Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 42 - GIUGNO 2004

 



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BIODIVERSITA’: UN PATRIMONIO DA ACCRESCERE E CONSERVARE

Un sistema giovane ma già articolato

Il termine biodiversità fu coniato dal biologo americano Edward Wilson all’inizio degli anni ’80. Con questo termine lo studioso si riferiva alla gran varietà e variabilità del mondo vivente, riferendosi a habitat e ambienti, specie animali, vegetali, funghi e microrganismi, così come alla diversità tra individui appartenenti alla stessa specie.
Il termine biodiversità è però diventato d’uso comune a seguito della Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992. In quella Conferenza, uno dei pochi risultati ottenuti in campo internazionale, fu l’approvazione della cosiddetta “Convenzione sulla Biodiversità”. L’obiettivo della Convenzione Internazionale era di conservare la diversità biologica attraverso l’identificazione e valutazione delle risorse biologiche del pianeta, assicurandone l'uso sostenibile e incentivando su tali temi la ricerca, la conoscenza e l’informazione al pubblico.
La Convenzione è stata ratificata dal nostro Paese nel febbraio del 1994 con la legge n. 124. L’Italia è tenuta a predisporre, secondo tale convenzione, un “Piano Nazionale sulla Biodiversità”, attualmente in corso di redazione da parte del Ministero dell’Ambiente.
Riprendendo la definizione di biodiversità data da Edward Wilson, questa rappresenta dunque l’insieme della “varietà di specie animali e vegetali presenti in un determinato ambiente”; l’uso sostenibile della stessa e la sua tutela si possono dunque espletare in modi diversi a seconda dei soggetti e dei luoghi dove si opera.
Sul nostro pianeta la variabilità delle condizioni climatiche, geografiche e geologiche, ha determinato e determina l’esistenza di un’ampia gamma di differenti ambienti, in ognuno dei quali si ritrovano un gran numero di organismi distinguibili sia tra loro sia rispetto a quelli di un altro ambiente.
La loro diversità, la loro attitudine a vivere nell’acqua, sulla terra o nell’aria, sono la risposta biologica con cui la materia vivente si adatta alla diversità ambientale; la biodiversità testimonia quindi la plasticità della vita, che nel corso di milioni di anni si è evoluta e differenziata in modo da occupare tutte le nicchie che di volta in volta si andavano formando.
Secondo gli specialisti della materia la biodiversità si esprime in natura a vari livelli del mondo vivente ed esistono tre fondamentali tipi di biodiversità:
- la biodiversità genetica, per cui gli individui appartenenti ad una stessa specie, pur condividendo tutta l’informazione genica che definisce quella data specie, mostrano differenze interindividuali o tra le differenti popolazioni costituenti la specie.
- la biodiversità specifica, per cui le innumerevoli specie viventi appaiono reciprocamente diverse in risposta alle rispettive nicchie ecologiche ed alle pressioni selettive che in loro hanno agito ed agiscono.
- la biodiversità ambientale (o di habitat), per cui il pianeta terra si presenta diversificato in una varietà di ambienti, ognuno dei quali abitato da comunità di organismi variabili per numero di specie e tipo di interazioni, la cui sopravvivenza dipende interamente dalla conservazione dell’habitat stesso.
La biodiversità ambientale è la più complessa e importante, poiché in essa risultano comprese le precedenti e quindi la sua conservazione, soprattutto se attuata su scala opportuna, assicura il mantenimento delle altre due forme e assicura una comunità con elevata ricchezza specifica e variabilità genetica.
Ecco dunque spiegata l’importanza di usare in modo sostenibile e cioè tutelare, ripristinare e conservare la biodiversità ambientale e con essa gli altri tipi di biodiversità esistenti sul pianeta.
Questo è certamente il compito primario che spetta ad ogni area protetta del nostro Paese e questo è il motivo per cui l’AIDAP (Associazione italiana dei direttori delle aree protette) ha dato alle stampe un catalogo che presenta una prima sintesi del grande lavoro nel campo della gestione consapevole e sostenibile della biodiversità e dunque della sua conservazione, che molte aree protette italiane hanno attuato negli ultimi anni.
Esso è costituito da una serie ragionata di schede suddivise per aree tematiche dove sono presentati interventi già realizzati.
Abbiamo molto insistito affinché i progetti presentati dalle varie aree protette fossero già stati realizzati (ovvero in corso di ultimazione). Ci preme anche ricordare che l’obiettivo di questa iniziativa, come per altro di qualsiasi operazione di sistematizzazione di soggetti complessi, non è quello di un’esposizione esaustiva degli interventi ma quello di far conoscere ad un vasto pubblico gli interventi stessi rimandando ad ulteriori contatti ed approfondimenti con i soggetti interessati la definizione dei dettagli e l’approfondimento delle tematiche.
Nelle nostre intenzioni, infatti, i fruitori del lavoro non dovrebbero limitarsi alle sole aree protette ma investire tutto il mondo degli enti pubblici territoriali, nonché di privati che vogliano adottare, anche al di fuori delle aree protette, buone pratiche di conservazione degli ambienti naturali e della biodiversità.
Crediamo, infatti, che l’esperienza e l’eccezionalità degli interventi che in questi anni le aree protette hanno messo in campo in questo settore non possano e non debbano limitarsi ai luoghi rappresentati dalle stesse ma vadano amplificati e fatti conoscere al di fuori dei siti di eccellenza costituiti da parchi e riserve naturali per assumere i connotati di ordinarietà nella gestione del territorio e delle sue risorse.

