Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 45 - GIUGNO 2005




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LA BORSA E' LA VITA

La giornata tecnica di Fedenatur svoltasi a Roma a fine ottobre ha confrontato i bilanci dei parchi periurbani europei (spagnoli, francesi, italiani) e ha ribadito che...

Quella mattina c'era un bel sole energico sulla Roma del Vaticano e dei Fori e di villa Celimontana. Nel pullman che scendeva lentamente dalla pineta Sacchetti percorrendo la via intitolata a Gregorio settimo (un papa che nessuno conosce più, ma che è santo, viene dalla Tuscia e ha fatto molto perché il potere dei papi fosse forte e indiscusso) c'eravamo tutti: francesi di Lione e di Lille e di Parigi; spagnoli di Catalogna e del paese basco, italiani di Milano e della Liguria e delle Marche sempre svagate e fuori dal mondo.
In quel pullman che percorreva via Gregorio settimo, e sfiorava via Ranucci e via monte del Gallo da un lato e dall'altro nientemeno che le mura del Vaticano, c'erano i protagonisti della giornata tecnica di Fedenatur che stava per cominciare. C'erano esperienze, idee, progetti. E un filo comune robusto nonostante le differenti provenienze geografiche o culturali. Il pullman proseguiva per corso Vittorio. Prima di arrivare a ridosso del Vittoriano e del Campidoglio passò accanto a largo Argentina e ai suoi mici con la lucida pelliccia tigrata, il davantino bianco, le zampe candide e i grandi occhi annoiati. A quei gatti profondamente romani importava pochissimo che molti ancora pensano (o, almeno affermano, senza scomodare l'ardua categoria del pensiero) che le aree protette siano fin troppo finanziate, e che sarebbe ora che si autofinanziassero. A quei gatti non importa che alcuni che la sanno più lunga di noi siano pronti a giurare che prima della fine dell'attuale indimenticabile legislatura il Parlamento abrogherà la legge 394/91 che sarà sostituita da un provvedimento che obbligherà i parchi a gestioni basate sulle ordinarie leggi del mercato. Del resto si fa molta confusione non solo su questo piano. Non è ancora chiaro ai più che cosa sia un'area protetta, in che cosa si differenzi dai giardini, o dai parchi giuochi, o dalle compensazioni allestite per poter cementificare, o dopo aver cementificato. Molti parchi istituiti a ridosso di spaventose operazioni immobiliari sembrano atti di contrizione tardivi, lacrime di coccodrillo istituzionalizzate ed esibite come alibi. Anche a buoni livelli della ricerca universitaria succede di vedere paragonati luoghi protetti troppo diversi per poter essere confrontati, ma molto comodi per sostenere pregiudizi di moda e politicamente corretti. Inoltre non c'è chiarezza sui compiti istituzionali. C'è chi ritiene che un parco debba sostanzialmente tutelare. Altri ritengono che debba valorizzare. Altri ancora che debba prevalentemente - se non esclusivamente - produrre orecchiette, strozzapreti,tagliatelle, frutta e verdura nel quadro di un rilancio del turismo enogastronomico. E via così. Queste incertezze non pesano solo sul lavoro degli amministratori delle aree protette italiane. Anche in Europa non esistono criteri uniformi né per definire le caratteristiche ed i compiti delle aree protette, né per concordare i tetti dei finanziamenti per la gestione e per gli investimenti.
Ha fatto quindi molto bene Fedenatur, l'associazione volontaria che attualmente riunisce un parco belga, uno portoghese, sei spagnoli, sette francesi e sette italiani per confrontare periodicamente in specifiche "giornate tecniche" i problemi comuni ai parchi periurbani europei a dedicare al tema del finanziamento dei parchi la sua più recente sessione di lavoro, che si è tenuta a Roma a fine ottobre in collaborazione con Roma Natura, a villa Celimontana, in piazza della Navicella, sede della Società Geografica Italiana.

