Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 43 - OTTOBRE 2004

 




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LIBRI

Frammentazione ambientale connettività reti ecologiche

Un contributo teorico e metodologico con particolare riferimento alla fauna selvatica di Corrado Battisti Provincia di Roma, Assessorato alle Politiche agricole, ambientali e Protezione civile
Roma, 2004 246 pp.


“Soprattutto nelle foreste umide tropicali, centinaia di specie di uccelli evitano di attraversare discontinuità ampie anche solo qualche centinaio di metri”. Con questa citazione dell’ecologo J.M.Diamond si apre un volume fresco di stampa dedicato al tema, complesso ed attuale, delle reti ecologiche. Un lavoro maturato in un angolo di pianeta assai differente dalle selve tropicali, vale a dire il paesaggio plasmato da millenni di presenza umana della campagna romana. È infatti qui che l’autore - Corrado Battisti, naturalista in forza all’Ufficio Conservazione della Natura, Servizio Ambiente della Provincia di Roma - ha potuto trovare alcune prime applicazioni alla teoria delle connettività nell’ambito delle attività di pianificazione a scala locale e nazionale. Diciamo subito che è un testo da specialisti, questo, che vi troveranno esposto in tre parti - la prima sul nemico da combattere e cioè la frammentazione ambientale, la seconda sulle connettività, l’ultima sulla ricetta proposta e cioè appunto le reti - un compendio dei progressi compiuti da questo giovane e vivace settore delle scienze ecologiche. Comprese ben quaranta pagine di bibliografia (ma “la quantità di lavori pubblicati è talmente elevata da rendere impossibile una revisione completa e aggiornata”). Tra quelle tante citazioni non manca questa rivista, a cominciare dal dossier sulle reti ecologiche pubblicato sul n.29 di Parchi. E non mancano nemmeno gli atti di uno dei convegni di Gargnano dell’ormai defunto Centro Valerio Giacomini (ora di Centro ve n’è un altro a San Rossore, dedicato all’ecologo dal parco di Migliarino assieme a Pro Natura), né i documenti dell’ultimo Congresso mondiale di Durban. Ai parchi, strettamente parlando, il libro dedica brevi considerazioni su ruolo e limiti in aree frammentate, sottolineando - con citazioni e sintesi dal lavoro di vari autori, come avviene del resto per tutte e duecento le pagine - la necessità di affiancare alle aree protette approcci a scala territoriale più ampia. Presente pure una sintetica rassegna del filone di ricerca, ormai pluridecennale, mirato alla definizione dei criteri scientifici necessari per individuare, selezionare e perimetrare i parchi. Il resto è tutto per i corridoi, le stepping-stones, l’effetto-margine, le specie target e tutto il vocabolario specialistico di una materia dalla cui applicazione - è il sommesso monito di Battisti - non andrebbe però tagliato fuori (o relegandolo al solo preliminare ruolo descrittivo, che fa lo stesso) proprio chi dispone delle conoscenze adeguate dei problemi della conservazione e cioè i naturalisti. Una sfida al dilagare degli architetti? Resta da vedere, poi, quanti naturalisti vorranno raccoglierla. Il volume è disponibile gratuitamente per tutti coloro che ne faranno richiesta al Servizio (c.angeletti@provincia.roma.it) o direttamente all’Autore (cbattisti@ inwind.it).

Giulio Ielardi


Ripari dei nostri monti

Di Adriano Biamonti Stampa Me.Ca. Recco (Genova) per conto della Comunità Montana Argentea
Marzo 2003, pag. 120, s.i.p.


