Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 41 - FEBBRAIO 2004


Acquista online questo numero

LINEE GUIDA PER UN USO SOSTENIBILE DEL PATRIMONIO BOSCHIVO

Studio degli habitat forestali di rilevante valore ambientale nel parco regionale del Matese

Il Parco regionale del Matese è un’area naturale protetta individuata dalla L. R. Campania n. 33 del 1 settembre 1993. Istituito in via definitiva nell’aprile 2002, si estende per circa 330 Km2 lungo le pendici meridionali del Massiccio del Matese, al confine tra la Campania e il Molise. Situato dunque in uno dei più importanti gruppi montuosi dell’Appennino meridionale presenta la conformazione tipica di un vasto altopiano attraversato longitudinalmente da due dorsali divise da un solco centrale che, partendo da Pietraroja sul versante orientale giunge fino al Volturno sul versante occidentale.
Lungo tale solco si sviluppano le suggestive pianure del Lago Matese e di Letino mentre la dorsale nord-orientale contiene rilievi pronunciati come La Gallinola (1923 m s.l.m.) e Monte Mutria (1823 m s.l.m.). Il reticolo idrografico di carattere spiccatamente carsico è responsabile di numerosi inghiottitoi, risorgenze e profonde forre che contraddistinguono il paesaggio Matesino. Tra i corsi d’acqua più importanti figurano il Volturno, il Lete, il torrente Sava e il torrente Torano. Nel perimetro del parco ricadono i territori di 20 Comuni, appartenenti alle province di Caserta e Benevento, popolati da circa 50000 residenti.
Faggete del Monte Pastonico

Un cenno su flora e fauna
Da molti studiosi il Matese è indicato come un’area di transizione tra la regione medio-europea e quella mediterranea sulla base di un’autonomia floristica molto accentuata dovuta alle rarefazione o assenza di elementi dominanti nella vegetazione d’alta montagna dell’Appennino centrale (ad esempio Festuca dimorpha Guss., Carduus chrysacanthus Ten.) e la presenza di elementi a diffusione nettamente meridionale (ad esempio Lathyrus digitatus M. Bieb., Helleborus bacconei Ten.). Due sono le vie essenziali di influenza floristica che lo attraversano: la “sannitica” (complesso montuoso Miletto-Gallinola-Mutria) e la “mediterraneo-tirrenica” (propaggini nord-occidentali del Matese).
Nel Parco Regionale del Matese si rinvengono specie vegetali quali, ad esempio, la valeriana di monte (Valeriana montana L.), svariate orchidee (gen. Ophrys, Orchis, Cephalantera, ecc.), il bucaneve (Galanthus nivalis L.), e animali come il lupo (Canis lupus L.), la martora (Martes martes L.), l’aquila reale (Aquila chrysaetos L.), il falco pellegrino (Falco peregrinus Tun.) e tante altre ancora, oggetto di attenzione da parte delle principali convenzioni e direttive internazionali (Convenzione di Berna, 1979; Convenzione di Washington, 1973; Convenzione di Bonn, 1979; Direttiva 79/409/CEE “Uccelli”; Direttiva 92/43/CEE “Habitat”), di leggi nazionali (Legge n. 157/1992 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”) e di leggi regionali (Legge della Regione Campania n. 40/1994 “Tutela della flora endemica e rara”).
Il paesaggio forestale si caratterizza, alle quote più elevate, per la massiccia presenza del faggio (Fagus sylvatica L.), che vegeta rigoglioso sui versanti esposti a Nord-Est, meno in quelli con esposizione Sud-Ovest dove spesso si trova associato all’acero montano (Acer pseudoplatanus L.), al carpino nero (Ostrya carpinifolia Scop.) e all’orniello (Fraxinus ornus L.). Alle quote più basse si riscontrano principalmente il leccio (Quercus ilex L.), l’acero montano e le specie tipiche dell’orizzonte delle latifoglie eliofile, quali roverella (Quercus pubescens Willd.), cerro (Quercus cerris L.), acero opalo (Acer opalus Mill.) e carpino nero; sono presenti pure l’ontano napoletano (Alnus cordata Loisel.) e il salicone (Salix caprea L.). Accanto alle essenze arboree prevalenti ed alla ricca flora erbacea del sottobosco (Oxalis acetosella L., Euphorbia amygdaloides L., Asperula odorata L., ecc.), vanno ricordate le specie arbustive che assumono un ruolo ugualmente importante nell’ecosistema poiché i loro frutti costituiscono una preziosa fonte alimentare per la fauna, soprattutto ornitologica. Partendo dalle basse altitudini, fino ad arrivare ai 1400 m s. l. m., limite oltre il quale la faggeta diventa pura, si segnalano, tra gli altri, il mirto (Mirtus communis L.), il corbezzolo (Arbutus unedo L.), i viburni (Viburnum spp.), l’agrifoglio (Ilex aquifolium L.) e il tasso (Taxus baccata L.).
Interessante e caratteristica si presenta la fauna.
Nel Matese vivono, tra gli altri, mammiferi quali il tasso (Meles meles L.), il gatto selvatico (Felis silvestris Schr.), la lepre (Lepus europeaus L.) e il ghiro (Glis glis L.); uccelli tipici come l’astore (Astor gentilis L.) e altri nidificanti quali la moretta tabaccata (Aythya nyroca G.) e il corvo imperiale (Corvus corax L.). Svernano nel Parco l’airone bianco maggiore (Egretta alba L.), l’airone cenerino (Ardea ardea L.), il cormorano (Phalacrocorax carbo L.), circa 2000 folaghe (Fulica atra L.) e diverse specie di anatre. Tra gli uccelli migranti si ricordano la cicogna bianca (Ciconia ciconia L.) e la cicogna nera (Ciconia nigra L.).