Un buon inizio per fare squadra

Le giornate tecniche di Fedenatur hanno la lodevole caratteristica di fissare con forte anticipo i temi che saranno affrontati, e di predisporre griglie comuni che dovranno essere seguite da chi interverrà, allo scopo di rendere confrontabili i differenti contributi, in modo da avere suggerimenti, e problematiche veramente comuni. Nel caso dei finanziamenti, inoltre, i componenti italiani di Fedenatur (Parco Nord Milano; Parco Agricolo Sud Milano; Roma Natura; Conero; Portofino:Po Torinese; Montemarcello-Magra) si sono preoccupati di incontrarsi due volte a Milano, invitati da Bruna Brembilla, vice presidente di Fedenatur, e da Ignazio Ravasi, presidente del parco Nord Milano. I due appuntamenti milanesi, svoltisi a distanza ravvicinata da quello romano, sono stati molto utili per chiarire gli aspetti italiani della problematica nonché per collegarli efficacemente con l'argomento della giornata tecnica che si terrà in Ancona nell'autunno del 2006, dopo l'assemblea di Parigi sulla difesa della biodiversità, che sarà dedicata alla comunicazione ed all'informazione nelle aree protette periurbane europee. Un altro forte aiuto che i parchi italiani e Federparchi hanno dato alle aree protette europee è stata la creazione di Ope, l'osservatorio parchi europei, già pienamente in funzione presso il parco delle Cinque Terre. E' stato quindi oggettivo e positivo l'avvio della giornata tecnica romana articolato in una comunicazione di Laura Ravazzoni sul primo avvio già molto concreto e sui progetti di Ope, in una informazione complessiva fatta da Paolo Giuntarelli sulla realtà finanziaria dei parchi italiani, e in un intervento di Bruna Brembilla che ha sapientemente mescolato il tema della giornata con le riflessioni fatte a Milano sull'informazione, parlando della "importanza dell'informazione ed il valore della sostenibilità finanziaria per la gestione dei parchi periurbani. Giuntarelli, direttore di Roma Natura, ha esposto pregi e limiti dei finanziamenti governativi alle aree protette nazionali e di quelli delle regioni ai parchi naturali regionali. Il pregio è rappresentato dalla rete che si sta creando, dal sistema in via di compattamento e dal graduale superamento delle resistenze dei residenti. Ancora non vede la luce un modus operandi codificato e strutturato tale da assicurare trasparenza ed efficienza nell'uso delle risorse, evitando sprechi, lentezze e sperequazioni. Il tavolo di raccordo tra governo nazionale, regioni e aree protette deciso alla conferenza del Lingotto (Torino) non è decollato. Ma il vuoto c'é. E' molto pesante. E rende difficile, se non addirittura impossibile la programmazione degli investimenti nel medio e nel lungo periodo, nonché la costituzione del sistema nazionale delle aree protette inteso come una rete di parchi e di riserve nazionali e regionali in grado di ottimizzare le risorse, di confrontare problemi ed obbiettivi, e di sperimentare politiche innovative in campo protezionistico ma anche nel campo dello sviluppo economico sostenibile. Bruna Brembilla (assessora alla Provincia di Milano e presidente del parco agricolo Sud Milano) in particolare ha sostenuto l'urgenza e l'indispensabilità di politiche di sviluppo sostenibile supportate da finanziamenti non simbolici, ma adeguati alle sfide del nostro tempo. Peraltro finanziamenti davvero adeguati per capitoli di spesa non comprimibili potranno essere il motore di un diverso sviluppo solo quando sarà superato il ritardo con il quale oggi le aree protette riescono a comunicare, ed a rendere consapevole l'opinione pubblica della fase molto delicata che stanno gestendo con molta fatica e in mezzo a troppe incomprensioni. Dopo questa buona partenza, l'incontro di Fedenatur ha proseguito il confronto delle esperienze.