Chissà quanti di coloro che ogni giorno percorrono nelle due direzioni l’autostrada Genova - Ventimiglia, nel momento in cui si lasciano serenamente sulla destra o sulla sinistra l’uscita di Arenzano sono al corrente di trovarsi all’interno della Comunità montana “argentea”, e, volendo, di avere l’opportunità di percorrere monti che si trovano da sempre lì, i quali contengono sentieri, paesaggi, natura e, soprattutto, ripari.
Nel corso del convegno di Arenzano dedicato alla comunicazione, sono venuto in possesso di un prezioso volume che documenta l’avvenuto recupero di una grande quantità di questi ripari, sparsi nei monti dove si sta riprendendo l’abitudine di camminare, non solo una volta l’anno, in occasione della nota manifestazione che rende del tutto esauriti alberghi, pensioni e ostelli della zona, ma più in generale lungo tutto l’arco dell’anno. Questo libro, quindi, può essere richiesto alla comunità montana Argentea, direttamente o attraverso i buoni uffici del parco regionale del Beigua. Potrà essere usato come guida, ma anche come esempio di un lavoro di recupero che ha ripensato gli usi di una parte nuova e insolita di retrobottega della tradizionale riviera ligure, fornendo tutte le informazioni del caso sulle ragioni dei manufatti preesistenti, e aprendo la strada ad una nuova stagione nell’uso dei ripari e dei sentieri. Perché il futuro, come qualcuno di noi a volte sostiene, è fatto soprattutto di passato, riproposto in forme opportune, ma con il massimo rispetto delle identità e delle storie.

M.G.

Le bugie degli ambientalisti

Di Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari
Edizioni Piemme, Casale Monferrato
Pag. 188 - 12,50 euro


