Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 33 - GIUGNO 2001


IL CASO DEL PARCO DELL'ARCIPELAGO TOSCANO
di Francesco Silvestri, Andrea Caldelli, Vincenzo Barone*
  L'Arcipelago Toscano è formato da sette isole: Elba, Pianosa, Capraia, Gorgona e Montecristo nella provincia di Livorno, Giannutri e Giglio in quella di Grosseto. Ogni isola ha una storia particolare che, in passato, ne ha indirizzato sviluppo e vocazioni in maniera indipendente dalle altre. Gli stessi collegamenti tra le isole dell'Arcipelago, complici le distanze che le dividono, sono limitati.
Delle sette isole dell'Arcipelago, le uniche ad avere una popolazione residente di una certa consistenza per tutta la durata dell'anno sono l'isola d'Elba (circa 30.000 residenti) e l'isola del Giglio (1.400 abitanti); a queste vanno aggiunte Capraia, che conta circa 300 residenti, di cui appena 180 effettivi, e Giannutri, isola con nove residenti in tutto.
Queste isole vedono crescere la propria popolazione presente in estate; nel caso delle due isole maggiori l'afflusso disordinato di turisti genera forti impatti sull'equilibrio dell'eco-sistema locale.
Le tre restanti isole sono praticamente disabitate: Gorgona è sede di un carcere; Pianosa ha visto trasferirsi i pochi residenti rimasti in seguito alla chiusura del carcere di massima sicurezza, avvenuta in forma definitiva alla fine del 1996; Montecristo è sottoposta a rigida tutela scientifica ed è abitata dai soli guardiani.
L'attività prevalente delle isole dell'Arcipelago Toscano, con l'esclusione di Gorgona, Montecristo e Pianosa, è senza dubbio il turismo balneare.
L'isola d'Elba, con due milioni di presenze ufficiali, che secondo alcune stime raggiungerebbero una dimensione effettiva di tre volte superiori, è quella maggiormente soggetta a fruizione turistica; l'isola del Giglio vede aumentare la propria popolazione in estate di 15-20 volte; Giannutri e Capraia scontano la carenza di strutture ricettive (del tutto assenti a Giannutri) e sono pertanto oggetto di un turismo di seconde case o di passaggio; anche in questo modo, tuttavia, gli arrivi raggiungono le 3-4.000 unità.
In linea di massima, il turismo nell'Arcipelago Toscano è di livello medio-alto, sebbene non manchi, soprattutto in agosto, un turismo più giovane e con una capacità di spesa inferiore. Rispetto agli italiani, il turismo estero pare più attento ad una offerta articolata, comprensiva di attività sportive e culturali e non limitata alla sola fruizione balneare. Si può affermare che il turismo nell'Arcipelago ha goduto fino ad ora di una rendita di posizione - conseguente principalmente alla ricchezza del patrimonio naturale - che ha ritardato di fatto qualsiasi tipo di programmazione; oggi la specializzazione balneare si sta trasformando da elemento di forza a fattore di debolezza: il servizio offerto ha assunto ormai le caratteristiche del prodotto maturo e necessita di diversificazione e riqualificazione per non subire la concorrenza di altre aree a costi inferiori o incorrere nel rifiuto da parte di una domanda sempre più attenta allo standard del servizio offerto.
Le ultime stagioni turistiche hanno evidenziato i pericoli della prosecuzione dell'attuale modello di offerta per l'Arcipelago Toscano: agli aspetti positivi rappresentati dall'incremento di arrivi e presenze, si contrappongono l'aumento della congestione e dell'impatto sulle risorse naturali e la contrazione del fatturato registrato dai ristoranti, a testimonianza della ridotta propensione alla spesa dei visitatori. Tutto ciò fa temere l'ulteriore massificazione e "residenzializzazione" del turismo, con conseguente abbassamento della qualità della vacanza e riduzione nel lungo periodo del valore aggiunto prodotto. Tale pericolo è particolarmente grave se si considera che tra i motivi che spiegano il notevole aumento delle presenze turistiche sono espressamente segnalati l'inserimento di alcune località balneari dell'Arcipelago nella classifica di qualità redatta da Legambiente ed il ritorno di immagine prodotto dal consolidamento del Parco nazionale.