Tre parchi europei molto confrontabili

Il contributo ai lavori fornito dal parco del Conero (Ancona, nelle Marche centrali) è servito per mettere in luce competenze e limiti economici di parchi di media grandezza che troverà nel pomeriggio un significativo riscontro ed una sostanziale somiglianza nei problemi esposti da Andreu Bosch occupandosi del parco della Serralada Litoral (vicino Barcellona). Entrambi i parchi sono a ridosso di aree urbane fortemente antropizzate (metropoli diffuse) e caratterizzate dall'impetuoso sviluppo del turismo, nonché da una buona attività agricola. Ai seimila ettari del Conero fanno riscontro i quasi cinquemila del parco catalano, nonché gli ottomila di Collserola (i più grande parco della cintura verde di Barcellona, di cui ha parlato il direttore, Marià Marti). Per dimensioni, compiti istituzionali, collocazioni geografiche e problematiche i tre parchi sono raffrontabili.
Ma proprio per la loro forte raffrontabilità saltano più facilmente agli occhi alcune forti differenze. Il parco di Collserola ha 83 dipendenti di ruolo, contro i 3 del Conero. Per il 2005 il bilancio di Collserola è di 6.233.453 euro così articolati: 3.443.400 (55,24%) per il personale; 1.576.799 (25,30%) per le spese di gestione; 1.213.254 (19,46%) per investimenti, mentre il consorzio di gestione del parco de la Serralada Litoral dispone di 603.000 euro, ha una ventina di dipendenti e investe 64.601 euro. Il parco del Conero ha 3 dipendenti in organico, ma molti altri a contratto. Spende 455.000 euro per la gestione e qualcosa di analogo (457.000) di investimenti. Limitando la nostra attenzione a questi tre casi sono possibili alcune osservazioni. In genere (anche in altri parchi è così) le spese di gestione dovrebbero essere molto maggiori di quelle per investimenti. L'affermazione può apparire "forte" ed è poco spendibile sul terreno della demagogia, quando si deve dimostrare che il parco non è un carrozzone, e che prevalentemente investe. Tuttavia se si riflette sulla qualità delle spese di gestione, sulla necessità di personale fortemente preparato in discipline spesso nuove e diverse da parco a parco, sulla indispensabilità delle manutenzioni agli edifici, agli ambienti naturali, alle infrastrutture e agli automezzi, sulle attività di educazione ambientale e di gestione dei visitatori, sugli indennizzi, sulle politiche di promozione di nuovo turismo e di nuova agricoltura si dovrà convenire che le spese di gestione sono alla base dell'esistenza di un parco naturale, e che il loro contenimento può significare l'asfissia e l'azzeramento della efficacia delle attività sul territorio. Quindi un primo obbiettivo diventa quello di evitare che le spese di gestione siano quantitativamente inferiori o troppo simili a quelle per investimenti. Una seconda differenza è data dal personale. Lo si può comprimere per ottimizzare le uscite, sostituendo al trattamento ordinario trattamenti a contratto, flessibili. Si tratta però di valutare fino a che punto questi espedienti siano sani, e da che punto in poi mettano in discussione il normale funzionamento della struttura, da una serie di punti di vista (efficacia del servizio; fidelizzazione dei dipendenti e loro affidabilità anche dal punto di vista del consolidamento del consenso tra i residenti; qualità della formazione professionale). Una terza differenza è data dalle fonti dei finanziamenti. Nei tre casi in esame il finanziamento è prevalentemente pubblico. Ma mentre nel parco del Conero il principale erogatore è la Regione Marche (dal 2001 al 2004: 3 milioni e mezzo di euro) contro circa 300.000 euro dei Comuni, 162.400 della Provincia e 392.000 del Ministero dell'Ambiente, con un apporto privato di 70.000 euro) nel caso del parco de La Serralada Litoral le entrate maggiori provengono dai Comuni consorziati, mentre l'apporto ordinario dei Consigli regionali (Consells Comarcals) e della Provincia (Diputaciò) è minimo. Il parco di Collserola riceve fondi dall'Area Metropolitana e dalla Provincia, meno dai Comuni e niente dalla Regione, ed ha un buon afflusso di fondi privati (sponsor e banche).