Nella prefazione al libro Tullio Regge esordisce affermando che “il mondo cattolico teme l’espandersi delle teorie ambientaliste, le giudica disumane e pericolose e corre ai ripari.” Poi prosegue con molti paragrafi tendenti a denunciare l’esagerato allarmismo dei movimenti ecologisti, intrecciando questa critica con l’ individuazione di forme di misticismo religioso “in cui il simbolo conta più dei fatti” che si aggirerebbe nel mondo per responsabilità degli ambientalisti. Un po’ come capitava ai tempi di Carlo Marx con il comunismo: un fantasma si aggira, e Tullio Regge nella prefazione, e poi Cascioli e Gaspari in una quindicina di appassionati capitoli, ne dipingono a tinte fosche i pericolosi connotati. Non so se il libro vada letto, per conoscere quanto di peggio sia possibile concepire quando si sia ammalati di pregiudizi poco curabili da ordinarie terapie culturali, che in genere consistono nella lettura e nel dialogo, o se vada sconsigliato, non essendo obbligatorio scendere a livelli così bassi. Tuttavia opto per la prima ipotesi per una antica fede nel confronto delle opinioni, e per una assoluta antipatia verso lo strumento (molto apprezzato da certi cattolici) dell’indice dei libri proibiti. L’opera si articola in una introduzione, che dipinge il novecento come “secolo buio”. Si tratterebbe, infatti, dell’epoca “dell’odio dell’uomo per il proprio genere”, con centinaia di milioni di vittime tra aborti, embrioni sacrificati per esperimenti medici, popolazione dei paesi in via di sviluppo usata come cavia, malattie legate alla malnutrizione e alla fame”. Perché il novecento è così “buio”? Per colpa dell’eresia eugenetica, che poi non é altro che la vera sostanza di ogni ambientalismo, che sogna una umanità sempre più perfetta e autodeterminata, finalmente libera dal “bisogno” di Dio, e condizionata a tal punto dalle teorie catastrofiste da mettere in contrapposizione la natura e gli animali alla persona umana. Il cosiddetto “mondo nuovo” che si vuole costruire senza Dio, è quindi anche contro l’uomo, dipinto come nemico della natura. E questo è solo il primo capitolo. A seguire troviamo una prima parte (dal promettente titolo di “Album di famiglia”), che però si riduce ad un solo capitolo (“Il sogno di una razza migliore”). L’album si compone della famigerata eugenetica, che ben mescolata con le prime avvisaglie del femminismo e con la sostanza del nazismo darebbero origine al catastrofismo come strategia e all’attuale ecologismo. Ho letto il capitolo un paio di volte, per rendermi conto della fortuna sfacciata che mi è capitata di vivere in un’epoca dove l’inquisizione è stata accantonata come strumento di salvezza delle anime. In caso contrario avrei corso il rischio di incontrare questi due baldi giovanotti in qualche centro di rieducazione, dove, per il mio bene, chissà cosa mi avrebbero fatto confessare. La seconda parte del volume si intitola “Sfatati i luoghi comuni”. Stavolta la cosa è tosta. Si tratta di ben otto capitoli che prendono per le corna i principali tori in circolazione (sovrappopolazione, sviluppo sostenibile, principio di precauzione, riscaldamento globale, deforestazione, scomparsa delle specie, cibi OGM, inquinamento atmosferico), con la speranza di abbatterli uno ad uno, in una plaza de toros gremita di pubblico in delirio. Il risultato, tuttavia, appare piuttosto una corsa di Pamplona, con i tori seccati che rincorrono i ragazzini arrogantelli e spericolati, poco disposti (i tori) a farsi prendere in giro. Ma non c’è riassunto che possa rendere l’idea della ricchezza e della profondità degli argomenti usati: occorre spendere i dodici euro e cinquanta e mettersi comodi con una luce appropriata e tutto il tempo che serve. Il piacere culturale è assicurato, soprattutto per chi avesse il timore di aver approfondito poco quegli argomenti, e fosse assalito dal dubbio di lasciarsi trascinare dalle mode o da superficiali luoghi comuni. La parte tosta del libro di Cascioli & Gaspari va degustata come una preziosa torta con ciliegina, per uscire dall’esperienza più sereni e tolleranti. Perché sarà anche vero che all’interno delle nostre culture di riferimento a volte ci tocca combattere con evidenti ritardi e con assurde banalizzazioni. Ma gli altri, i nostri naturali avversari, sono messi molto, ma molto peggio. La terza parte del volume si intitola “La strada dell’eco-ottimismo”. Ed è composto di due brevi capitoli: ecologismo come negazione della realtà, e “una reazione all’eco imperialismo”. La realtà che l’ecologismo negherebbe è la fusione, nella religione cristiana, dell’amore per la natura con l’amore per l’uomo e per Dio. Non riescono a rassegnarsi, i pagani e miscredenti ecologisti, che l’antropocentrismo non disprezza l’ambiente, anzi. Mentre la strada che si sta aprendo verso l’ottimismo è lastricata da madri nere che chiedono il ritorno del DDT, mentre anticristo forsennati del calibro di Gorbaciov, che brandisce minacciosamente la sua “Carta della terra”, e Waangari Maathai (nel frattempo, dopo che il libro era stato scritto premiata con il Nobel da quegli ignoranti miscredenti di norvegesi), pretenderebbero addirittura di… riscrivere la Bibbia! Se ci fosse anche in Europa il KKK, si potrebbe essere eco ottimisti un poco più in fretta. Ma basta avere fede, a qualcosa si metterà in moto. Forse. Il libro potrebbe finire anche qui, e sarebbe completo, chiaro e serenamente non condivisibile. Tuttavia, ad abundantiam, gli autori hanno voluto aggiungere una “appendice” in tre capitoli, intitolata “I signori della Terra”. Si tratta di tre capitoli velenosetti e un poco ridanciani, come certe barzellette che i padri spirituali raccontavano all’oratorio, tra una partita a pallone e una di calcio balilla, per tenere allegra la lieta brigata. È, non a caso, una appendice. Nel primo capitolo si cerca di distruggere Greenpeace, nel secondo il Wwf e nel terzo il Worldwatch institute, tre postacci, pieni di demo pluto eugenetica bruttissima gente, panteista e scristianizzante. Brutta e cattiva. Peccato che non si parli di Legambiente, e nemmeno di Italia nostra. Ma forse, in una ristampa, possiamo sperare in qualche ampliamento. Chissà? Questo libro comunque va letto. Strombazzato. Regalato per Natale. Perché è raro trovare in libreria un così compatto concentrato di certezze malriposte e di paranoie condite da strampalate manie di persecuzione. Appena mi capita di passare dal monastero di Fonte Avellana, dove opera un gruppo di monaci che da tempo studiano l’ecologia da un punto di vista squisitamente cattolico, guidati da un intellettuale a tutto tondo che riesce anche a cogliere i lati ironici della stupidità, anche quando essa si rappresenta in dosi meno vistose e industriali, non mancherò di far loro dono della mia copia, per non sottoporre le modeste finanze del convento ad un esborso inutile. Per il momento, in attesa di quell’incontro e di quel confronto, sollecito i nostri lettori a non perdere questa preziosa occasione di incontro con le radici di un pregiudizio anti ecologista così completo e a tutto tondo. Ricordo il mio stupore e la mia indignazione, alla seconda conferenza nazionale sulle aree protette, quando il ministro Matteoli disse alcune cose sull’uomo da riportare al centro dei parchi, beccandosi una selva di fischi e di male parole dalla platea. Quella parte dell’intervento del ministro mi turbò, perché ebbi l’impressione di una caduta culturale imprevedibile, e quindi a maggior ragione imperdonabile. Se avessi avuto prima l’occasione di gustare il testo di Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari (il primo è docente del Master di scienze ambientali al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, ed è anche presidente del CESPAS, il centro europeo di studi sulla popolazione, l’ambiente e lo sviluppo, mentre il secondo è presidente del Master al Regina Apostolorum e direttore di dipartimento al CESPAS) mi sarei indignato molto, molto meno.

