Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 35 - FEBBRAIO 2002


DOPO ALPI E APE E' L'ORA DI CIP
Tre progetti di sistema ormai maturi
In questi ultimi anni sono andati via via definendosi e prendendo corpo anche con ‘riconoscimenti' normativi due grandi aree di programmazione, le Alpi e APE.
Esse sono diventate, seppure con qualche lentezza e fatica, due punti di riferimento essenziali anche per il sistema delle aree protette. La Convenzione delle Alpi ha impiegato molto tempo prima di tagliare il traguardo parlamentare, tanto che il nostro paese è arrivato tra gli ultimi.
E neppure l'insediamento della segreteria ha finora impresso, per la verità, ritmi e cadenze soddisfacenti al lavoro.
Ma le premesse sono state create.
Anche per APE le cose non hanno camminato con la speditezza dovuta nonostante l'impegno di alcune regioni e le (modeste) risorse messe a disposizione. Ma anche qui sarebbe ormai difficile tornare indietro.
Se dunque le nostre montagne alpine e appenniniche e con loro i parchi vecchi e nuovi, grandi e piccoli che vi operano possono contare su validi punti di riferimento ‘nazionali', non altrettanto si può dire per le nostre coste.
Eppure una legge dell'82 prevedeva un piano delle coste ed anche la istituzione di un buon numero di aree protette marine. Nè quella legge e purtroppo neppure la legge 394 sono però riuscite finora a smuovere le acque nella giusta maniera.
Se per le aree interne quindi sono state poste valide basi per un lavoro di lunga lena, imperniato sulla cooperazione istituzionale, per quelle costiere le cose vanno ancora a rilento nonostante l'incarico affidato all'ENEA per la stesura di un piano per le coste.
A fronte di questa situazione già qualche anno fa, per iniziativa soprattutto del Parco del Conero insieme ad altri parchi costieri sia dell'Adriatico che del Tirreno e con la collaborazione di associazioni varie - in particolare Legaambiente- mettemmo mano ad un progetto denominato CIP (coste italiane protette).
Attraverso una serie diversificata di iniziative, di documenti e pubblicazioni in alcuni anni siamo riusciti a definire una ipotesi di lavoro, a delineare un percorso che ha avuto recentemente un suo momento particolarmente significativo nel seminario di Pesaro (ottobre 2001) in cui è stato presentato e discusso anche il volume dedicato al tema della ‘Gestione integrata delle coste e il ruolo delle aree protette marino costiere' (edito dal CIP) al quale hanno contribuito numerosi esperti tra i più qualificati della materia.
A Pesaro, dopo la firma del protocollo di intesa tra le Federazione dei parchi, la Regione Marche e il coordinamento marchigiano dei parchi, abbiamo posto definitivamente le basi di un lavoro che ha ormai trovato un suo preciso binario come testimoniano le adesioni di alcune regioni, Sicilia e Toscana, a cui dovrebbero seguirne presto altre. La novità sicuramente più rilevante e peculiare di CIP sta nel fatto che, a differenza degli altri progetti d'area, questo muove specificamente dalle aree protette. Sono stati i parchi, infatti, a farsi carico inizialmente di una idea che ovviamente non riguarda esclusivamente le aree protette, che prende le mosse però dalla consapevolezza che una efficace politica di protezione marino-costiera non può prescindere dal loro impegno e ruolo.
E' chiaro che si tratta di una vera e propria scommessa specialmente se si considera - come si deve - che in questo settore, nonostante i ripetuti e sempre più frequenti stimoli comunitari, le cose da noi continuano a non andare bene. Intanto finora è mancato sia agli appuntamenti di CIP che alle altre iniziative analoghe e comunque riguardanti questo variegato comparto (vedi Seminario su Santuario dei cetacei promosso dal Centro Studi della Liguria) qualsiasi partecipazione e apporto ministeriale.
Le ragioni di questa ormai ‘regolare' assenza ministeriale rimangono un mistero, di certo costituiscono un comportamento oggettivamente sabotatorio assolutamente inspiegabile e soprattutto ingiustificabile.
Non crediamo vi sia nessun comparto ministeriale, per quanto gravemente affetto da ‘centralismo' che come quello del mare abbia in questi anni mostrato tanta ottusità.
Resa ancor più censurabile dai ripetuti tentativi di ricercare penose giustificazioni di ordine ‘politico' o ‘istituzionale' a fronte di iniziative che fanno obbligo a qualsiasi ufficio ministeriale di non rifiutare la propria partecipazione e collaborazione.
Tutto ciò evidentemente non poteva non rendere più difficili le cose perché un progetto che riguardi le aree marino costiere non può naturalmente prescindere dalle responsabilità, l'iniziativa, l'impegno ministeriale che si è di fatto esaurito in occasionali , scontate e velleitarie dichiarazioni di ‘rilancio' di un settore che dopo venti anni dalla prima legge è praticamente ancora in panne.
Né gli ha giovato finora la pur prevista e opportuna collocazione degli uffici preposti alla gestione marina presso il ministero dell'ambiente e non più sotto il tetto della Marina mercantile.
Inutile dire che dopo tanta colpevole latitanza ci auguriamo che qualcosa cambi in modo da raccordare il lavoro positivamente avviato e sostenuto di molte istituzioni con le strutture ministeriali. E ciò sia per l'ovvia ragione che il ministero è ‘titolare' istituzionale e politico fondamentale anche se non esclusivo, degli interventi che debbono essere effettuati sulla costa sia perché questi interventi e misure debbono sempre più essere connesse e raccordate con le politiche comunitarie.
Le cronache di stampa anche in questi ultimi tempi ci informano che ora in Sardegna a S.Teodoro, ora nelle Marche per il Piceno, ora in Sicilia in diverse aree si stanno prendendo importanti decisioni, spesso tra aspre polemiche, riguardanti alcune aree marine. Tra gli altri elementi che colpiscono anche dalle scarne notizie di stampa è che per quanto riguarda le soluzioni gestionali si viaggia a ‘vista', sulla base di ipotesi che raramente vedono coinvolte tutte le istituzioni dal Comune alla Regione allo Stato. Permane una notevole ‘confusione' accresciuta dalla mancanza di un dibattito aperto e pubblico che impegni nelle sedi giuste tutti i soggetti interessati.
Anche il ministero non può continuare ad agire e decidere alla giornata a seconda di quel che nelle varie realtà passa il convento.
Per le aree protette marine- lo ripetiamo per l'ennesima volta- è necessaria la stessa coerenza politica e istituzionale che ha consentito in questi dieci anni, senza improvvisazioni, di costruire un solido sistema di parchi terrestri.
CIP vuole contribuire a che, dopo dieci anni (anzi venti), anche le aree protette marino costiere escano da una stato di mortificante minorità.
E questo richiede l'impegno di tutti a cominciare dal ministero.