INDICAZIONI ULTERIORI DI MEDIO PERIODO

Non è importante mettere in corsa alcuni parchi, per fare poi una classifica. Alla fine nessuno vincerebbe nulla, e magari qualche permaloso potrebbe anche offendersi. Quello che capita sempre nelle giornate tecniche di Fedenatur è invece avere la riprova di questioni magari già note, ma tuttora pervicacemente aperte. Sicché, riassumiamole. Le aree protette non sono in grado di autofinanziarsi. Esse hanno costi di gestione incomprimibili che sarebbe suicida abbassare, pretendendo di fare le nozze con i fichi secchi, il caffè con la cicoria, o l'allestimento di una stagione sinfonica con un organetto di Barberia. E' difficile - forse addirittura impossibile - fissare un costo standard di un parco standard. Ogni area protetta ha le sue caratteristiche specifiche, che la rendono un mondo unico e una esperienza irripetibile. Perciò sbaglia chi crede di poter definire "modelli" e impostazioni da ripetere ovunque. Di certo esistono confini. Non si può esagerare in conservazione e neppure in parchi giochi completamente inventati e completamente mirati al solo divertimento. Ma dentro confini che non è difficile dedurre dal binomio "tutelare per valorizzare" possono articolarsi molte attività, e soprattutto modi molto differenti tra loro di rispondere ad esigenze analoghe. Il punto sul quale non si può transigere è quindi l'autonomia nelle scelte che va assicurata agli amministratori, essendo ben chiaro che l'autonomia è garantita dalla fiducia che si rinnova al momento della nomina degli organi di gestione, e deve essere accompagnata da un bilancio adeguato, che dovrà essere gestito in modi trasparenti e rigorosi consuntivi, ma non potrà essere tagliato o strozzato per nessun motivo. Come si può raggiungere un tetto economico sufficiente? Vincendo alcune battaglie. La prima è quella del pieno e convinto coinvolgimento economico di tutti gli attori chiave. Nessun parco regge alla distanza se qualcuno degli attori chiave fa il furbo, e ritiene di poter ottenere il massimo dei vantaggi con il minimo di esborso economico. Si tratta del principale test del superamento dei ritardi culturali, ovvero del loro permanere. Dal governo nazionale a quello regionale, dalla Provincia ai Comuni, ogni livello di governo deve finanziare non simbolicamente l'area protetta. Con finanziamenti certi nel tempo, e costantemente aggiornati sul tasso di inflazione e sulle indispensabili manutenzioni. Il Parco Nord Milano riceve da tempo cinque milioni di euro (tre e mezzo dei quali per la gestione, nonché per stipendiare 45 dipendenti) ripartiti in un 40% della Provincia, in un altro 40% dal Comune di Milano, e per il rimanente 20% dai Comuni minori. Le 13 aree protette che compongono "Roma Natura" hanno assicurate dalla Regione Lazio le spese per il personale (70 unità, rispetto ai circa ottocento dipendenti regionali destinati alle aree protette) e in aggiunta ricevono 4 milioni e mezzo di euro dalla Regione, dalla Provincia e dal Comune, un milione dei quali va in spese di investimento. E' possibile migliorare questi rapporti? Molto probabilmente si, se il tema della indispensabilità di un più convinto cofinanziamento si affermasse e diventasse anche regole e punti di programma. E' comunque un risultato interessante della giornata tecnica di Fedenatur avere individuato una cifra che si aggira attorno ai cinque milioni di euro l'anno, che rappresenta un riferimento preciso, dal parco della Deule di Lille al parco nord Milano, da Roma Natura a Collserola, molto utile per renderci conto dei costi reali della politica di tutela e valorizzazione quando viene seriamente attuata. A partire da questo nucleo centrale cofinanziato dagli enti locali e dal governo nazionale saranno possibili progetti di respiro europeo (con relativi cofinanziamenti) assieme ad economie, modesti esperimenti di autofinanziamento e di sponsorizzazioni, nonché rapporti organici e non propagandistici con istituti di credito, fondazioni e quant'altro.
Senza sottovalutare le differenze di scala, la cifra di cinque milioni di euro aiuta a riflettere sui limiti strutturali di aree protette costrette a farsi bastare meno di un milione di euro l'anno per gestione e per investimenti. Il progetto delle sei "fattorie educative" avviato da Roma Natura "costa" 360.000 euro. Non è possibile che si pretenda di gestire un intero bilancio annuale di un parco con una cifra analoga.

