Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 47 - FEBBRAIO 2006




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Il dissesto idrogeologico nei bacini montani

Come prevenire e ridurre i pericoli e i danni dei cosidetti rischi naturali

In trentacinque anni di attività nel territorio dell'Italia Settentrionale, il CNR-IRPI, Sezione di Torino, ha avuto modo di documentare centinaia di fenomeni di trasporto torrentizio in massa e di colata detritica, che da soli rappresentano oltre il 30% degli eventi con impatto distruttivo, nelle valli alpine, su centri abitati, infrastrutture e siti di occupazione temporanea (tipicamente turistici). In particolare per le Alpi Centro-Occidentali, numerosissimi sono i documenti storico-archivistici che descrivono analoghi eventi più volte testimoniati in passato nell'arco degli ultimi 300 anni. Le esperienze accumulate sul terreno ed in laboratorio, le analisi storiche e le opportune elaborazioni dei dati raccolti permettono, oggi, l'approccio ad una classificazione delle aree soggette a ricorrenti fenomeni di degradazione dei terreni, basata su differenti caratteristiche geologico-morfologiche di versanti, impluvi e piccoli bacini, in grado di generare fenomeni parossistici di trasporto solido, spesso degenerante in colata detritica con effetti dannosi nelle aree di fondovalle.
La metodologia d'indagine utilizzata dal CNR-IRPI presuppone l'incrocio tra osservazioni e misure di campagna con analisi fotointerpretativa, idrologico-idraulica, storico-documentaria, dendrogeomorfologica, uso del suolo, e lo sviluppo e implementazione di modelli predittivi circa le cause d'innesco, le fonti detritiche, la dinamica di deflusso (velocità, portata) la magnitudo presunta (ovvero il volume massimo movimentabile) di possibili colate di fango e detrito lapideo-vegetale.
L'insieme delle tecniche su citate consente valutazioni il più possibile realistiche, e su base quantitativa, di scenari di pericolosità, necessarie nella pianificazione dello sviluppo del territorio, nell'ambito dei piani di protezione civile, e in previsione di interventi di difesa.
I siti d'indagine scaturiscono dalle purtroppo frequenti manifestazioni di instabilità per frane ed “alluvioni” che da sempre offre, ovunque, il territorio montano. Numerosi sopraluoghi, anche in piena emergenza, sono effettuati routinariamente, a scopo conoscitivo e talora di consulenza tecnico-scientifica per gli Enti preposti, dal CNR-IRPI di Torino, non solo in territorio nazionale ma anche oltralpe, come di recente accaduto il 22-24 agosto di quest'anno in Austria e Svizzera. In tutte le circostanze si sono riproposte problematiche che illustrano in modo esauriente la necessità, fra le prioritarie, di valutazioni preventive connesse alla pericolosità dei fenomeni di colata detritica in aree abitate.
In particolare, l'analisi è focalizzata a discernere con differenti gradi di approssimazione una certa tipologia di casi che, ancor sino a pochi anni or sono, potevano semplicisticamente rientrare nel novero di quelli “imprevedibili”. Per analogia con situazioni avvenute in passato, e tramandate grazie al prezioso contributo dei documenti storici, in determinate zone con caratteristiche geomorfologiche che inducono a ritenere plausibile il manifestarsi di fenomeni di colata detritica, metodologie sperimentali d'indagine sono applicate su piccoli bacini torrentizi o semplici impluvi, basate su riconoscimento e classificazione di tipologie morfologiche-dinamiche e livelli di pericolosità geo-morfologica oggettivi. Vengono inoltre analizzati i dati raccolti nel corso di eventi parossistici recenti, per raccogliere elementi in merito alla dinamica ed entità dei fenomeni, di essenziale importanza per migliorare i modelli interpretativi al riguardo e successivamente trasferirli, per analogia morfologica e di comportamento sequenziale dei processi, in altri ambiti dove la prevenzione, e quindi la conoscenza aprioristica, sono requisiti essenziali per la salvaguardia di vite umane e beni soggetti a rischio potenziale: particolarmente laddove per ragioni economiche, di spazi o semplicemente di non-fattibilità non sono applicabili strategie di mitigazione di tipo meramente strutturale.
