Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 37 - OTTOBRE 2002


NEL LINGOTTO DEI DESTINI INCROCIATI
Tre giornate vive e vivaci, per condividere saperi e culture diverse, per difendere la biodiversità, tutelare i beni
paesistici e naturalistici, e definire uno sviluppo diverso
Commenti di Mariano Guzzini
Mai sede di un incontro è stata più adatta, più comoda e funzionale, più “simbolica” di quel Lingotto che – passando dalla fabbrica di Matté Trucco allo “scrigno” di Renzo Piano, nel simbolizzare l’intreccio tra la cultura urbanistica e architettonica e il dipanarsi delle storie è oggi il richiamo più forte al ruolo della grande industria in crisi, ed alla necessità impellente di mettere davvero in campo nuove idee per lo sviluppo. Cento, si disse a Catania, nel dicembre del 1998. Ma almeno una, andrebbe subito messa in atto: quella dello sviluppo sostenibile che i parchi e le riserve naturali sperimentano al loro interno affinché possa essere praticata anche all’esterno, senza recinti né muraglie.
Dentro questo simbolo delle possibili metamorfosi di una fabbrica (e che fabbrica!), in una aula lussuosa, in comode aulette, tra viavai di addetti ai lavori che diventano bambini quando scoprono nei padiglioni del ministero, delle associazioni ambientaliste e di alcune regioni riviste, libri, e documenti che credevano introvabili o inesistenti (il nuovo elenco delle aree protette; lo studio di Roberto Gambino sul sistema nazionale nel quadro europeo, con le proposte per una vera classificazione; le ultime acquisizioni sui progetti di area vasta Ape, Cip, ecc - citatissimi negli interventi ufficiali -, le ultime elaborazioni sulla rete ecologica e lo studio sulla biodiversità, ecc) e poi zaini, magliette, cappelloni e cappellini e distintivi e tutto il fiume di carta colorata che scorre nelle mostre e nelle fiere, e che colgono le preziose occasioni di biglietti da visita di rappresentanti qualificati di parchi africani, americani, catalani e mediterranei, abbiamo finalmente parlato di noi, mettendo al fuoco del confronto tutta la carne che abbiamo, e che è davvero molta.
Ne è uscita una “colazione” sontuosa, dove qualcosa si è bruciacchiato, forse inevitabilmente, dove qualche scheggia di osso è rimasta di traverso in qualche gola, forse evitabilmente, ma dove si è verificato il più alto momento di condivisione dei differenti saperi che oggi sono il patrimonio di quanti si occupano di aree protette, ed il più alto momento di verifica delle forze in campo per utilizzare al meglio quei saperi e, più in generale, la forza grande delle aree protette italiane.
Le cinque sessioni tematiche
A proposito dei saperi condivisi occorre ricordarsi i cinque temi sui quali altrettante sessioni tematiche si sono misurate ed hanno prodotto documenti finali. Nella sessione “Soggetti e territorio” è emersa la necessità di considerare l’area protetta come laboratorio sperimentale dello sviluppo durevole, programmandone le attività come opportunità per l’ottenimento di valore aggiunto di quel sistema territoriale. L’area protetta rappresenta anche uno dei laboratori più qualificati per la divulgazione e l’educazione ambientale. Lo sviluppo dei parchi e delle riserve deve essere considerato nel quadro dello sviluppo locale e occorre dare il massimo risalto alle condizioni di diversità ambientale, economica e sociale dei territori coinvolti, pur in un quadro comune di pianificazione e gestione. Si è discusso (come accade da molti anni, del resto, se già nel 1992 il poligrafico e zecca dello stato pubblicava uno studio commissionato alla università Bocconi dal servizio conservazione della natura del ministero dell’ambiente intitolato “Un modello imprenditoriale di parco nazionale” dove peraltro, in sede di conclusioni, a pagina 158, si diceva testualmente: “… D’altronde sembra più che logico che la collettività nazionale debba sobbarcarsi qualche costo per il mantenimento di ambienti naturali unici, di straordinaria importanza”) sulla fattibilità di percorsi di autofinanziamento, in quote aggiuntive rispetto all’indispensabile finanziamento ordinario. E’ stata sottolineata la necessità di un controllo della spesa che garantisca la sua tempestività e la sua efficacia. Ed è stata ribadita l’importanza dell’innovazione tecnologica e della conoscenza scientifica.
