Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 47 - FEBBRAIO 2006




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PARCHI PERIURBANI

Biodiversità e comunicazione

Due beni fondamentali per la sostenibilità ambientale e culturale del nostro futuro, proiettato verso la società del sapere, al centro del dibattito di Fedenatur

Adesso che ho più tempo per dedicarmi a Fedenatur, trovo che questa associazione (come, del resto, Federparchi) se non ci fosse bisognerebbe fondarla al più presto. Non solo perché ha sede a Barcellona, città che sta diventando sempre più punto di riferimento obbligato per ogni genere di modernizzazione sostenibile, e non solo perché il parco di Collserola, che domina Barcellona, è un punto di partenza formidabile per fare i confronti e capire cosa può essere oggi un parco metropolitano.
A me pare importante il ruolo dell’associazione Fedenatur perché pone al centro della sua attività il rapporto tra tutela e sviluppo, e sperimenta questa accoppiata vincente non nelle vaste e vuote valli di alta montagna perse tra radi villaggi semi abbandonati ma invece nel serrato confronto con le grandi città europee e con i massimi effetti dell’antropizzazione.
Quindi io ritengo più che giustificata la volontà dei parchi italiani aderenti a Fedenatur di fare rete anche in patria, come cominciammo a fare alla seconda conferenza nazionale sulle aree protette, e ancora più di recente prima della giornata tecnica di Fedenatur di Roma dedicata ai bilanci dei parchi.
Le giornate tecniche
Ma la ragione più forte per apprezzare l’associazione sono proprio le “giornate tecniche”. Non conosco nessuna altra associazione di aree protette così precisa e così puntigliosa nel preparare ogni anno giornate di riflessione tematica comune nel corso delle quali le aree protette aderenti rispondono alle stesse domande su un tema prefissato raggiungendo ogni volta lo scopo di confrontare veramente quello che si sta facendo in Spagna, in Portogallo, in Francia, in Belgio e in Italia su specifici argomenti di comune interesse.
Ciò doverosamente premesso trovo molto azzeccato sia il tema che abbiamo scelto per la giornata tecnica di Roma (il finanziamento dei parchi naturali periurbani) che riesamineremo a Parigi il 9 e il 10 Giugno forti delle relazioni ascoltate a Roma dove per mancanza di tempo non riuscimmo a dibattere, sia quello che ci aspetterà a Parigi e a Saint Quentin en Yvelines a metà Giugno: la biodiversità negli spazi naturali periurbani.
Nello scorso fascicolo di questa rivista più di un collaboratore si è interrogato sul tema, che per molti aspetti è di grande attualità. Sappiamo tutti che la Commissione europea ha posto l’anno 2010 come traguardo per arrestare la perdita di biodiversità. Come conseguenza di questa giusta indicazione, alcune politiche (ad esempio quella delle reti ecologiche) potrebbero subire battute di arresto, e forse potrebbe addirittura indebolirsi il legame (sempre molto delicato, e difficile da essere dosato e difeso) tra le politiche di sviluppo economico sostenibile e quelle di tutela della natura.
Non si tratta di un falso problema. Anche se è vero che il rischio principale è sempre quello di non fare né tutela né valorizzazione, o anche di sconfinare, trasformando la tutela in imbalsamazione e sequestro di natura, e la valorizzazione in fiera del turismo e dei prodotti tipici, pure esiste il problema di gestire una politica che dia il giusto peso alla tutela e alla valorizzazione anche economica, pur avendo come obbiettivo indiscutibile la difesa della biodiversità.
Sicché la giornata tecnica che si svolgerà nei seicento ettari della “Base de Loisirs di St Quentin en Yvelines” sarà preziosa in quanto non si limiterà ad esporre criteri per l’avvenire ma – come è l’abitudine ormai consolidata – entrerà nel merito di quanto stanno facendo per tutelare la biodiversità i vari parchi aderenti all’associazione, registrando in sede di dibattito le analogie e le identità, e interrogandosi sulle differenze.
I blocchi tematici che faranno da linee guida per la giornata tecnica si articoleranno in due direzioni. Si affronteranno le minacce che pesano sulla biodiversità e le soluzioni possibili, e si esaminerà l’altra faccia della medaglia, vale a dire la proliferazione di alcune specie, esotiche, invasive, ecc, i danni alla natura e alle attività umane ed i rimedi necessari.