I temi dello studio
Sin dall’inizio delle attività, l’ente parco regionale del Matese, attualmente guidato dal commissario regionale prof. Maurizio Fraissinet, ha dimostrato una notevole sensibilità verso le problematiche relative alla salvaguardia di un territorio così interessante dal punto di vista naturalistico emanando, tra l’altro, una serie di provvedimenti finalizzati a garantirne l’adeguata protezione. In particolare, tra quelli coinvolgenti il settore forestale, si ricordano il regolamento che disciplina le procedure d’autorizzazione al taglio boschivo (Provvedimento n. 2 del 4 febbraio 2003) e il regolamento per l’utilizzo dei prodotti del sottobosco (Provvedimento n. 23 del 17 giugno 2003 e successive modifiche).
A testimonianza del costante interesse rivolto alla tutela e alla valorizzazione delle risorse forestali, lo stesso ente ha promosso e fortemente sostenuto uno studio, realizzato dagli scriventi, avente per oggetto “l’individuazione di habitat forestali di rilevante valore ambientale ricadenti nel territorio del Parco e l’identificazione di una linea guida per un uso sostenibile del patrimonio boschivo locale”. Lo scopo è quello di impostare e promuovere la gestione dei beni silvani sui principi di sostenibilità ritenuti ormai indispensabili a livello internazionale. È così che il Parco Regionale del Matese offre ai propri residenti e ai suoi visitatori elementi di affidabilità, dimostrando di voler puntare concretamente al miglioramento della qualità ambientale dell’intero territorio boscato di competenza.

