Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 44 - FEBBRAIO 2005

 




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GLI SPAZI NATURALI PERI-URBANI E IL PROGETTO "METROPOLE NATURE"


“E la natura conserva sempre un ruolo?
Ancora di più è sentito il rapporto con gli elementi naturali che
vengono a sostituire quelli ideologici; il paesaggio diventa coscientemente consolatorio, ma in maniera indiretta; come riflessioni sul paesaggio, sulla funzione che il paesaggio ha avuto da Cézanne ai giorni nostri, una riflessione sulla natura non come spettacolo diretto ma come meditazione sugli aspetti della vita, in senso leopardiano...”
(Francesco Biamonti, Il silenzio, 2003)

Il rapporto città-natura: il cambiamento del quadro “di sfondo” culturale, sociale ed economico

Al centro delle politiche urbane e territoriali è oggi posta, almeno a livello di principio(1), l'attenzione alla dimensione ambientale e paesaggistica, sia in termini di preservazione della natura (evidentemente in considerazione alla pluralità di situazioni che ne testimoniano il diverso grado di antropizzazione), che del sistema di permanenze storico-culturali, in larga misura connesse a questi stessi spazi aperti. Si sta consolidando in una visione condivisa il dibattito che, dagli anni settanta, ha posto l'attenzione su alcuni concetti-chiave che, da un lato, richiamano il tema del progressivo esaurirsi delle risorse territoriali come esito del modello di sviluppo “moderno” (i “limiti dello sviluppo” del Club di Roma), dall'altro prendono atto dell'accentuarsi dei fenomeni di degrado e dissesto ambientale, testimoniati dalle grandi calamità che, a partire dalla frana della diga del Vaiont e dalle alluvioni di Firenze e Genova, hanno progressivamente interessato contesti più vasti mettendo a rischio fasce crescenti di popolazione ed i relativi insediamenti. Si ribadisce, in particolare, che la sostenibilità ambientale comporta la conservazione del capitale naturale, della biodiversità, della qualità dei suoli, dell'acqua, dell'atmosfera “a livelli sufficienti a sostenere nel tempo la vita e il benessere degli esseri umani nonchè degli animali e dei vegetali” (Carta di Alborg 1994).
Sul piano della qualità degli insediamenti urbani è da tempo evidente che se nella città contemporanea sono di norma soddisfatte le esigenze primarie in termini di abitazione e servizi, altrettanto non può essere affermato rispetto alla qualità fisico-ambientale (permangono sacche di degrado architettonico e urbanistico, problemi nella mobilità, inquinamento, emergenze ambientali e carenze di spazi “naturali”) e, contestualmente, a quella sociale che testimonia l'esistenza di un processo di identificazione con il proprio luogo di vita. La conformazione del paesaggio, la sua riconoscibilità simbolica e visiva, la costanza di rapporti interpersonali, la comunione d'intenti rappresentano condizioni imprescindibili per lo sviluppo armonico di ciascuna comunità.

Le politiche territoriali hanno affrontato questo insieme di tematiche in modo frammentario e settoriale; considerando centrali i temi del recupero del patrimonio costruito storico o, al massimo, del risanamento ambientale e marginali i problemi di conservazione e valorizzazione delle aree naturali, periurbane e dell'interno, viste invece prevalentemente come spazi per possibili future espansioni. Nessuna attenzione è stata posta al tema della “contestualizzazione” delle politiche, né in relazione alla tipologia e ai caratteri degli interventi spesso imposti ai luoghi secondo modelli eterodiretti, né all'attivazione di reali procedure di partecipazione alle scelte di piano e di progetto da parte delle comunità insediate.

