Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 41 - FEBBRAIO 2004


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LE COMUNITÀ MONTANE E IL RUOLO DEI PARCHI

Una nuova legge sulla montagna?

Abbiamo già avuto modo anche sul giornale online di Federparchi di segnalare l’inopinata proposta di legge di alcuni consiglieri regionali della Liguria per sopprimere i parchi montani e affidare la loro gestione alle Comunità montane. L’assessore regionale Orsi ha dato ampie assicurazioni che si tratta di una di quelle sortite destinate a rimanere senza alcun seguito politico-istituzionale e noi non abbiamo ragione di dubitarne.
Resta però il segnale che non è il primo e non soltanto in Liguria. Non molto tempo fa, in occasione della salone della Montagna a Torino, voci ben più autorevoli dei cani sciolti liguri avanzarono ipotesi del genere.
Anche nell’UNCEM insomma circolano strane idee sui parchi. D’altronde per iniziativa di alcuni ‘parlamentari amici della montagna’ sono state sfornate a suo tempo proposte di modifica della attuale legge sulla montagna che non riservavano ai parchi sorte e considerazione tanto migliore, impegnati com’erano i nostri ‘amici’ della montagna a rilanciare l’industria dello scii. E qui sarà bene tenere gli occhi aperti dal momento che - stando alle dichiarazioni dei ministri Della Loggia e Alemanno - è imminente la presentazione di una nuova legge sulla montagna. Visti i precedenti, non vorremmo che qualcuna di queste belle idee vi avesse trovato una qualche accoglienza. Ma c’è dell’altro che a nostro avviso segnala un disagio e una difficoltà più ampi rispetto a quelli che già emergono da questi puntuali ritorni di fiamma.
È recente, ad esempio, una presa di posizione dell’UNCEM sulle ‘province montane’ di cui chiede la non istituzione. L’occasione è stata l’assemblea nazionale dell’UPI tenutasi in dicembre a Roma. Ci sono poi le ‘notizie’ locali che ci forniscono le cronache, dalle quali si viene a sapere, ad esempio, che alcuni esponenti politici pugliesi chiedono praticamente l’incontrario; che sia cioè liquidata la comunità montana ed anche il consorzio di bonifica per trasferire il tutto al Parco del Gargano.
Alla base di questa richiesta, par di capire, ci sono soprattutto esigenze di razionalizzazione nell’uso del personale e delle risorse. Insomma evitare sprechi, doppioni etc.
Come si vede c’è un campionario - sicuramente assai più ampio e variegato di quello a cui noi qui possiamo fare riferimento- di situazioni che in maniera diversa e anche contraddittoria segnalano qualcosa di più di residui mal di pancia sulla presenza dei parchi.
Questi, naturalmente, ci sono perché non mancano quelli che continuano la loro personale guerra e non sembrano intendere ragioni. Ma io credo che ci sia qualcosa di più e anche di diverso che riguarda e attiene alle stesse prerogative e ruolo dei parchi.
In altri termini, da cosa nasce l’idea che in certi territori le aree protette possono non avere bisogno del loro ente, potendo benissimo la comunità montana sostituirlo?
Forse la ragione principale è che la comunità montana, le cui competenze e spazi sono andati via via modificandosi (per qualcuno in maniera ancora insufficente e inadeguata), mal sopporta sullo stesso territorio un altro ente che è considerato evidentemente invasivo, concorrente. In definitiva - questo il ragionamento- se ci siamo noi perché farne un altro visto che gli enti elettivi e no sono fra l’altro già tanti?
Ciò piega anche l’allarme contro le province montane considerate anch’essa invasive.
Ora, questo disagio, come si vede va al di là del ruolo dei parchi e investe l’assetto complessivo delle istituzioni locali elettive e no.
