Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 47 - FEBBRAIO 2006




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Appennini

Da APE alla Convenzione degli Appennini, per volare in Europa

A dieci anni dalla presentazione all’Aquila del progetto APE ha una svolta con la firma di un’apposita convenzione.
Un Forum importante, capace di coinvolgere da subito istituzioni e operatori in un confronto diretto a costituire, nel tempo, una vera e propria alleanza tra soggetti diversi. Per la promozione di una idea progettuale nuova e originale, ispirata a principi di sussidiarità e di integrazione tra politiche ambientali e politiche di sviluppo, secondo lo spirito della legge quadro sulle aree protette e il Quinto programma di azione ambientale dell’Unione Europea.
Contando su una consistente presenza di aree protette nazionali e regionali, per circa il 50% della superficie protetta in Italia, l’iniziativa puntava a fare emergere l’immagine dell’Appennino. Innanzitutto come un sistema ambientale e territoriale di rilevanza europea e internazionale, dove sperimentare iniziative e politiche di conservazione e di sviluppo sostenibile.
Tutto ciò in una visione d’area vasta che riguardava non soltanto le aree protette, già considerate in pratica come parte di un sistema, ma anche altri territori interessati a dinamiche di valorizzazione e riequilibrio territoriale. Territori successivamente individuati come corridoi ecologici o aree di connessione. Territori oggetto di speciale attenzione per lo sviluppo di nuove e compatibili politiche per la montagna italiana.
IL successivo cammino di APE, costellato di discussioni e dibattiti, talvolta anche molto animati, e non senza polemiche, si è via via sviluppato attraverso tappe molto importanti. Un percorso contrassegnato da convegni, risoluzioni, accordi di programma, documenti, programmi stralcio e delibere CIPE, ordini del giorno parlamentari… Con un momento importante rappresentato dal riconoscimento normativo avvenuto, di fatto, con la legge 426/98. Legge che attribuisce al Ministero dell’Ambiente la possibilità di promuovere per il “Sistema territoriale” dell’Appennino accordi per lo sviluppo di azioni economiche sostenibili.
A seguito di un primo finanziamento, venne attivata la fase di realizzazione di progetti pilota di grande significato, in grado di affrontare temi diversi quali servizi territoriali, agricoltura e biodiversità, corridoi ecologici, rete dei sentieri naturalistici ed escursionisti, grandi itinerari storico-culturali. Obiettivo: la costruzione di una vera e propria Rete Ecologica appenninica.
Non tutte le prime iniziative concrete hanno avuto successo. Sostanzialmente è stato però definito un disegno coerente con le strategie comunitarie e internazionali per la conservazione della natura e lo sviluppo sostenibile.
E, in particolare, sono stati coinvolti molti attori istituzionali; i parchi, le Regioni, le Province e le Comunità montane…: insieme protagonisti del tentativo di rilancio dei propri territori.
Grazie alla loro azione sono riemerse identità territoriali assopite; una nuova geografia territoriale e istituzionale è stata designata, facendo riacquistare all’Appennino un ruolo centrale nel dibattito sulle antiche e recenti problematiche della montagna.
Soprattutto i parchi hanno colto questa opportunità. Per proporsi e dimostrarsi strumenti di conservazione e di promozione economica, sociale e culturale, in grado di contaminare anche territori esterni, non necessariamente protetti, ma altrettanto ricchi di Natura. Un patrimonio straordinario e unico di specie rare e autoctone, di paesaggi, cultura, arte e tradizioni.
In questo disegno è subito emerso un Appennino come luogo privilegiato, laboratorio per sperimentazioni di strategie innovative di gestione territoriale immaginate e progettate secondo principi di conservazione e valorizzazione, di sostenibilità, discrezione e utilità, di serietà e ragionevolezza, capaci, nel contempo, di evidenziare i pericoli che possono derivare da un uso sbagliato e irrazionale delle risorse naturali e culturali.
APE ha permesso alle istituzioni del territorio e alle popolazioni locali di comprendere l’importanza e il grande valore del patrimonio di questa “area vasta”. E ha affidato, soprattutto ai parchi, l’impegno a comunicarlo costantemente, con lo scopo di farlo recepire nel modo giusto e di far conoscere le iniziative che essi possono promettere e intraprendere, evidenziando la portata ambientale, culturale ed economica dei selezionati e qualificati progetti da realizzare.
L’idea di fondo, probabilmente non ancora del tutto compresa, è in sostanza quella della conservazione. Conservazione non soltanto della Natura, ma anche del legame profondo che lega la gente di montagna al suo territorio e dalla quale non si può prescindere.