La sessione tematica “Rete natura duemila” ha evidenziato la necessità di incrementare la partecipazione di tutti i soggetti che svolgono attività economiche sul territorio nella definizione delle politiche per la gestione della rete stessa, in quanto strumento europeo di attuazione della Convenzione della biodiversità. Pianificazione, gestione e progettazione devono far parte di un unico modo di concepire la conservazione in termini dinamici, naturalistici, sociali ed economici.
E’ necessario integrare la rete ecologica con una rete di efficace monitoraggio ambientale valorizzando l’esperienza maturata dal corpo forestale dello stato. Entro la primavera 2003 occorre ridefinire il “piano d’azione sulla biodiversità”.
La sessione “Conoscenza e valorizzazione delle risorse naturali: progetti ed opportunità” ha riconosciuto come lo sviluppo sostenibile sia il principio da declinare in sede locale quando si opera per la valorizzazione dei beni che vengono tutelati. A tale fine è apparso necessario un sistema di monitoraggio unico a livello nazionale associato a strategie generali di sviluppo, inquadrando il tutto nell’unico “sistema” che la legge 394 ha individuato attraverso la “carta della natura”. Per le attività del mondo rurale è emersa l’importanza di associare le attività produttive con la qualità dei prodotti e dei servizi. Produzioni di qualità e attività come l’agriturismo, lo sviluppo di una nuova selvicoltura ispirata al ruolo multifunzionale del bosco, sono solo alcuni esempi di opportunità con le quali cercare di ridurre le distanze tra interessi pubblici e privatistici che da sempre sono associati all’uso delle risorse naturali.
Due altre sessioni speciali hanno prodotto scambi di esperienze e documenti finali. La sessione dedicata ai “parchi metropolitani e periurbani: ruolo delle aree protette nella riqualificazione dei territori urbani” ha evidenziato come la particolare tipologia delle aree protette metropolitane e periurbane conferisca loro compiti specifici di educazione alla corretta fruizione degli spazi naturali, ma anche di sperimentazione di forme di gestione e di valorizzazione con l’obbiettivo finale di contribuire positivamente alla definizione degli assetti naturali del territorio inseriti nell’esigenza di pianificazione di area vasta, giungendo alla costruzione di un “paesaggio consapevole”, e contribuendo al dialogo tra cultura locale e cultura urbana o metropolitana. Anche sulla base dell’esperienza maturata dalla associazione europea “Fedenatur” che associa gli spazi naturali metropolitani e periurbani, e sulla base dell’esame delle esperienze delle aree di Milano, Torino, Roma, Genova (e Portofino), Ancona (e monte Conero), e Barcellona, è stata affermata la necessità di consolidare la rete delle aree protette metropolitane e perturbane italiane con una serie di specifici obbiettivi di lavoro dettagliatamente enunciati nel documento approvato al termine dei lavori.

Le aree marine
Infine la sessione tematica speciale dedicata al sistema delle aree marine protette ha sottolineato la necessità di integrare il sistema delle aree marine protette mirato alla valorizzazione delle singole specificità con il sistema terrestre costiero allo scopo di condividerne non solo i confini ma anche i programmi, e la gestione integrata delle politiche costiere e marine riguardanti l’intera penisola e le isole. Nel richiedere maggiore partecipazione dei governi regionali e degli altri enti territoriali, la sessione ha sottolineato la necessità di adottare una normativa coerente con la legge quadro tale da superare i limiti centralistici e burocratici. Nell’immediato si chiede di affrontare e risolvere con il ministero dell’ambiente questioni quali la certezza dei finanziamenti e dei tempi di erogazione; il personale (costi, formazione e questione dei direttori); le commissioni di riserva; il demanio marittimo; ed altre ancora.
