Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 37 - OTTOBRE 2002


STRANE COINCIDENZE
Osservatorio Istituzionale di Renzo Moschini
Alla vigilia della Conferenza di Torino il Ministero dell’Ambiente ha ‘ufficialmente’ presentato lo studio sulla classificazione delle aree protette affidato al Politecnico di Torino e coordinato dal Prof Roberto Gambino a cui ha collaborato anche la Federparchi. Lo studio, consegnato alcuni mesi fa, è stampato, trasferito in cd, e presentato alla conferenza nazionale.
La notizia è di quelle che meritano di essere segnalate tanto più se si tiene conto che in passato altri studi e ricerche su aspetti ugualmente importanti, non hanno visto mai la luce, finendo dimenticati in qualche cassetto con evidente e censurabile spreco di risorse.
L’impegno del ministero di avviare sul tema della classificazione un dibattito pubblico tra le istituzioni e gli addetti ai lavori, è dunque positivo perché così si potrà finalmente affrontare una questione colpevolmente ignorata ed elusa in questi anni, nonostante le ripetute sollecitazioni di cui soprattutto questa rivista si è fatta più volte interprete.
E se a qualcuno sfuggisse il senso e la portata di queste affermazioni ci permettiamo di ricordare che la crescita rapida negli ultimi tempi delle aree protette nel nostro paese, ha prodotto una situazione certamente positiva ma anche estremamente complicata e per molti versi confusa, per la presenza di parchi e aree protette istituiti in epoche e condizioni diverse, in base a norme anch'esse tutt’altro che affini.
Questa situazione, se si vuole davvero costruire un sistema di aree protette e non semplicemente un pasticciato assemblaggio, richiede una verifica e messa a punto in grado ridare un ordine e un senso ad una sistemazione generale che oggi risulta di difficile gestione.
E se dovessimo fare un esempio, tra i molti possibili, a dimostrazione di questo insostenibile stato di cose, potremmo riferirci alle aree protette marine per le quali non è ancora possibile distinguere – a venti anni dalla prima legge che ne prevedeva la istituzione- tra parchi e riserve.
Ben venga, dunque, un dibattito serio sull’argomento. Naturalmente esso servirà se fin da ora risulterà chiaro a tutti i protagonisti- e sono numerosi- che occorrerà una grande disponibilità da parte di ognuno a rimettere in gioco posizioni consolidate e considerate troppo spesso ormai fuori discussione. Perché riclassificare significa rimettere in discussione un bel pò di cose, e lo stato, le regioni e gli enti locali dovranno mostrarsi tutti ‘lealmente’ disponibili a cooperare perché questi cambiamenti si possano fare senza che nessuno si senta colpito nell’onore e nel prestigio.
Quella che si apre, insomma, è certamente una fase di riflessione su aspetti anche di natura tecnico- scientifica ma con forti e onerose implicazioni di natura politico-istituzionali.
Guai a non capirlo o a far finta di non capirlo.
Ora, mentre sta per partire questo impegnativo confronto, sulla G.U viene pubblicato il nuovo elenco ufficiale delle aree protette da cui sono stati depennati i parchi lombardi e dove le riserve dello stato continuano a fare partita a se, infischiandosene del previsto ma protervamente ritardato passaggio alle regioni.
Se era già difficile capire perché il vecchio elenco penalizzasse i parchi regionali, con una pesante riduzione delle superfici in seguito alla attività venatoria (quasi che le aree ove si caccia non meritassero e non fossero anch’esse bisognose di interventi finanziari) è assolutamente inconcepibile che il nuovo elenco ufficiale escluda tutti i parchi che non sono considerati conformi in tutto o in parte alla legge 394.
Il sistema di aree protette che va costruito sulla base appunto di una ‘nuova’ classificazione, quale risulta dalle proposte del Politecnico, non può certo partire dalle esclusioni e estromissioni.
Le aree protette non sono e non possono essere omogenee e il sistema si giustifica ed è necessario proprio in quanto si tratta di armonizzare, rendere ‘compatibili’ e mettere in rete realtà assolutamente diverse e che tali dovranno rimanere.
Altrimenti non avremo un sistema, ma un club di ‘duri e puri’ che potrà anche appagare qualche patito dei modelli ma non servirà a niente.
Il dibattito sulla nuova classificazione delle aree protette non potrebbe insomma partire peggio se ci si ostinasse a seguire criteri del tipo di quelli a cui si ispira il nuovo elenco ufficiale.
Ecco perché questa coincidenza, sicuramente del tutto casuale, ma non per questo meno strana e preoccupante, sarà bene serva a mettere tutti in guardia dal rischio di un fallimento.
E nessuno faccia il furbo, perché l’elenco appena pubblicato non è compatibile con nessuna vera e seria discussione su una classificazione che non sia una presa in giro.