Luoghi e temi emergenti

Rispetto a questo insieme di questioni risultano centrali i territori delle periferie: luoghi dove i problemi della città contemporanea assumono la maggiore cogenza per la stratificazione di interventi casuali, di grande impatto, in contrasto con le regole dell'organizzazione tradizionale del suolo, e le aree di frangia peri-urbane, dove lo sviluppo degli insediamenti non ha del tutto cancellato i caratteri della campagna, tanto che permangono sistemi di elementi che testimoniano le diverse fasi di territorializzazione, insieme a segni della natura nella fattispecie di relitti avvolti dall'urbano, ma in alcuni casi di spazi significativi di grande valore ambientale e paesaggistico.
Nella definizione di strategie innovative di recupero e valorizzazione di questi territori acquista, in particolare, un ruolo strategico il disegno dello spazio aperto, nel significato ampio che viene, ad esempio, a questo termine attribuito da Alberto Magnaghi, fino a comprendere il territorio agricolo e forestale, i corridoi biotici, i sistemi idrografici, le zone di pertinenza fluviale, le reti ecologiche, le fasce agricole peri-urbane e altro ancora. Lo spazio aperto diventa il sistema ordinatore del costruito per attivare “un processo di pianificazione unitario in cui l'intero territorio” è “riordinato a partire dai requisiti di autoriproduzione dei sistemi ambientali, senza soluzione di continuità fra spazi densamente urbanizzati e spazi aperti, fra ecomosaici caotici (...) ed ecomosaici a prevalente presenza di spazi naturali, agricoli, forestali”(2) .
Si tratta, in altri termini, di contribuire al superamento della dicotomia tra città/campagna, urbano/rurale che ha fin qui contraddistinto le retoriche del governo del territorio, proponendo il rinnovamento dei modi, delle tecniche, degli strumenti di pianificazione/programmazione con l'obiettivo di valorizzare le relazioni tra spazio costruito e spazio aperto, integrandone i caratteri, le le funzioni, la complessità, in una visione d'assieme che dovrebbe fare riferimento alla metafora della città-parco. Una città nella quale gli spazi “naturali” costituiscano gli elementi-cardine attorno ai quali progettare reti di relazione e coerenza tra spazi costruiti e spazi aperti, tra parti urbane consolidate e ambiti in fase in sviluppo; ricostruire la continuità dello spazio naturale dall'interno della città al territorio; consentire la riscoperta delle identità locali e/o attribuire nuovi significati ai luoghi.
In questo senso assumono un ruolo strategico anche le aree non caratterizzate da assetti paesaggistici di riconosciuta identità formale, quali le aree urbane degradate, i “vuoti” urbani o le aree di frangia deframmentate; ruolo riconosciuto e sancito dalla Convezione europea del Paesaggio (Firenze 2000) che attribuisce valore a tutti i paesaggi e ne persegue l'integrazione «nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche e in quelle di carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico».

In realtà, se si escludono alcune buone pratiche che fanno particolare riferimento al concetto di rete di spazi naturali alla scala dell'area vasta, ma ancora prevalentemente ferme allo stato della previsione di piano (anche in ragione della difficoltà ad essere declinate alla scala del territorio comunale, quella più vicina alla effettività delle azioni progettuali), le esperienze concrete sono ancora limitate a pochi casi esemplari. A livello locale i piani urbanistici propongono, infatti, differenti livelli di attenzione al ruolo dello spazio verde, visto più come elemento isolato, da destinare a funzioni specifiche, piuttosto che come nodo di una rete diffusa su tutto il territorio, dove le funzioni locali si articolano, si integrano e si completano con quelle più generali, attribuendo a ciascuno spazio ruoli e significati più ricchi e complessi.
L'esito di maggiore evidenza dell'attenzione alla dimensione del paesaggio e dell'ambiente è costituito dalla crescita del numero delle aree a diverso titolo protette e nell'estensione della tutela ad ambiti caratterizzati dalla prevalenza della componente di matrice antropica, spesso compresi in territori a forte pressione insediativa, in alcuni casi contraddistinti anche da uno spiccato carattere di peri-urbanità. Tali esperienze rischiano peraltro di perpetuare il modello di gestione “per isole” che ha contraddistinto fin qui la storia dei parchi, aggravata dalla settorialità delle politiche attivate (forestazione, attività agricole, fruizione, servizi, patrimonio culturale, ecc.).
Solo di recente si stanno sviluppando alcuni casi rilevanti di pianificazione, progettazione e gestione di spazi naturali urbani e peri-urbani che rispondono al concetto di “rete”, ad esempio il sistema dei parchi metropolitani di Barcellona e l'anello verde di Gasteiz in Spagna, la corona verde di Torino e la rete natura di Roma in Italia, componenti “filtro” di un sistema più complesso che dovrà costituire la rete ecologica alla scala regionale, nazionale, europea già oggetto di programmi comunitari, quali Eeconet, progetto Ape, progetto Alpi.

