Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 48 - GIUGNO 2006




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PARCO SEDUCE: RAPPORTO SUL TURISMO NEI PARCHI NAZIONALI ITALIANI

Il primo rapporto firmato CTS nasce da un’indagine approfondita, affrontata in maniera innovativa, con un approccio sistemico che incrocia il comportamento dei singoli con quello degli aggregati sociali. Ne esce un quadro interessante e, per certi versi, sorprendente che permette di tracciare l’identikit aggiornato del turista che va per parchi.

Per un turismo dei parchi
Fresco di stampa, dopo una gestazione di circa tre anni, il primo Rapporto sul Turismo nei Parchi Nazionali Italiani, nato da una felice collaborazione fra Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e Dipartimento Ambiente del CTS, Centro Turistico Studentesco e Giovanile è stato presentato ufficialmente. A motivare fondamentalmente questa poderosa indagine su 20 Parchi Nazionali del Belpaese (Golfo di Orosei-Gennargentu ed Appennino Tosco-Emiliano sono stati volutamente esclusi in quanto ancora privi dell’Ente di Gestione), il desiderio di contribuire, ancora una volta, ad abbattere la barriera -tutta ed evidentemente pretestuosa e ormai ridotta, per fortuna, al lumicino- fra dimensione antropocentrica e dimensione ecocentrica.
Debellata la nostalgia patologica per un passato idilliaco –così come i sogni, vagamente perversi, di conservazione “pura e dura”, di frequentazione assolutissimamente interdetta e di “divina” naturalità ad oltranza- e, allo stesso modo, superata la visione, un po’ coatta, di un turismo fatto solo di masse babeliche e scomposte, intruppate, fameliche e sporcaccione, si fa largo e si consolida, finalmente, nel comune pensare, un viaggiatore meno impattante, che fa della curiosità la propria bussola e del rispetto e della conoscenza dei luoghi il proprio irrinunciabile “vademecum”; un viaggiatore consapevole che predilige addentrarsi (lentius, profundius, suavius…) in realtà speciali nelle quali, ad un contesto naturalistico d’eccezione (e che richiede, pertanto, approcci fruitivi d’eccezione) si associa, indissolubilmente, un palinsesto ricchissimo di tradizioni, sapori, cultura “alta” o meravigliosamente popolare; un viaggiatore, infine, che, quando ben governato -dosando di volta in volta, e non è banale, strategia e buon senso, regolamentazione e promozione- può procurare non depredazioni ma, viceversa, benefici al territorio. Del resto, come si evince dal Rapporto CTS; i numeri ci sono e come: quello del turismo nei parchi (nella fattispecie quelli nazionali, ma è fuori di dubbio che il fenomeno si possa estendere a tutto il sistema delle aree protette) non è un target di nicchia, composto in via esclusiva da cultori della materia, leggi scienziati occhialuti e secchioni, da comitive di anzianotti che ne approfittano per fare le acque o, al contrario, di giovinastri naif nostalgici dei più colorati figli dei fiori: tutt’altro, il flusso è consistente e in decisa crescita. Ecco allora che l’Italia, meta ambita, nei secoli, di frotte, variamente motivate (dalla cultura, all’arte, alla religione ed alla storia) di visitatori, nutrita com’è di eccellenze naturalistiche, organizzate spesso in aree protette, può mirare ad un ruolo di sicuro prestigio anche per i grand tour del turismo “verde” : a maggior ragione considerando che, oltre o, meglio, a latere, di materiali ghiotti per il puro scientismo bio e geologico, il parco è riserva di valori -materiali e non- della tradizione, etnografici e enogastronomici che, per dirla in modo semplice, mettono d’accordo (interessano-attraggono) un po’ tutti .
Chiamarlo, quello organizzato nei parchi, ecoturismo piuttosto che turismo tout court, non è cosa ovvia né meramente nominalistica; appellarsi genericamente al partito della sostenibilità, come al poco di zucchero sufficiente per addolcire la pillola da mandar giù, qui proprio non basta visto che l’incontro virtuoso della domanda (di un moderno turismo “ecologico”) con l’offerta (di un ambiente di qualità in senso lato) avviene se e solo se, da entrambe le parti, vigono regole e modalità operative precise e rigorose; il turismo non è una “no smokless industry”, un’industria che non inquina, anzi!, e di conseguenza, per non farne la risorsa «tutta croce e niente delizia» delle nostre aree protette, bisogna predisporre percorsi di fattiva collaborazione fra i più diversi portatori di interessi ed aderire, auspicabilmente, a strumenti già positivamente “rodati” quali le Agende XXI e, soprattutto, la Carta Europea del Turismo Sostenibile. Per fornire una prima base conoscitiva, utile a sostenere e indirizzare, in maniera opportuna, la “rotta” del turismo nelle aree protette, è stato dunque redatto il Rapporto del CTS, 550 pagine di informazioni e stime dettagliate, di panoramiche sullo “status quo” nonché di spunti alla riflessione sui possibili scenari futuri.