Sulla base di quanto su illustrato appaiono essenziali studi preventivi mirati principalmente alle conoscenze dei fenomeni producibili e delle conseguenze, che obbligatoriamente devono basarsi su attente analisi a valenza interdisciplinare.
Si sottolinea che molti eventi, per la loro ricorrenza ultrasecolare, in contrapposizione ad altri caratterizzati da maggiore frequenza di accadimento, sono quasi sempre stati interpretati come fenomeni “quiescenti” e pertanto talora disattesi anche a livello di programmazione territoriale. Nell'ambito di un'indagine specifica sulla pericolosità lungo la rete idrografica minore, con specifico riguardo ai fenomeni parossistici di trasporto solido, sono quindi state approntate una serie di attività a carattere multidisciplinare a scopo conoscitivo mediante l'approfondimento di studi su bacini-campione insistenti su settori economico-sociali vulnerabili dal punto di vista della pericolosità torrentizia.
Di recente, nell'ambito di uno studio-pilota in collaborazione con il Settore Protezione Civile della Regione Piemonte, sono state condotte ricerche di dettaglio su un numero ristretto di bacini montani nel territorio di competenza, che hanno prodotto fenomeni di trasporto torrentizio in massa (direttamente osservati nel corso dei recenti eventi alluvionali o individuati sulla base delle indagini storico-geomorfologiche condotte) e che sono potenzialmente in grado di interferire con strutture ed infrastrutture antropiche, senza quindi perdere di vista, parallelamente all'interesse scientifico, l'aspetto applicativo dello studio in ambito di protezione civile.
Come premesso, nell'ambito delle attività di ricerca del CNR-IRPI sui torrenti minori, sono state sviluppate e integrate metodologie di analisi per la valutazione del potenziale detritico mobilizzabile in occasione di eventi parossistici di trasporto torrentizio in massa (magnitudo), potenzialmente mobilizzabili in diversi ambienti geografico-geomorfologici dell'arco alpino e l'integrazione dei casi studiati nel presente progetto ha contribuito a migliorare il metodo e a sviluppare ulteriori affinamenti d'indagine. Per le finalità dello studio, l'analisi litologica, così come quella strutturale, è servita come strumento d'indagine integrato per l'individuazione delle fonti detritiche e per ricondurre le coperture esistenti ad una genesi di riferimento a cui correlare forme di instabilità.
Per l'identificazione di un idoneo approccio metodologico al lavoro in oggetto ci si è avvalsi innanzitutto di una raccolta sistematica, selezione e validazione critica del materiale preesistente.
Il materiale di base è stato rappresentato in primo luogo da documentazione già prodotta dagli Enti territoriali competenti per il territorio di interesse (dal punto di vista conoscitivo, storico e tecnico); a tale documentazione, che ha rappresentato la struttura conoscitiva portante, si sono apportate integrazioni essenziali, relative ai fenomeni osservati e alle esperienze acquisite, mediante documentazione scientifico-tecnica originale prodotta dal CNR-IRPI.
