Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 42 - GIUGNO 2004

 



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LA PESCA NELLE AREE MARINE PROTETTE

Verso regole condivise tra gli enti gestori e il modo della pesca in un rapporto reciprocamente indispensabile

Premessa

Le aree marine protette stanno vivendo un momento di profonda incertezza, regolamentare, amministrativa e di vocazione. La mancanza di una “politica di sistema” che dia indirizzi e regole comuni aumenta le difficoltà che ogni singola area marina deve affrontare (Politica di sistema che tutti auspicano e che nei fatti quasi tutti ostacolano). Vi è incertezza anche su ciò che una area marina deve essere. Le due tendenze dominanti, che a sorti alterne si strappano la guida programmatica della politica delle AMP sono quella che tende a trasformarle in una sorta di luoghi di ricreazione di qualità, per un turismo ricco e qualificato, e quella che tende a farne dei santuari inviolabili per la protezione della biodiversità lontano dall’influenza umana.
Queste due tendenze, ognuna per il proprio verso, tendono a stravolgere, se totalizzanti, un elemento fondamentale che non solo siamo tenuti a salvare, ma, di più, siamo interessati a salvare. Questo elemento è la cultura marinara, la cultura di chi frequenta il mare tutto l’anno, non solo nei mesi estivi, e di chi il mare può curare, sorvegliare e proteggere. Perché non “in mare” ma “dal Mare” trae il suo reddito ed il suo futuro
Siamo convinti che questa cultura, possa e debba ritornare a vivere, riportando la conoscenza del mare, delle sue leggi naturali, delle sue regole di convivenza e delle sue tradizioni al centro dell’azione di protezione delle aree più incantevoli delle nostre coste. Federparchi è pronta per raggiungere questo obiettivo ad una stretta collaborazione con le organizzazioni della pesca. Approfondiamo alcune problematiche della Pesca nelle AMP:

Situazione regolamentare.
La storia dei rapporti tra le AMP e la pesca si descrive bene esaminando i principali elementi di regolamentazione delle Aree Marine Protette e la loro genesi ideale e pratica.
Le AMP sono istituite per mezzo di un Decreto Ministeriale che, in linea generale, ricalca uno schema standard; tale schema prevede che in un’AMP sia tutto proibito. In particolare è proibita la navigazione a motore, la pesca, l’asportazione di organismi minerali ecc.
Lo stesso decreto continua, poi, introducendo un sistema di deroghe, per le zone A, B e C.
Il sistema di deroghe configura un sistema che, grosso modo, prevede una regolamentazione della pesca professionale nella zona B e nella zona C, con un’indicazione di gradualità nel controllo, dalla zona A, a rispetto integrale, alla zona C, dove di fatto viene applicata la normativa nazionale.
La problematica fondamentale, a questo punto è data dal fatto che l’applicazione del Decreto viene delegata ad un regolamento, che deve essere redatto dall’ente di gestione, approvato dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio ed emanato con Decreto Ministeriale.
La attuale crisi di crescita e regolamentare delle AMP, deriva dalle difficoltà che enti di gestione eletti localmente (Enti locali, consorzi di enti locali) obiettivamente hanno nell’emanare direttive regolamentari che incidono sugli elettori, facendo si che poche siano le AMP dotate del necessario strumento regolamentare. A ciò si aggiunge una serie di incertezze nelle competenze e nell’attribuzione dei compiti di controllo e sorveglianza.

Condivisione delle regole di gestione
Il primo passo per un rapporto corretto tra ente gestore della AMP e il mondo della pesca professionale è la condivisione delle regole. Questa condivisione deve venire da una comprensione e da una comune pianificazione degli scopi e delle potenzialità dell’AMP, e questo può essere un elemento di concertazione forte tra federparchi, gli enti gestori e le organizzazioni cooperativistiche.
Gli scopi di istituzione e di gestione di aree protette in mare possono essere di tutela del patrimonio di biodiversità del nostro mare, di tutela del patrimonio estetico e di paesaggio, sia emerso sia sottomarino e di tutela di oasi di riproduzione, ripopolamento ed irraggiamento delle specie ittiche stanziali che il nostro mare offre e che possono rischiare supersfruttamento.
Attualmente il sistema delle AMP nasce per i primi due scopi ma porta, insito in se in potenza, il terzo scopo, mai esaminato a fondo e mai, soprattutto, oggetto di concertazione e programmazione comune a livello nazionale.
Si tratta di passare da una cultura del mare protetto dai pescatori (cioè contro i pescatori) ad una cultura del mare protetto dai pescatori in quanto proprietari di questo mare. Se questo richiede una crescita culturale da parte dei gestori che Federparchi rappresenta richiede anche una crescita culturale da parte della categoria degli operatori della pesca, che devono porsi non come antagonisti, bensì come protagonisti della gestione, intesa come protezione, delle AMP. Noi siamo oggi qui per dare questa disponibilità.

