Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 48 - GIUGNO 2006




Ordina questo numero della rivista

DOSSIER FRANCIA

Una nuova legge per i parchi nazionali

Un riconoscimento importante alle realtà locali ed un nuovo sforzo per creare rete e sistema dei parchi nazionali

In un periodo delicato in cui spicca la mancanza di attenzione per i parchi da parte del legislatore dell’Unione Europea, la nuova legge sui parchi nazionali francesi porta una ventata di novità e segna una tappa importante nella politica europea delle aree protette.
Innanzitutto, la Francia ridimensiona la politica centralista con cui erano stati concepiti e realizzati i suoi parchi nazionali, riconoscendo con chiarezza il valore fondamentale delle realtà locali nel loro governo, e soprattutto nel governo di quelle importanti frange di raccordo tra zona centrale del parco e resto del territorio.
Un passo in avanti per nulla ovvio, anche laddove sembrava scontato già da anni. Penso alla politica adottata dal nostro paese con l’era dei commissariamenti dei parchi nazionali e la palese volontà ministeriale di invertire il processo di decentralizzazione per riaccentrare poteri e decisioni a Roma.
Anche alcune politiche regionali in tal senso hanno mostrato pericolose inversioni di tendenza. La Regione Piemonte per esempio ha presentato un disegno di legge con l’idea di ridisegnare il quadro delle aree protette regionali all’interno di un più ampio contesto di tutela dell’ambiente e della biodiversità. Obiettivo importante e condivisibile, se non fosse macchiato da una politica di accentramento che amministrazioni ed aree protette vivono come uno schiaffo istituzionale al lavoro degli ultimi 20 anni.
Il fatto che un paese centralista per tradizione, metta mano al suo impianto legislativo nazionale per riconoscere il ruolo delle amministrazioni locali nel governo dei parchi nazionali, è un segnale forte che dovrebbe far riflettere su tutte le tentazioni di “ricentralizzazione”.
D’altro canto la nuova legge riconosce la necessità di un coordinamento centrale, e per questo dà vita ad un nuovo ente pubblico “Parcs Nationaux de France” cui è specificamente demandato tale ruolo ritenuto fondamentale: supportare una politica collegiale, creare una rete di contatti e scambi, nonché sviluppare una strategia gestionale e tecnica, un’immagine e una comunicazione comuni. Anche questo un bel passo avanti per concretizzare quella politica di sistema delle aree protette cui ci si richiama da tempo a parole anche nel nostro paese, ma che ancora fatica a decollare concretamente.
Il dossier sulla legge francese si impernia su un articolo di Gilles Landrieu, ex vicedirettore del Mercantour, chiamato ad impegnarsi proprio nella missione di coordinamento centrale che creerà il nuovo ente “Parcs Nationaux de France”. L’articolo analizza in dettaglio tutti gli aspetti della nuova legge, evidenziandone le basi storiche ed i punti salienti, e mettendo in luce le opportunità che delinea per il futuro del sistema francese.
A questo intervento di carattere generale si affiancano una serie di pareri in merito al nuovo testo di legge, che permettono di analizzarne i contenuti con occhi e lenti diverse. Dalla voce soddisfatta di Jean Pierre Giran, presidente del Parc national du Port Cros e deputato che ha accudito e presentato in Parlamento il progetto di legge, ai dubbi del personale sul territorio riportati da Thierry Houard. Dall’intervento ufficiale del Ministero di Christian Barthod, alle analisi del futuro direttore di “Parcs Nationaux de France”, Jean Marie Petit. Dalle opportunità sottolineate da Philippe Traub, direttore storico prima degli Ecrins ed ora della Vanoise, alle parole schiette del responsabile della Comunicazione del Parc des Ecrins, Claude Dautrey.
L’intento è stato di dar voce al maggior numero possibile di categorie coinvolte, per raccoglierne le opinioni e per avere un panorama ampio delle differenti sfumature del nuovo testo di legge francese. Speriamo di essere riusciti nell’impresa.
Un grazie da parte mia va a Patrizia Rossi e Marie Stoeckel premurose e fondamentali per contattare gli autori.
Chi fosse interessato al testo della legge (n. 2006-436 del 14 aprile 2006) può scaricarlo in francese dalle pagine del “Journal Officiel de la République Française” all’indirizzo:
http://www.legifrance.gouv.fr/WAspad/UnTexteDeJorf?numjo=DEVX0500070
Buona lettura.

