Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 32 - FEBBRAIO - 2001


Varietà da frutto nelle Aree Protette Romagnole
di Raffaella Quadretti
 

Antiche varietà... la prima considerazione da fare è su cosa significhi questo termine. Con questo nome si intendono tutte le varietà di melo, pero, ciliegio e tutte le altre specie che, con il passare del tempo, sono state eliminate dal mercato a causa della piccola pezzatura, o della scarsa produttività, alternanza di produzione, ecc.
La frutticoltura moderna, infatti, ha assecondato le nuove esigenze di mercato, i nuovi sistemi di conservazione e trasformazione, concentrandosi nella realizzazione di produzioni sempre più massicce, con frutti di pezzatura uniforme e di aspetto attraente. L'aspetto quantitativo ha avuto il sopravvento su quello qualitativo e caratteristiche come sapore, profumo e aromi tipici dei frutti antichi hanno rischiato di scomparire.
Oggi, grazie ad una nuova consapevolezza nei confronti del nostro passato e delle nostre tradizioni e al recupero degli aspetti positivi del mondo contadino e della sua cultura, i vecchi frutti vengono riproposti, interessando non solo il mercato dei frutti freschi, ma anche della frutta utilizzata cotta, fritta, sciroppata e per marmellate.
La biodiversità ... fantasia della natura
Le vecchie cultivar entrano quindi di diritto a far parte del germoplasma frutticolo, contribuendo a mantenere alta la variabilità genetica, cioè ricca la biodiversità.
Con il termine germoplasma, infatti, si intende l'intero patrimonio genetico di una specie, il materiale genetico che consente la trasmissione dei caratteri.
L'importanza di questo patrimonio sta non solo nell'essere fonte di variabilità genetica da cui attingere durante il miglioramento genetico, ma anche nella possibilità di riconvertire la frutticoltura attuale verso forme più compatibili con l'ambiente in cui questa viene attuata.
Salvaguardare le risorse genetiche vegetali è, quindi, importante sia dal punto di vista ecologico in generale, sia, in particolare, per il territorio del Parco, in quanto esse possono costituire il prodotto di una selezione secolare che ha generato ecotipi di interesse alimentare. Da qui l'esigenza di non perdere questo materiale genetico, sia come fatto culturale che come possibile recupero di materiale produttivo, considerando le finalità del Parco stesso, cioè tutelare le componenti naturali esistenti e i rapporti storici ed attuali tra uomo ed ambiente.
In relazione a ciò, è stato effettuato un censimento delle antiche varietà da frutto (pero, melo, ciliegio), coltivate e non, ancora presenti nel territorio del Parco, in modo da conoscerne la diffusione attuale e le caratteristiche sia tassonomiche che produttive e, per le cultivar di maggior pregio o importanza storica, proporne una diffusione o almeno la conservazione nell'ambito di aziende agricole o di appositi arboreti dimostrativi. La ricerca, quindi, non ha preso in considerazione soltanto i frutti più interessanti da un punto di vista commerciale, ma anche, e soprattutto, quelli che erano più diffusi ed impiagati nell'ambito delle tradizioni contadine delle colline.
Due le fasi essenziali della ricerca: la prima di individuazione, classificazione e valutazione del materiale e la seconda di creazione di campi collezione per una successiva diffusione nel territorio del Parco.
In particolare, la prima fase comprende:
1) Ricerca bibliografica
2)Individuazione tramite sopralluoghi e descrizione delle cultivar presenti nelle aziende agricole ancora attive e in abbandono, in piccoli gruppi o isolate, nonché in orti e giardini familiari, ubicate nel territorio del Parco
3) Classificazione e valutazione delle cultivar presenti, sia in termini qualitativi che produttivi, maggiormente rappresentative dell'ambiente
Nella seconda fase, si è provveduto alla:
4) Raccolta del materiale
5)Coltivazione e valorizzazione presso il vivaio di Cerreta (AR) per la eventuale diffusione, previa informazione presso i proprietari, delle cultivar ritenute idonee.

1) Ricerca bibliografica
Il riconoscimento delle vecchie cultivar di fruttiferi e l'indagine storico-culturale sono stati realizzati attraverso la raccolta di materiale bibliografico prodotto da differenti settori che, direttamente o indirettamente, riportavano informazioni e approfondimenti sulla presenza a l'utilizzo di questi frutti.
Anche la valutazione dei biotipi reperiti è stata effettuata utilizzando la bibliografia e altra documentazione disponibili sul riconoscimento delle vecchie cultivar, aggiungendo osservazioni originali. A tale scopo, oltre alle pubblicazioni più recenti, è fatto riferimento a testi storici e antichi disponibili presso la biblioteca del Dipartimento di Colture Arboree dell'Università di Bologna, la biblioteca centrale della Facoltà di Agraria e la banca dati del Centro di Documentazione Agricoltura Sostenibile di Cesena (FC).