CHE FARE CON LE BANCHE: L'ESEMPIO DI BARCELLONA

Vincenzo Sureda, consigliere tecnico dell'Area degli spazi naturali della Diputaciò di Barcellona, ha illustrato l'esperienza in corso a Barcellona tra la rete dei 12 parchi della provincia (centomila seicento venticinque ettari, cento Municipi, con un finanziamento annuale ordinario di 35 milioni di euro) con la Caja de Ahorros y Pensiones di Barcellona, che negli ultimi cinque anni ha destinato 915 milioni di euro alla sua Opera Sociale. Nel marzo del 2005 La Caixa e la Diputaciòn de Barcelona nel quadro del "Piano di gestione integrale per la conservazione della Rete dei parchi naturali" hanno firmato una convenzione della durata di cinque anni che prevede un finanziamento da parte della Cassa di Risparmio pari a 15 milioni di euro. Nella medesima convenzione si prevede la creazione di una "Commissione di seguimento" e la redazione di un "Programma di sviluppo della Convenzione". Le finalità generali della convenzione sono lo sviluppo e l' attuazione del Piano integrale di gestione dei sistemi naturali della Rete dei parchi naturali della Provincia di Barcellona, allo scopo di assicurare la sua stabilità e completezza, migliorando il suo stato di conservazione e riducendo la sua fragilità a fronte delle perturbazioni. Gli obbiettivi della convenzione sono:

  • Agire strutturalmente sui sistemi naturali, incidendo sui versanti della conservazione, dell'uso pubblico e della rivitalizzazione socioeconomica.
  • Migliorare gli strumenti di pianificazione e generare metodi per la gestione dei parchi, nel quadro della Rete Natura 2000.
  • Impostare ed attuare progetti di manutenzione degli habitat e dei sistemi naturali, e di gestione attiva degli spazi.
  • Attuare i progetti con il massimo coinvolgimento possibile delle collettività a rischio di esclusione sociale (CRE).

Il lavoro amministrativo si svolge su tre grandi linee attuative.

  1. I piani di gestione integrale: documenti quadro di pianificazione per ciascuno dei parchi della Rete, con validità di cinque anni, che possono contenere documenti di pianificazione settorialr (piani di conservazione, di uso pubblico, di sviluppo socioeconomico sostenibile, ecc).
  2. I manuali di gestione degli habitat: guide per la gestione dei principali habitat della Rete dei parchi; propongono direttrici, metodologie e indicatori di seguimento e di valutazione nel quadro della Rete Natura 2000
  3. I progetti di conservazione e valorizzazione: redazione di undici progetti ed esecuzione di 33 nel primo anno (Piano di lavoro 2005 - 2006).