M.G.

Gli alberi del Conero

A cura di Stefano Cavalli Tecnoprint Srl, Ancona, 2004
50 pagine - s.i.p.


L’elegante volumetto si apre con una prefazione del presidente del parco del Conero, Giancarlo Sagramola, che dopo aver osservato come il bosco sia una fonte di vita per animali e piante, ma che per anni e per tanti è stato anche fonte di sostentamento e di reddito, spiega che il volume è una pubblicazione di carattere scientifico che raccoglie parte delle specie presenti sul Conero, aiutando e guidando alla conoscenza degli alberi e delle piante durante le passeggiate nei sentieri del parco, in particolare nell’arboreto di Pian de’ Raggetti dove le specie sono raccolte in maniera particolare, e durante la visita al bosco Mancinforte di Camerano. Il libro contiene l’illustrazione a colori di tutte le trenta piante schedate. L’obbiettivo del lavoro è evidente: si tratta di consentire ai meno informati di riconoscere le piante, avviando una prima conoscenza suscettibile di sviluppi impensati, favoriti da una bibliografia essenziale, ma anche dall’esistenza di strutture di educazione ambientale permanenti. I testi sono di Stefano Cavalli, i disegni di Chiara Beligni. Il coordinamento è stato di Marco Zannini. Per richiedere una copia è sufficiente rivolgersi al parco del Conero (parco.conero@regione.marche.it).

Managing mountain protected areas: challenges and responses for the 21st century

David Harmon and Graeme Worboys,
editors Andromeda editrice, Colledara (Teramo)
432 pagine - 78 euro


Il volume in grande formato, e con foto in bianco e nero e a colori, raccoglie i contributi presentati dai partecipanti al World Heritage Mountain Protected Area Field Workshop: linking protected areas along mountain ridge, incontro internazionale che si è svolto nella settimana precedente la Conferenza mondiale sui parchi organizzata a Durban nel settembre 2003. I testi che il volume raccoglie rappresentano un panorama molto interessante di quanto è stato elaborato sul tema dei cosiddetti “linkages”, ovvero di quelle strutture territoriali ancora prive di precisa connotazione normativa e di management le quali tuttavia interessano le iniziative di conservazione che attualmente vengono promosse nel mondo. Scorrendo l’elenco degli autori e dei lavori che il volume raccoglie, è possibile osservare come siano presenti parecchi argomenti legati al tema delle “reti di parchi” di carattere gestionale, di ridefinizione e rinomenclatura, di approccio scientifico teorico, di metodologia applicativa, di sperimentazione su casi territoriali effettivi con una rappresentatività estesa al mondo intero e con una conseguente ricchezza di modalità di trattazione. Le “reti di parchi” si estenderanno a tutto il pianeta nei prossimi decenni, in quanto costituiscono l’orizzonte più avanzato della conservazione. L’occasione della conferenza mondiale di Durban ha sancito anche in chiave storica questo fondamentale passaggio concettuale. Per ricevere il libro, che verrà ripresentato a Bangkok nella conferenza mondiale di metà novembre, attualmente disponibile solo in lingua inglese, occorre rivolgersi al servizio commerciale della Andromeda Editrice, 64042 Colledara (Teramo), anche attraverso la posta elettronica (andromedit@tin.it).
Per ordinazioni superiori alle cinque copie sono previste condizioni particolari.

