Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 33 - GIUGNO 2001


COMMENTI
NOTE SUI RISULTATI DI PARCHINCHIESTA
Carteggio tra Giorgio Osti e Mariano Guzzini
  Caro Mariano,

ti mando alcune brevi osservazioni ai dati che mi hai mandato relativi alle risposte su 'Parchi' da parte di circa 100 lettori. Non potrò essere presente al convegno; cerco di rimediare con questo scritto. Procederò per punti:

Premesse:
- il materiale che mi hai fornito è piuttosto povero; senza nulla togliere alla buona volontà e ai fini dell'indagine, i dati si presentano come piuttosto disorganici; l'interpretazione ha quindi il valore di suggestione, di uno spunto per il dibattito; difficile immaginare qualcosa d'altro e di più;
- è bene ribadire che si tratta di un campione autoselezionato, il quale non ha rappresentatività; sono le risposte di un ampio gruppo di lettori non certo dei lettori; questo è importante perché i bisogni e le esigenze di chi non ha risposto potrebbero essere tutt'altri e più urgenti.
- va tenuto presente che vi sono molte non risposte; non è riportato per ciascuna domanda il numero di non risposte, ma con un facile calcolo si capisce che per alcune è piuttosto alto;
- da un'analisi sommaria, sembra che la maggioranza di chi ha risposto siano addetti ai lavori: tecnici e operatori dei parchi; lettori per diletto o utenti dei parchi o, ancora, amministratori pubblici dovrebbero essere pochi; ripeto si tratta di una impressione ricavata un po' dai nomi e un po' da altri elementi; ciò rischia di essere scontato; chi vuoi che risponda se non gli addetti ai lavori? Questa posizione credo sia sbagliata, perché la rivista si rivolge anche ad un pubblico generico, pur amante della natura; o no?

Punti emergenti
La descrizione di 'esperienze' è il tipo di articolo più richiesto; ciò incuriosisce molto per il fatto che a suo tempo, quando frequentavo il circo verde, ero colpito negativamente dal fatto che i convegni erano spesso una serie di racconti di esperienze piuttosto che analisi delle tendenze e comparazioni fra casi di studio. Il racconto delle esperienze che valore ha? E perché viene richiesto alla rivista Parchi? Sicuramente esse danno il senso della concretezza e permettono l'imitazione; hanno cioè un immediato significato pratico: capisco quello di cui si parla e verifico subito se ciò è esportabile nel mio parco. Immagino il lettore di Parchi interessato a ciò ossia a raccogliere spunti concreti e immediatamente eseguibili. É un'esigenza legittima che rischia però di diventare frammentaria e banale.
La rivista allora potrebbe raccogliere, anzi stimolare l'esposizione di esperienze, fornendo essa stessa una griglia, un filtro che permetta un minimo di confrontabilità fra queste. Di tanto in tanto potrebbe commissionare articoli di sintesi che raccolgano le esperienze e le commentino con una visione più generale e sistematica. In questo modo si potrebbe salvare 'capra e cavoli' ossia andare incontro ad una esigenza del lettore e non lasciarlo in balia di una 'anedottistica' dei parchi. Le foto sembrano un problema secondario, liquidato con il modello della rivista naturalistica patinata.
Non credo sia così; più foto non significa andare necessariamente verso quel modello. La richiesta di un maggior numero di foto è, secondo me, stimolante e da accogliere: a) in tempi di comunicazione multimediale, la foto è fondamentale; come è noto la stimolazione sensoriale e intellettuale attraverso linguaggi diversi è fondamentale per qualsiasi didattica (ai convegni foto e lucidi sono straordinariamente efficaci, spesso più di un eloquio forbito).