E non possiamo sorprenderci più di tanto se consideriamo che quella avviata è una riforma complessiva del sistema costituzionale e istituzionale che ha già rimescolato molte carte e altre ancora dovrà rimescolarne e il tutto, purtroppo, in una situazione resa estremamente confusa e precaria da troppe manovre in corso, che complicano l’attuazione delle modifiche al titolo V della Costituzione.
In questa situazione, che determina non poche incertezze su tutto il fronte, è abbastanza naturale che organismi derivati quali sono le comunità montane (sulle quali - non lo si dimentichi-sono chiamate a decidere le regioni) si trovino anch’esse in difficoltà. Ma a noi interessa la ‘ricaduta’ -diciamo così- che questa ricerca di un ruolo meno incerto determina, può avere e ha già anche sulle aree protette.
Come abbiamo visto si ritiene che la comunità montana in determinate realtà possa assumere il ruolo dell’ente parco.
Ma c’è anche chi non esclude, sebbene si tratti sicuramente di casi più sporadici, il percorso inverso ossia l’assunzione da parte del parco di competenze oggi assegnate ad altri enti, comunità montane incluse. Da un certo punto di vista potrebbe sembrare che in fondo i parchi e il loro ruolo entrino in questa discussione al pari di altri, anch’essi in qualche misura contestati.
Tanti protagonisti, insomma, sulla stessa scena, investiti più o meno in ugul misura e alla stessa stregua, dagli effetti di una situazione non ancora del tutto stabilizzatasi.
Ma c’è un però ed è quello che riguarda la differenza tra compiti ordinari delle varie istituzioni statali, regionali e locali e il ruolo ‘straordinario’ e quindi non omologabile agli altri del parco.
Se il parco lo si considera alla ‘pari’, fungibile con quello di altri, come avviene ed è avvenuto in tante occasioni quando al tavolo decisionale il parco neppure era inviato dalla regione o dalla provincia o della comunità montana ‘tanto’ c’erano giù tutti gli altri, è chiaro che esso possa essere considerato legittimamente un ‘concorrente’ invasivo e scomodo, tanto che gli si potrebbe al limite assegnare anche compiti oggi svolti e gestiti da altri o, preferibilmente toglierglieli.
Ma sta proprio qui l’equivoco e l’abbaglio istituzionale che danneggia innanzitutto i parchi, ma che non giova neppure agli altri e numerosi soggetti e livelli istituzionali.
Se il parco, fosse vero, che può essere sostituito o sostituirsi ad altri, avrebbero mille e una ragione quelli che dicono che il parco li ‘espropria’, gli invade il campo d’azione, insomma gli reca disturbo e danno.
È quello che fa dire a non pochi che il parco non può ‘togliere’ nulla al comune, provincia etc.
Ma ‘quel ‘parco’ non è quello previsto dalla legge, uno fra i tanti e magari in guerra con tutti. Il parco ha un senso se fa le cose che gli altri non sono chiamati per legge a fare.
I problemi delle comunità montane, ma anche dei comuni e delle province e regioni fino allo stato non nascono e non sono dovuti alla presenza e al ruolo dei parchi, ma dalla loro difficoltà a misurarsi anche con i nuovi problemi ambientali.
È forse un caso che nella trentina di articoli di quei consiglieri liguri sulle comunità montane non ricorresse mai la parola ambiente?
È forse un caso che di queste cose si sia parlato così poco e spesso così male come è avvenuto nel corso dell’anno della montagna?
Considerate queste difficoltà persistenti, anche se oggi per fortuna le questioni ambientali sono a tutti più presenti, l’esistenza di una area protetta che ha tra i suoi compiti essenziali - è questa la sua straordinarietà - quello di proteggere l’ambiente come può disturbare, visto che ‘aggiunge’ competenze e risorse che sono solo sue?
Per questo il parco porta e non toglie nulla alle altre istituzioni. Certo se lo si concepisce come uno dei tanti e così lo si retrocede a figura ‘concorrente’, si riuscirà nella brillantissima impresa di depotenziare il parco senza accrescere la capacità d’azione delle altre istituzioni.
Ma a chi conviene oggi battere questa strada?

di Renzo Moschini