Quale patrimonio è affidato alle aree protette del nostro paese?
Speciazioni ed estinzioni, ovvero la nascita e la morte di nuove specie, hanno sempre fatto parte dell’evoluzione della vita sul pianeta, ma i tempi biologici di questi fenomeni si esplicano in millenni. Oggi invece la grande capacità modificativa che la tecnologia e l’uomo possono mettere in atto, stanno seriamente minando la complessa e fragile armonia della terra e dei suoi ecosistemi.
Mentre non sappiamo nemmeno quante specie di esseri viventi popolino la terra - ufficialmente è riconosciuta l’esistenza di circa 1.750.000.000 specie - ma si suppone che la biodiversità sulla terra vada da un minimo di 10.000.000.000 sino a 30.000.000.000 di specie, possiamo affermare con certezza che, oggi, il processo di alterazione e devastazione degli ecosistemi sta innescando una drammatica spirale distruttrice e un quarto di queste rischia di scomparire entro i prossimi trent’anni.
In Europa il 22% delle Piante superiori, il 42% dei Mammiferi e il 52% dei Pesci risulterebbero seriamente minacciati di estinzione, con gravi e imprevedibili conseguenze sulla vita stessa dell’uomo. Accanto all’esigenza morale e materiale di tutelare la biodiversità del mondo, ormai universalmente riconosciuta, esiste una motivazione fondamentale della quale ogni uomo deve essere consapevole. Tutelare la biodiversità significa mantenere forte e sicura la continuità della vita sulla terra.
La semplificazione della vita, come sta avvenendo con l’esasperazione delle monocolture o con l’utilizzo di Organismi Geneticamente Modificati, ovvero con la perdita di specie endemiche come avviene in molte parti della terra, prime fra tutte le coste marine e le aree tropicali, rende fragile l’ecosistema terrestre sino al punto di minarne l’esistenza stessa.
Inoltre, le semplificazioni introdotte dall’uomo in molti campi minano alla base le fondamenta stesse della vita e la rendono più fragile nei confronti dei cambiamenti climatici in corso, dell’insorgenza di nuove patologie o di recrudescenze di malattie ritenute scomparse che potrebbero riapparire in forme nuove e più aggressive.
La diversità della vita rappresenta, dunque, la forza e la garanzia di continuità ed evoluzione. Viceversa la sua semplificazione rappresenta il principale elemento di fragilità e di insicurezza per tutti i viventi, uomo compreso.
Tutelare la diversità della vita in tutti i suoi aspetti significa rendere la vita sulla terra più stabile e sicura. L’Italia figura, in rapporto alle dimensioni, caratteristiche e grado di antropizzazione, come uno dei paesi più ricchi di biodiversità: sono circa 58.000 le specie animali catalogate (delle quali 40.000 sono specie di insetti) e oltre 5.800 le specie di piante superiori ospitate dal nostro Paese.
Le liste complete della fauna d’Italia sono state pubblicate alcuni anni or sono a cura del Ministero dell’Ambiente e del Comitato Scientifico per la Fauna d’Italia (costituito da oltre 240 studiosi italiani e stranieri e supportato dalla Unione Zoologica Italiana e dall’Accademia Nazionale Italiana di Entomologia). Un lavoro difficile, lungo ed importantissimo che ha visto il nostro Paese realizzare tra i primi al mondo il proprio completo inventario faunistico disponendo così dello “status” della biodiversità e della base di conoscenza per la tutela e la gestione della propria fauna. In campo botanico il testo “Flora d’Italia“ di Sandro Pignatti, anch’esso appena aggiornato, rappresenta un punto di riferimento unico per completezza di indagini e rigore scientifico elencando puntualmente le specie di piante superiori italiane.
Nel regno dei funghi centinaia di studiosi, molti dei quali appassionati locali di grande professionalità, stanno realizzando un sistema di identificazioni e classificazioni su scala continentale. Queste liste costituiscono la base di conoscenza scientifica finalizzata alla tutela, lo strumento fondamentale per gli interventi di gestione, il primo semplice indicatore della biodiversità del territorio, del suo valore e del suo stato di salute.
Si tratta di un momento conoscitivo iniziale che rappresenta la base per le banche dati, il supporto della ricerca finalizzata, il quadro di riferimento per operazioni puntuali relative sia a singole specie che a ecosistemi.
Tra le caratteristiche degli esseri viventi, oltre alla capacità di crescere, riprodursi, metabolizzare ed autoregolarsi, vi é anche la capacità di mutare ed evolvere. La profonda alterazione degli ecosistemi terrestri e marini operata dall’uomo nell’ultimo secolo ha inciso in modo pesante su quest’ultimo aspetto delle caratteristiche della vita: più ancora delle numerose estinzioni di specie animali e vegetali preoccupa oggi la radicale modifica di gran parte dei grandi habitat della biosfera, mari e foreste innanzitutto, cosa che ha fortemente alterato, se non addirittura interdetto, la capacità dei viventi di evolvere adattandosi così, tra l’altro, anche alle alterazioni prodotte sull’ambiente dalle attività umane. Il processo dell’evoluzione della vita sulla terra, originatosi oltre tre miliardi di anni or sono con la comparsa delle prime forme di vita e proseguito, anche se con fasi diverse (si pensi ad esempio alla estinzione dei grandi rettili avvenuta nel cretacico) fino ai giorni nostri, rischia di interrompersi a causa di numerosi fattori di alterazione messi in atto dall’azione dell’uomo soprattutto nell’ultimo secolo.