Giulio Caresio


Nuova legge una conferma e una scommessa sul territorio

Nel 1872, il Congresso degli Stati Uniti creava lo Yellowstone primo parco nazionale del mondo, aprendo la strada agli altri parchi americani e a seguire ai primi parchi nazionali in Canada (1885), in Australia (1886), in Nuova Zelanda (1894), in Argentina (1901), in Svezia (1909), in Svizzera (1914), in Spagna (1918), in Italia (1923), in Giappone (1934), e così via nel resto del pianeta.
In questo periodo, in Francia, il Servizio di gestione di acque e foreste aveva già fatto qualche tentativo di creazione di parco nazionale. In particolare, il Parc national de la Bérarde nel 1913, e poi, sul medesimo sito, ma con una superficie più estesa, il Parc national du Pelvoux nel 1923: due progetti su terreni del demanio statale che non ebbero futuro, perchè sprovvisti di stato giuridico e di risorse specifiche. In seguito, dal 1923 al 1960, la Francia mise a punto un modello rudimentale di parco nazionale (divieto di caccia e di raccolta) nei territori coloniali francesi: Algeria, Antartico, Africa Nera. Un progetto che costituì il primo nucleo delle aree protette degli Stati indipendenti che seguirono alla dominazione coloniale, ed alcuni di quei parchi originari esistono ancora oggi (il parco di W in Niger, i parchi di Djoudj e di Niokolo Koba in Sénégal, parco del Po in Burkina Faso, …).
E’ poi solo nel 1960 che la legge francese, completata dal suo decreto applicativo del 1961, dà il via all’istituzione dei parchi nazionali.
La legge del 1960 arrivò all’inizio del processo di sviluppo urbanistico dei litorali e di quello di costruzione delle stazioni sciistiche, in un’epoca in cui la vita moderna, sempre più frenetica e stressante evidenziava già la necessità di spazi di ristoro e di silenzio. Recuperando le intuizioni dei pionieri forestali, sviluppate da alcuni intellettuali e personalità di spicco (lo scrittore George Duhamel, il disegnatore Samivel, il sindaco Gilbert André), questa nuova legge propose un modello originale di “parco nazionale alla francese” (di cui, tra l’altro, ritroviamo alcuni elementi nel concetto di “riserva di biosfera” del programma “Man and Biosphere” dell’UNESCO) procedendo con lodevoli intenti:
• stabilire una regolamentazione fortemente vincolante per le attività umane che consumano risorse naturali, per permettere la protezione di un territorio (la “zona centrale”) su cui lo Stato non ha che pochi diritti fondiari: tale regolamentazione è quindi una servitù che s’impone senza contropartite a proprietà private e, soprattutto, a proprietà comunali del territorio in questione;
• creare una “zona periferica” che, circondando la “zona centrale”, permetta lo sviluppo di un’economia locale e adeguate infrastrutture di accoglienza: un processo sostenuto da un programma volontario di sviluppo, guidato dal prefetto del “département”.
Di fatto, la legge ha permesso di creare abbastanza rapidamente nel 1963 i due primi parchi nazionali: Vanoise e Port-Cros (quest’ultimo senza “zona periferica”). I parchi seguenti furono creati con il contagocce, a un ritmo progressivamente più lento che si è interrotto nel 1989 dopo aver posto sotto tutela 370.000 ettari con la creazione di un totale di 7 parchi nazionali. Ai primi due si aggiunsero in ordine cronologico: Pyrénées (1967), Cévennes (1970), Ecrins (1973), Mercantour (1979) e Guadeloupe (1989).
La legge è rimasta quasi invariata nel corso degli ultimi 45 anni, nonostante i suggerimenti di numerosi rapporti (in particolare i rapporti Pisani, Ollier, Blanc, …) per rimediare ai primi malfunzionamenti che già erano stati rilevati. La legge “Montagna” del 1985 aveva ampliato la possibilità d’azione dei parchi montani estendendola ai loro massicci di riferimento e permettendo loro quindi di contribuire e partecipare a diversi programmi. La legge “Barnier” del 1995 aveva esteso le competenze dei parchi agli ambiti marini, rafforzato i poteri di vigilanza dei guardiaparco, istituito alcune tasse ecologiche ed imposto di interrare in “zona centrale” le nuove linee elettriche e telefoniche.