Le attività condivisibili e da sviluppare
Le attività in cui un rapporto continuo con le organizzazioni dei pescatori possono trovare una proficua collaborazione sono la:
crescita del patrimonio culturale e del turismo naturalistico. L’apporto dei pescatori, una volta condivise le regole di gestione, è l’elemento fondamentale per la crescita di una fruizione turistica incentrata sul recupero degli ambienti tradizionali, delle produzioni e dei piatti tipici, nonché di un pescaturismo o ittiturismo che dir si voglia, inteso come partecipazione e condivisione, da parte del turista alle attività di pesca tradizionali, condito con corsi di cultura marinara, di conoscenza delle attività di pesca, delle tradizioni e dei modi di vivere il mare tipici della zona.
Il pescaturismo inteso come mezzo di integrazione, non di sostituzione di reddito, ma anche come potente mezzo per la divulgazione della conoscenza dei valori del mare e di una categoria così poco conosciuta nella sua realtà di fatica ed amore per il mestiere.
Sorveglianza
La sorveglianza del mare, non ci stancheremo mai di dirlo, non può essere un problema di polizia.
Sorvegliare il mare 24 ore su 24 costa troppo, ed al di là degli ausili tecnologici e dei giusti presidi da parte del corpo delle Capitanerie di Porto non è fattibile.
Ma esiste un altro corpo, un corpo sociale, formato dai professionisti del mare, dai pescatori.
Non è certo trasformando questa categoria in corpo di pubblica sicurezza che si deve operare, ma trasformando il rapporto tra l’AMP e gli operatori professionali.
L’ente gestore ha, deve avere il compito di essere il mediatore, il catalizzatore di un accordo programmatico che coniughi le esigenze di protezione e salvaguardia ambientale con le esigenze degli operatori.
È l’ente gestore la sede naturale della gestione (scusate il gioco di parole) ma sono i protagonisti del mare, primi di tutti i pescatori attraverso le loro organizzazioni che devono scendere in campo per rivendicare il diritto di proteggere il loro bene primario.
Un tempo, se si entrava in uno scompartimento ferroviario per non fumatori si doveva chiedere per cortesia ai fumatori di smettere.
Non sono state le contravvenzioni, poco o punto applicate a far cambiare questo stato di cose, è stata la consapevolezza della gente che si rende conto di quale sia il suo interesse, è stata la consapevolezza dei trasgressori di essere in torto e di non essere approvati.
Quando chi violerà un’AMP saprà di essere in torto ed avrà paura di esser visto da qualcuno, da un pescatore, (perché quel pescatore protegge il proprio interesse) avremo finito il nostro lavoro.

Conoscenza
Tra le attività fondamentali di un’AMP è il supporto e la localizzazione delle ricerche sulla conoscenza dell'ambiente marino.
In questo quadro una componente fondamentale deve essere la programmazione della valutazione delle misure di riduzione e gestione dello sforzo di pesca.
Quale efficacia ha, nel ripopolamento una riserva? Quali dimensioni critiche deve possedere? Che valore ha il riposo biologico?
Quali sono i tempi critici per l’effetto riserva?
E gli effetti della selettività degli strumenti tradizionali di pesca? Sono domande, insieme ad altre che sino ad oggi la biologia della pesca ha potuto trattare solo con modelli teorici, affetta dal problema di avere delle aree sperimentali.
Ebbene, quale sinergia migliore di una serie di aree di raffronto su cui fare dal vero la valutazione delle politiche di gestione?
Le problematiche principali per la creazione di un quadro di collaborazione e partecipazione come quello suggerito sono due: la definizione di strumenti operativi per la piena regolamentazione della pesca da parte dell’ente gestore e la possibilità di introdurre attività sperimentali anche in deroga alla normativa nazionale e comunitaria.
La potestà regolamentare dell’ente gestore, infatti, pur con l’emanazione del regolamento con D.M. gravitano ancora sull’interpretazione dei divieti che sulla vera e propria gestione.
Da un’altra parte le politiche comunitarie di riduzione dello sforzo di pesca non tengono conto della necessità politica e programmatica di mantenimento della cultura e della pratica della piccola pesca artigianale.
Esigenze che si possono sintetizzare nella necessità di permettere un avviamento alla professione di giovani pescatori, con l’affiancamento ai pescatori più anziani e, forse con una crescita locale delle licenze.

Proposte e strumenti
Lo sviluppo della collaborazione tra AMP ed organizzazioni cooperative della pesca può passare attraverso lo studio comune di alcuni strumenti innovativi.
La via da perseguire, compatibilmente con le dimensioni e le vocazioni delle singole aree potrebbe essere quella della definizione di una politica speciale di gestione della pesca nelle AMP e nelle zone adiacenti.
Per poter operare in questo senso è necessario concordare i mezzi, regolamentari ed operativi con le organizzazioni cooperative, con il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e con il Ministero delle Politiche Agricole ed Alimentari.
Uno strumento operativo cui tendere potrebbe essere la creazione di un “Mini distretto di pesca” per permettere l’attivazione di regole di gestione concordate e la “presa in carico” di responsabilità da parte degli operatori.
Infatti proprio dalla creazione del rapporto diretto tra la gestione del “territorio” ed i risultati conseguenti può scaturire quella sinergia di intenti. Crediamo che un collegamento tra Federparchi, organizzazioni della pesca e ministeri competenti sia uno strumento fondamentale per sviluppare le linee sin qui accennate.

di Angelo Messina (Vicepresidente Federparchi)