L’appuntamento al Conero

Nella assemblea generale di Fedenatur che si svolgerà a Parigi prima della giornata tecnica si perfezionerà nei minimi dettagli il prossimo appuntamento, già previsto per l’autunno di questo stesso anno, in Ancona e nel parco naturale del Conero.
Il tema è noto da tempo: si tratta dell’informazione e della comunicazione. Se ne è parlato altre volte, anche in sedi internazionali, ma i confronti e gli approfondimenti sono sempre indispensabili. Il tema è di quelli fondamentali. Gianni Boscolo nel numero scorso di questa nostra rivista affermava che questo tema ha la stessa centralità di quello della difesa della biodiversità, e aveva ragione. Inoltre va capito quanto e come la questione si modifica, e in quale direzione si sta muovendo in una società che a giusto titolo chiamiamo appunto “società dell’informazione”.
Restando a casa nostra, in Italia, possiamo affermare di non partire da zero. Per non consumare spazio tipografico non ripeterò il rosario degli appuntamenti e delle fasi che abbiamo attraversato, che comincia con il convegno di Passo Rolle e prosegue speditamente. Dirò tuttavia che Federparchi sfoggia un sito internet di tutto rispetto, del quale dovremo parlare nel nostro confronto europeo, e che all’interno di quel sito figura una edicola telematica nella quale sono esposti in bella vista quasi tutti i giornali e le riviste prodotte dai parchi italiani. Chi ha seguito dall’inizio il processo, fin da quando non esisteva alcun sito internet e i giornali dei parchi potevano essere elencati con le dita di una mano, all’ombra importante di “Piemonte parchi”, conosce gli entusiasmi della prima fase e le riflessioni critiche delle fasi successive, delle quali forse è opportuno dare testimonianza.
L’idea iniziale non fu solo che ogni parco dovesse fornirsi di uno strumento di informazione e di comunicazione, con l’aiuto delle competenze diffuse a nostra disposizione (giornalisti, giornali già esistenti, agenzie, scuole di giornalismo, e internet). L’idea più “calda” era di mettere in rete i saperi e le notizie.
Ora questa storia della rete e del sistema è un tormentone ricorrente al quale forse potremmo dedicare apposite giornate di studio. L’idea fissa del sistema unico e delle politiche di sistema di area vasta è la madre di ogni successiva rete. E non escluderei che il fallimento della madre abbia indebolito ogni figlio.
Però va tenuto anche in un conto maggiore il culto dell’autonomia che ogni area protetta ha mostrato di avere, e che quasi sempre è una virtù che viene da lontano, e precisamente dalla convinzione che dal basso e con il consenso degli aborigeni è possibile costruire l’edificio più solido e più duraturo, si tratti della democrazia, della cultura, della economia e della tutela della biodiversità. Quindi si vanno a toccare cose grosse. Monumentali…