Gli habitat forestali di elevato pregio ambientale
Il lavoro, effettuato nell’estate del 2003, si è interamente ispirato ai contenuti della Direttiva (92/43/CEE) “Habitat”, data l’enorme valenza che essa assume nell’ambito dei Paesi membri, ed è stato implementato avendo come principale riferimento i biotopi forestali segnalati dalla Direttiva stessa.
Come è noto, la Direttiva “Habitat” è stata emessa dalla Commissione Europea al fine di garantire il mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente di numerosi habitat e di particolari specie vegetali e animali, nonché di creare una estesa rete di ambienti caratteristici delle più varie realtà presenti in Europa: la “Rete Natura 2000”.
Gli habitat e le specie possono rivestire un interesse comunitario generico o addirittura un interesse prioritario.
Ogni Paese membro ha individuato nel proprio territorio una serie di Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e di Zone Speciali di Conservazione (ZPS) di cui ha proposto all’Unione Europea l’inclusione nella Rete Natura 2000.
Ad essi l’Unione Europea dà ampia importanza e i Paesi membri devono tenerne conto nell’attuazione delle proprie politiche nazionali al punto che tutti gli interventi antropici che possono incidere sulla qualità di tali Siti devono essere necessariamente sottoposti a “valutazione d’incidenza”.
Nel Parco regionale del Matese ricadono tre SIC:
• Matese Casertano (Codice Sito: IT8010013);
• Pendici Meridionali del Monte Mutria (Codice Sito: IT8020009);
• Alta Valle del Fiume Titerno (Codice Sito: IT8020002).
Il Matese Casertano contiene habitat forestali di interesse comunitario così distribuiti:
1. Faggeti degli Appennini di Taxus e di Ilex (Codice habitat: 9210) - Foresta termofila di Faggio, molto frammentata, con elementi arborei endemici di Tasso e di Agrifoglio.
2. Foreste di Quercus ilex (Codice habitat: 9340) - Foresta dominata da Leccio e dalla quercia a foglie tonde (Quercus rotundifolia L.) spesso, ma non necessariamente, localizzata su substrati calcarei.
3. Castagneti (Codice habitat: 9260) - Foreste supra-mediterranee o sub-mediterranee dominate da Castagno (Castanea sativa Mill.) e vecchie piantagioni con rinnovazione seminaturale.
Sulle Pendici Meridionali del Monte Mutria e nell’Alta Valle del Fiume Titerno si ritrovano i Faggeti appenninici con esemplari di Tasso e di Agrifoglio (Codice habitat: 9210), precedentemente elencati.
Tali habitat, è bene ricordare, sono indicati addirittura come “prioritari” poiché rischiano di scomparire dal territorio europeo degli Stati membri e per la cui conservazione la Comunità ha una responsabilità particolare.
Una prima fase di ricerca ha consentito di localizzare e cartografare i boschi richiamati dalla Direttiva 92/43/CEE e definiti “habitat di interesse comunitario”, e di segnalare inoltre altri biotopi esterni ai SIC, come il già noto “Bosco degli Zappini”, una cipresseta sita in Fontegreca (CE) e alcuni castagneti, per la loro particolare valenza biologica. Durante i sopralluoghi effettuati nel territorio, infatti, è stata rilevata la presenza di nuclei misti a netta prevalenza di castagno, in cui tale essenza si manifesta frequentemente con piante secolari e mostra una abbondante e diffusa rinnovazione naturale: si ritiene che simili formazioni possano essere del tutto ascrivibili alla tipologia dei “Castagneti” (Codice habitat: 9260) citati dalla direttiva dell’Unione Europea. Allo stesso modo, anche se non riportato ufficialmente tra gli habitat naturali di interesse comunitario caratterizzanti il Sito “Matese Casertano”, la cipresseta ubicata sul versante occidentale del Massiccio del Matese nel comune di Fontegreca, costituita prevalentemente da esemplari di cipresso comune (Cupressus sempervirens L.), per le particolarità che la contraddistinguono può essere ricondotta alle “Foreste di Cipresso” (Codice Sito: 9290), ovvero “Foreste montane del bacino mediterraneo dominate da Cupressus sempervirens, Cupressus atlantica Gauss o Cupressus dupreziana Camus” menzionate sempre dalla Direttiva 92/43/CEE ”Habitat”.
Notevole interesse hanno destato, infine, certe forre (Rava di Raviscavina, Vallone dell’Inferno, ecc.) in cui, dal punto di vista strettamente forestale è stata rinvenuta una ricchissima diversità floristica determinata anche dall’incontro degli elementi tipici della faggeta (tasso e agrifoglio) con il leccio.
Le aree rilevate ammontano complessivamente a circa 6333 ettari, cioè al 19% della superficie totale del Parco, e risultano ripartite come indicato nella seguente tabella.