Per le esigenze dello studio di dettaglio eseguito, si è operato su base cartografica su scala 1: 5000. Su tale supporto si sono riportati gli elementi morfologici, geologico-geomorfologici e forestali risultati significativi per lo studio svolto, le sezioni rilevate su terreno in modo tradizionale e le indagini puntuali (punti di osservazione rilevati con il GPS, osservazioni dendrocronologiche, “aree di saggio”, ecc...), mediante ArcGIS, organizzato in layer sovrapposti per tematismi.
Significativo contributo è derivato infatti dallo studio dei bacini campione in cui sono state valutate le caratteristiche geomorfologiche e forestali, con indagini mirate di terreno finalizzate a definire una propensione generale a fenomeni d'instabilità, nonché di riduzione potenziale delle condizioni di equilibrio dei versanti, in relazione all'attuale assetto di coperture detritiche e vegetali, con potenziale innesco di fenomeni di trasporto torrentizio in massa o criticità di versante a danno di nuclei abitati. A tal proposito lo studio condotto è in veste di approccio d'indagine propedeutica al fine di valutare quali siano i parametri utili per una sistematica analisi del territorio, leggibile in chiave di protezione civile. In merito alla ricerca storica condotta, che ha offerto un ricco quadro informativo di base circa la predisposizione del territorio al manifestarsi di eventi alluvionali, è stata analizzata in via preliminare la cronistoria dei processi fisici occorsi, nonché dei loro effetti sul territorio, attraverso una ricerca mirata presso gli Archivi Storici comunali. Le notizie raccolte hanno permesso di integrare la già cospicua documentazione edita e inedita conservata presso l'IRPI di Torino; si è cercato inoltre di correlare i dati storici con le morfologie di instabilità rilevate da cartografia e fotografie aeree, cercando di evidenziare le località descritte dai documenti storici, risalendo ai toponimi dell'epoca, alle variazioni morfologiche dei corsi d'acqua e soprattutto all'ubicazione dei fenomeni di instabilità deducibile dalle segnalazioni di effetti e danni causati nel territorio.
Per ciò che concerne l'importanza dello studio forestale, il principio di base è quello che si evince anche da letteratura circa la capacità di un bacino boscato di ridurre statisticamente il numero degli eventi potenzialmente capaci di generare grandi piene; questo è dovuto all'azione protettiva del bosco, il quale esercita una protezione diretta (a livello epigeo) ed indiretta (a livello ipogeo) sul regime idrogeologico dei corsi d'acqua montani. Tenuto conto quindi dell'importanza protettiva ed economica dei boschi, unita alla ricerca delle relazioni esistenti tra stabilità del pendio e vegetazione, si è ritenuto d'interesse approfondire lo studio sulle tipologie forestali, sugli aspetti selvicolturali e dendro-auxonometrici dei boschi presenti in alcuni bacini della Valle Orco e Soana.
Nell'ambito dei bacini scelti dopo ripetute indagini sul terreno, che hanno permesso di individuare situazioni di dettaglio sia dal punto di vista della vegetazione che delle condizioni di instabilità insite nell'assetto attuale del bacino idrografico, sono state condotte campagne di terreno mirate alla predisposizione di un quadro delle situazioni di criticità del sistema-bacino in relazione sia alle situazioni generali in cui si trova sia alle caratteristiche forestali (attraverso aree di saggio).
Particolare attenzione è stata rivolta alla presenza di elementi indicatori di eventi passati, discriminati dapprima mediante fotointerpretazione e indagine storica; a tal fine, laddove sono stati individuati depositi detritici tipici di processi connessi a fenomeni di trasporto torrentizio in massa, sono state fatte valutazioni apposite in merito a datazioni dendrocronologiche di piante in vita mediante gli anelli di accrescimento.