Politiche e progetti di scala europea

Il contributo delle politiche europee a questi temi era già stato avviato con l'elaborazione dello SDEC (Schéma de Dévelopment de l‘Espace Communautaire, Postdam, maggio 1999) che ha assunto tra gli obiettivi da perseguire da parte della politica territoriale europea, quello della conservazione e gestione delle risorse naturali e del patrimonio culturale, mettendo in evidenza come le indicazioni per lo sviluppo del territorio trovino nei programmi Interreg uno strumento privilegiato di attuazione. Alcuni programmi finanziati dalla Comunità Europea hanno infatti, secondo diverse prospettive, affrontato le tematiche delineate, tra questi il progetto Interreg IIIB (2002-2004) “Métropole Nature. Les espaces naturels péri-urbains et la ville durable”, promosso, tra gli altri, da Fedenatur, una rete europea di parchi compresi in aree fortemente urbanizzate, interessata a mettere in sinergia la città e i suoi territori contigui, ponendo come elemento mediatore la presenza di aree protette. Obiettivo dei partner (Francia, Spagna, Italia) è confrontare le esperienze maturate rispetto al piano, al progetto e alla governance dello spazio naturale peri-urbano compreso in aree o sistemi metropolitani.ed implementarle attraverso “progetti pilota”, per dare contributi metodologici utili a perseguire la sostenibilità delle trasformazioni territoriali.
La scelta di campo privilegia lo spazio naturale inserito ai margini delle grandi agglomerazioni urbane o incluso in sistemi metropolitani di tipo policentrico (che spesso presentano contemporaneamente il fnomeno della città-diffusa); le ragioni sono connesse alla fragilità di questi spazi, continuamente minacciati dalla richiesta di usi urbani, ma preziosi per la popolazione, in termini di fruizione, di qualità del paesaggio, di mantenimento della bio-diversità, di sicurezza ambientale.

