Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 32 - FEBBRAIO - 2001


Osservatorio Istituzionale
di R.M.
 

Le relazioni sullo stato dell'ambiente pur previste dalla legge non l'hanno certo pienamente rispettata quanto a regolarità nella pubblicazione e soprattutto ad omogeneità che ne rendesse possibile un utile confronto.
Se la discontinuità produce dei dannosi vuoti informativi e conoscitivi la disomogeneità rende di difficile uso i dati che spesso risultano incomparabili.
Ciò premesso va senz'altro apprezzato che il Ministero dell'Ambiente per il 2001 abbia predisposto una relazione sullo stato dell'ambiente di ben 518 pagine anticipata dalle considerazioni finali del ministro Bordon, lette alla presenza del capo dello stato.
Dopo i digiuni degli anni scorsi dovuti alle inadempienze ministeriali malamente rimediate da relazioni talvolta striminzite o introvabili, questa volta si corre addirittura il rischio di una indigestione dovuta alla impressionante quantità di dati, tabelle, schede, capitoli che spaziano su una grande quantità di temi e argomenti.
Ne risulta una panoramica estremamente ricca e variegata sicuramente utile agli addetti ai lavori, ai quali d'altronde è principalmente rivolta essendo la relazione infatti e non a caso presentata al Parlamento.
Fatte queste doverose e necessarie premesse, è chiaro che in queste note neppure volendo potremmo soffermarci sul complesso delle questioni affrontate dalla relazione.
Ci limiteremo pertanto a taluni aspetti e capitoli che ci riguardano più direttamente non senza però soffermarci, sia pure sommariamente, sulla impostazione generale del ponderoso documento con qualche annotazione critica.
La prima osservazione scaturisce dalla lettura del lunghissimo elenco di collaboratori e soprattutto collaboratrici da cui emerge chiaramente la scarsissima presenza di ‘ministeriali'.
Se ne ricava l'impressione, insomma, che la relazione sia stata ‘appaltata', il che se per un verso è assolutamente naturale e inevitabile, per altro verso ci sembra evidenziare un qualche ‘disimpegno' di troppo delle strutture ministeriali che non appare positivo anche se se ne possono intuire le ragioni, incombenze operative etc.
La lettura della relazione d'altronde ci sembra confermare, sebbene con differenze anche notevoli tra settore e settore, l'effetto non positivo di questa ‘latitanza'.
Colpisce, infatti, oltre al fatto che i dati sono spesso un po ‘vecchi', che la trattazione dei problemi pur non eludendo in molti casi i nodi critici, i ritardi etc, lo faccia quasi sempre in maniera troppo generica, diremmo scontata e persino ‘distaccata', in quanto mancante di quegli approfondimenti critici di chi ha le mani in pasta, dai quali possa emergere una chiara linea di condotta in grado nel prossimo futuro di aggiustare il tiro, perché a questo soprattutto dovrebbe mirare la relazione.
Non va infatti dimenticato che la presentazione di una relazione annuale al Parlamento risponde innanzitutto alla necessità di fornire adeguati elementi conoscitivi e propositivi al legislatore e alle istituzioni sull'operato del Ministero, sulla sua capacità di dare attuazione alle leggi e alle indicazioni politico-programmatiche del Governo e del Parlamento specialmente- ma non solo ovviamente- in materia di spesa.
Ed è proprio sotto questo profilo che la relazione pur così corposa mostra alcune vistose carenze e vuoti in qualche caso assolutamente inspiegabili e ingiustificabili.
Difficile dire quanto a ciò possa avere contribuito un affidamento così massiccio ad ‘esterni' ai quali, in ogni, caso non avrebbe dovuto mancare l'apporto-non vogliamo dire il ‘controllo'-di coloro sui quali in definitiva ricade la titolarità e responsabilità dell'operato ministeriale.
Comunque sia, l'impressione è che sia prevalsa in troppi casi una impostazione volta, persino in termini ‘scolastici', un pò alla Bignami, a richiamare leggi e norme piuttosto che a mettere a fuoco da un lato i risultati effettivi e dell'altra le cause degli intoppi nonché i modi e le condizioni per rimuoverli.
Non appare sempre necessaria , ad esempio, la ‘riepilogazione' con ripetizioni di dubbia utilità del quadro normativo comunitario, nazionale e regionale risalendo a epoche ormai lontane.
L'annualità delle relazioni ha, appunto lo scopo di concentrare l'attenzione sul presente, su periodi e cause ben circoscritte nel tempo, per coglierne sia sotto il profilo normativo che gestionale le novità, l'evoluzione, i problemi non riproponendo ogni volta un quadro dilatato che appesantisce inutilmente la relazione sfuocando al tempo stesso le questioni.
Ma più che insistere su osservazioni di ordine generale che rischiano sempre di risultare vaghe, è preferibile forse passare a qualche esempio specifico che può dare un senso più concreto ai rilievi fatti.
Prendiamo il capitolo sulle aree protette che come si evince dalla stessa relazione si intreccia e si interseca con numerosi altri capitoli trattati nel documento ministeriale.