2) Individuazione del materiale tramite sopralluoghi
Il territorio del Parco è sufficientemente vasto da richiedere, durante la fase di sopralluoghi, la collaborazione del Coordinamento Territoriale per l'Ambiente per valutare la quantità e varietà di specie da frutto presenti.
Per questo motivo si è dovuto provvedere alla preparazione di schede generali che potessero descrivere la situazione presente sul territorio: tipo di azienda (abbandonata, coltivata, accessibilità, caratteristiche sommarie della stazione); numero di specie, localizzazione, eventuali tipi di denominazione conosciuti, presunta epoca di fioritura e di raccolta; caratteristiche principali dell'albero (portinnesto, vigoria, produttività, condizioni vegetative generali, ecc.), in modo da organizzare il lavoro futuro (vedi scheda 1). Si trattava, innanzitutto, di unificare la metodologia dei rilievi, uniformare le operazioni di raccolta del materiale e, se necessario, chiarire eventuali dubbi.
Grazie alla compilazione della scheda ‘preliminare' si è stati, così, in grado di localizzare con precisione il materiale sul territorio.
Si è provveduto anche alla stesura di una scheda da utilizzare durante i rilievi all'epoca di fioritura relativa alle diverse specie considerate. Oltre alle informazioni sulla morfologia e fisiologia fiorale, sono state indicate le date di inizio o piena fioritura ed effettuate fotografie dei fiori sulla pianta. Insieme alla compilazione della scheda, i responsabili della ricerca e gli agenti hanno provveduto alla raccolta di un campione di fiori (circa 10-15 per pianta) che è stato utilizzato per ricavare ulteriori informazioni e produrre altro materiale fotografico.

3) Classificazione e valutazione del materiale genetico reperito
Le cultivar considerate di maggior interesse per la loro tipicità e adattabilità all'ambiente hanno richiesto uno studio più approfondito sulla loro possibile origine, sulle caratteristiche organolettiche dei frutti, su produttività e resistenza a stress biotici, sulle loro esigenze colturali e possibilità di diffusione o, comunque, opportunità di conservazione, anche secondo quanto riportato in bibliografia.
Le schede e il materiale raccolto saranno, infine, utilizzate per ottenere la distribuzione e diffusione delle cultivar nel territorio del Parco su apposita cartografia supportata da sistema informatico.

4) Raccolta del materiale
Campioni di frutti (almeno 10 per pianta) e foglie sono quindi stati raccolti in appositi sacchetti di cellophane, su cui era specificata la provenienza del materiale e la scheda di fioritura cui si riferiva, oltre al nome del compilatore. È stato interessante anche fotografare gli esemplari più caratteristici per forma, dimensioni della pianta o entità della fruttificazione, nonché, se ritenuti utili, alcuni particolari.
Una volta disponibili i frutti, per definire le caratteristiche peculiari del frutto (sezione longitudinale e trasversale, colore della buccia, epoca di raccolta, ecc.) sono state utilizzate schede pomologiche appositamente predisposte (vedi scheda 2).
In questa fase, molta attenzione è stata prestata anche alle considerazioni e informazioni fornite dai proprietari e coltivatori diretti, individuando possibili omonimie o sinonimie.

5) Coltivazione e valorizzazione presso il vivaio di Cerreta (AR)
Si sta attualmente completando la raccolta del materiale di propagazione da conservare nel vivaio di Cerreta. Le vecchie varietà di ciliegio, melo e pero, provenienti dai tre versanti del Parco Nazionale, risultato di innesti, esperimenti e adattamenti secolari e indicate comunemente con termini dialettali sono state così messe "al sicuro" e rese disponibili per le iniziative del Parco rivolte ad alunni, insegnanti, studiosi ed operatori agricoli interessati alla loro coltivazione.

SETTORE MUGELLO
La ricerca nel settore mugellano del Parco Nazionale, in particolare nei comuni di Londa, S. Godenzo, S. Benedetto in Alpe e Tredozio, si è svolta sotto la responsabilità del dott. Duccio Berzi. Successivamente alla prima fase (acquisizione delle informazioni sulla effettiva presenza delle cultivar), le ricerche si sono concentrate nei comuni di S. Godenzo e S. Benedetto in Alpe, vista la difficoltà di svolgere l'ispezione anche nei comuni di Tredozio e Londa.