Gli obiettivi raggiunti dallo studio forestale, sono stati:

  • conoscenza della consistenza del patrimonio forestale dei bacini;
  • suddivisione del territorio in base alle diverse occupazioni di suolo;
  • notizie selvicolturali riguardanti il governo del bosco, il suo trattamento, l'età e le condizioni vegetative del soprassuolo;
  • masse legnose in piedi;
  • studio dendrocronologico mediante prelievo di “carote” a 1,30 m con Succhiello di Pressler

Per descrivere anche dal punto di vista idraulico-idrologico i torrenti oggetto di studio è stato calcolato l'idrogramma di piena. Trattandosi però di bacini non strumentati (come purtroppo accade nella maggior parte dei casi, per l'esiguità del numero di bacini attrezzati a scopo di ricerca applicata, ed in assenza dei quali diventa assai complicato, se non impossibile esprimere considerazioni significative ed attendibili) è stato necessario applicare una formula razionale per il calcolo della portata di picco (Giandotti e Kirpich), e prima ancora effettuare una analisi statistica dei dati di pioggia forniti da stazioni meteo-pluviometriche significative per ciascun bacino.
L'analisi di tipo statistico ha utilizzato serie storiche relative ad eventi pluviometrici di breve durata ed elevata intensità descritti tramite le altezze di pioggia per intervalli temporali di 1, 3, 6, 12 e 24 ore, ed ha fornito la base per definire le curve di caso critico.
La conclusione dell'elaborazione statistica ha fornito i valori della portata di picco in funzione dei diversi tempi di ritorno; prendendo poi in considerazione quello relativo a 100 anni che risultava essere il più significativo, è stato costruito, a titolo esemplificativo, un idrogramma triangolare con il valore di picco della portata corrispondente ad un tempo di pioggia pari al tempo di corrivazione caratteristico del bacino.
Lo studio idraulico è stato completato da rilievi in alveo finalizzati alla misura di sezioni significative, anche per valutare i punti di criticità per il deflusso, e all'osservazione della granulometria dei detriti in alveo eventualmente mobilizzabili dal flusso idrico secondo il concetto di portata formativa.
Per ciò che concerne, invece, la valutazione del quantitativo potenziale di detrito mobilizzabile a seguito di un evento di piena parossistico, attendibile, allo stato attuale delle conoscenze, solo in piccoli bacini alpini, è proposta una metodologia, che si basa su:

  1. misure morfometriche (area effettiva e pendenza del bacino idrografico), eseguite sulla base cartografica CTR in scala 1:10.000 o scala CTP (1:5.000);
  2. sopralluoghi specifici di terreno, mirati:
    1. all'individuazione delle coltri detritiche presenti lungo i versanti (detrito di tipo B);
    2. alla valutazione dell'estensione areale del materasso detritico residente in alveo rimobilizzabile anche per il verificarsi di piene ordinarie (detrito di tipo A);
    3. alla “taratura” delle misure planimetriche (distanze, lunghezze, aree) basate sulla trasposizione delle informazioni dedotte attraverso l'analisi delle fotografie aeree su carta
      tecnica e soggette a deformazione prospettica;
  3. analisi di fotografie aeree, per la stima delle coperture detritiche lungo i versanti, l'individuazione di masse instabili e la caratterizzazione dei depositi nei settori di bacino altimetricamente più elevati non raggiunti nei rilievi a terra;
  4. ricostruzione delle piene parossistiche pregresse avvenute nell'areale geografico di interesse e nei singoli casi analizzati, al fine di individuare la “frequenza di accadimento” di tali eventi. L'ipotesi di partenza è che il tempo di accadimento di fenomeni parossistici sia diretta espressione della magnitudo del fenomeno stesso. Infatti, in molti casi è stato osservato che, laddove il tempo trascorso tra due eventi consecutivi è maggiore, maggiore è la possibilità per un singolo corso d'acqua di produrre una quantità più consistente di materiale destabilizzato all'interno del suo bacino, che ha avuto più tempo a disposizione per “caricarsi”; sarà quindi maggiore l'intensità (in termini volumetrici) dell'evento successivo.

Si è dato avvio inoltre ad un'analisi ulteriormente integrata mediante procedure di “modellazione” con appositi software (es. FLO2D), per comprendere dal punto di vista fisico e geomorfologico i potenziali sviluppi attendibili circa la dinamica delle colate detritiche (direzioni di deflusso e aree di invasione).
L'approccio metodologico in questa sede sinteticamente illustrato può ragionevolmente applicarsi alla pianificazione del territorio in funzione della pericolosità, in atto e potenziale, dell'ambiente circostante e al suggerire possibili interventi attivi e/o passivi in relazione ai possibili scenari, cioè alle risposte che da un determinato corso d'acqua (o semplice impluvio all'apparenza innocuo) possono provenire in occasione di eventi meteo-idrologici estremi.
Informazioni ulteriori e più dettagliate, secondo le varie tematiche di interesse, potranno essere acquisite dal sito www.irpi.to.cnr.it.