Le aree protette e la tutela della biodiversità: tanti modi per essere virtuosi
La maggior parte delle azioni messe in atto da un’area protetta sono, o perlomeno dovrebbero essere, mirate all’obiettivo di tutelare e incrementare la diversità biologica.
Quando, ad esempio, si applica una corretta pianificazione territoriale evitando che gli interventi di urbanizzazione interrompano i corridoi ecologici o determinino la perdita di territori agricoli e aree boscate, anche se in modo indiretto, si tutela la biodiversità. Quando si cerca di sostituire sistemi obsoleti di intervento sul territorio utilizzando tecniche di ingegneria naturalistica, si contribuisce alla conservazione degli habitat e degli ecosistemi. Ma spesso le azioni a tutela della biodiversità messe in atto dalle aree protette nel campo dell’uso sostenibile delle risorse biologiche si esplicano anche nel campo sociale e educativo: se si istruiscono i volontari perché - per primi - siano di esempio a tutti i fruitori dell’area protetta delle regole di comportamento e di corretto utilizzo dell’ambiente, se si organizzano corsi di educazione ambientale per le scuole, corsi di formazione per gli agricoltori, per i forestali e per le guide naturalistiche, indirettamente ma concretamente, si contribuisce a fare evolvere le coscienze verso la sostenibilità ambientale e la conservazione. Persino la valorizzazione di prodotti tipici locali, l’incremento ed il sostegno di forme di cultura, di uso del suolo e delle risorse naturali nel campo agricolo e artigianale, possono contribuire, ed in alcuni casi sono addirittura essenziali, al mantenimento ed al rafforzamento della biodiversità. Vi sono però interventi che più di altri, per specificità e caratteristiche proprie, sono mirati essenzialmente alla tutela della biodiversità e tra questi alcuni assurgono al rango di veri e propri esempi virtuosi: quest’ultimi sono gli intereventi che abbiamo voluto presentare nel catalogo.