Nell'Arcipelago Toscano, il modello turistico monosettoriale incentrato sulla fruizione balneare genera, oltre alle menzionate conseguenze di congestione ed impoverimento delle risorse, rilevanti problemi sulla realtà sociale della popolazione locale, in particolare di quella giovanile. L'esistenza della grande opportunità del lavoro stagionale nel settore turistico, uno dei fattori di reddito più importanti per i giovani dell'Arcipelago, rappresenta per alcuni versi un grave limite alle possibilità di crescita socio-economica del territorio. I giovani del luogo, infatti, si trovano nella condizione di guadagnare nei tre mesi estivi quasi quanto necessario per vivere per tutto l'anno, non di rado grazie ad occupazioni irregolari; ciò implica scarsa iniziativa imprenditoriale e disincentiva la riqualificazione della forza lavoro. Si innesca così un circolo vizioso difficile da interrompere: la possibilità di trovare occupazioni stagionali scoraggia la ricerca di nuove mansioni e di percorsi di crescita professionale alternativi, ma la scarsa qualificazione che consegue da questa scelta comporta l'accesso quasi esclusivo a occupazioni poco soddisfacenti, precarie o stagionali e la scarsa propensione al rischio di impresa; non è un caso, allora, che la maggioranza delle iniziative imprenditoriali localizzate nell'isola sia detenuta da non residenti.
Dal 1996 l'Arcipelago Toscano ha conosciuto l'istituzione del parco nazionale, su una superficie complessiva di 18.000 ettari di terra e 60.000 ettari di mare, diventando così il parco marino più vasto d'Europa. Destino comune di molti parchi nel nostro paese è di conoscere nella loro fase di istituzione e consolidamento una forte opposizione da parte della popolazione residente.
Il Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano non ha rappresentato un'eccezione in questo senso: coloro che sono portatori di forti interessi localizzati nelle isole, in particolare Elba e Giglio, hanno avuto il timore che l'introduzione di vincoli per la conservazione della natura implicasse limiti stringenti di utilizzo del territorio a fini turistici. All'isola d'Elba furono raccolte nel giro di pochi giorni ben 5.000 firme di opposizione alla nascita del parco, mentre l'Associazione Albergatori, senza dubbio uno degli organismi più potenti dell'isola, presentava ricorso al TAR contro la sua istituzione; al Giglio il "fronte del no", che contava tra le proprie fila sindaco e autorità locali, riuscì a limitare l'area protetta a meno di metà della superficie dell'isola.
Con il tempo, tuttavia, la scelta dell'Ente di gestione di porsi come interlocutore verso le varie categorie economiche e sociali dell'area, la sua capacità di mediazione dei conflitti e l'effettivo riscontro che il parco non rappresentava un ostacolo al turismo, ma un ulteriore fattore di richiamo e valorizzazione dell'area, ha fatto sì che l'aperta ostilità sia progressivamente diminuita. Se oggi la popolazione residente mostra più accettazione che consenso, non altrettanto si può dire degli stessi albergatori, sempre più convinti sostenitori delle iniziative del parco. Non a caso, nel giugno del 1999 l'associazione di categoria ha ritirato il proprio ricorso al TAR.
Dalla disamina dell'attuale modello di fruizione turistica dell'Arcipelago Toscano e dalla considerazione delle opportunità legate all'istituzione del parco nazionale emergono alcuni spunti di riflessione: l'incipiente massificazione, con gli effetti di congestione ed eccesso di carico antropico sul territorio che questa comporta, e i primi sintomi di maturità del prodotto "vacanza balneare", hanno richiamato l'attenzione sulla necessità di diversificazione e riqualificazione dell'offerta turistica nell'area: le APT competenti mostrano la volontà di puntare sull'allungamento della stagione, grazie allo sviluppo dell'offerta di servizi per il turismo sportivo (vela, free climbing, canoa, mountain bike), attualmente deficitaria, e sul richiamo di visitatori da bacini di provenienza ancora inesplorati quali quelli dell'Est Europa. Minore appare il loro interesse verso altri segmenti turistici, quali quello verde, ritenendo che quest'ultimo non rappresenti un segmento di dimensioni tali da giustificare una programmazione dedicata.