Ovviamente, non si tratta di trasformare Parchi in una rivista fotografica. b) la famosa battuta del bambino che sfoglia un libro e lo snobba dicendo che non c'è neanche una foto la dice lunga sul potere distensivo della rappresentazione grafica; allegerisce l'impatto sul lettore; rende la lettura più gradevole; incuriosisce il lettore poco motivato. c) una rivista come Parchi deve pensare a foto di uomini e donne protagonisti dei parchi; se la filosofia con la quale i padri fondatori - mi si permetta un po' di amichevole ironia -del movimento per i parchi come laboratorio, come sintesi del rapporto fra uomo e ambiente, come strumenti di uno sviluppo sostenibile è giusta, allora nella rivista vanno messe foto con attività umane e con uomini e donne in primo piano! La mia osservazione rischia di essere banale; cerco di nobilitarla. Più foto con i protagonisti delle varie esperienze raggiunge diversi scopi: ravviva lo schema visivo della rivista; permette agli stessi protagonisti delle esperienze di sentirsi tali (sappiamo che è la foto sul giornale che sancisce la popolarità piuttosto che la cronaca scritta che riporta il nome del protagonista); permette ai lettori di identificare meglio gli altri. Abbiamo una tradizione di rivista seriosa senza foto o di rivista propagandistica in cui i leader compaiono sempre; ciò li rende odiosi. Si tratta di mettere quindi più foto ma non dei soliti noti ai soliti convegni ma di tutto il popolo dei parchi che credo sia numeroso e vario, tale da attirare molto l'attenzione.
Si coglie nelle risposte una fronda strana che definirei 'antipolitica'; nella rivista si faccia meno politica e più tecnica, oserei dire; rivista troppo politicizzata? Il punto interrogativo è d'obbligo. Purtroppo, non ho molti elementi per approfondire questo spunto o meglio è troppo complesso per un breve commento scritto. Potrebbe essere una deformazione degli addetti ai lavori dei parchi, che si percepiscono come tecnici, infastiditi dalla politica parlata e dalla pesantezza della burocrazia che della politica è figlia. Sono fenomeni che si vivono anche nei parchi e che visti riprodotti nella rivista, diventano ancora più insopportabili.
Mi trovo in difficoltà nel commentare questa supposta esigenza dei lettori di Parchi. Forse quello che manca nella rivista (come nel circo verde) è un'analisi delle politiche (distinte dalla 'politica' come arte del governo) ossia un'analisi degli impatti delle politiche sulla protezione dell'ambiente e sullo sviluppo locale.
Ciò che viene criticato probabilmente è il parlare di politica come vezzo tutto italiano di fare grandi commenti su provvedimenti legislativi e scelte amministrative, la cui efficacia nessuno si premura di appurare. É nota l'abilità degli italiani a discutere di politica in termini di principi e schieramenti e di dimenticare la verifica degli effetti sul piano sociale e ambientale delle scelte politiche.
Mi sembra condivisibile e già acquisito da tutti il bisogno di integrare gli strumenti di comunicazione sui parchi; un quarto dei lettori (non sono poi pochi, immaginando siano i più attenti e motivati) dichiara di non sapere del collegamento e integrazione fra i vari canali (Parchi, riviste locali, siti internet, etc.). Questa strada va battuta con decisione, sapendo che nessun strumento 'mangia' l'altro ma anzi si potenziano a vicenda.
In conclusione, mi pare emerga un lettore che chiede a Parchi di diventare uno strumento più agile, più tecnico e esperienziale, con più foto e meno politica. Non è detto siano le esigenze della maggioranza dei lettori, non è detto che siano esigenze da accogliere tout court; bisogna infatti pensare anche a 'educare' il lettore, portarlo verso una direzione che si ritiene giusta, direzione sulla quale la redazione di Parchi scommette.