Così, che per la dorsale appenninica tutta, l’ambiente e la sua corretta valorizzazione abbiano un grande valore economico alternativo, è ormai principio quasi del tutto acclarato. Di conseguenza, dopo il Forum di APE, si registra tutto un fiorire di progetti, proposte e iniziative che vanno in questa direzione.
La dimostrazione sta nel fatto che, nonostante le difficoltà di rilancio del Progetto, tutte le Regioni coinvolte e tanti altri soggetti -questa volta ci sono anche i Comuni-, hanno sottoscritto o sottoscriveranno la “Convenzione degli Appennini”.
Ritenuta unanimemente occasione e strumento irripetibili per definire e attuare politiche integrate e coordinate di vera ed efficace “governance”, la Convenzione vuole impegnare parchi, enti locali, regioni e governi nazionale ed europeo.
In fondo, la Convenzione, appena sottoscritta all’Aquila, ha rappresentato uno dei principali obiettivi del “mondo dei parchi” sin dal primo momento e cioè da almeno dieci anni.
Con essa, mentre si rafforza il percorso avviato con il Progetto APE, si lega e si sancisce la volontà di molti soggetti istituzionali, associazioni, operatori socioeconomici e si rilancia una comune azione di tutela e valorizzazione della catena appenninica per conseguire importanti obiettivi condivisi.
Il primo è senz’altro la costruzione di un modello di sviluppo sostenibile per l’intero sistema appenninico e per le aree ad esso collegate. Poi la definizione di una azione di raccordo con la politiche per la montagna degli altri paesi mediterranei.
Infatti, il Progetto “Montagne del Mediterraneo”, oggetto anche di una specifica Risoluzione votata alla unanimità nel Congresso Mondiale di Bangkok sulla Convenzione, ha già suscitato l’interesse di molti paesi rivieraschi, oltre che di organismi e associazioni culturali e ambientaliste nonché di operatori pubblici e privati. Essi vedono, nella proposta, la opportunità di coinvolgere e impegnare direttamente l’Unione Europea che, come è noto, non dispone purtroppo di una vera e propria politica della Montagna. Montagna che continua a considerare non come risorsa ma, al contrario, come pura e semplice “area depressa”. Dunque relegata a “problema”.
La “Convenzione degli Appennini” prevede opportunamente la costituzione di un Tavolo di Coordinamento, capace di stimolare un processo di tutela e valorizzazione, nel quadro di un complessivo progetto di sviluppo sostenibile, in grado di coinvolgere gradualmente altri Paesi del Mediterraneo per la definizione di una politica comune per le montagne del Bacino.
Occorrerà ovviamente lavorare ancora molto per sensibilizzare i soggetti istituzionali, in grado di condividere pienamente gli obiettivi e la politica di tutela e valorizzazione dell’Appennino.
Anche in relazione all’indispensabile coordinamento nell’ambito Mediterraneo, sarà necessario identificare le priorità sociali, ambientali, territoriali, di tutela e di sviluppo dei settori produttivi e dei servizi quali agricoltura, artigianato, foreste, turismo, trasporti e infrastrutture, energia.
Ciò al fine di individuare il necessario Programma d’Azione di questa seconda fase di APE, senza dimenticare che condizione di base non può che essere il riconoscimento strategico dell’Appennino nel contesto euromediterraneo, e dunque l’inserimento di APE tra gli obiettivi primari delle politiche di sviluppo dei Quadri Strategici Regionali e Nazionali per la programmazione dei Fondi Strutturali 2007-2013.
In conclusione, in questo complesso quadro di presenze e di partenariato non solo istituzionale, resta e deve restare in primissimo piano il ruolo dei parchi e delle aree protette. Vale a dire dei soggetti che costituiscono e governano di fatto e più direttamente la Rete Ecologica e le tematiche ambientali su cui si fonda l’intero programma. I parchi devono mettere in atto, e quando è competenza di altri devono sollecitare, il corretto e dinamico uso dei mezzi necessari a realizzare i progetti e le iniziative che verranno definiti. I parchi devono dimostrarsi all’altezza della sfida che li attende partecipando in modo attivo e dinamico alla attuazione di questo ambizioso percorso. Devono ricercare il consenso della gente locale che vuole vedere i risultati. Devono sviluppare la propria azione con chiarezza e trasparenza. Devono avere cura della sensibilità sociale nei confronti dei problemi che si presenteranno. Devono semplificare le procedure burocratiche. Devono porre, infine, speciale attenzione alla partecipazione e alla discussione pubblica che può precedere e seguire le risoluzioni.
I parchi, da attori protagonisti, devono essere capaci di operare con trasparenza e giustificazione pubblica. Devono coinvolgere le popolazioni nelle iniziative e negli impegni di APE. Devono ascoltare le loro aspirazioni, secondo i principi di partecipazione attiva e di democrazia.

di Giuseppe Rossi