L'aspetto ambientale, allora, è visto come una componente in più di attrazione e qualificazione della vacanza nell'Arcipelago Toscano, ma non come un fattore capace di assumere individualmente dignità di prodotto turistico. Il turismo verde - vale a dire quel tipo di turismo attento alla fruizione del patrimonio ambientale come attività prevalente (turismo escursionistico), come attività complementare alla fruizione balneare (turismo ricreativo) o per fini didattici (turismo scolastico) - frequenta già con una certa assiduità le isole dell'Arcipelago Toscano: sono in crescita, seppure ancora decisamente rari, i flussi di turisti interessati specificatamente alla fruizione escursionistica del territorio in primavera ed autunno; il numero di scolari e studenti che nel 1999 ha scelto l'Arcipelago come metà di escursione didattica o della gita annuale è stimabile per difetto attorno alle 5.000 unità, cifra di assoluta rilevanza, soprattutto se si considera che tutte le visite si concentrano nei soli mesi di aprile e maggio.
L'attenzione crescente per la sostenibilità della vacanza e per la fruizione naturalistica ha fatto sì che il lato dell'offerta si attrezzasse in questo senso: oltre al consolidamento dell'attività dei centri di servizi per il turismo verde - attività che va dal semplice noleggio di equipaggiamenti per l'escursionismo ed il turismo sportivo all'offerta di pacchetti sempre più completi ed articolati per gruppi, scuole e soggetti individuali - si registra allora un aumento del numero di strutture ricettive che adottano criteri di gestione ecologica e che sono in grado di indirizzare i propri ospiti verso iniziative di fruizione delle bellezze naturali locali. L'Associazione Albergatori dell'Isola d'Elba, in particolare, si segnala per una nuova considerazione dell'ambiente, nella consapevolezza, oggi raggiunta, che la valorizzazione del patrimonio naturale rappresenti la risorsa fondamentale su cui puntare per la qualificazione e la rivitalizzazione del prodotto turistico dell'Arcipelago 27. In conclusione, si può dunque affermare che il modello di sviluppo turistico attualmente perseguito nelle isole maggiori dell'Arcipelago Toscano inizia a mostrare i segni della crisi: congestione degli spazi e massificazione dei flussi comportano sempre più evidenti pericoli di insostenibilità ambientale nei periodi di picco stagionale -con problemi di approvvigionamento idrico, smaltimento dei rifiuti ed esplosione del traffico sulle strade - e di richiamo di un turismo di ridotta capacità di spesa. Affinché tale situazione non si autoalimenti, provocando la crisi del settore produttivo di gran lunga più importante dell'area, è necessario compiere quanto prima scelte in qualche modo coraggiose, volte alla decongestione dei flussi, alla destagionalizzazione e all'allungamento del periodo turistico.
La destagionalizzazione e la decongestione, soprattutto se attuate tramite politiche di spostamento temporale nel primo caso e di contingentamento dei flussi nel secondo, implicano scelte ben precise di selezione della domanda turistica, con maggiore attenzione al livello dei visitatori a scapito della loro quantità. Ma tali scelte comportano profondi interventi di adeguamento sul sistema turistico locale nel suo complesso, attualmente deficitario sia per il numero di servizi offerti che, in parte, per loro qualità.
Un altro punto su cui intervenire con forza è la promozione del sistema integrato. Nell'ottica del turismo verde il prodotto, l'oggetto del marketing, deve essere il territorio nel suo complesso; è questo un prodotto che comprende al suo interno un patrimonio ambientale da fruire, itinerari, servizi di offerta, informazione, specificità culturale e così via. Mettere in atto una strategia integrata di crescita turistica, significa lavorare per stimolare la nascita di reti di soggetti e favorire lo sviluppo di strategie di collaborazione. Questo è vero tanto per gli operatori di sistema, molto spesso concentrati su singoli aspetti del turismo o singole parti del territorio, quanto per gli operatori privati, ancora rivolti a forme turistiche tradizionali e ormai mature.
Il ruolo dell'ente parco in questo processo è particolarmente delicato.
Esso non è il soggetto preposto alla programmazione turistica, in quanto non dispone dell'autorità e delle competenze per assolvere a questo compito.