Il progetto Métropole-Nature

Alla base del progetto Métropole Nature, di recente concluso (31 gennaio 2005), sono poste alcune considerazioni di fondo:
la necessità di passare da politiche di controllo fondate su vincoli, norme, regole a diverso livello di cogenza, a politiche di progetto integrate e multisettoriali tese a perseguire uno sviluppo sostenibile del territorio;
l'opportunità di considerare centrale il tema della sussidiarietà che porta alla valorizzazione del ruolo dei poteri locali, ma all'interno di visioni globali d'assieme che rendono coerente la progettualità di piccola scala con obiettivi comuni di scala ampia: metropolitana, regionale, nazionale, europea;
l'esigenza di sottolineare l'imprescindibilità di processi di “democrazia partecipativa locale” come strumento di condivisione della conoscenza e delle scelte di progetto.
In particolare, i quesiti ai quali dare risposte riguardano:
l'integrazione della conservazione e della valorizzazione degli spazi naturali nelle strategie di pianificazione, nel progetto urbano, negli strumenti di governance del territorio, l'individuazione di indicatori utili al controllo delle differenti funzioni svolte dagli spazi naturali peri-urbani per garantire l'equilibrio ecologico, ambientale, sociale, paesaggistico delle aree metropolitane.
La complessità dei temi affrontati e la priorità data all'azione ha portato al coinvolgimento nel progetto di una pluralità di attori appartenenti a tre diverse categorie: i decisori, gli attori istituzionali rappresentanti le istituzioni amministrative di scala locale e territoriale coinvolti in processi di gestione di aree metropolitane; i professionisti, in particolare amministratori e tecnici di parchi peri-urbani o rappresentanti di attività economiche che rivestono un ruolo strategico per la gestione degli spazi oggetto di interesse (gli agricoltori, ad esempio); gli esperti, appartenenti in genere al mondo accademico: architetti, urbanisti, geografi, economisti, botanici, agronomi, geolologi.
Gli attori coinvolti nell'esperienza di cooperazione transnazionale hanno dato vita a 5 poli, coordinati dall'Institut d'Urbanisme di Grenoble: 2 appartenenti alla Regione Rhone-Alpes (il polo di Lione e quello di Grenoble), uno all'area di Barcellona rappresentata, oltre che dagli Enti tamministrativi “ordinari”, dal parco di Collserola e due poli italiani: la Provincia di Milano, in rappresentanza di sei parchi compresi nella cintura metropolitana (Parco Agricolo Sud, Parco Agricolo Nord, Delle Groane, Del Grugnotorto, Del Roccolo e della Brianza cantrale) e il polo ligure, coordinato dal Parco di Montemarcello-Magra e comprendente la Regione Liguria, il Dipartimento POLIS dell'Università di Genova, il Comune di Genova e il Parco di Portofino(3).
Il metodo di lavoro ha privilegiato due dimensioni: quella locale che ha previsto lo sviluppo di attività condotte da ciascun polo sui propri casi-studio e finalizzate al raggiungimento di alcuni obiettivi specifici anche attraverso la costruzione di progetti pilota o di progetti test, tesi comunque a verificare possibili modelli innovativi di gestione degli spazi naturali peri-urbani; quella internazionale che ha posto a confronto in più occasioni, vis a vis, i progetti sviluppati in sede locale per cogliere identità, complementarietà e differenze, anche in relazione ai differenti quadri istituzionali di governo.
La volontà di ottenere una riproducibilità delle esperienze di maggiore interesse e di comunicare al di fuori degli ambienti coinvolti principi, volontà comuni, modelli e criteri di intervento, ha portato all'elaborazione di due prodotti finali, condivisi da tutti i partner: la Guide technique méthodologique e la Charte pour la governance de l'espaces naturels métropolitains.
La prima - destinata ai differenti attori delle politiche pubbliche locali - comprende indirizzi e suggestioni utili rispetto ai temi nodali della governance: dalla costruzione del quadro conoscitivo di base, alle diverse scale, anche in funzione dei differenti caratteri degli spazi naturali metropolitani; alla proposta di adozione di sistemi di valutazione basati su indicatori da scegliere insieme degli attori coinvolti e da considerare in modo flessibile per adeguarli in funzione dell'evoluzione dei siti e delle attività umane; alle forme istituzionali di governo attivabili (e qui risulta interessante il riferimento ai parchi che vengono compresi in alcune tipologie: parchi urbani, luoghi protetti, parchi per il tempo libero, spazi di gestione concertata); alle modalità attraverso le quali conservare, potenziare ed integrare la multifunzionalità produttiva, naturale e sociale di questi spazi; ai metodi per attivare procedure di partecipazione volte a verificare le attese della popolazione e rispondere alle sue preoccupazioni in vista della costruzione di progetti condivisi; alla necessità di visioni d'assieme alla scala globale, metropolitana, come riferimento per le politiche locali e come strumento imprescindibile per l'integrazione tra le logiche di settore. La seconda, da diffondere a livello dei diversi soggetti istituzionali impegnati nella gestione del territorio, può essere intesa come una “Carta di intenti per il buon governo degli spazi naturali metropolitani” ed è il risultato di uno sforzo di chiarezza che segna una nuova tappa nella cooperazione trans-europea..
La Charte è stata firmata, in modo ufficiale, dai soggetti istituzionali coinvolti nel progetto a Lione il 27 ottobre 2004; attraverso questa formalizzazione essi esprimono la volontà di dotarsi di una base comune orientata al buon governo degli spazi aperti attraverso la loro integrazione “armonica” nella pianificazione.