Mi scuso per l'assenza dal convegno e per l'approssimazione delle osservazioni.

Saluti cordiali
Giorgio Osti

Caro Giorgio, ho usato le tue note per impostare la riunione di redazione che si è svolta prima dell'apertura dei lavori del convegno "i parchi stampati"... e non solo. Come potrai vedere scorrendo la trascrizione di tutti gli interventi che si sono succeduti a Portonovo (li trovi su internet, nel nostro sito) non siamo entrati nel merito così tanto da rendere le tue interessanti osservazioni in qualche modo contemporanee al dibattito. Certo, se i tuoi impegni ti avessero consentito di essere con noi, sia nella riunione di redazione che nel corso del convegno le tue osservazioni avrebbero potuto essere maieutiche, e qualcosa sarebbe di certo lievitato. Purtroppo nessuno di noi è in grado di essere in più luoghi contemporaneamente, ed a me pare più giusto mettere in piazza le tue osservazioni attraverso questo piccolo potere effimero che ha un direttore, piuttosto che seppellirle nel segreto del mio epistolario privato. Spero che tu condivida la scelta, e soprattutto che tale scelta favorisca quel dibattito a maglie larghe e sgangherate che è in corso, e che potrebbe dare frutti, prima o poi. Venendo al merito delle tue osservazioni, tutte interessanti, mi viene voglia di fare qualche glossa. Intanto sulle tue "premesse", poi, a seguire, su quelli che chiami "punti emergenti".
La Federparchi - bontà sua - mi ha mandato a rappresentarla in un convegno di produttori di autocaravan, dove sul banco dei relatori sedeva al mio fianco un professore della IULM, istituto di scienze dell'uomo e dell'ambiente, Roberto Lavarini, che ha illustrato con grafici, torte e slide quella che lui ha chiamato "indagine motivazionale" rivolta ai fruitori di camper. Si trattava di 110 persone scelte senza precisi criteri di rappresentatività, che hanno detto la loro su quello che pensavano della loro condizione di turisti all'aria aperta. Nel corso della discussione un signore dal pubblico ha contestato la rappresentatività del campione, e quindi la validità di quanto esposto. Ma il docente della IULM ha controdedotto, affermando che interviste qualitative motivazionali si possono fare anche con dieci persone, e che quello che diventa interessante (a prescindere dal significato statistico) sono le correlazioni e le variabili. Non voglio mettere in contrasto due docenti, perché so che la cosa sarebbe impossibile. Cerco di dire che sapevamo in partenza quale fosse la caratteristica dell'inchiesta, che non sottovaluterei.
E' successo qualcosa di simile alla convocazione di una riunione, fatta nominativamente, inviando all'indirizzario che la Maggioli adopera per spedire la rivista una serie di domande. Se si fosse trattato di un invito ad una conversazione, il fatto che si fossero presentati in più di cento sarebbe stato un successo imprevedibile, o no? E se in quella riunione, declinando ciascuno le proprie generalità, tutti e cento avessero risposto alle questioni, non si sarebbe trattato di qualcosa di più indicativo della non partecipazione di quasi tutti i presidenti e direttori di parchi al convegno di Portonovo?
Sai, io non sono docente universitario.
Non mi ero proposto di disegnare un quadro statisticamente inattaccabile. Per questo ho chiesto il tuo aiuto. Anzi, non per questo. Ho chiesto il tuo aiuto nella speranza che i tuoi collaudati saperi accademici mettessero una o più pezze di stoffa pregiata ai difetti di una indagine che nasceva sotto il segno (esplicitamente dichiarato) del dilettantismo. Tu chiami tutto questo "suggestione". Chiamiamola, se vuoi, suggestione, come avrebbe cantato il Battisti. Personalmente avrei preferito che da quei "materiali piuttosto poveri" fosse uscito qualcosa di riassuntivo, da far circolare come le risultanze di una ipotetica riunione molto frequentata e molto impegnata nel rispondere ai temi posti nella relazione. Con i tempi che corrono, eviterei di scartare grasso, quando qualcuno si espone a mettere per iscritto le proprie opinioni, firmando a piè di pagina. Ma forse sbaglio. Sui "punti emergenti" ho meno da dirti, in quanto ciascuno ha diritto alle sue opinioni. Condivido il tuo ragionamento sulle cosiddette "esperienze". Condivido molto quello sche scrivi sulle foto.
Hai visto che già dal numero scorso qualcosa sta accadendo. Ma tu affermi una linea di uso delle foto che è una "terza via" tra la natura in vetrina e l'invasione dei mezzi busti, che mi pare davvero - come tu scrivi - il modo di tradurre in fotografichese la filosofia dei nostri padri fondatori e pellegrini.
Non sarà facile farlo, come non è facile trovare questa rifoma (in apparenza quasi banale) né nei giornali prodotti dai parchi, né nei celebri libri fotografici che imperversano in ogni cerimonia e in ogni centro visite. Rimbocchiamoci le maniche e cominciamo a metterci, anche in questo caso, dalla parte della soluzione del problema, con la pazienza della volontà.
Quella che definisci "fronda antipolitica" potrebbe essere ciò che tu scrivi. La materia è delicata e assai complicata. Varrebbe forse la pena di dedicarci un forum sul sito internet, o una giornata a Gargnano.
Di primo acchito e con tutte le riserve del caso, a me sembra piuttosto che noi scontiamo il modo con il quale una rivista di una associazione finisce per voler dare conto con la massima evidenza delle posizioni della associazione medesima. L'eccesso di politicizzazione che i questionari lamentano in questo caso potrebbe equivalere ad eccesso di posizionamento tra linee che si confrontano tra le associazioni e gli stessi partiti e movimenti.
Ma, te lo ripeto, occorrerebbe un vero approfondimento, anche per capire se la modernizzazione della rivista "Parchi" dovrà passare per una più diretta ed esplicita presenza di presidenti e direttori e quindi dell'immagine della Federparchi, oppure da uno smarcamento della funzione giornalistica da quella di rappresentanza della corporazione.
In ogni caso trovo giusta la tua critica al "parlare di politica in termini di principi e schieramenti, dimenticando la verifica degli effetti sul piano sociale ed ambientale delle scelte politiche".
Infine l'integrazione tra gli strumenti di comunicazione: è già una prospettiva matura? Si può veramente spingere a fondo il pedale di questo ulteriore apparente uovo di Colombo, nel nostro particolare caso? Io sono molto scettico, anche se nei fatti lo sto facendo. E il dibattito di Portonovo non mi ha aiutato ad esserlo meno. Tuttavia la necessità storica (posto che il concetto corrisponda a qualcosa di reale) lo vuole. Proviamoci con convinzione.

Grazie, e molte cordialità anche a te,
Mariano Guzzini