Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 48 - GIUGNO 2006




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COSTE ITALIANE PROTETTE

Un ministero per la tutela del mare

Ma per le coste continuano minacce e aggressioni: l’erosione divora la Sardegna, e nuove colate di cemento in arrivo per la Calabria
Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio è diventato anche del mare. Lo aveva annunciato, l’indomani del suo insediamento, il neo ministro Alfonso Pecoraro Scanio che nei giorni successivi ha mantenuto la promessa.
«Ho voluto dare subito un segnale di forte attenzione verso la risorsa mare -ha dichiarato il Ministro- inserendola nella denominazione ufficiale del Ministero. Il mare pur essendo una risorsa strategica per l’ambiente, l’economia e il turismo, non aveva ancora un esplicito riferimento nelle denominazioni ministeriali del nostro Paese».
Ora, oltre alla forma, ci si augura di vedere presto cambiare anche la sostanza, perché sempre di più le politiche per la biodiversità passano attraverso la tutela di coste e acque marine.
E’ dunque positivo che sia il ministro dell’ambiente a occuparsi anche del mare.
Quanto poi alle aree protette, è davvero tempo che si superi il dualismo gestionale tra i parchi costieri e quelli marini, quasi che si potessero separare così nettamente gli ecosistemi.
La Corte dei Conti ha più volte segnalato l’anomalia delle aree marine protette istituite con decreti che non ne indicano i soggetti gestori; è bene che si corra ai ripari ripercorrendo per loro le stesse procedure indicate per i parchi terrestri evitando duplicazioni di organi e enti là dove le aree marine sono confinanti con quelle terrestri protette.
Tutto ciò può essere fatto senza eccessive difficoltà e senza necessità di nuove norme legislative o regolamenti. È però indispensabile la volontà politica di attivare davvero una nuova politica di tutela delle nostre coste e dei nostri mari che continuano a subire attacchi e poche politiche di tutela. Tra queste, si segnala la recente iniziativa della Sardegna che, sull’esempio francese, si è dotata di una Conservatoria del litorale. C’è da augurarsi che la benemerita decisione serva ad arrestare il progressivo degrado delle coste dell’isola, erose per il 23% del loro sviluppo. Il dato, fornito dall’Osservatorio del faro di Punta Sardegna ha destato allarme. Lo stesso centro di ricerca, grazie a un finanziamento europeo, ha ora in progetto per un monitoraggio completo delle coste individuando le cause della progressiva erosione.
Già oggi tuttavia, non è difficile riscontrare nel prelievo incontrollato delle sabbie dai fiumi, nella gestione scorretta delle spiagge a fini turistici, nella distruzione della vegetazione delle dune, nella creazione di dighe, nella rimozione della Posidonia (vitale al mantenimento dell’equilibrio bioecologico), alcuni dei principali elementi che turbano un ecosistema delicatissimo e fragilissimo che non è più terraferma e non è ancora acqua. Ovviamente non va dimenticata la cementificazione delle coste che né è un evidente saccheggio.
Anche in questo caso l’attività sembra inarrestabile e ancora di recente, ha denunciato il sindaco di Palau, è stata concessa un’area di 17 mila metri quadrati a Porto Pollo per installare gavitelli per i prossimi sei anni. Una decisione contro la quale il Comune ha fatto ricorso al Consiglio di Stato. I rischi maggiori li corrono comunque le spiagge delle grandi città: Cagliari, Porto Torres e Alghero.
Se la Sardegna guarda con preoccupazione al futuro delle sue coste, in Calabria si progetta una Crotone 2, tutta distesa lungo sei chilometri di costa, oggi tutelati come Zona di Protezione Speciale, che si preparano a ospitare una faraonica città dei sogni per 60.000 persone con grandi hotel, parchi a tema, stadio da 30 mila posti, collegamento metropolitano con Crotone vecchia e ferroviario con l’aeroporto. Il nome è già pronto, Europaradiso, come pronti sono i progetti per la prima concessione, un lotto che prevede 478.000 metri cubi di cemento su 140 ettari per i primi sei alberghi. Si sta solo aspettando la valutazione di incidenza e poi sarà il via per un progetto che nel suo complesso prevede 1.397.000 metri quadrati di cubatura -quindici volte l’ecomostro di Punta Perotti- da spalmare su 1.200 ettari di macchia mediterranea fino alla foce del Neto. Presentato di un gruppo di imprenditori israeliani disposti a investire 10 miliardi di euro, sembra non trovare alcuna opposizione se non dagli ambientalisti guidati di Legambiente.
Sul piatto 10.000 posti di lavoro che in questi territori è difficile non considerare.
E non è finita. L’assalto potrebbe continuare, a pochi chilometri di distanza, ancora sulle coste dello Ionio dove cambiano gli investitori, questa volta cinesi, ma non i progetti, anche in questo caso distruttivi per l’ambiente e il paesaggio.
Per frenare queste aggressioni, sarà necessario un Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare davvero all’altezza del suo nuovo nome.

Delfino Olivero