L’adesione di tutte le riserve marine alla federazione nazionale dei parchi rappresenta l’occasione per l’apertura immediata di un tavolo di concertazione tra i massimi vertici politici ed amministrativi del ministero e di Federparchi affinché si affrontino le suddette urgenti problematiche.
Questo (in estrema sintesi) è quanto resta agli atti della conferenza di Torino sotto forma di documenti conclusivi frutto del lavoro delle cinque sessioni tematiche. In questo caso si tratta del risultato di gruppi di lavoro che si sono confrontati a Torino, producendo i risultati che ho ricordato.
Ma non meno importanti sono stati i percorsi di ricerca e di documentazione che si sono posti “Torino”come traguardo dove illustrare i risultati ottenuti. Ho già citato la ricerca importantissima del gruppo guidato da Roberto Gambino (CED – PPN del Politecnico di Torino) sulla classificazione, pianificazione e gestione delle aree protette italiane, che colma in parte la lacuna rappresentata dalla lentissima gestazione di “carta della natura” e contemporaneamente ci consente di aprire un dibattito sulla classificazione e più in generale sullo stato delle aree protette italiane partendo da dati e considerazioni molto più attuali di quanto non avessimo a disposizione qualche mese fa. Alla ricerca del Centro europeo di documentazione sulla pianificazione dei parchi naturali ne vanno aggiunte moltissime altre, grandi e piccole.
Non è possibile in sede giornalistica offrire il ricco patrimonio di esperienze prodotto da centinaia di soggetti. A puro titolo di esempio, e con la certezza di scontentare molti, quasi a caso citerò gli atti del convegno di San Rossore su “Ambiente e urbanistica” il volume curato da Carlo Alberto Graziani su, “Le aree protette a dieci anni dalla Legge quadro”, atti del convegno svoltosi all’Università di Macerata, il lavoro di Boitani sulla biodiversità dei vertebrati nelle aree protette, il volume di Walter Rossi “Orchidee d’Italia”, nei quaderni di conservazione della natura editi dal Ministero dell’Ambiente.
Ma vanno ricordate anche le riviste: il numero speciale di “Piemonte Parchi”, e quelle prodotte appositamente in Toscana e nelle Marche dai rispettivi coordinamenti delle aree protette, che danno conto di un lavoro importante che si è svolto in sedi locali in vista dell’appuntamento di Torino, che in Emilia Romagna ha prodotto una tavola rotonda su “uomini e parchi” ed un documento della regione, in Toscana ha prodotto la “carta dei parchi” del gruppo della Sterpaia, e nelle Marche ben cinque seminari tematici organizzati dai parchi e dalle associazioni WWF e Legambiente ed un conferenza riassuntiva con la Regione ed il sistema delle autonomie locali con centinaia di soggetti amministrativi ed economici coinvolti che hanno assunto il documento della regione Emilia Romagna e della Toscana come proprio, ed un rimescolamento delle tensioni e delle attenzioni che non è possibile sottovalutare, e che non è impossibile ripetere anche altrove.

Per una visione non riduttiva
Ricordo tutto questo, e lo stesso ricco “forum” telematico, ospitato nel sito della Regione Piemonte, come antidoto ad una visione riduttiva della seconda conferenza, che, vista solo dall’ottica delle rassegne stampa, rischia di apparire un mediocre momento di scontro, con mediocri argomenti, quasi che nei tre giorni di Torino ci si fosse prevalentemente concentrati su due o tre temi (l’autofinanziamento dei parchi, la caccia nelle aree protette, la riperimetrazione e la riclassificazione allo scopo di smantellare o snaturare), in una rissa ideologica con ministro e sottosegretario armati di clava contro l’homo sapiens ambientalista costretto alla difensiva ed alla puntualizzazione.
Certo, alcune cose che sono state dette potevano essere esposte con toni e formulazioni meno rozze, evitando di rincorrere il mito di bucare lo schermo della politica spettacolo. La politica spettacolo si concilia poco con le ragioni del confronto, anche aspro, e dell’ approfondimento, assolutamente necessario.
