Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 47 - FEBBRAIO 2006




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MEDITERRANEO

A Parklife 2006

un futuro possibile tra l’oggi delle montagne e il domani di una Associazione tra i parchi

La seconda edizione di Parklife, tenutasi a Roma tra il 30 marzo e il 2 aprile, si è conclusa con un Appello per la costituzione di una Associazione fra i Parchi del Mediterraneo. Nell’ultima giornata di incontri, Federparchi ha infatti promosso un Forum su questo argomento, invitando tutti gli ospiti internazionali presenti alla manifestazione a lavorare nella prospettiva di una Federazione dei Parchi del Mediterraneo.
L’appuntamento è per settembre prossimo a Bari, in occasione di Mediterre.
Del gruppo promotore del documento fanno parte, oltre a Federparchi, la Generalitat de Catalunya, la Junta de Andalucìa, la Regione Emilia Romagna, la Deputaciò de Barcelona, la Federation des Parcs Naturels Regionaux de France, ed alcune associazioni tra cui Legambiente e Depana.
La diffusione dell’Appello che sta attraversando i Paesi del Mediterraneo, raccogliendo commenti e suggerimenti, ha dunque coinvolto anche l’Italia, con la presenza, a Roma, dei rappresentanti del gruppo promotore, della Regione Lazio, dell’IUCN, dell’UNEP/MAP, dell’Egitto, dell’Algeria, della Rete delle aree protette dell’Andalusia. In un clima di collaborazione e di intenti di cooperazione si sono discussi vari punti del documento e si sono presentate le tante realtà del sistema delle aree protette di tutto il bacino del Mediterraneo.
Si tratta di un impegno non più dilazionabile per una bioregione caratterizzata da un’enorme qualità ambientale e di uno straordinario carico di biodiversità, ma anche drammaticamente al centro di rischi gravi e di pericoli che vanno affrontati con urgenza.Per questo, ormai da qualche tempo è attivo un Comitato promotore tra Francia, Spagna, Slovenia e Bosnia Herzegovina che si propone di costituire un’Associazione dei parchi del Mediterraneo, con lo scopo non solo di coordinare le reciproche azioni, ma soprattutto di promuovere un’azione comune di tutela delle risorse marine.
D’altro canto la Conferenza di Barcellona del 1995 ha dato indirizzi precisi sulla strada da percorrere, privilegiando il partenariato euromediterraneo e auspicando che nel primo decennio degli anni Duemila il bacino del Mediterraneo possa divenire un’area integrata di libero scambio che faccia perno su un passato comune e su valori condivisi che possano divenire pilastri per la cooperazione e la pace tra i popoli.Una simile prospettiva non può prescindere dalla gestione ecosostenibile del bacino mediterraneo.
Siamo di fronte all’area turistica più affollata del Pianeta, che rappresenta circa il 30% del flusso turistico mondiale, concentrato per il 90% sulle coste spagnole, francesi e italiane.
E le proiezioni al primo decennio del secolo indicano un aumento che dai 135 milioni di presenze del 1990 arriverà a 200-250 milioni.
Anche per il Mediterraneo dunque si impone una riflessione approfondita sulla sostenibilità dello sviluppo e sulla compatibilità tra le attività del consesso umano e la conservazione di un patrimonio di importanza vitale per il comune futuro.
Non è affatto un caso che la Direttiva quadro sulle acque dell’Unione Europea del 2000 abbia indicato per il Mediterraneo la specifica denominazione di “Ecoregione Mediterranea”, indicando in ciò una profonda diversità e una particolare specificità rispetto ad altre aree marittime, dall’Atlantico al Mare del Nord al Mar Baltico.
Un’ecoregione che costituisce un patrimonio straordinario rispetto alle altre acque marine: oltre 8.500 specie macroscopiche corrispondenti a percentuali variabili, a seconda del gruppo considerato, tra il 4 e il 18% delle specie presenti negli oceani. Tra di loro, specie endemiche stimate tra il 20 e il 30%.
Altri dati segnalano l’importanza strategica del Mediterraneo: la presenza di oltre 1000 specie vegetali, di 580 specie di pesci, 21 di mammiferi marini, 48 di squali, 36 di razze, 5 di tartarughe. . .
Davanti a questa realtà, non è possibile dimenticare i riflessi di una situazione ambientale globale compromessa, che si riflette sull’intero bacino.
Il riferimento è, in particolare, al riscaldamento del pianeta che sta causando il fenomeno della “tropicalizzazione”, con l’arrivo di specie ittiche dal Mar Rosso, attraverso il Canale di Suez, e dall’Oceano Atlantico, attraverso lo Stretto di Gibilterra. Nel primo caso sono, ad oggi, censite 55 specie, di cui 40 hanno assunto importanza commerciale.
Nel secondo le specie sono circa 30.
In totale le specie alloctone stanno arrivando, in percentuale, al 20% e rischiano di modificare fortemente - a danno di quelle autoctone - la biodiversità mediterranea.
Anche per questo, appare indilazionabile la collaborazione comune tra tutti i Paesi che si affacciano su questo nostro mare interno e l’auspicio è che la futura Associazione possa aprire prospettive per lo scambio di esperienze e che il lavoro possa produrre pressioni positive nei confronti degli organismi decisori in queste materie.
L’Appello continuerà il suo viaggio di promozione secondo un’azione coordinata che investe tutti i Paesi e che è finalizzata alla raccolta di ogni contributo utile, in vista di un incontro generale che si terrà nel corso del 2006.