Suddivisione ed estensione degli habitat individuati.
Gli habitat in questione si manifestano nel territorio in maniera quanto mai frammentata: cinque distinti nuclei, due dei quali superiori ai 1000 ettari, contribuiscono a definire l’estensione totale dei Faggeti, mentre la Foresta di Leccio e quella di Castagno sono rappresentate da quattro formazioni ciascuna, in ogni caso tutte disgiunte l’una dall’altra.
È evidente l’importanza che avrebbe la costituzione di corridoi ecologici per garantire la sopravvivenza degli habitat frammentati.

Alcune considerazioni sulle foreste censite
La successiva analisi ha reso possibile una descrizione dell’associazione forestale entro cui possono essere inquadrati i boschi censiti e la redazione di una scheda riassuntiva dei principali parametri stazionali e vegetazionali.
L’esame dei soprassuoli ha permesso, inoltre, di evidenziare criticità soprattutto relative allo stato di conservazione di qualche faggeta e di predisporre indirizzi gestionali più attenti alla salvaguardia della biodiversità e al loro significato ecologico complessivo.
Dall’indagine eseguita è stata riscontrata una notevole riduzione del numero di individui di tasso e di agrifoglio in popolamenti dove apparivano evidenti azioni di disturbo antropico che hanno determinato senz’altro un impoverimento della biodiversità di questi ecosistemi.
L’Ente Parco, a tal proposito, si è prontamente attivato mediante una nota informativa, agli altri enti interessati, che, di fatto, tutela gli esemplari di tasso e di agrifoglio, in qualsiasi stadio di sviluppo essi si trovino, durante l’esecuzione di qualunque pratica selvicolturale (sfolli, ripuliture, diradamenti, tagli per la rinnovazione del soprassuolo).

Esemplare di tasso in faggeta
Per le faggete in oggetto si presenta valida ed interessante la possibilità di considerare anche altre “opzioni gestionali” orientate verso trattamenti, come il taglio saltuario o i tagli successivi per piccoli gruppi (inferiori a 0.5 ha), che implicano una struttura disetanea del bosco con mescolanza di specie diverse.
Tale struttura si ritiene ecologicamente più adatta alla vita degli animali ed in grado di esaltare meglio altre funzioni delle faggete, soprattutto quella protettiva (difesa del suolo e di regolazione delle acque), senza oltremodo trascurare la produzione di legname (il bosco disetaneo permette di ottenere alberi di diametri elevati, molto apprezzati se di ottima qualità che non è possibile ricavare dai boschi coetanei).
Con la consapevolezza che il bosco non è costituito solo dall’insieme degli esemplari arborei, ma da tutta la comunità vegetale e da quella animale, quando in esso sono presenti specie diverse e di tutte le età è garantita una maggiore complessità delle catene alimentari ed una maggiore stabilità dell’ecosistema.
Nelle foreste di leccio è emersa la necessità di contrastare le azioni antropiche (ripetute ceduazioni e disboscamenti) che hanno determinato una contrazione numerica della specie a vantaggio del carpino nero, ed in misura minore del cerro (Quercus cerris L.) e roverella (Quercus pubescens Willd.).
In tema di gestione forestale sostenibile il governo a ceduo di questa formazione rappresenta una tradizione secolare ampiamente diffusa nella comunità locale, e perciò caratterizza soprassuoli di particolare valore storico-culturale; essa si propone come l’unico sistema selvicolturale che possa offrire un’interessante produzione commerciale. Questa forma di governo inoltre ha il vantaggio di conservare una maggiore biodiversità vegetale e di offrire alimento e riparo a un maggior numero di specie animali.
A differenza dei turni fissati in passato (10-12 anni), quando le utilizzazioni avvenivano con maggiore frequenza e contribuivano, evidentemente, all’impoverimento dell’ecosistema, si suggeriscono turni di 30-40 anni considerata l’elevata e duratura facoltà pollonifera del leccio.
I castagneti, rinvenuti principalmente su suoli decalcificati e in buone condizioni fitosanitarie, rilevano una distribuzione non riferibile ad uno specifico fattore oppure ad una combinazione di fattori ecologici, ma all’azione dell’uomo che ha favorito la coltura del castagno nelle stazioni più fertili per scopi prevalentemente produttivi; anche le manifestazioni di aspetto selvatico sono, pertanto, ritenute naturalizzazioni derivanti da colture passate.
I riferimenti fitosociologici per questo tipo di boschi variano a seconda delle situazioni locali.
Nel territorio del Parco sono state individuate due tipologie diverse, una tipicamente collinare, l’altra prevalentemente montana. Quella montana, con presenze di faggio, ontano napoletano e acero di monte, si rinviene in due differenti località: Arito e Monte il Palombaro; quella collinare, con elementi di carpinella (Carpinus orientalis Mill.) e leccio, nei comuni di S. Angelo d’Alife e Piedimonte Matese.
In ogni caso per esse si consigliano interventi selvicolturali tendenti a favorire la rinnovazione naturale del castagno e, nel contempo, ad agevolare l’ingresso di altre specie in sintonia con il tipo forestale.
Le caratteristiche forestali e ambientali del “Bosco degli Zappini”, già oggetto di numerosi studi, conferiscono a tale biotopo uno straordinario valore ecologico ed impongono la redazione di uno specifico programma di gestione volto al mantenimento ed al miglioramento degli elementi di naturalità che lo contraddistinguono.
La cipresseta, in parte mista e in parte pura, trova in un microclima favorevole le migliori condizioni di vegetazione e si riproduce esclusivamente per via gamica, diffondendosi su entrambi i versanti della particolare della cipresseta gola attraversata dal torrente Sava.
Accanto ad alcuni esemplari di notevoli dimensioni, con diametri di cm 50 e altezze superiori ai 30 m, si rivela molto spettacolare la presenza del cipresso con portamento arbustivo, insediato su roccia viva a pareti verticali.
Aspetto di assoluta rilevanza è, infine, l’ottimo stato vegetazionale con cui si presenta il bosco; in particolare spicca la totale assenza di sintomi da cancro corticale (Coryneum cardinale Wag.).