Alla base della Charte sono stati individuate cinque constatazioni che richiamano le dimensioni problematiche connesse alla gestione degli spazi naturali in contesti fortemente antropizzati:

Viviamo in società sempre più urbanizzate in cui gli spazi naturali – agricoli e forestali – sono allo stesso tempo oggetto di forti pressioni e di elevate aspettative da parte della collettività.
Gli spazi naturali, agricoli e forestali sono frammentati e fisicamente destrutturati dalla pressione urbana, oltre che dalla disorganizzazione degli attori, degli usi e delle funzioni che svolgono.
Gli spazi naturali, agricoli e forestali sono frammentati e fisicamente destrutturati dalla pressione urbana, oltre che dalla disorganizzazione degli attori, degli usi e delle funzioni che svolgono.
Gli attori che intervengono negli spazi naturali, agricoli e forestali sono numerosi, di varia natura, più o meno strutturati, e spesso carenti dal punto di vista dell'organizzazione e della visione condivisa.
Il futuro degli spazi naturali metropolitani impone scelte urgenti, arbitrati immediati, rapidi cambiamenti. Ma impone anche e soprattutto sforzi costanti e durevoli nell'orizzonte temporale di una generazione.

Su questa base sono state poste cinque domande, rispetto alle quali ciascun partner ha proposto una specifica riflessione - fondata sulle peculiarità della situazione locale, sul quadro conoscitivo e progettuale prodotto, sui diversi interessi degli attori coinvolti - ma orientata ad articolare risposte “guidate” da quattro argomenti-chiave: la rilevazione del problema (i “presupposti”, lo stato dei processi in corso), le sfide alternative (i grandi obiettivi di sostenibilità), le proposte strategiche (principi da adottare), le modalità di impegno (le azioni necessarie all'attuazione degli obiettivi).
Rispetto alla prima domanda ‘In nome di che cosa?” (a quali sfide globali e fondamentali deve rispondere la Charte), di fronte alla constatazione del ruolo marginale svolto dagli spazi naturali inseriti in contesti metropolitani e della loro estrema fragilità, è stata evidenziata l'urgenza di considerare la ricchezza di opportunità offerta da questi spazi nel quadro del progetto metropolitano. Si tratta di attribuire agli spazi naturali, agricoli e forestali, un valore legato all'uso, al ruolo economico, alla funzione sociale, ambientale e paesaggistica, promuovendo una progettualità integrata capace di valorizzare, ad esempio, le potenzialità delle aree agricole di margine, la presenza di lembi di “natura selvaggia” e di luoghi destinati a pratiche ricreative in prossimità dell'abitato, anche attraverso l'istituzione e la gestione di parchi peri-urbani, da intendere come laboratori di sperimentazione di metodi, tecniche, soluzioni progettuali innovative e sostenibili (da esportare al resto del territorio).
La seconda domanda - “In vista di quale obiettivo centrale?” - chiede di indagare sui modi attraverso i quali superare la frammentarietà degli spazi naturali metropolitani, in relazione ai caratteri, agli usi e alla dimensione, ma anche al sistema degli attori coinvolti, numerosi e spesso disorganizzati. La risposta propone il concetto di rete dello spazio naturale come uno degli elementi strutturanti dello spazio urbanizzato e delle politiche di gestione complessiva delle aree metropolitane; a loro volta le città devono essere contenute entro confini stabiliti in modo da non determinare l'ulteriore depauperamento del territorio aperto e queste aree di frangia devono essere oggetto di progetti specifici, di ricucitura, riconnessione, riqualificazione del rapporto città-natura.