Ma se non ci facciamo prendere dalle emozioni, e usciamo dal tunnel del teatrino mediatico, dove un articolo dell’Espresso diventa più importante dello studio del Politecnico di Torino, ed una divagazione fuori testo del ministro o del sottosegretario (aspra, certo, e anche provocatoria, probabilmente consapevolmente) finisce per sfocare e stingere una mole di contributi che invece restano la “polpa”, anche politico amministrativa, dei tre giorni che abbiamo passato al Lingotto, le cose appaiono in una luce diversa, pur restando di segno ambiguo, con importanti acquisizioni ma anche con qualche grosso problema insoluto.

I contenuti “politici”
E veniamo – quindi - alla sostanza politica, che è il sale dell’approfondimento tecnico.
Si ha un bel dire che un conto sono i programmi ed un altro la politica. Invece c’è un intreccio talmente stretto da rendere il migliore degli studi un semplice incartamento, da biblioteca e da archivio, se la politica in senso alto non lo trasforma in una parte della nostra vita. Sicché la politica è assai importante e va trattata in sede di primo bilancio di una esperienza così importante quale è stata la seconda conferenza nazionale delle aree protette.
Quella che fanno i dirigenti del ministero. Quella che fa Federparchi. Quella che fanno il WWF e Legambiente. Quella che fanno le Regioni, le Province, i Comuni.
Quella che fanno i partiti, le associazioni economiche e di categoria, le cooperative, gli agricoltori, i pescatori, gli artigiani, i cittadini sfusi o a pacchetti, in fila per tre o in girotondo, o al bar a commentare le cose del mondo. Tutte queste politiche si sono ritrovate, intrecciate, annusate, composte e scomposte. Sono passate per gli interventi. Per i documenti preventivi e per le dichiarazioni successive. Per l’applausometro.
Per le battute attorno ai tavoli del buffet o nel salone delle esposizioni.
Certo, un’anima classica ed euclidea potrebbe rimanere ferita e sconcertata al cospetto di un evento di natura convegnistica senza un documento preparatorio e senza una risoluzione finale, e con il candidato naturale a relazionare ed a concludere (il rappresentante maggiore del Governo, detto in gergo “ministro”) che appare a metà e subito scompare. Ma viviamo in tempi molto complicati. C’è la crisi della modernità.
E soprattutto c’è una molteplicità di poteri che rischia di confliggere, di scavalcarsi e di infastidirsi a vicenda nel momento in cui esercita un minimo di ruolo. Sicché probabilmente era inevitabile che più strutture che sono ordinate quando si limitano ad essere autoreferenziali e declamatorie, diventino turbinose, sgomitanti, prepotenti e confusionarie quando sono costrette a misurarsi in un confronto alla pari.
Tuttavia, a parte i turbamenti delle anime classiche ed euclidee, molti tra i differenti poteri in campo si sono espressi. Con presenze importanti e con assenze da capire meglio. Dalle Regioni, che hanno co-organizzato l’appuntamento, al ministero che ha un ruolo decisivo anche nella formazione del sistema delle aree protette nazionali e regionali, da Federparchi (con l’intervento del presidente Matteo Fusilli, che pubblichiamo a parte) alle principali associazioni ambientaliste, dai Comuni alle Province alle associazioni economiche, i contributi sono stati a volte puntuali, documentati ed efficaci, altre volte banali, superficiali, ripetitivi come è nell’ordine delle cose. Il Ministro Matteoli, nel riconoscere che: “la politica delle aree protette ha fatto, in Italia, passi da gigante sotto il profilo del territorio da tutelare”, ha anche aggiunto che “di fronte a questo aumento della superficie protetta, c’è una situazione di gestioni ancora balbettanti, di parchi istituiti e non costituiti, di scarsa efficenza delle attività: una situazione che fa vivere ancora e troppo spesso il parco non come un’opportunità per chi vi abita e per chi vuole visitarlo e godere di una natura eccezionale, ma come un vincolo.”