SETTORE CASENTINO
La ricerca ha riguardato i territori dei comuni di Stia, Pratovecchio, Poppi, Chiusi della Verna, Bibbiena, Santa Sofia e Bagno di Romagna, limitatamente alle porzioni comprese entro i confini del Parco Nazionale, sotto la responsabilità di Lamberto Brogi.

SETTORE ROMAGNOLO
I comuni interessati ai sopralluoghi, effettuati dai referenti del CTA con il coordinamento dell'Autore, sono stati quelli di Santa Sofia (Corniolo, Castagnoli di sopra, Castagnoli di sotto, Cà Fiumari, Celle, Mandrioli di sopra, Fossa, Torni, Mandriacce, Grillaia, Pian del Grado, Poderone, ecc.), Bagno di Romagna (Strabatenza, Pietrapazza, Casanova in Alpe, Ridracoli, Rio Salso, ecc.) e Premilcuore (Fiumicello, Mulino Mengozzi, Giumella, Valsparviera, Pian di Visi, Pian di Rocchi, ecc.).

Difficoltà incontrate nello svolgimento dell'incarico

- Le condizioni meteo sono state sicuramente un grosso problema sia per la fioritura, che per la maturazione dei frutti. In particolare la gelata tardiva di Pasqua ‘98 ha compromesso molti fiori, soprattutto di melo e pero, mentre la prolungata siccità estiva, ha limitato l'accrescimento dei frutti delle due specie. La neve ha inoltre costituito un problema per la raccolta dei campioni, molti dei quali difficilmente raggiungibili.
- Sicuramente, i rilievi hanno preso in considerazione anche piante che, pur essendo vicine ad abitazioni o, comunque all'interno di aziende agricole, si sono rivelate selvatiche o da seme, e quindi non interessanti ai fini della ricerca. Il fatto interessa la maggior parte dei ciliegi e, in misura minore ma comunque abbastanza consistente, il melo ed il pero.
- Spesso i frutti di uno stesso melo hanno caratteri morfologici molto diversi per cui i campioni prelevati e schedati possono non essere coerenti con gli standard della cultivar di appartenenza (nel caso di cultivar note con standard varietali definiti) e pertanto renderne difficile la determinazione.
- I campioni di fiori, prelevati per "convenzione" da un solo individuo di un gruppo di piante congeneri della medesima scheda, spesso non appartengono alla pianta che nel gruppo si è rivelata più interessante ai fini della nostra ricerca.
- I caratteri rilevati dai frutti raccolti a maturazione incompleta possono rendere difficile la determinazione della cultivar.
- La vastità del territorio preso in esame, infine, fa supporre che qualche esemplare possa essere stato trascurato.

Risultati

Le varietà individuate
Le varietà di ciliegio più diffuse sono caratterizzate da nomi che ne tradiscono la forma, il colore o il sapore: Acquaiola (di colore rosso chiaro, molto acquosa), Acorniola (per la somiglianza con il frutto del corniolo, con l'epidermide più scura e la polpa più saporita della precedente), Cuore (frutti di aspetto attraente a forma di cuore), Morona (di dimensioni maggiori, più vicina ai canoni odierni di commerciabilità), Ciliegia Bianca.
In Mugello: Briganzone, Ciliegia Acquaiola, Amarena.
In Casentino: Ciliegia Acquaiola, Ciliegia Bianca, Ciliegia Corniola, Ciliegia Cuore, Ciliegia Morellona, Maggiolina, Napoletana, Marasca
In Romagna: Ciliegia Acorniola, Ciliegia Acquaiola, Ciliegia Morona