A differenza di altri settori (vedi ad esempio quello dedicati al suolo) in questo - ed è un limite antico- non si fa praticamente riferimento al quadro regionale; il sistema delle aree protette è richiamato unicamente nei suoi dati complessivi, ricordati peraltro dal ministro Bordon nelle sue considerazioni finali. Sotto il titolo "Aree protette; stato di attuazione della legge 394/91", ritroviamo il solito elenco di parchi nazionali istituti o in procinto di esserlo, accompagnato dalla constatazione che l'applicazione della legge sia avvenuta troppo lentamente, comportando molti ritardi e notevoli inadempienze. Per questo motivo molti parchi nazionali sono ancora privi di alcuni fondamentali strumenti gestionali quali Regolamento, Piano, Piano Pluriennale. Al Novembre 2000 le cose avevano, peraltro, registrato un ‘miglioramento solo marginale'. Sulle regioni ci si limita, diversamente da come avviene per altri capitoli, a ricordare quelle che si sono messe in regola con la legge quadro e quelle che ancora non l'hanno fatto. Eppure, come annota la stessa relazione, nei vari anni "vi è stato un aumento delle aree protette regionali e locali" e non tutte risultano iscritte nell'Elenco Ufficiale.
Ebbene, né in per quanto riguarda i ‘ritardi' dei parchi nazionali, né per quel che è avvenuto e sta avvenendo nelle regioni dove - come possiamo vedere ogni giorno dalla cronaca le cose non sono certo ferme- la relazione offre ben pochi elementi e spunti utili a capire le cause, i motivi delle persistenti inadempienze e di come stanno in ogni caso le cose oggi, al di là delle cifre e delle percentuali.
In un contesto in cui, come abbiamo osservato spesso, si è ecceduto nel ripercorrere per lunghi periodi vicende normative note, stupisce che non si sia neppure accennato, ad esempio, agli effetti prodotti dalla soppressione del Comitato Stato-Regioni, se ciò ha contribuito o no a rendere ancor più difficili i già complicati rapporti Governo Regioni, così come è curioso che sia neppure menzionata la Consulta Tecnica che pure in base alla Bassanini dovrebbe essere riordinata nelle sue funzioni.
Sono silenzi e omissioni tanto più clamorosi e inspiegabili se si pensa che anche recentemente si sono avute dure polemiche e contrasti tra il Ministero, il Governo e le Regioni in materia di aree protette terrestri e marine con tanto di ricorso alla Corte costituzionale.
Ma di tutto questo non vi è traccia nella relazione eppure si sarebbe dovuta tenere anche la 2° Conferenza nazionale delle aree protette che, evidentemente, non avrebbe potuto ignorare questi problemi.
Esemplare, al riguardo, il riferimento anche alla Carta della Natura il cui ritardo non mette più neppure conto ricordare.
La relazione rileva che "in quest' ultimo anno sono stati effettuati dei notevoli passi in avanti; è infatti stata elaborata dal Dipartimento dei servizi Tecnici nazionali la Carta dei tipi e delle unità del paesaggio" e che si stanno firmando nuove convenzioni con diversi dipartimenti universitari etc.
Un paio d'anni fa, il Centro Giacomini dedicò all'argomento un interessantissimo seminario con la partecipazione del Ministero e dei servizi Tecnici. In quella occasione emersero precise linee di lavoro, di coinvolgimento diretto anche delle aree protette e altre cose ancora.
Ma dalla relazione non sappiamo se, oltre alle convenzioni che da anni vengono stipulate e rinnovate con puntualità degna di miglior causa, è stato fatto anche qualcosa di diverso o se si intende finalmente farlo. Vorremmo infine soffermarci su un aspetto che pur avendo suscitato vivaci polemiche e sferzanti denunce anche strumentali, nel recente passato è stata totalmente ignorato dalla relazione.
Intendiamo riferirci al fenomeno dei residui passivi dei parchi nazionali, alcuni dei quali nel giro di pochi anni ne hanno accumulata una mole piuttosto massiccia che da taluni è stata portata ad esempio e dimostrazione del loro fallimento.
Gli ultimi capitoli della relazione ministeriale trattano ampiamente, con l'ausilio anche di numerose tabelle e dati, non solo nazionali, la questione della spesa ambientale.
In particolare, ci si sofferma da un lato sulla massa dei finanziamenti a disposizione del ministero che registrano variazioni annuali ora in calo ora, in aumento, e dall'altro la ‘effettiva' disponibilità annuale dovuta anche alle risorse non utilizzate in anni precedenti. La disamina è interessante perché offre una spaccato anche della composizione della spesa ambientale nei vari comparti.
Ma all''interno di questa mole di dati e di percentuali non si riesce a capire quali parchi hanno accumulato residui passivi, quali altri sono riusciti a utilizzare, e in che misura, le risorse a disposizione e soprattutto, perché si gira ancora a vuoto in tante realtà.
Le relazioni annuali sullo stato dell'ambiente - vogliamo ribadirlo ancora una volta- a questo dovrebbero servire perché di questo hanno bisogno gli addetti ai lavori ed anche i cittadini che non possono orientarsi sulla base di un titolo di giornale gridato e scarsamente documentato.
(r.m.)