Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 36 - GIUGNO 2002


PIANO PER IL PARCO E PIANO REGOLATORE COMUNALE: LA RICERCA DI UN DIALOGO

di Attilia Peano*
  Intervento svolto al Convegno nazionale INU Marche

1. Due piani, diversi per obiettivi, contenuti, scala, soggetti competenti, sovrapposti sullo stesso territorio o strettamente contigui

Piano per il parco

  • un piano speciale
  • insieme naturalistico, territoriale e paesistico (come appare dai contenuti della l. 394/91 e come peraltro viene fatto nella maggior parte dei paesi europei)
  • di scala vasta
  • di competenza dell'ente parco (ente ad hoc), anche se la l.426/98 ha attribuito alla Comunità del parco (cui parte cipano i sindaci dei comuni il cui territorio é compreso nel parco) la partecipazione alla definizione dei criteri del piano e l'espressione del parere sul piano stesso
  • obbiettivo primario - la tutela dei valori naturali e ambien- tali, storici, culturali, antropologici e tradizionali, cui si aggiungono (come emerge dai contenuti della stessa l. 394)
    la fruizione pubblica (percorsi, accessi e strutture di servi- zio) lo sviluppo economico e sociale delle collettività loca- li (aree di promozione economica e sociale).
  • Sostitutivo di ogni altro strumento di pianificazione e immediatamente vincolante per le amministrazioni e i
    privati (art. 12 L. 394/91)

Piano regolatore comunale

  • un piano del governo ordinario del territorio
  • urbanistico (organizzazione degli usi del suolo)
  • di scala locale
  • di competenza del comune, ente elettivo il più vicino ai
    cittadini
  • obbiettivo primario - definire usi del suolo e i diritti delle aree, anche se i suoi contenuti trovano riferimento in poli- tiche economiche, sociali e più recentemente anche ambientali e se, nelle regioni con legislazione urbanistica riformata, il piano è diviso nella parte strutturale (organiz- zazione del territorio) e nella parte operativa (regolazione dell'uso del suolo).

2. Rapporti tra i due piani

Aree del Parco
Per le aree comprese nel Parco, il primo sostituisce il secondo, e il comune é tenuto a rispettarlo, riservando le proprie competenze unicamente alle aree esterne.
Una soluzione, quella della legge, molto netta e schematica, ma di difficile o impossibile praticabilità, non solo per ragioni politiche, ma tecniche:

  • differenza di scala il piano del parco é in sostanza sia un piano strutturale per la tutela e l'organizzazione del territorio che un piano rego- lativo rivolto alla gestione che però in genere non scende alla scala della progettazione urbanistica dell'abitato previ- sta e richiesta per il PRG nelle scale 1:2000, 1:1000.
  • differenze di obbiettivi e contenuti
    Il piano del parco si occupa principalmente della conserva zione delle risorse naturali e paesistiche, degli indirizzi per la gestione, della valorizzazione del patrimonio, delle misure cioè necessarie a fornire all'area la speciale protezione che ne ha motivato l'istituzione; il piano regolatore è rivolto principalmente allo sviluppo e all'organizzazione del territo- rio, compresa la tutela ordinaria delle risorse e degli spazi naturali e culturali. Sembra dunque difficile o impossibile che il piano del parco possa completamente sostituirsi al PRG.

Contesto del parco
D'altra parte, i comuni restano completamente liberi per le aree esterne contigue al parco, spesso individuandole come aree di compensazione delle limitazioni poste ai territori inseriti nel parco.
E ciò contrasta con l'esigenza di un rapporto sinergico tra parco e contesto, per ragioni:

  • ecologiche
    nel nostro paese si tratta in genere di parchi di piccola dimensione, inseriti in contesti antropizzati, la cui tutela si rivela inefficace (come dimostra la continua perdita di bio diversità anche nelle aree protette) a causa della frammen tazione e dell'isolamento di habitat e specie, e come dimo strano i problemi di degrado e inquinamento, di gestione faunistica, di manutenzione dei paesaggi culturali.
    Da questa constatazione è nata la proposta europea di costruzione delle reti ecologiche, che ha trovato in Natura 2000 il suo principale riferimento operativo istituzionale.

  • fruitive
    lo stesso progetto di fruizione sociale del parco, che costi tuisce un contenuto del piano in aderenza ad uno dei suoi principali obiettivi, non può prescindere da un'organizza zione che coinvolga il territorio esterno in un disegno com- plessivo, di cui il parco è parte e parti sono i centri storici, i villaggi, i paesaggi, i servizi, le comunicazioni e gli acces- si. Tra i principali problemi non risolvibili senza un coin- volgimento del contesto si possono citare: la regolazione dei flussi turistici, l'organizzazione delle infrastrutture di accesso e dei servizi per i visitatori.

  • di sviluppo locale
    similmente un progetto di sviluppo locale non può limi- tarsi al parco, anche se esso rappresenta un vantaggio com- petitivo dell'ambiente locale, ma valorizzarlo come una risorsa da immettere in un circuito di valori e di opportu- nità diversificate.
    La separazione tra parco e contesto impedisce inoltre il per seguimento sia di una politica di sistema delle aree protet- te, l'unica che possa guardare agli obbiettivi della conser- vazione della natura e della biodiversità, sia di una politica di sviluppo sostenibile dell'intero territorio, (che coniughi conservazione e sviluppo) come previsto dagli orientamen- ti internazionali. (Rio de Janeiro 1992, Iucn Parks for life 1992). La stessa Iucn riconosce che le strategie di valoriz- zazione delle aree protette devono fondarsi sulla coopera zione dei soggetti e livelli istituzionali.
    Tutto ciò dimostra che parco e contesto, e in primo luogo i comuni devono ricercare un dialogo, per concertare sia le politiche di tutela che quelle di sviluppo.
    Queste ultime, in particolare, per il parco e il contesto, sono affidate ad uno strumento separato, che la legge 426/98 ha almeno reso contestuale con il piano del parco: il piano pluriennale economico e sociale della Comunità del parco.
    Anche questo piano programmatico presenta strette relazioni con i piani comunali, e soprattutto con gli altri strumenti di intervento di più recente istituzione, riuni bili sotto la voce "programmi complessi", orientati a coniugare l'organizzazione fisica del territorio con lo sviluppo locale.
    In sintesi: separare le due questioni:
    cosa possono fare gli uomini per il parco? e cosa può fare il parco per gli uomini?
    sul territorio e negli strumenti si rivela un'operazione contrastante con le stesse finalità dei parchi.