Si tratta di una esperienza pilota, che, a differenza di altri interventi attuati da istituti di credito anche in Italia (es. la Fondazione Cariverona Vicenza e Belluno, che ha elargito fondi mirati alla tutela dei beni culturali e ambientali), prevede una durata sufficientemente ampia e un meccanismo di verifica capaci di configurarsi come un segmento della complessiva programmazione degli enti interessati. Si esce, insomma, dall'ambito del casuale, dell'effimero e della promozione dell'istituto di credito, per diventare qualcosa di molto più efficace, non solo per l'importanza quantitativa del finanziamento, quanto per i quadro generale all'interno del quale si inserisce l'intera operazione. Infatti il riferimento al Piano di gestione integrale dei sistemi naturali della Rete dei Parchi non è pura propaganda. Al contrario si tratta del cardine di azioni che producono strumenti di pianificazione e di gestione (un piano di gestione integrale per la conservazione dei sistemi naturali in ciascuno dei 12 parchi interessati, nonché la redazione di 12 manuali-guida per la gestione degli habitat di maggior valore e fragilità), e progetti specifici (miglioramento degli habitat forestali e prevenzione dagli incendi; mantenimento degli habitat aperti; manutenzione degli spazi fluviali e rinaturalizzazione degli argini; restauro delle aree degradate; manutenzione della rete di infrastrutture e di segnalazione). A questi due capitoli di attenzione fondamentali si accompagna l'opera di utilizzo delle collettività a rischio di esclusione (CRE). Per raggiungere quest'ultimo obbiettivo viene stipulato un accordo quadro con il Centro di iniziative per il Reinserimento (CIRE), vengono attivati accordi tra imprese di inserimento sociolavorativo e imprese del mercato ordinario; vengono attuate contrattazioni dirette tra imprese e strutture di inserimento, e si tiene conto della "clausola sociale" nella selezione delle offerte. Naturalmente questi pochi cenni non consentono di entrare pienamente nella dinamica dell'esperienza in atto a Barcellona. Tuttavia sono sufficienti per dimostrarne la novità e la complessità, e anche la ripetibilità in altri contesti, europei e italiani.