Il metodo
L’indagine, curata da Rita Cannas e Micaela Solinas assieme ad uno staff di oltre quaranta persone, intende rappresentare un quadro organico e, in quanto tale, inedito, del fenomeno turismo nei parchi, approfondendone sia la dimensione oggettuale e quantitativa (consistenza delle strutture, dei flussi ecc.) sia più specificamente qualitativa (chi sono i turisti, di quali servizi usufruiscono, come si compone l’offerta turistica del parco ecc.) e sociologica (quale il grado di consapevolezza di essere in un’area protetta, quale il grado di soddisfacimento del visitatore ecc.); in tal senso, a fianco delle fonti ufficiali, ovvero il Sistema Informativo Territoriale (SIT) della Direzione Protezione Natura (2004), il 5° Elenco Ufficiale delle Aree Naturali Protette (EUAP) del Ministero dell’Ambiente (2003) e, ancora, i rilevamenti ISTAT, ed i dati delle APT, è stato necessario elaborare un metodo di ricerca ad hoc, capace di rendere commensurabili e confrontabili informazioni di varia e, spesso, diversissima natura.La scelta dei curatori è ricaduta, alla fine, su di un approccio sistemico che integra le caratteristiche della metodologia RAAKS (Rapid Appraisal of Agricoltural Knowledge Systems), focalizzata sugli aggregati sociali, prettamente partecipativa ed orientata alla definizione di strategie di miglioramento, con quelle del metodo “actor oriented”, incentrato sull’individuo e sul comportamento dei singoli; il risultato è un’analisi che si sviluppa sia attorno alle componenti del sistema (i soggetti istituzionali, economici e sociali che agiscono nel parco), sia attorno alle relazioni (anche sottoforma di politiche e progetti) che intercorrono fra le componenti stesse e fra queste e l’esterno. Grande importanza e grande impegno sono stati inoltre dedicati all’indagine “sul campo”: da un lato procedendo a interviste in profondità agli attori locali, supportate anche da una “SWOT Analysis” così da evidenziare criticità e punti di forza dei sistemi territoriali; dall’altro, effettuando una verifica campionaria sui turisti, tramite un questionario articolato in venti domande e somministrato nei mesi di luglio e agosto del 2003, con una media di 300 questionari per parco e un totale finale di 6.100 rilevazioni.

L’indagine
Per favorire la lettura e l’interpretazione delle aree oggetto della ricerca, si sono individuati quattro sub-sistemi corrispondenti ad altrettanti ambiti geografici con analoghe o almeno assimilabili implicazioni territoriali; si distinguono così i parchi nazionali alpini, gli appenninici (i più numerosi) e, quindi, i parchi nazionali peninsulari ed insulari. Di ogni sub-sistema sono quindi puntualmente analizzate le principali caratteristiche territoriali e socio-economiche con un’attenzione, com’è ovvio, più marcata alle dinamiche della sfera turistica. Ecco emergere, innanzitutto, un netto squilibrio nella distribuzione degli esercizi ricettivi con una massima concentrazione degli stessi nelle aree protette alpine le quali, da sole, ospitano più della metà del totale delle strutture.
Nella fattispecie, si rileva un’eccezionale preponderanza del Parco Nazionale dello Stelvio e, seppur in misura minore, delle Dolomiti Bellunesi che raggiungono, nella consistenza ricettiva, numeri non paragonabili con quelli di altre aree protette quand’anche di maggiore superficie e di più significativa antropizzazione; più equilibrata la dotazione di strutture negli altri sub sistemi, eccezion fatta per gli alti numeri riscontrabili nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Relativamente alla tipologia di struttura ricettiva, alberghiera o extra alberghiera, quest’ultima prevale, complessivamente, nelle aree protette alpine e peninsulari; vince, ma di misura, nel contesto appenninico mentre si evidenzia una sostanziale equivalenza fra le due formule nei parchi nazionali insulari.
Sono, ancora una volta, lo Stelvio e le Dolomiti Bellunesi a segnare i valori più eclatanti, votandosi decisamente alle tipologie di accoglienza turistica “non tradizionali”; in proporzione, nelle ridotte dimensioni territoriali, il medesimo trend si attesta in maniera significativa anche nelle Cinque Terre e, vale sottolineare, nel Cilento e nelle Foreste Casentinesi.
Sostanzialmente analoghe, per i quattro sub sistemi, le percentuali degli Arrivi e delle Presenze dei turisti, i quali si concentrano prevalentemente nell’ambito territoriale peninsulare.
Ed ecco -finalmente- i numeri, ovvero, se si vuole, la più autorevole “prova dei fatti” per accertare, in tutta la sua verità e vitalità, la dimensione del turismo nei nostri parchi nazionali.
Ai valori netti che, pur nella variabilità della frequentazione stagionale e del diverso grado e qualità delle infrastrutturazioni ricettive, restano comunque incontestabilmente notevoli, si è voluto poi associare un’altra serie di informazioni ritenute utili per meglio interpretare il fenomeno qui indagato: ad esempio il dato sulla permanenza media (dai quasi 10 giorni presso il Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi ai 2 nel parco nazionale del Vesuvio) e soprattutto il rapporto numerico fra turisti (presenze) ed abitanti; indice evidentemente preziosissimo, quest’ultimo, per riflettere sul “carico” rappresentato dai fruitori del parco nei confronti delle comunità locali: se nel Parco Nazionale del Vesuvio un abitante deve “sopportare”, statisticamente, “mezzo” turista, il collega dello Stelvio ha da gestirne quasi 64. Con un excursus tutto economico, è possibile rilevare quanto, all’interno del mondo produttivo (in senso lato) delle aree protette, sia specificamente dedicato al turismo: in questo senso le percentuali, se non sempre esaltanti (si deve peraltro rammentare che i dati si riferiscono al censimento Istat 2001), testimoniano di una realtà consolidata di operatori ed aziende di settore, che rispondono concretamente ed in maniera cospicua alle istanze occupazionali di realtà, da questo punto di vista, se non depresse, almeno, certamente non in crescita.
I capitoli del Rapporto CTS, uno per ciascun Parco Nazionale analizzato, oltre alle voci più ortodosse delle dinamiche turistiche -consistenza ricettiva e flussi- prevedono la puntuale ed approfondita panoramica, con tanto di illustrazione delle eventuali “best practices”, di tutti quegli aspetti che, tali dinamiche, comprendono o inducono sul territorio; un chiaro esempio ne è l’attenzione precipua verso il modello di gestione prescelto dall’Ente Parco, per i servizi turistici attivati e, in generale, per la fisionomia del sistema di relazioni, economiche ed istituzionali, fra soggetti pubblici e privati, che presiedono, nell’area protetta, al governo e alla valorizzazione del turismo. A corredo di ogni capitolo, infine, una breve scheda fa il punto sui risultati dell’indagine deducendone la sintesi SWOT, per il singolo Parco Nazionale, degli elementi di forza e di quelli, al contrario, di debolezza.