Perchè una nuova legge ?
Di fatto, globalmente, i parchi nazionali hanno compiuto con successo la missione che era stata loro affidata di protezione del patrimonio naturale: i loro territori sono stati preservati dall’assalto dei complessi alberghieri, delle stazioni sportive invernali ed estive che si sono invece moltiplicati su aree non protette con gli eccessi che noi tutti conosciamo. Piante rare e habitat sensibili sono stati preservati, le popolazioni delle principali specie di fauna hanno ritrovato luoghi in cui prosperare, alcune specie che erano da tempo scomparse sono state reintrodotte con successo (stambecco, gipeto, castoro) oppure, trovando nei parchi condizioni favorevoli, sono tornate spontaneamente (lupo e lince).
Tuttavia è necessario constatare che questo successo è stato solo parziale:
•nessun parco nazionale è stato creato con l’entusiasmo generale delle popolazioni locali. Pur essendosi infatti smorzate con il tempo molte tensioni, malgrado ripetuti sforzi, gli enti parco non sono veramente riusciti ad ottenere il sostegno delle comunità di abitanti della “zona periferica”, fatta eccezione per alcune professioni (guide, accompagnatori, naturalisti, …) o associazioni (Club Alpino Francese, associazioni di protezione delle natura, …) particolarmente motivate a sostenere le aree naturali protette. Il concetto giuridico di “zona periferica”, è rimasto vuoto e nessuno dei “piani di miglioramento d’ordine sociale, economico e culturale” che la legge aveva previsto è stato realizzato… anche se, soprattutto in questi ultimi anni, gli enti parco hanno moltiplicato le iniziative per sostenere uno sviluppo sostenibile nei comuni delle zone periferiche.
•Contrariamente alle altre reti di aree naturali, gli enti parco nazionali non sono riusciti a interessare i politici, propensi a considerare troppo ridotto lo spazio lasciato alle loro istanze in queste istituzioni pubbliche. Salvo casi particolari, infatti, i parchi nazionali hanno trovato grandi difficoltà per trovare appoggi o canali politici per portare in Parlamento un emendamento o sostenere un progetto di sviluppo o protezione.
•Dal 1989, nonostante gli impegni solenni e ripetuti degli ultimi Presidenti della Repubblica e dei Ministri dell’Ambiente, lo Stato non è approdato alla creazione di un solo nuovo parco. Significativo è il caso della Guyane, ove non è nato il parco nonostante la Francia si sia fatta araldo della protezione delle foreste tropicali e nonostante le altre reti di aree protette (riserve naturali, parchi naturali regionali, aree di conservazione del litorale) abbiano continuato la loro evoluzione.
•Il dispositivo giuridico dei parchi nazionali non risultava più adeguato a soddisfare le richieste della costituzione francese e delle nuove leggi quadro nazionali ed europee. Gli enti incaricati della gestione dei parchi nazionali, nuova categoria di enti pubblici, necessitavano di un maggior inquadramento legislativo: il programma di pianificazione del parco e le decisioni del direttore potevano costituire nuovi vincoli agli abitanti e ridurre il diritto di proprietà senza procedura di consultazione pubblica; la proporzione degli amministratori locali nelle istanze di alcuni parchi non aveva preso atto del processo di decentralizzazione iniziato nel 1982; il trasferimento di alcuni poteri dei sindaci ai direttori dei parchi e le deroghe particolari ai residenti erano state approntate senza base legislativa; i legami e le relazioni tra la legislazione dei parchi nazionali e il diritto urbanistico, molto cambiato in questi ultimi anni, erano obsoleti e mal articolati; infine poco a poco gli enti gestori dei parchi nazionali si erano visti affidare, senza base legale, un certo numero di missioni parallele (creare un conservatorio botanico, gestire una riserva naturale o un monumento storico, costituire una rete internazionale di scambio, …) forzando il “principio di eccezionalità degli enti pubblici”.
•Il dispositivo penale era diventato inadeguato: le pene applicabili in caso d’infrazione alla regolamentazione dei parchi erano ridicolmente deboli in rapporto alle altre regolamentazioni del territorio, e alcune infrazioni, in materia di caccia o di danneggiamento di specie protette, erano punite meno severamente all’interno del parco nazionale che nel resto del territorio; i guardiaparco erano dotati di pochi strumenti per controllare alcune infrazioni specifiche. Contrariamente alle altre reti di aree naturali, gli enti gestori dei parchi nazionali non erano riusciti a creare tra loro vere sinergie, né a mettere in comune le loro competenze in maniera continua ed efficacie, né a promuovere una politica di comunicazione nazionale e internazionale ed erano molto poco presenti nelle sedi e nelle occasioni internazionali.
•In alcuni campi, la capacità d’azione di questi enti era molto limitata. Non era loro possibile disporre lavori per restaurare il patrimonio naturale, su terreni non di loro appartenenza. L’installazione della segnaletica del parco non aveva alcun fondamento giuridico. La capacità d’azione del Parc national de Port-Cros (unico parco nazionale marino) sul mare, dove tutti i poteri restavano nelle mani del prefetto marittimo, erano basate su una fragile rete di buone relazioni amministrative coscienziosamente coltivate, ma senza alcuna solida base giuridica.