Come è stutturato il “catalogo buone pratiche di conservazione dell’ambiente naturale e della biodiversità nelle aree protette”
Grazie alla collaborazione di 24 Aree Protette è stato possibile raccogliere e presentare in questa prima edizione del Catalogo 40 schede che rappresentano altrettanti interventi che, per tipologia e qualità, possono raffigurare un primo screening delle centinaia di interventi attuati negli ultimi dieci anni dai parchi e riserve naturali italiani a tutela dell’ambiente naturale e della biodiversità del nostro Paese. Le aree tematiche prescelte cercano di ricomprendere, per tipologia di habitat e per temi di lavoro, tutto il vasto panorama relativo alla materia trattata.
Ovviamente il lavoro non esaurisce la vastissima gamma di interventi messi in atto nel nostro Paese, ed anzi è con rammarico che questo primo volume non presenti interventi di pregio attuati da alcune aree protette di grande valore nel panorama nazionale. Purtroppo, l’enorme quantità di lavoro che investe gli ancora pochi operatori delle AP (gli organici sono sottodimensionati in tutte le AP del Paese e almeno questo è un dato che ci accomuna dal nord al sud, sino alle isole) ed i tempi relativamente brevi con i quali è stato raccolto e pubblicato il materiale qui presentato, hanno fatto si che diverse Aree Protette non vi siano rappresentate.
Le aree tematiche attraverso le quali si è tentato di sistematicizzare i diversi casi studio presentati sono state suddivise per aggregati territoriali (aree montane, prati e brughiere, aree umide, fiumi e torrenti, coste e litorali) e per settori di intervento (agricoltura, turismo, ecosistemi degradati e costruzione di reti ecologiche, sostegno e reintroduzione di specie animali e vegetali). Ovviamente, tale sistematizzazione non ha la pretesa di esaurire i possibili tematismi ed ha più il significato di indirizzare il lettore che non quello di voler catalogare in modo rigido i diversi casi studio presentati. Grande assente in questo lavoro è il mare.
Poco o nulla traspare dal catalogo ed a poco è valso il tentativo di coinvolgere le aree marine protette, pur numerose sulla carta, nell’attività che presentiamo. Ciò deve fungere da stimolo alla nostra Associazione, cosi come a Federparchi ed al Ministero dell’Ambiente, per porre maggiore attenzione al tema supportando con personale e norme adeguate il lavoro di tutela del mare che tanto è importante per la vita e l’economia del nostro Paese.
Comunque, ciò che appare evidente è che, più che un lavoro di conservazione tout court, è in atto da parte della grande maggioranza delle AP un imponente lavoro di restauro, quasi che la coscienza del Paese si stia ribellando agli scempi perpetrati nel secolo scorso a danno degli ambienti naturali (come peraltro anche a danno del paesaggio e dei monumenti storici ed architettonici e quindi a danno della nostra essenza culturale) attraverso una catarsi collettiva che vede coinvolti non solo gli operatori delle Istituzioni ma anche vasti strati della popolazione: agricoltori, industriali, operatori turistici, insegnanti, cittadini di ogni età e credo religioso e politico.
Un lento e delicato lavoro di restauro e ricucitura che vede delle avanguardie operare sempre meno isolate, come ancora era sino a pochissimi anni or sono e in grado di aggregare sempre più attenzione e consenso.
Dalla lettura del catalogo emerge un approccio all’ambiente decentrato, appannaggio anche di piccole realtà locali, pragmatico, attento all’interazione tra uomo e natura ed allo stesso tempo etico ed intellettualmente onesto.
Alberi, animali, sentieri, boschi, acque di risorgiva e zone umide, coste marine e prati sono diventati oggetti di cura e attenzione da parte di una parte di umanità attenta e sensibile che quotidianamente opera per la loro tutela e restauro, un grande “cantiere nazionale” che lavora con caparbietà e concretezza, spesso all’oscuro dei mass media e del grande spettacolo della politica nazionale.
Un lavoro onesto e forte per dare senso concreto al concetto di “sviluppo sostenibile”.

Di seguito riportiamo due dei casi di studio trattati, a titolo esplicativo per maggiori informazioni sul “Catalogo”

di Dario Furlanetto (direttore del Parco del Ticino)