Dizionario dello sviluppo

A cura di Wolfgang Sachs nuova edizione Edizione italiana a cura di Alberto Tarozzi
EGA Editore, Torino, 2004
480 pagine - 16 euro


Il “dizionario” di Wofgang Sachs è noto da tempo, essendo uscito in lingua inglese nel lontano 1992. Questa nuova edizione è aggiornata al marzo 2004, e contiene un nuovo contributo - inedito - dello stesso Sachs nonché una interessante “postfazione all’edizione italiana” scritta da Alberto Tarozzi e da Marco Giovagnoli, rispettivamente curatore e traduttore. Il volume - come è noto - appartiene a quel ristretto numero di opere che sono destinate a durare nel tempo, e rappresenta un lessico utilissimo (“indispensabile”, affermano Alberto Tarozzi e Marco Giovagnoli) per chi intenda appropriarsi delle chiavi interpretative idonee a comprendere i cambiamenti sociali in atto e quelli degli anni a venire. È un libro pionieristico, dove i principali esperti di sviluppo a livello mondiale ne passano in rassegna i concetti chiave, esaminandoli criticamente e mettendone in luce le contraddizioni. È un invito a sottrarsi al dominio dell’economicismo per formulare strategie nuove. Gli ultimi cinquant’anni possono essere definiti l’era dello “sviluppo”. Una idea che ha orientato le nazioni emergenti nel loro viaggio attraverso la storia del dopoguerra. Un concetto che ha condizionato le politiche economiche degli Stati e che ha modellato il nostro modo di pensare. Tuttavia, da mito rassicurante e da fantasia che scatena le passioni, oggi lo “sviluppo” è entrato in una fase di profonda crisi. Per andare oltre questo punto di non ritorno, vengono presi in esame da esperti di fama internazionale diciotto concetti chiave: aiuto, di Marianne Gronemeyer, ambiente, di Wolfgang Sachs, bisogni, di Ivan Ilich, mercato, di Gerald Berthoud, partecipazione, di Majid Rahnema, pianificazione, di Arturo Escobar, popolazione, di Barbara Duden, povertà, di Majid Rahnema, produzione, di Jean Robert, progresso, di José Maria Sbert, risorse, di Vandana Shiva, scienza, di Claude Alvares, standard di vita, di Serge Latouche, stato, di Ashis Nandy, sviluppo, di Gustavo Esteva, tecnologia, di Otto Ulrich, uguaglianza, di C. Douglas Lummis, un mondo, di Wolfgang Sachs. Invece di perdersi nell’illusione dello sviluppo come liberazione, questo “dizionario” avanza l’ipotesi che occorra liberarsi dallo sviluppo. Attraverso la riconsiderazione di molti dei concetti principali che fanno parte del bagaglio culturale di chi si occupa di sviluppo, questo lavoro rappresenta uno strumento di lavoro non convenzionale, alle volte parossisticamente critico, che oggi come non mai appare indispensabile per affrontare le complesse sfide che sono di fronte a noi.

I.V.R.

Ro Ortles

Di Rheinold Messner
Tappeiner Edizioni Lana (Bz) 2004
pp.224- s.i.p.