ALTRI APPRODI TEORICI DI VALORE EUROPEO

La giornata tecnica non si è fermata qui. Molti altri interessanti interventi hanno illustrato le esperienze di reperimento di fondi complementari privati e pubblici nel parco di Collserola (l'esposizione è stata di Marià Marti), le strategie di finanziamento dell'Anello verde di Vitoria-Gasteiz, nei paesi baschi, (Fernando de Juana), le esperienze dei consorzi misti pubblico-privati nei parchi francesi di Miribel-Jonage, presso Lione (René Beaveri e Nathalie Gautier), e nella Base de Plein Air e di Loisir di Saint-Quentin en Yvelines, vicino Parigi (Bernard Choquier). La serie di esperienze francesi è stata conclusa dall'esposizione sulla complessiva esperienza di Lille Metropole - 15 milioni di euro di bilancio ogni anno - con particolare riferimento al parco della Deule (5 milioni annui).Si tratta di un'esperienza di notevolissima importanza che ha coinvolto istituzioni pubbliche e private riuscendo a modificare il modello di sviluppo di una regione metropolitana che è passata da forme di crescita e di occupazione tradizionali all'offerta di beni culturali e paesaggistici ad un turismo in rapida crescita. Gli atti della giornata tecnica riporteranno dettagliatamente anche le esperienze francesi, ben scelte per rappresentare esperienze molto differenti tra loro e tutte interessanti per i diversi modi di finanziare le attività di tutela e di valorizzazione della natura,che muovono dalla differenza di fondo che esiste in quel Paese tra i parchi nazionali e quelli regionali. Come è noto in Francia questa differenza è radicale, e consente di sperimentare sotto la dizione di parco regionale forme miste, che a volte sembrano scostarsi dall'idea che noi abbiamo di area protetta. Eppure ciascuna delle esperienze illustrate ha proposto politiche di sviluppo sostenibile (Lille, ma anche Lione e Parigi) con meccanismi di finanziamento molto efficaci nelle situazioni date. Quando i convenuti hanno lasciato villa Celimontana, in un tardo pomeriggio romano caldo e profumato dagli odori dell'estate indiana in rigoglioso svolgimento, ogni direttore di parco, ogni amministratore aveva più dati a sua disposizione e soprattutto sapeva di non essere isolato nei suoi percorsi, né incartato nelle sue speranze. Magari alcuni nodi di fondo non erano ancora completamente sciolti. Qualcuno, sia pure con leggerezza, sia pure abbandonandosi alla serenità prodotta dai monumenti e dai pini di Roma, probabilmente continuava a chiedersi se fosse ragionevole porre al centro di un proposta di fruizione di un'area protetta una grande piscina dotata di onde artificiali, o una intensa attività escavatoria che fornisce il profitto indispensabile per tutelare la vicina incontaminata natura. Qualche altro probabilmente continuava a chiedersi se sia legittimo inventare parchi sul niente, anche se quei parchi completamente inventati svolgeranno la funzione essenziale di tutelare l'atmosfera e la qualità della vita di popolazioni metropolitane che altrimenti sarebbero sepolte e murate vive all'interno della speculazione edilizia. Tuttavia anche a queste domande, un pochino inquietanti, la giornata tecnica aveva fornito nuovi elementi di valutazione, localizzando quei fatti, e fornendo molti dati aggiornati per poter prendere posizione in modo non banale. Del resto una giornata tecnica non può fornire tutte le risposte a tutti i temi oggi sul tappeto. L'importante è che risponda al tema che si propone di affrontare. Non c'è dubbio che sia stato documentato da relatori italiani, spagnoli e francesi che gli "attori chiave" dei parchi naturali attualmente e per un lungo futuro saranno pubblici, pur essendo aperto uno spazio da coprire meglio verso settori economici privati. Tra gli attori chiave pubblici oggi esiste una forte e comprensibile tentazione a giocare allo scaricabarile, a chiamarsi a lato, a spostare altrove il dovere del finanziamento forte, garantito negli anni, e lungimirante negli obbiettivi da perseguire. Quindi l'obbiettivo che è emerso è intanto quello di rovesciare questa situazione, prendendo esempio dai risultati che già vengono raggiunti laddove il pieno coinvolgimento degli attori chiave è in atto (a Lille Mètropole, ad esempio) o dove si sta avvicinando ad un livello accettabile (a Barcellona, forse anche a Milano) rendendo più chiaro il cammino che tutti dovrebbero percorrere senza immaginare scorciatoie o alternative inesistenti. Inoltre si sono meglio chiariti compiti istituzionali generali, incomprimibili e da finanziare in ogni caso. E in questo quadro si è posta la questione delle spese di gestione e delle spese di investimento che devono trovare il giusto equilibrio senza fughe nella demagogia. Già questi risultati potrebbero essere sufficienti a dare significato ad un incontro, che invece ha aggiunto molte altre frecce all'arco di chi intende amministrare al meglio le aree protette periurbane. Non è sfuggita la necessità di superare i ritardi dell'Unione Europea nel prendere in considerazione i parchi come protagonisti delle politiche di tutela e di valorizzazione dell'ambiente, attraverso azioni coordinate che utilizzeranno Ope come interlocutore privilegiato e come strumento importante, anche se non unico. Non è sfuggita la necessità di rimodulare le politiche dei governi nazionali, nel quadro di politiche di sistema che comprendano aree protette regionali e nazionali. Non è sfuggita l'urgenza di riprodurre le buone pratiche avviate in ordine sparso da alcuni enti gestori, sia per ottimizzare gli apporti economici dei soggetti e dei partner privati, sia per programmare nel medio e nel lungo periodo ogni azione di tutela e di valorizzazione dei beni naturali, paesistici e culturali. Ancora una volta la Provincia di Barcellona e l'area metropolitana di Lille hanno mostrato esperienze in atto di grande interesse e del tutto riproducibili, purché cresca in analoghe strutture di governo in area vasta una analoga capacità di voler passare dalle affermazioni di principio alle concrete azioni amministrative.

