornano sul campo della natura' i quali si sono sobbarcati anche il compito di sostenere nel mondo oltre al tricolore anche le iniziative del Parco nazionale d'Abruzzo. Più che un'Arca ci è parsa una allegra brigata in cui si sono ritrovati numerosi 'padri' da quello della legge quadro e quello del Ministero dell'ambiente in compagnia di qualche nonno; pochi invece i nipoti. Solo il quarto giorno l'Arca ha lasciato la capitale per approdare felicemente a Camerino dove li aspettavano altre piacevolezze e convenevoli. Poi un primo leggero assaggio con una tavola rotonda seguita da cena in Castello. La prima giornata vera e propria del Camerino III è stata quella del venerdì 20 con una sessione dedicata alla 'memoria storica' per poi passare nel pomeriggio al 'tuffo nella realtà, esempi, allarmi, appelli' con vari presidenti di parco (solo nazionali). Il sabato erano di scena i parchi del mondo; americani, sud-africani e argentini che nella seduta successiva hanno fatto (poco) posto anche agli europei (tedeschi).
La domenica li aspettava Assisi. Il lunedì, martedi e mercoledì invece, come diceva l'invito,'tre giornate dense di eventi'; incontri, sessioni a tema, conferenze, inaugurazioni dei centri visita (al plurale), mostre e concerti. Il tutto nel 'triangolo magico' comprendente la 'montagna sacra' della Camosciara, nel Parco nazionale d'Abruzzo dove l'Arca era finalmente approdata come sul monte Ararat.
Che dire? Innanzitutto che nel terzo millennio a Camerino ci si è entrati dimenticando tra i vari animali la federazione dei parchi che associa oltre cento aree protette. Curiosi appuntamenti quelli in cui figurano pomposamente sigle esotiche ma non quelle più rappresentative di realtà domestiche che pure dovrebbero e potrebbero fare qualcosa se si intende sfidare il futuro. Ancora più singolare è che un evento di fine secolo ai suoi selezionatissimi e qualificatissimi ospiti offra tre giornate da trascorre solo nel Parco d'Abruzzo. Che idea avranno potuto farsi i convenuti a Camerino dei parchi italiani avendo potuto vedere dopo il Colosseo soltanto lo spicchio che gli è stato offerto prima nel dibattito e poi nello svago?
Possiamo anche capire che in certe occasioni non ci si voglia fare rubare la scena, ma un po' di stile non guasterebbe neppure nel nuovo millennio.