La fase della crescita dei periodici

Nella fase ingenua e generosa dell’avvio di quello che per noi sarebbe dovuto essere il sistema nazionale dei parchi lavorammo al sito internet, al periodico solo in rete (oggi defunto, e sarebbe opportuno capire le motivazioni di quel decesso), alla rivista quadrimestrale di approfondimento e di documentazione qui presente, e ci dedicammo con passione all’ipotesi di lavoro della crescita di una rete di periodici locali che assomigliasse ad un sistema di vasi comunicanti, affinché nessuna esperienza andasse dispersa ed ogni autonoma attività concorresse alla rigogliosa crescita del sistema complessivo.
Non ci limitammo a mettere in vetrina i molti periodici che nascevano in continuazione, studiando le forme migliori per produrre abbinamenti ai medesimi. Tentammo di fare da cassa di risonanza del giornalismo locale sia su internet che sulla rivista “Parchi”, promuovemmo incontri e convegni, tentammo scuole. Di certo non fu un lavoro sprecato. Tuttavia quel lavoro mise in luce due debolezze speculari: la nostra, centrale, che fu sempre una scheggia di Federparchi e mai l’intera Federparchi (se avessi spazio sarei più completo, e capisco che messa così si può fraintendere: omnia munda mundis…), e la debolezza del complesso dei periodici dei parchi che gradivano aiuti purché non fossero neppure alla lontana interferenze.
L’intero percorso approda ai giorni nostri con questo passato, segnato profondamente e drammaticamente dall’assenza di una politica ministeriale, che stava per nascere. Sempre per mancanza di spazio non dirò dove e quando su mandato di Federparchi io fossi riuscito a convincere autorevoli dirigenti politici del ministero ad accantonare una somma ragionevole per impostare una politica di coordinamento e di sistema con i periodici dei parchi. E non dirò perché quella somma prese altre direzioni, verso i parchi regionali.
Tuttavia devo ricordare (sia pure a volo d’uccello) l’episodio per segnalare un punto decisivo: qualora in quella fase di crescita e di speranze di raccordo fosse nata una politica centrale verso i periodici di tutti i parchi, e qualora quella politica si fosse coniugata con i primi tentativi di editoria prodotta dalle Giunte regionali grazie a temporanei finanziamenti europei, oggi potremmo commentare tutt’altro film. Con questo retroterra “storico” l’Italia dei parchi si presenta al confronto europeo con un ricco patrimonio di periodici autoprodotti, con questa nostra rivista, con la rete internet, e con altri importanti prodotti (Parchitalia, ed altro ancora). A questo nucleo di esperienze concrete si aggiungono molti altri strumenti prodotti dall’area contigua ai parchi propriamente detti: dalle regioni, dal ministero, dalle associazioni, e poi a salire verso il cielo dalle agenzie, dai quotidiani e periodici generalisti, dalla Rai, da Mediaset e da altre private, da accordi europei (la trasmissione “Mediterraneo” che spesso si occupa di aree protette nei vari paesi rivieraschi), e via elencando.
Molti di questi strumenti entrano in contatto tra loro, anche se episodicamente. Ma sempre alla base di questa comunicazione c’è una differenza qualitativa di fondo: le aree protette sono una fonte di notizie certificate come vere, e molto spesso all’avanguardia rispetto a quanto circola nel mercato della comunicazione.
Ovviamente questa qualità si “sporca” quando viene a mancare la professionalità, e quando l’informazione viene deformata fin dal suo nascere in strumento di propaganda e di autopromozione. Ma ogni livello comunicativo conosce cadute di stile e crolli di professionalità. Quando lo strumento è professionale le aree protette garantiscono una qualità speciale, rendendone prezioso l’uso in quanto fonte professionalmente e scientificamente affidabile.

Gli addetti stampa

E’ appena il caso di aggiungere che esisterebbe un nesso tra l’esistenza di addetti stampa e di uffici stampa e la professionalità. Ma non posso ancora una volta dilungarmi, e non vorrei dare l’impressione di non conoscere il dramma della mancanza di personale nei parchi, e l’altro dramma, forse meno grave ma egualmente pesante, della difficoltà nel formare e nell’inserire nel lavoro collegiale la figura del “comunicatore” di materie nuovissime e sostanzialmente tutte “border line”.
Preferisco prenderla da un altro lato. Esistono miniere di informazioni, che potrebbero fare notizia, contenute nei piani di sviluppo economico e sociale approvati da ciascuna area protetta e magari in sonno; esistono nuovi ed efficaci strumenti come il bilancio di sostenibilità. Probabilmente il lavoro di formazione di addetti stampa funzionali al lavoro delle aree protette potrebbe essere parte dei capitolati di queste attività, e svilupparsi accompagnandone le fasi di attuazione.
Molto altro dovremo discutere nella giornata tecnica di Ancona. Soprattutto noi italiani, in quanto ospiti, dovremo esporre i nostri gioielli e le nostre manchevolezze per confrontarci adeguatamente con spagnoli, francesi e belgi.
I pochi contatti stabili che abbiamo con i quotidiani e con le televisioni potrebbero essere esibiti per verificare cosa capita in Europa su quei terreni così importanti ma anche così ingorgati e stracarichi di rumore cacofonico. E anche i pochi casi di raccordi con enti locali e con Regioni potrebbero mescolarsi al confronto, per capire dove siamo arrivati e dove potremmo tentare di arrivare.
Senza pretendere di cambiare il mondo da soli, da mosche cocchiere o da grilli parlanti, ma cercando almeno di evitare che il mondo ci cambi troppo, peggiorando le cose in maniera irrimediabile.

di Mariano Guzzini