Linee guida
In relazione al concetto di sostenibilità degli ecosistemi forestali, che sottintende, in definitiva, una gestione improntata sulla conservazione dei beni naturali, sull’efficienza economica e sul rispetto delle esigenze sociali, è stata dunque proposta una linea guida al fine di orientare l’attività gestionale verso i principi e criteri della “gestione forestale sostenibile” specificati con modalità diverse nelle principali azioni intergovernative (Conferenze Interministeriali di Helsinki e di Lisbona, Processo di Montreal, ecc.) e nelle varie iniziative avviate da organizzazioni non governative (World Wide Fund for Nature, WWF; Forest Stewardship Council, FSC; ecc.).
Con essa si è voluto porre in risalto l’esigenza di esaminare più approfonditamente il legame esistente tra la gestione delle foreste e il mantenimento di habitat e specie di interesse comunitario o tutelate da accordi internazionali o da leggi nazionali, di considerare il valore economico complessivo dei soprassuoli come fonte di legname e prodotti non legnosi, di sottolineare l’importanza delle attività turistico-ricreative, didattiche e sportive, che possono giovarsi della presenza dei boschi come attrattiva e come bene da utilizzare.
Ulteriore riguardo si è voluto rivolgere alle opportunità d’impiego della manodopera locale in termini di promozione di prodotti ad alto valore aggiunto, alle esigenze formative per gli operatori del settore e ad un controllo più serrato delle conseguenze degli impatti ambientali provocati dagli interventi di gestione.
In tutto sessantacinque indicazioni di massima attinenti ad aspetti fondamentali dei sistemi boschivi (estensione, stato sanitario, biodiversità, produzione, difesa ambientale, funzione sociale, legislazione), che il “neonato” Ente Parco Regionale del Matese utilizzerà come strumento di base per intraprendere una corretta pianificazione del complesso delle risorse forestali a garanzia di interessanti prospettive future rivolte ad una sempre maggiore valorizzazione del proprio patrimonio boschivo.

di Pio Ciliberti, Nicola Lanni
Dottori forestali, liberi professionisti