Particolarmente interessante e importante è stato anche l’intervento di Marie Rust, Regional director del National Park Service statunitense, che ha spazzato via decenni di chiacchiere spesso fondate sull’inconciliabilità del modello nord americano con le nostre esperienze italiane, affermando dalla tribuna l’esatto contrario.
I parchi americani guardano a noi con grande interesse, perché il ripensamento che stanno formalizzando in azioni precise muove proprio dalla consapevolezza che uomini e parchi sono un binomio inscindibile, e che la strada italiana è quella giusta. Peccato che al momento dell’intervento della portavoce dei parchi americani il ministro non fosse ad ascoltarla. Perché avrebbe scoperto che il rinnovamento dei parchi Usa è stato approvato dall’amministrazione Clinton, ma che oggi Bush non ha avuto nessuna tentazione di modificare quelle scelte ma, anzi, ha aumentato i finanziamenti, perché non si tratta di argomenti dove è importante il colore della casacca partitica…

Tra preoccupazioni e soddisfazioni
Dopo la prima giornata della conferenza, un comunicato di Federparchi aveva espresso preoccupazione per le mancate risposte alle motivate ed unitarie richieste avanzate nella relazione dal presidente Fusilli. “Non è stata data nessuna assicurazione sulle risorse finanziarie, peraltro già più volte ridotte negli anni passati e necessarie a far funzionare i parchi nazionali, regionali e le riserve marine; non c’è stata risposta alla richiesta della costituzione della conferenza Stato, Regioni, Autonomie, Parchi, sulla costituzione del sistema nazionale, ecc.” Il comunicato sottolineava il differente atteggiamento dei rappresentanti delle Regioni, e chiedeva che nella fase conclusiva della conferenza fossero date le risposte chiare e positive per poter proseguire le necessarie azioni di tuela e sviluppo e per assicurare una maggiore efficienza ed operatività ai parchi italiani.
Nella fase conclusiva della conferenza il sottosegretario Tortoli ha dato in pasto anche lui al moloch della politica spettacolo un paio di cadute di stile (l’attacco a Pratesi e a Licciardi; la questione dei rapporti con l’informazione) ma ha anche fornito una serie di risposte positive alle domande fatte dalle regioni e da Federparchi.
Il Wwf, Italia Nostra, Lipu e Legambiente, in una conferenza stampa organizzata sul tamburo, molto “a caldo”, anche loro per sacrificare qualcosa alla politica spettacolo, hanno preso le distanze dall’intera conferenza (il Wwf, Italia Nostra e Lipu) e da una serie di dichiarazioni infelici (Legambiente, che ha definito “importanti ed utili i lavori della conferenza”).
L’assessore piemontese Ugo Cavallera, nel lodevole intento di superare le polemiche, nel ribadire il ruolo fondamentale delle regioni in materia di parchi, ha dichiarato di aver particolarmente apprezzato l’accettazione, da parte del sottosegretario Tortoli, di quel tavolo tecnico proposto da Federparchi e dalle regioni, da prevedersi a lato della conferenza unificata Stato, Regioni, Enti Locali per i temi specifici dell’ambiente e delle aree protette. “In questo contesto” ha detto Cavallera “è importante che lavorino le Regioni, lo Stato ed una rappresentanza degli Enti Parco”.
Matteo Fusilli, in attesa di una valutazione più approfondita che il consiglio direttivo di Federparchi svolgerà a breve, ha dichiarato che la conferenza “si è conclusa con l’espressione di una apertura da parte del ministero dell’ambiente nei confronti delle richieste e delle proposte della federazione dei parchi. Una apertura che dovrà portare ad affrontare con strumenti adeguati la sfida di un rilancio del ruolo fondamentale delle aree protette per partecipare positivamente allo sviluppo sociale, culturale ed economico dei territori loro affidati”.
L’aspetto più importante che Federparchi ha colto nelle conclusioni del sottosegretario Tortoli è “l’apprezzamento espresso nei confronti delle puntuali proposte presentate, e l’impegno ad un incontro con l’associazione Federparchi per la redazione di un documento comune. Si tratta di un fatto importante, che può contribuire ad affrontare con un metodo nuovo i problemi critici, attraverso il riconoscimento dell’apporto autonomo dell’elaborazione dei parchi.