3. Le difficoltà del dialogo volontario
Dunque il dialogo tra i due strumenti si rivela necessario, e nella pratica della pianificazione il dialogo si sviluppa, sia attraverso i contenuti conoscitivi del piano del parco che in genere investono un territorio ben più vasto di quello protetto, tenendo in considerazione le previsioni degli altri strumenti di pianificazione, sia attraverso un dialogo aperto ai diversi attori del territorio e in particolare ai Comuni, finalizzato all'ascolto dei loro bisogni, programmi e attese nei confronti del parco e alla verifica delle proposte di piano nel corso della loro formazione. L'indispensabilità di questo dialogo, al fine di formare un piano condiviso alla cui attuazione concorrono tutti i soggetti coinvolti, e l'utilità in termini di valore aggiunto per lo stesso piano del parco, si sono dimostrate nelle esperienze di pianificazione che ho seguito e ho in corso (parchi nazionali Val Grande e Majella, parchi regionali Nebrodi e Alpi Marittime), così come se ne sono dimostrate le difficoltà organizzative, politiche e tecniche ed è emersa la fragilità del rapporto fondato su base volontaria, sia dal lato del parco, che dal lato dei comuni.

  • dal lato del parco
    • l'esigenza di un rapporto si manifesta con la ricerca spasmodica di consenso degli enti locali, che si traduce nell'accettazione di volontà tra loro incongruenti e soprattutto nella distribuzione a pioggia degli interventi finanziati (prima, durante e dopo il piano) per la fruizione, il patrimonio, il turismo, rischiando di mettere in pericolo anche valori non contrattabili, o di inficiare le politiche di gestione,
      - oppure la fiducia nel potere sostitutivo del piano induce a considerare il dialogo un indebolimento dell'autorità del parco, cosa che non è, ma che invece alimenta conflittualità durature tra parco e comuni.
  • dal lato dei comuni
    • si esprime la resistenza, nelle aree economicamente più forti, a rivedere i propri modelli di sviluppo basati sulla crescita insediativa e sul turismo pesante (infrastrutture, seconde case) o su pratiche agroforestali e zootecniche incompatibili;
    • oppure, nelle aree a forte marginalità economica, si svilup- pa una fiducia smisurata nelle capacità del parco di indur- re sviluppo economico a breve termine e quantitativamen te rilevante, mentre lo sviluppo ambienta le è di piccola scala, di medio-lungo ter mine e di forti sinergie, come dimostrano le esperienze internazionali che hanno con solidato un ruolo economico dei parchi naturali;
    • ne deriva una frammentarietà dell'azione e della partecipazione alla formazione del piano e alla sua gestione e la volontà di indipendenza dall'ambiente e dal contesto funzionale del territorio.

      L'iniziativa volontaria si rivela dunque difficile e poco efficace, incerta nei tempi e nei risultati, sproporzionata agli sforzi compiuti.
      Questo rapporto costituisce oggi un nodo problematico.

4. Orientamenti per il cambiamento, in linea con gli indirizzi internazionali
Ipotesi di cambiamento possono essere configurate sia sul lato della legge 394/91, sia sul lato della legislazione urbanistica.
L'orientamento é quello di introdurre, (invece che la sostitutività del piano del parco su tutti gli altri piani) il principio della concertazione obbligatoria, definendone le procedure e le modalità di svolgimento.
Tale orientamento probabilmente potrebbe essere affermato senza modifiche legislative, con un'interpretazione del dettato della legge che intenda la sostitutività del piano del parco su tutti gli strumenti di pianificazione piuttosto che come atto autoritativo, come esito di una concertazione tra i soggetti coinvolti, definita istituzionalmente nel metodo e nella procedura.
Questo problema, peraltro, si ripropone per i rapporti tra tutte le pianificazioni speciali e quelle ordinarie, aprendo quindi una questione di tipo generale.
Un contributo positivo potrebbe venire anche dalla riforma urbanistica nazionale se, come previsto dalla proposta dell'INU, venisse definita la separazione del piano urbanistico locale nelle due parti strutturale e operativa, come peraltro già é stato fatto da tutte le più recenti leggi urbanistiche regionali.
Ciò consentirebbe di attribuire al solo piano strutturale la funzione di coordinarsi con il piano del parco, lasciando la parte operativa alla piena autonomia comunale.
Questa soluzione potrebbe, da un lato, assicurare il coordinamento concertato tra i due piani, nella componente strutturale e, dall'altro, di lasciare al comune la regolazione degli usi del suolo, in congruità con l'organizzazione strutturale del territorio.

Questo orientamento si allinea con tutti i recenti indirizzi internazionali in tema di aree protette, che auspicano una cogestione del parco e del contesto da parte di tutti i soggetti coinvolti e con le pratiche in uso, formalmente o informalmente, nella maggior parte dei paesi europei, che si richiamano di seguito in sintesi nelle schede con riferimento all'Olanda, alla Gran Bretagna e alla Francia.

*Dipartimento del Territorio-Politecnico di Torino