Anche per quel che riguarda le mele, spesso i nomi scientifici sono dimenticati a favore di termini dialettali che si rifanno al colore, al sapore, al periodo di maturazione: Mela Ruggine, Mela Rosa, Mela Giugnola.
In Mugello: Mela Carvè, Mela Ruggine, Mela Sassolo, Mela di S. Giovanni
In Casentino: Mela Gentile da seme, Mela Popona, Mela Rosa, Mela Ruggine, Mela Musona, Mela Renetta, Mela Deliziosa, Panaja, Mela Fiore (Calvilla rossa?), Mela di Giulio, Mela Lugliola, Mela Cipolla, Mela Rossellina
In Romagna: le mele presenti nel settore romagnolo del territorio del Parco erano quelle più tipicamente diffuse anche nella pianura circostante: Mela Rosa, Abbondanza, Treccia.
La prima è caratterizzata da un frutto appiattito, leggermente costoluto, con l'epidermide giallo-verde chiaro su cui si allargano ampie macchie rosate o rosse con pochissima rugginosità. La mela Abbondanza è resistente al freddo e all'oidio, il frutto ha dimensioni medie, di colore rosso con striature più scure; è ottima da cuocere.
La mela Treccia si chiama così perché l'albero fruttifica abbondantemente sui rami che si piegano fino a sembrare delle lunghe trecce.
E anche le pere rispecchiano nel nome l'epoca di maturazione, la forma del frutto o le caratteristiche dell'epidermide: Pera Limona, Pera Ruggine, Pera Spadona.
In Mugello: Pera Settembrina, Pera di Vetriceto, Pera Cocomero, Pera Coscio Invernale, Pera Coscio del Curato, Pera Invernino, Pera Poppa di Venere, Pera Cipolla, Pera Ruggine, Pera Limone, Pera Campanaccio, Pera Passa Crassana
In Casentino: Pera Passa Crassana, Pera Spadona, Pera Coscia, Pera Lugliola, Pera Abate, Pera Williams, Pera Cocomero, Pera Ruggine.
In Romagna: Pera Covata, Pera Volpina, Pera Giugnola.
La pera Covata è tipicamente diffusa nel medio-alto Appennino e porta questo nome perché una volta i frutti venivano conservati nella pula del grano (cova).
La pera Giugnola (pera di San Giovanni) matura d'estate ed è caratterizzata da una buccia giallo-verde chiara, arrossata eventualmente nella parte rivolta al sole.
La pera Volpina, molto conosciuta dalle nostre parti, è piccola, tonda, soda, chiamata un tempo, proprio per forma e sodezza, pera poppina; non si consuma appena raccolta, ma solo dopo alcuni mesi di conservazione e preferibilmente cotta.

Considerazioni conclusive

Riassumendo quanto ottenuto nei tre versanti interessati dalla ricerca, risulta evidente che buona parte degli obiettivi preposti è stata realizzata. Innanzitutto, si è in grado di quantificare la presenza di piante arboree da frutto nell'intero territorio del Parco e anche di localizzarla. Inoltre, sono state individuate le varietà presenti in almeno il 70% dei casi.
Infine, le informazioni ricavate da proprietari, da appassionati e dalla bibliografia disponibile consentono di fare ipotesi abbastanza concrete su quanto resta da identificare.
Dalle piante che si sono dimostrate più interessanti, o per il portamento o per le proprietà dei frutti, si stanno raccogliendo le marze che daranno vita, nel vivaio di Cerreta, ad un campo raccolta del germoplasma di ciliegio, melo e pero presente nel vasto territorio del Parco. In tal modo, un primo passo sarà già compiuto, quello di conservare le risorse genetiche presenti nel Parco e renderle disponibili sia per eventuali ricerche scientifiche che, più facilmente, per mantenere vive certe tradizioni che fanno parte di questi ambienti.
I frutti delle vecchie cultivar spesso sono dotati di maggior serbevolezza, rusticità e resistenza alle malattie, il che ne consentirebbe un loro impiego sia presso le famiglie che desiderano coltivarle, a livello hobbistico, sia presso le aziende interne al Parco interessate alla coltivazione di tipo eco-compatibile o biologica, sia infine presso le aziende agrituristiche che potrebbero così trasmettere ai loro ospiti sapori e cucina tipiche della nostra zona.
Non va dimenticata, inoltre, la possibilità di inserire alcune di queste piante, esemplari unici per vigoria, resistenza, fruttificazione, ecc., in percorsi guidati all'interno del Parco.
Il lavoro di riconoscimento, quindi, è terminato. Si tratta ora di agire velocemente, prima che le piante possano seccare per malattia, vecchiaia o difficili condizioni climatiche. Il campo collezione rappresenterà un buon risultato, ma potere nuovamente vedere alcune di queste piante in giardini, orti e appezzamenti rappresenterebbe di certo, per l'Ente Parco, il conseguimento e il mantenimento dell'equilibrio tra passato e futuro, tradizione ed innovazione, coltivazione intensiva e coltivazione sostenibile.
Il lavoro svolto assume evidentemente un grande interesse e lo dimostra il fatto che iniziative simili vengano oggi avviate anche in altre aree protette.
Si ringraziano il Prof. Umberto Bagnaresi, direttore del Dip. di Colture Arboree di Bologna e il Direttore del Parco delle Foreste Casentinesi, dott. Vittorio Ducoli, per i preziosi suggerimenti e gli agenti del CTA per la fattiva collaborazione.