TRA RICCHI CONTESTI E DENEGATI SVILUPPI

Nel giro di poche settimane l'autunno italiano ha proposto al cronista occasioni di riflessione fuori del comune. Ne citerò soltanto quattro, particolarmente intrecciate tra loro, ma se ne sono intrecciate molte di più. Un incontro a Roma, al ministero dell'Ambiente, protrattosi per una intera giornata ha consentito di fare il punto sullo stato dell'arte nei progetti Life predisposti dalle aree protette italiane. Una giornata seminariale organizzata dal ministero del Tesoro all'hotel Quirinale di Roma ha inserito nella tematica del QSN 2007-2013 (quadro strategico nazionale) la domanda importantissima: "le risorse naturali e culturali sono attrattori di sviluppo economico?". A Milano, su iniziativa dell'Amministrazione provinciale, si è affrontato il tema "come uscire in avanti dal bivio tra sviluppo e declino" e quasi contemporaneamente si è svolta una riunione dei componenti italiani di Fedenatur sugli aspetti finanziari della medesima questione. Su iniziativa del parco Nord Milano infine, nell'auditorium di Villa Torretta a Sesto San Giovanni, non si è soltanto ricostruita e riproposta come valore permanente l'avventura dei 30 anni di esistenza del parco Nord Milano, ma in questo contesto si sono confrontate le esperienze e le realtà dei parchi naturali europei, delle cinture verdi, e dei "cunei verdi" tentando di immaginare differenti sviluppi urbanistici e sociali del territorio del'area vasta attorno alla metropoli milanese. Per molti che uscivano da villa Celimontana dopo la fine della giornata tecnica di Fedenatur questi appuntamenti precedenti erano il contesto della loro formazione, nonché la parte nobile del lavoro che li aspettava facendo ritorno ai rispettivi parchi. Quanto al cronista, lo stato d'animo di quel momento romano forse può trasformarsi in una riflessione conclusiva. Avendo frequentato tutti i momenti sopra citati, e molti altri ancora di differente ordine e grado, ma tutti ricchi di prospettive e di lagnanze, personalmente mi sono fatto l'idea che questa grande ricchezza conoscitiva e propositiva che si manifesta naturalmente ogni volta che veniamo chiamati ad esporre le ragioni che governano la normalità del nostro impegno quotidiano soffra della malattia di ogni competenza settoriale (è autoreferenziale, non varca mai i portoni delle sale dove si svolgono i convegni o i seminari). E' troppo facile consolarsi dicendo che questa è la condizione di ogni specialismo. E che sarebbe velleitario voler cambiare questo dato di fatto. Magari è molto velleitario immaginare che i pochi concetti che si sono chiariti nella giornata tecnica di Fedenatur (ma anche nei molti altri appuntamenti che ho ricordato, e nelle centinaia di altri incontri che i protagonisti dell'appuntamento romano hanno certamente complessivamente avuti nel mese di ottobre per ragioni di servizio) siano automaticamente applicabili, e diventino senso comune di ogni addetto ai lavori e di ogni dirigente amministrativo e politico. Però come si fa ad accettare fatalisticamente l'evidente sperpero di energie intellettuali, ed il vero e proprio dramma di conoscenze sempre più affinate dal confronto e dai successivi aggiornamenti, le quali restano di denegata applicazione? Forse la cosa meno stupida e meno banale è lasciarsi alle spalle il pulmann, e la sala della società geografica dove non solo non c'erano tutti, ma mancava l'interfaccia verso una delle possibile uscite: una delle tante. Magari la migliore… Forse la vera soluzione è a largo Argentina, e la conoscono i gatti con la lucida pelliccia tigrata, le zampine candide, e l'occhio annoiato.

di Mariano Guzzini