Tuttavia il parco può svolgere il ruolo di animatore e di promotore, innanzi tutto in relazione alle opportunità esistenti, attraverso il consolidamento delle reti di relazioni tra operatori locali e residenti; esso, inoltre, può rappresentare un importante "marchio di garanzia" per la qualità e la sostenibilità del turismo nell'area.
I parchi marini presentano caratteristiche e necessità peculiari rispetto alle altre tipologie di area protetta.
Questi, istituiti di solito per difendere un patrimonio sottomarino di grande ricchezza e molto delicato dal punto di vista ambientale, rappresentano strumenti di tutela piuttosto che di sostegno allo sviluppo locale.
Anche per questo motivo, le iniziative di fruizione previste al loro interno sono rare, quando non addirittura inesistenti.
A ben vedere, invece, la fruizione turistica è un'attività che non presenta, quando regolata, alcuna controindicazione per la missione di tutela propria dei parchi marini. Il segmento della fruizione sottomarina, che prevede attività quali il diving e lo snorke ling è in decisa crescita; a testimonianza di questo andamento, sono emerse sul mercato turistico internazionale alcune località specializzate nell'offerta di servizi per il settore. La stessa dinamica è riscontrabile in Italia, dove proliferano i corsi di immersione e sono sempre più diffuse le vacanze, di solito limitate al solo fine settimana, indirizzate alla fruizione del patrimonio naturale dei fondali marini.
Proprio l'Arcipelago Toscano è una delle mete preferite, soprattutto in primavera e all'inizio della stagione estiva, di club e gruppi di appassionati di diving, tant'è che vi sono localizzati numerosi centri e scuole di immersione: undici all'isola d'Elba uno a Capraia, sei all'isola del Giglio e due a Giannutri, queste ultime sedi stabili distaccate di diving club di Roma e Bologna. A Capraia e a Giannutri lo stesso parco ha in corso di realizzazione alcuni "sentieri blu", percorsi sottomarini di fruizione guidata.
Una realtà di parco marino che mostra un buon equilibrio tra conservazione e possibilità di fruizione, è dato dal Parco nazionale dell'isola di Port Cros, nel Mediterraneo francese. L'area di Port Cros è molto nota agli appassionati di immersione francesi, che la frequentano tutto l'anno (in una vasta parte del parco marino, tuttavia, le immersioni sono vietate nel periodo estivo).
Inoltre, nella zona di mare prospiciente alla spiaggia de La Palud, l'ente di gestione del parco ha organizzato due iniziative: la prima, che ha luogo da giugno a settembre ogni giorno, consiste in una visita con una guida esperta del "sentiero sottomarino" individuato dal parco stesso; la visita, della durata di circa mezz'ora, si ripete dalle 10 del mattino alle 16 del pomeriggio.
La seconda iniziativa, realizzata da aprile a novembre, consiste invece nell'immersione con un battello a tenuta stagna (lo "Aquascope") alla scoperta delle bellezze dei fondali. Entrambe le iniziative, realizzate con il beneplacito dell'ente parco e tenendone sotto stretto controllo l'impatto ambientale, hanno conosciuto un notevole riscontro da parte di visitatori e turisti.
L'esempio di Port Cros rappresenta un valido esempio delle potenzialità di sviluppo di attività turistiche compatibili all'interno dei parchi marini.
L'apertura di queste aree a forme di fruizione come quelle descritte non deve destare eccessive preoccupazioni: innanzitutto, gli appassionati di immersione sono, in genere, fruitori consapevoli, il cui comportamento è altamente rispettoso dell'ambiente in cui ha luogo l'escursione; inoltre, un'attività di questo tipo risulta più facilmente controllabile e, quando è il caso, limitabile rispetto alle attività di fruizione standard che avvengono sulla terra ferma. A ciò va aggiunto, infine, che questo è un segmento turistico ad alta capacità di spesa, visto il carattere specialistico dei servizi richiesti. La realizzazione di percorsi blu e lo stimolo alla nascita di iniziative di fruizione nei parchi marini, pertanto, possono rappresentare un utile strumento per fare sì che le aree costiere o insulari sensibili conoscano una frequentazione a basso impatto e non distruttiva da parte di turisti ed appassionati.

* ECO&ECO,
Economia ed Ecologia srl, Bologna