Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 35 - FEBBRAIO 2002


I PARCHI IN ITALIA E NEL SUD
A DIECI ANNI DALLA LEGGE QUADRO
Ma le norme per la gestione sono obsolete
* Direttore Parco nazionale del Pollino
È in corso a livello nazionale una riflessione sull'applicazione della legge quadro sulle aree protette, la legge n.394/1991, e sui suoi risultati dieci anni dopo. La sfida del 10% del territorio nazionale sottoposto a protezione, lanciata a Camerino nel 1980, è stata vinta; ciononostante aleggia nei dibattiti di questi giorni un forte disagio tra tutti gli addetti ai lavori perché, con l'applicazione della legge quadro, il passaggio dalle politiche di tutela alle politiche di gestione della tutela non è avvenuto , o non è avvenuto completamente.
Dopo essersi attardati lungamente in modo parziale e a volte soltanto strumentale a constatare gli effetti, spesso con lo spirito di chi ha molta abilità nel creare effetti senza rendersi conto che gli mancano i fatti, la Conferenza Nazionale, prevista per il 2002, potrebbe andare alla individuazione, finalmente, delle cause.
La legge quadro, avviando il processo di istituzione e gestione delle aree naturali protette, si è posto l'obiettivo di creare uno speciale regime di tutela e di gestione per realizzare in quei territori la conservazione attiva e lo sviluppo durevole.
La missione di incommensurabile valore culturale, scientifico, sociale ed economico è fortemente innovativa rispetto alle tradizionali politiche di governo del territorio, ma è sorretta, proprio nella parte che deve ordinare la gestione, da un impianto normativo obsoleto, fortemente penalizzante rispetto alle esigenze di efficacia, efficienza ed economicità di una pubblica amministrazione che non ha solo il compito di erogare servizi e di qualificarsi per questi, ma di garantire anche la protezione della natura e lo sviluppo durevole per l'uomo che vi abita e di certificare la sua gestione ambientale.
Sono tutti convinti oramai che bisogna snellire la legge, rompendo certe procedure paralizzanti che fanno nascondere le cosiddette burocrazie dietro alibi difficili poi da riconoscere e rimuovere o sconfiggere.
Bisogna anche ricollocare finalmente le comunità locali al centro dei processi decisionali, per consentire loro, attraverso una partecipazione "a monte", di responsabilizzarsi e di responsabilizzare su un progetto condiviso ed assentito di conservazione, tutela e valorizzazione delle proprie aree protette.
E' importante, in proposito, la indicazione, venuta dagli intervenuti al dibattito avviato, di "puntare sulla formazione di personale altamente qualificato" per fare con il parco di un luogo di qualità una istituzione di eccellenza.
Ed è importante, in tale prospettiva, dare finalmente un ruolo alla gestione distinta dagli indirizzi politici e dai controlli, sottraendo la dirigenza tecnica alla attuale condizione di minorità e di subalternità che serve solo per alimentare gli alibi degli incompetenti e degli incapaci.

Abbiamo grande bisogno di una dirigenza tecnica dotata di un forte senso etico nell'esercizio delle proprie funzioni e nell'assunzione delle proprie responsabilità, capace di garantire una gestione misurabile in termini di correttezza, di trasparenza, di procedure regolari e di risultati, dando così doveroso riscontro ai programmi, ai progetti, agli indirizzi forniti dalla dirigenza politica.
Non è semplicemente l'amore per la natura, l'amicizia per i parchi, che fa una buona gestione.
Senza spessore culturale e scientifico, con il rigore metodologico che tale spessore comporta, senza assunzione di responsabilità, morale prima che materiale, nell'esercizio delle funzioni, senza programmi credibili in termini di obiettivi, di risorse umane, strumentali e finanziarie, di verifiche, controlli e valutazione dei risultati, nessun ente, tantomeno un ente parco, saprà difendere né la natura, né i valori sociali, culturali e scientifici, né la razionalità, la più debole e la più fragile, la più esposta all'incompetenza, alla presunzione, alla strumentalizzazione.
Tale spessore conta nella missione del parco, perché produce indagine, si pone interrogativi, ha dubbio, è umile; non ostenta certezza, non fa arroganza, tanto meno improvvisazione.
Con i dubbi e gli interrogativi si può aiutare, in questa fase particolare dei parchi, che può essere di crescita, ben oltre l'età di dieci anni che hanno, e di maturità, a comprendere i limiti, le devianze, le cause della difficoltà di superare la sproporzione tra la "iperattività" promozionale e la "ipoattività" organizzativa e gestionale; si può, altresì, aiutare a comprendere che il superamento delle difficoltà non passa attraverso né le semplificazioni, né le scorciatoie, a cominciare dai parchi del sud, il cui malessere nella gestione non può essere nascosta, perché ammorberebbe quella sfida del 10% per la quale molti, per lunghi decenni, si sono battuti.
E se il malessere non sta nella gestione politica, ma nella gestione tecnica è bene che i parchi del sud mandino a casa i loro direttori.
Io parlo ovviamente per il Pollino, di cui sono oggi direttore, e ricordo a me stesso e a chi vuole avere l'amabilità di leggermi, un mio documento del 25 giugno 1993, pubblicato sul n. 84 - 1993/2 della rivista italo-albanese di cultura e attualità "Katundi Yne": "Date le dimensioni territoriali, data la composizione degli Organi, il loro ruolo, le loro funzioni, il loro potere, data la natura, i compiti e le procedure degli strumenti di gestione, dati i ritardi e i comportamenti omissivi, fin qui registrati, dati i conflitti di competenza che insorgeranno sul piano non solo politico ma anche giuridico-istituzionale, data, infine, la mentalità, la cultura, i pregiudizi di chi sta monopolizzando le scelte, che in questi giorni si stanno compiendo in danno delle popolazioni del Pollino e delle loro più elementari e legittime aspettative, tra le quali quella di vedersi riconosciuta la storia di vera protagonista del parco, è più che probabile che il parco nazionale, come già il Parco Regionale in Basilicata, non funzionerà mai e la mancata gestione finirà per tradire non solo il bisogno di sviluppo dell'uomo, ma anche il dovere di tutela della natura".
Per opinioni come queste qualcuno, nel 1995, mi ha candidato a ricoprire il posto di direttore dei giardini comunali; oggi rischio addirittura di diventare uno dei "nemici della politica dei parchi".