Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 46 - OTTOBRE 2005




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SENZA STRATEGIA NON SI VA LONTANO

Una evidente difficoltà dei parchi nazionali è la crisi della loro pianificazione

Curando recentemente un libro dedicato ai 25 anni del Parco regionale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli ho avuto modo di riandare con il dovuto distacco del tempo alla lunga, tormentata ma interessantissima vicenda del piano del parco redatto da una equipe diretta da Cervellati. La prima riflessione in qualche modo davvero illuminante è che senza piano non si sarebbero potuti istituire e far funzionare i parchi. Fu davvero una svolta culturale prima ancora che politica e istituzionale che dette luogo – qualcuno forse lo ricorderà- anche a vivaci discussioni nei confronti di parchi storici come quello d’Abruzzo meritevole di tanti elogi ma che continuò a ‘ignorare’ questo passaggio cruciale. Il tempo avrebbe dato ampiamente ragione a chi al Ticino e a San Rossore come alla Maremma non aveva seguito l’esempio del PNA preferendo imboccare la strada perigliosa ma vincente della pianificazione. Parto da questo esempio per dire che oggi il segno più evidente della difficoltà dei parchi specie nazionali può essere individuata e ricercata proprio nella crisi della pianificazione. Non v’è dubbio che il danno maggiore al funzionamento dei parchi istituiti in virtù della legge 394 è derivato e deriva dall’aver ‘accantonato’ ogni ambizione strategica quale si esprime in un piano per teorizzare ruoli del tutto marginali e soprattutto non scomodi per chi non intende misurarsi fino in fondo con le finalità proprie e non banali di un parco. Questa caduta ha effetti tanto più seri in un momento in cui le scelte di un parco e di un’area protetta del nostro come di altri paesi europei deve fare i conti con indirizzi e programmi comunitari. La convenzione sulla biodiversità, quella sul paesaggio, la convenzione alpina sono ormai punti fondamentali di riferimento per un sito come per un parco nazionale. E non ci si misura con queste scelte strategiche della Unione al di fuori di una pianificazione che sappia innanzitutto rispondere a quelle esigenze di integrazione, coesione, concertazione essenziali per qualsiasi politica europea a cui né il nostro paese, né le regioni e gli enti locali e con loro i parchi e le aree protette oggi possono sottrarsi pena una loro marginalizzazione. Questo scenario ha profondamente mutato il contesto attuale rispetto a quello in cui furono messi a punto i piani dei primi parchi regionali. Ma cambiato non significa che oggi vi è meno bisogno di piano ma proprio il contrario. E invece è qui che le cose non girano a dovere tanto che minore è anche e non a caso la capacità nostra rispetto ad altri paesi di avvalersi e utilizzare al meglio i finanziamenti comunitari che richiedono programmi e progetti non improvvisati. La pianificazione delle aree protette è in crisi –credo si possa e si debba dirlo senza infingimenti e giri di parole- perché è in crisi innanzitutto la politica di ‘leale collaborazione’ che ne è la condizione fondamentale. Il parto mostruoso della legge delega ambientale ma anche il testo della Legge Lupi fermo (speriamo per sempre) al Senato che hanno mirato essenzialmente e spudoratamente a riportare al centro qualsiasi decisione importante penalizzando le competenze delle regioni e delle autonomie locali nonché a rilanciare una contrattazione urbanistica che ignora quel che di buono è accaduto in questi anni, sono la conferma più clamorosa di questa politica da cui i parchi possono uscire soltanto con le ossa rotte. Specie se anche regioni –vedi la prima versione della legge toscana sul governo del territorio -cosiddetta Supercinque- o personalità impegnate da anni su questo fronte come Vezio De Lucia mostrano una inspiegabile diffidenza nei confronti delle pianificazioni ‘speciali’ quasi non sia derivata da lì anche una fortissima spinta a gestire meglio il territorio anche con gli strumenti ordinari al di fuori dei parchi. Ecco perché oggi c’è bisogno, come dice Sargolini e con lui tanti altri nella intervista di Guzzini pubblicata a pagina 114, di un bel rilancio della pianificazione dei parchi e delle aree protette che sappia naturalmente tener conto delle novità che sono molte e tutte importanti.

di Renzo Moschini