Ma intanto l’Unep, il Programma ambientale delle Nazioni per il Mediterraneo, lancia un altro allarme: «tra 20 anni cemento su metà delle coste». Come a dire: un metro di spiaggia, un metro di cemento, un metro di scogli e altrettanti di asfalto. Per evitare che ciò accada l’Unep ha dato vita al Map (Mediterranean action plan), per la tutela del Mediterraneo. A Park Life è stato presentato il Blue Plan, il dossier realizzato in occasione del trentennale della Convenzione di Barcellona, che fotografa lo stato di salute ambientale delle coste mediterranee e i rischi cui vanno incontro.
Vi si legge: «Attualmente il cemento sottrae alla natura il 40 per cento dei litorali dove vive il 7% di tutte le specie marine mondiali. Ma questa cifra è destinata a crescere: entro il 2025 oltre il 50% delle coste sarà cementificato … E’ facile immaginare che la popolazione che abita le città costiere raggiunga la cifra di 90 milioni di abitanti entro il 2025 rispetto ai 70 milioni registrati nel 2000».
Il quadro è preoccupante. Sulle nostre coste insistono ben 584 città, 750 porti turistici e 286 commerciali, 13 impianti di produzione di gas, 55 raffinerie, 180 centrali termoelettriche, 112 aeroporti e 238 strutture di dissalazione delle acque.
Nonostante negli ultimi decenni qualcosa si sia fatto, i timori dell’Unep per quello che è uno dei 25 hotspots mondiali per la biodiversità, non sono solo per le gravissime ripercussioni ambientali, soprattutto sulle fragili e fondamentali zone umide presenti in corrispondenza con i grandi estuari dei fiumi,, ma anche i danni economici. «Il valore strettamente economico di questi ambienti -ricorda il dossier- è di gran lunga superiore a quello di laghi, fiumi, foreste e praterie e può arrivare ai 2,4 milioni di euro per chilometro quadrato».
Altre preoccupazioni sono legate all’erosione delle coste, minacciate dall’innalzamento dei mari dovuto al riscaldamento globale e sempre meno rifornite di sedimenti di origine fluviale.
«La cementificazione del letto di fiumi e torrenti assieme alla costruzione di dighe e la deviazione artificiale dei corsi d’acqua -denuncia ancora il Blue Plan- ha infatti diminuito del 90% la quantità di sedimento che raggiunge il mare negli ultimi 50 anni». Quali interventi, per fermare questo processo di progressivo degrado?
L’adesione ai Protocolli attuativi della Convenzione di Barcellona che delinea il percorso della sostenibilità per il Mediterraneo. Ma soprattutto la rete dei 21 paesi che si affacciano sul Mediterraneo dovrebbero aderire a un più stringente quadro normativo che ci si augura possa tradursi in realtà entro il 2007. Un vincolo legale, capace di fissare i criteri di tutela e uso
del territorio costiero, che potrebbe ispirarsi alla recente legge che la Giunta regionale della Sardegna ha assunto per tutelare le sue coste.
Ma a Parklife 2006 è arrivata anche qualche buona notizia, a proposito del progetto che riguarda “le Montagne del Mediterraneo”. Dalla Risoluzione adottata dal Congresso Mondiale per la Conservazione della Natura del 2004 a Bangkok, molta strada è stata fatta. Ma ancora tanta se ne dovrà fare per la sua applicazione. Ne hanno parlato durante un incontro internazionale promosso da Legambiente, Federparchi, LIPU, Depana, Deputaciò di Barcellona, Federazione francese dei parchi regionali e Parco della Corsica, alcuni tra i massimi rappresentanti delle organizzazioni internazionali che si occupano di aree protette, insieme a personalità istituzionali italiane e straniere. Alla presenza di Puri Canal, vice presidente dell’IUCN, il dibattito ha affrontato tutti i nodi, ma anche i passi avanti di un percorso di attuazione della Risoluzione che ha nel ruolo delle Montagne del Mediterraneo il suo aspetto cruciale. Della necessità di scandire oggi le tappe di questo percorso ha parlato, nella sua introduzione, Fabio Renzi di Legambiente, che ha sottolineato come questo progetto delle Montagne del Mediterraneo si può portare avanti solo «a partire dall’esperienza delle aree protette».
I Parchi, pur con le loro diverse caratteristiche e con una pluralità di differenze hanno saputo interpretare in termini innovativi, sia le antiche problematiche, sia le nuove crisi ed esigenze.
Ed è proprio dalle aree protette e da contestualità territoriali, che anche nelle strategie euromediterranee, si può aprire una percezione nuova che non guardi più al Mediterraneo solo come un mare. Oggi è necessario fare un piano di esperienze e di percorso conseguente, per evitare che tra una Risoluzione e la sua applicazione passino troppi anni.
E’ stata inoltre evidenziata l’urgenza di far entrare il tema delle Montagne nelle agende internazionali. E qui il ruolo dell’IUCN diventa fondamentale. A scandire il percorso fino al prossimo Congresso Mondiale del 2008, sono state avanzate alcune proposte: Forum delle Montagne del Mediterraneo entro l’autunno 2007; rassegna  di tutti i progetti di collaborazione nella primavera 2008; “corredo” sia istituzionale che di esperienze concrete entro l’autunno 2008.
Nel contempo occorrerà dare vita a forum di discussione regionali, tenere una sorta di libro di bordo del percorso da realizzare ed infine distinguere tra le montagne continentali e quelle insulari creando attività di coordinamento tra queste ultime.
Nel corso dell’incontro, caratterizzato da interventi capaci di dare un contributo programmatico e di indirizzo all’incontro, ci si è soffermati sul Progetto APE e sulla Convenzione delle Alpi, che possono rappresentare esperienze di riferimento se sapranno superare gli ostacoli e divenire operative non solo a livello di obiettivi teorici, ma anche di esperienze concrete per il territorio.

di Delfino Olivero