“Come organizzarsi?” è il passo successivo. Constatando l'insufficienza degli strumenti di pianificazione tradizionali a garantire l'inserimento degli spazi naturali in una dinamica “virtuosa” di progetto e dell'assenza, nella maggioranza dei casi, di un governo unico delle aree metropolitane che finisce col consentire la settorialità e la disorganicità delle azioni, si sostiene “un approccio globale multiscala, inter-territoriale e concertato”. “Tavoli di concertazione e di negoziazione”, aperti a tutti gli attori coinvolti nella gestione di determinate aree “naturali”, possono costituire lo strumento utile a superare l'approccio settoriale, a comporre i conflitti tra i diversi interessi – pubblici e privati - in gioco, ad enunciare regole e principi d'azione.
Questa considerazione mette in campo l'ulteriore domanda “Per chi, con chi?”, chi è coinvolto o lo deve essere nel buon governo degli spazi naturali? Preso atto che una pluralità di soggetti esprime interessi rispetto a questi territori, provenendo da ambienti culturali, economici e sociali differenti (il mondo agricolo e forestale, gli amministratori della città, gli ambientalisti, le associazioni ed i fruitori delle attività ricreative e turistiche, altri operatori economici , ecc.), e che le esigenze di tutti devono potersi integrare in una visione d'assieme capace di garantire la conservazione e la valorizzazione di questi spazi, occorre riunire tutti gli attori locali e gli attori politici e definire la suddivisione delle responsabilià. La conceratzione da parte della “comunità di attori” di una visione condivisa dei valori e delle criticità degli spazi naturali peri-urbani costuisce la premessa per la formazione di un progetto comune che tutti i soggetti dovranno impegnarsi a realizzare, ciscuno rispetto alle proprie competenze e possibilità.
L'ultima domanda “E dopo?” pone il problema di come garantire nel tempo l'efficacia della governance di questi spazi. La necessità di assicurare la conservazione e la cura degli spazi naturali è spesso contraddetta dalla qualità delle azioni di governo del territorio che appaiono discontinue per una pluralità di ragioni, quali: il rapido cambiamento del quadro politico e quindi degli obiettivi posti alla base delle politiche territoriali, la mancanza di un flusso costante di risorse finanziarie, l'avvento di nuove emergenze e di diversi problemi che concorrono a modificare le priorità delle amministrazioni. Occorre, invece, che nel processo di costruzione dell'identità economica, sociale, culturale e ambientale delle città sia considerata strategica l'identità multifunzionale degli spazi aperti presenti nelle aree di margine urbano. Si tratta cioè di promuovere lo sviluppo di un innovativo approccio culturale, fondato sullo scambio di esperienze, di informazioni e di conoscenze, sulla valutazione condivisa degli effetti delle politiche attuate, sulla discussione aperta dei temi di progetto e sul coordinamento delle azioni. La proposta di Métropole Nature sollecita la mobilitazione di tutti gli stakeolders degli spazi naturali peri-urbani come promotori di forum annuali di informazione, valutazione e di regolamentazione dei processi in atto e a cui attribuire anche una portata politica.

Rispetto a questi elementi di discussione il documento firmato lo scorso ottobre riassume in modo sintetico le riflessioni condotte, evidenziando sfide e impegni e affidando agli attori coinvolti il compito di tradurre la “dichiarazione di intenti” in una “carta di obiettivi” adeguati alle specifiche situazioni territoriali ed amministrative, come presupposto all'avvio e al consolidarsi di azioni concrete. La finalità di Métropole Nature potrà dirsi pienamente raggiunta se, almeno nei territori coinvolti nel progetto, il processo di governance degli spazi naturali peri-urbani terrà conto delle idee, delle proposte, dei metodi emersi alla conclusione di un lavoro svolto nell'arco di un triennio, proprio traguardando i temi della ricerca-azione.

Il testo della “Charte pour la governance de l'espace naturel métropolitain”

- Le sfide della “Metropoli Natura”

Sfida 1.
Integrare, valorizzare e tutelare gli spazi naturali, agricoli e forestali in quanto tali, in una logica di sviluppo delle nostre società urbanizzate poiché il futuro di queste società dipende dalla perennità di questi spazi.