La «messa in cantiere» della nuova legge
Per tutte queste motivazioni, il 21 gennaio 2003, il Primo Ministro Jean-Pierre Raffarin affida al deputato del Var (N.d.T. il Var è un « département » francese della regione « Provence-Alpes-Côte d’Azur » che ha per capoluogo Tolone e che confina con le Alpi Marittime italiane) Jean-Pierre Giran un incarico importante per il futuro dei parchi nazionali. Giran incontra direttori, presidenti, funzionari, personale, amministratori locali, abitanti, attori economici, ricercatori e associazioni dei parchi e dopo 6 mesi presenta il suo rapporto intitolato “I parchi nazionali, un punto di riferimento per la Francia, un’opportunità per i loro territori” che si conclude con 25 proposte per migliorare il dispositivo giuridico dei parchi nazionali.
Il Ministro dell’Ambiente decide di elaborare a partire da questa base un progetto di legge che sarà presentato all’Assemblea Nazionale dallo stesso Jean-Pierre Giran ed al Senato da Jean Boyer. Il testo sarà poi esaminato dal Parlamento a partire dal 1 dicembre 2005 e adottato senza alcuna opposizione dal Senato il 14 marzo 2006, ed in seguito dall’Assemblea Nazionale il 30 marzo 2006.
La legge promulgata dal Presidente della Repubblica Jacques Chirac il 14 aprile 2006, senza rimettere in discussione l’intuizione originaria alla base della creazione dei parchi nazionali, ne cambia tuttavia in modo sostanziale i meccanismi di funzionamento: dei 25 articoli del codice dell’ambiente basati sulla legge del 1960 e le sue successive modificazioni del 1985 e 1995, solo 9 articoli sono mantenuti tali e quali, e il capitolo dei parchi nazionali passa da 25 a 40 articoli. Nello stesso tempo, numerosi articoli del codice urbanistico, del codice delle imposte e del codice minerario sono ritoccati per renderli coerenti con gli obiettivi della nuova legge. In contemporanea, diversi emendamenti hanno arricchito il dispositivo di tale legge a vantaggio anche di altre categorie di aree protette (argomento questo che, per ragioni di chiarezza, non sarà affrontato nel presente articolo).
Alcuni articoli saranno ancora ritoccati dal decreto di applicazione della legge del Consiglio di Stato, che sarà pubblicato nel corso dell’estate 2006.
Si confermano le finalità dei parchi nazionali
Le ragioni che motivano la creazione di un parco nazionale sono globalmente invariate: il governo può creare un parco nazionale, su terra come sulle acque territoriali, nel caso in cui il patrimonio naturale (specie, habitat naturali, paesaggi, flussi, equilibri biologici e risorse naturali) abbia una qualità eccezionale e che in assenza di protezione, rischi di essere alterato o compromesso. La principale innovazione della legge è la menzione specifica del patrimonio culturale, assente nel vecchio dispositivo giuridico, anche se sovente era già preso in considerazione dai parchi nazionali, come ad esempio nel caso della Vallée des Merveilles del Parc national du Mercantour o l’ “habitat tradizionale” del Parc national des Cevennes.