Mi auguro – ha proseguito Fusilli – che segua al più presto l’avvio del confronto con il Ministro e della concretizzazione dell’impegno assunto di accogliere le proposte contenute nel nostro documento. Significativo è stato il ruolo di sostegno che alle nostre proposte è venuto dai rappresentanti delle Autonomie Locali, dell’associazionismo, degli operatori economici, e soprattutto dalla Regione Piemonte e dal suo Assessore, Ugo Cavallera, del quale abbiamo apprezzato l’impegno continuo durante la conferenza, ed al quale chiederemo subito un incontro per rafforzare la collaborazione con le Regioni”.

Prossima fermata: Durban
Insomma, a caldo e senza pretendere di concludere un ragionamento che è tutto da sviluppare e da costruire nel tempo, è stato giusto chiedere con insistenza la convocazione di questa conferenza. I moltissimi contributi nazionali ed internazionali, il confronto sempre animato da una costruttiva e positiva tensione, hanno espresso la grande vitalità che il Paese può esprimere e che dunque deve essere messo in condizione di essere valorizzato al massimo grado.
Dalla conferenza esce rafforzata la missione delle aree protette, il loro ruolo di conservazione e protezione dell’ambiente, della biodiversità e del paesaggio, che dovranno diventare sempre più forza attrattiva per la nascita di quelle attività compatibili capaci di contribuire a dare risposte concrete alle esigenze dei territori ed a migliorare la qualità della vita delle comunità locali, con il loro indispensabile consenso.
Nel calviniano recinto dei destini incrociati hanno fatto la loro apparizione fugace alcuni importanti interlocutori internazionali. I parchi degli Stati Uniti. L’organizzazione con la quale Federparchi organizza la giornata europea delle aree protette: Europarc, che da Grafenau in Baviera riesce a unire i parchi europei in importanti occasioni. Ha preso la parola alla conferenza anche Marià Marti, segretario generale di Fedenatur, l’associazione che ha sede a Barcellona, presso il parco di Collserola, e che dal dicembre 1997 raccorda le problematiche dei parchi vicini alle città grandi.
Questa presenza di associazioni di rilievo europeo e internazionale anticipa il grande appuntamento di metà settembre del prossimo anno, quando a Durban, South Africa, l’organizzazione IUCN svolgerà il “World Parks Congress” del quale già circolano programma e problematiche.
Mentre sono stati molti i riferimenti ai progetti di area vasta da ricucire e rimotivare, ed è un bene che molti abbiano ricordato che la Convenzione delle Alpi, Ape e Cip sono momenti forti di una politica di sistema necessaria all’Italia, molto pochi sono stati i richiami a questo appuntamento. Mi pare che solo il direttore generale Aldo Cosentino, che con mano ferma ha guidato la barca della conferenza all’approdo finale, abbia ricordato ai presenti in sede di replica finale che a quell’appuntamento si dovranno sciogliere alcuni nodi identitarii di non poco conto, se davvero vogliamo essere moderni, efficaci, ma anche riconosciuti a livello mondiale per quello che davvero siamo, e non come lontani parenti vagabondi e stravaganti. Anche questo punto sarà nei prossimi mesi nelle fitte agende di quanti si occupano attivamente di protezione della natura. Al Lingotto si è messa molta carne al fuoco, e molte carte coperte si sono cominciate a scoprire.
Nei mesi che verranno sarà compito di tutti di completare quello che a Torino si è avviato, nella consapevolezza di svolgere un compito strategico per l’avvenire del Paese, ma anche con l’umiltà di chi sa che lavorando su materie delicate e difficili, è parte del nostro impegno ripetere lavori che credevamo del tutto terminati, ritessere tele che ci erano sembrate già pronte per l’uso, e costruire ponti che ci erano apparsi solidissimi, ma che sono rovinati al primo soffio di un debole vento.