Sfida 2.
Attribuire agli spazi naturali, agricoli e forestali la valenza di un insieme coerente e organizzato in rete, che rappresenti uno dei sistemi strutturanti dello spazio urbanizzato, il che presuppone un approccio al contempo globale, multi-scala ed inter-terrioriale.

Sfida 3.
Abbattere le barriere e strutturare in maniera organica gli ambienti tecnici e politici le cui azioni influiscono – direttamente o indirettamente – sugli spazi naturali della fascia urbana periferica: l'ambiente agricolo e forestale, gli amministratori della città, gli ambientalisti, gli organismi preposti alle attività ricreative e turistiche, ecc.

Sfida 4.
Costruire nel lungo periodo l'identità economica, sociale, culturale e ambientale delle metropoli attraverso l'identità multifunzionale degli spazi naturali della fascia periferica urbana.

- Gli Impegni per l'attuazione delle strategie della “Metropoli Natura”

Impegno 1.
Considerare gli spazi naturali agricoli e forestali come spazi ricchi di opportunità, di progettualità e di politiche sociali ed economiche specifiche che contribuiscono al progetto metropolitano - e non come spazi vuoti, riserve per l'urbanizzazione – rispettarne l'integrità e riconoscere il sistema verde degli spazi naturali, agricoli e forestali come una prerogativa caratterizzante di ogni regione metropolitana.

Impegno 2.
Porre i progetti relativi agli spazi naturali metropolitani al centro delle politiche pubbliche territoriali considerando il sistema degli spazi naturali come un'infrastruttura naturale della metropoli alla stregua delle altre infrastrutture.

Impegno 3.
Adottare una politica globale e differenziata del sistema verde di ogni area metropolitana che riconosca il ruolo esemplare delle diverse tipologie di parchi in materia di gestione, di valorizzazione, di protezione e di sperimentazione.

Impegno 4.
Agire, a tutti i livelli, partendo dalle contraddizioni e dai conflitti fra interessi presenti negli spazi naturali, agricoli e forestali come pure dalle convergenze e dalle possibili alleanze fra i suddetti interessi, organizzando – per ognuno dei siti coinvolti – dei “ tavoli di concertazione e di arbitrato”, che permettano la partecipazione di tutti gli attori rilevanti, l'elaborazione di una visione condivisa e la creazione di un consenso fra tutti gli interessi presenti.

Impegno 5.
Riunire tutti gli attori degli spazi naturali della fascia urbana periferica oltre agli attori politici la cui principale missione è il coordinamento dell'insieme e organizzare la suddivisione delle responsabilità al fine di creare una “ comunità di attori” su scala metropolitana, che consenta ad ognuno di svolgere il proprio ruolo per il buon governo degli spazi naturali periferici urbani.

Impegno 6.
Organizzare – ai diversi livelli – forum d'informazione, di valutazione e di regolamentazione dei processi in atto negli spazi naturali periferici urbani, che consenta lo scambio di buone pratiche e l'individuazione delle pratiche inefficaci.

di Franca Balletti
Dipartimento Polis, Università degli Studi di Genova, Coordinatore scientifico per il Polo ligure del Progetto Interreg IIIB MEDOCC Métropole Nature

  1. Vedi ad esempio l'inclusione di questi concetti tra gli obiettivi alla base di alcune leggi urbanistiche regionali, quali quella della Regione Liguria (n. 36/1997) che pone i temi della sostenibilità al centro della pianificazione alle varie scale, o della Regione Toscana che di recente (l.r. 1/2005) ha aggiornato il quadro normativo della legge n. 5/1995 ponendo al centro dei diversi livelli di piano lo “Statuto dei territori”, teso ad individuare le risorse che costituiscono la struttura identitaria del territorio; le invarianti strutturali, i principi del governo del territorio, i criteri per l'utilizzazione delle risorse, la disciplina della valorizzazione del paesaggio, (…).
  2. A. Magnaghi, Il progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino 2000
  3. Per ulteriori informazioni sul progetto, coordinato a livello trans-nazionale da Josée Jeanneret, può essere consultato il sito www.metropolenature.org.