Reinhold Messner ha presentato il suo ultimo libro “Re Ortles”, nel cuore del versante trentino del Parco nazionale dello Stelvio. È accaduto a ferragosto. Una giornata speciale per la Val di Rabbi che ha accolto oltre 500 visitatori accompagnati dall’alpinista-scrittore in Val di Saènt, uno degli itinerari più suggestivi dell’area protetta. Con un mentore d’eccezione gli ospiti hanno percorso sentieri e boschi, ammirato magnifici salti d’acqua, camminato ai piedi di larici monumentali, cresciuti dove la vegetazione gioca con la roccia. Buoni compagni d’escursione dei visitatori anche Franca Penasa, sindaco di Rabbi e presidente della parte trentina del Parco nazionale dello Stelvio e Ferruccio Tomasi che del consorzio del parco è neopresidente. Nella Piana di Saènt, idilliaco pascolo popolato dalle marmotte, il “Re degli Ottomila” ha sostenuto con decisione la causa di chi, nonostante le difficoltà, ha scelto di vivere in montagna. Appollaiato su una grande roccia ha posto l’attenzione sulle potenziali prospettive di sviluppo delle aree alpine, precisando che agricoltura, turismo e artigianato sono gli elementi fondamentali per dare un futuro economicamente sostenibile agli ambiti vallivi disegnati alle pendici dei rilievi montuosi. Ha manifestato entusiasmo per gli incantevoli scenari della Val di Rabbi, osservando compiaciuto lo stile architettonico che caratterizza gli insediamenti sparsi nella vallata, definita dalla penna di Aldo Gorfer “... la più alpestre delle valli trentine”. Ha rilevato e gradito la pulizia dei sentieri e la cura del paesaggio, frutto di un’instancabile attività di manutenzione del territorio. Ad ascoltarlo una grande macchia colorata: magliette, berrettini e zaini si muovevano baciati dal sole, circondati da una natura smagliante. Una giornata intensa dedicata in parte anche alla presentazione in anteprima europea dell’ultimo libro, scritto dall’alpinista scrittore. Il titolo è “Re Ortles” e racconta, nel bicentenario della prima salita alla magnifica vetta, l’epica scalata del 27 settembre 1804 compiuta da Josef Pichler, cacciatore di camosci di San Leonardo in Passiria senza particolare mestiere. Ma non solo. La penna dell’autore dà forma e colore alle straordinarie imprese di fine Ottocento di Jiulius Payer, notevole figura di alpinista- scienziato, per poi soffermarsi a descrivere le ascensioni compiute durante il primo conflitto mondiale. Ampio spazio è riservato infine a una riflessione sul rapporto tra l’uomo contemporaneo e l’Ortles, gruppo montuoso e centro geografico del Parco nazionale dello Stelvio, area protetta più importante d’Italia. A corredo del testo le splendide fotografie di Jacob Tappeiner e le immagini dei dipinti realizzati dal celebre pittore alpino E.T. Compton. La montagna, che con i suoi 3905 è la più alta del Parco dello Stelvio ha un fascino senza tempo. Continua ad ammaliare gli alpinisti con i suoi ghiacciai, le vette coperte di neve, le valli scolpite nella roccia. Messner descrive con tratti decisi i luoghi dell’Ortles, l’etnografia, la storia non solo alpinistica dell’imponente gruppo montuoso. Il racconto è un affresco in cui sono ben visibili i volti degli uomini e la cultura che affonda le radici nel secolare di civiltà montana. Di grande interesse anche il capitolo curato dal prof. Franco Pedrotti dell’Università di Camerino. L’eminente botanico si sofferma nella descrizione di quella che Messner designa tesori del parco. Sono le pagine riservate alle foreste, ai pascoli, ai nevai, al paesaggio antropico e alla variabilità di ambienti che caratterizza il gruppo Ortles- Cevedale. Lo studioso, che tanto tempo ha speso a leggere ed interpretare l’ambiente, offre al lettore gli strumenti per conoscere le pecurialità di uno dei parchi storici italiani.

F.Z.