Ritratto conclusivo
Di natura squisitamente quali-quantitativa, il Rapporto sul Turismo nei Parchi Nazionali consente, in conclusione, di tracciare un identikit piuttosto preciso del turista “verde”. Intanto si tratta, per la maggior parte, di persona adulta: le fasce d’età 26-35 e 36-45 anni raggiungono il 53% sul totale. Medio alto il suo livello culturale, col 52% in possesso di Diploma ed il 27% di Laurea; di “mestiere” fa il funzionario o il dirigente, ma abbondano i liberi professionisti come pure gli impiegati.
Parla in genere italiano (anzi, verrebbe da dire dialetto locale, data l’utenza prevalentemente regionale) salvo alcuni casi clamorosi di massiccia presenza di turisti stranieri: il Vesuvio (64%), le Cinque Terre (30%) e lo Stelvio (19%), ad esempio, ma anche, sorprendentemente, l’Aspromonte (17%) ed il Cilento (14%).
Il vecchio, caro tam tam di amici e conoscenti si conferma la fonte principale di informazione dell’esistenza del parco: seguono a ruota libri, guide e riviste specializzate, a debita distanza uffici informazione e centri visita e, solo nelle ultime posizioni, agenzie di viaggio, fiere e manifestazioni.
Non desta dunque stupore che il turista dei parchi si organizzi la vacanza in totale autonomia (60%) mentre solamente uno sparuto 7% si rivolge ai servizi di Tour Operator e agenzie locali. Quasi per logica conseguenza, il nostro turista va di norma nei parchi con la famiglia (33%), col coniuge (26%) oppure con gli amici (25%).
Se il confort nell’albergo riscuote ancora, in percentuale (28%), il maggior gradimento (dato peraltro pesantemente vincolato alla strutturazione dell’offerta locale), il 65% dei turisti dei parchi si sparpaglia fra agriturismi, campeggi, B&B e le altre formule extralberghiere. Vacanza, ovviamente, all’aria aperta quella dell’ecoturista che si divide fra passeggiate, escursioni in giornata, attività sportive e visite culturali: ampio spazio pure al relax e ai piaceri dell’enogastronomia.
Rispetto alla spesa media italiana per i consumi turistici, 81 euro al giorno, il turista dei parchi è meno”generoso”: il 35% si limita a 25-50 euro, il 20% arriva a 50-75 euro mentre il 26% non raggiunge i 25 euro giornalieri. Invitando senz’altro alla lettura integrale del Rapporto CTS, ricco di informazioni, interpretazioni e trampolino di lancio per riflessioni su prospettive future per lo sviluppo del turismo nei parchi nazionali, si segnala, in ultima analisi, un dato di conforto e buon auspicio: l’85% degli intervistati si è mostrato consapevole di trovarsi in un parco; e questo, con i tempi che corrono, quando le aree protette non vivono né fasti di protagonismo istituzionale né momenti d’oro di visibilità, non è davvero poca cosa.

Laura Ravazzoni