Parchi nazionali a geometria variabile
Una grande innovazione di questa legge risiede nella ridefinizione della zonazione del territorio del parco: nel nuovo dispositivo, il parco non sarà più costituito dalla sola parte regolamentata, ma dall’insieme di un “cuore” e di una “area di adesione” cui si aggiunge, in alcuni parchi, un’area marittima.
Il “cuore”, area protetta regolamentata terrestre e/o marina, che può essere “multipolare” (N.d.R. ovvero costituita da più aree non necessariamente contigue), è il nuovo nome del vecchio “territorio del parco” o “zona centrale”. Nella classificazione dell’IUCN (International Union for the Conservation of Nature and Natural resources), corrisponde ad un’area di categoria II. E’ classificata per tempo indeterminato, quindi in teoria per sempre. Alcuni piccoli insediamenti del “cuore” potranno essere riconosciuti e delimitati in modo definitivo nel decreto di creazione di ogni parco come “aree urbanizzate”, e saranno in questo modo sottomesse ad un regime di autorizzazione particolare per i lavori. All’interno del “cuore”, alcune aree individuate come “riserve integrali”, possono essere gestite con una regolamentazione più restrittiva per assicurare una protezione più efficace della fauna e della flora a scopo scientifico (categoria I dell’IUCN).
Intorno al “cuore”, un certo numero di comuni che avranno deciso di aderire alla “carta del parco” costituiranno, per la durata di 15 anni di tale carta, “l’area di adesione”, territorio classificabile come di categoria V dell’IUCN. Per poter aderire alla carta, i comuni devono far parte di un territorio particolare che abbia continuità geografica con il “cuore” o legato ad esso da una “solidarietà ecologica” (come ad esempio quella che esiste tra un “cuore” di acque e il suo bacino idrografico), situazione questa che dona a tali comuni la vocazione a concorrere alla protezione del “cuore” aderendo alla suddetta carta. Nel seguito dell’articolo chiameremo per chiarezza “area potenziale di adesione” questo territorio che la legge individua senza dargli un nome.
Il nuovo parco è quindi a geometria variabile, dal momento che il suo confine è suscettibile di una ridefinizione almeno ogni 15 anni ad ogni revisione della “carta di adesione”: il “cuore” (dotato della sua regolamentazione) e l’area marittima costituiscono la parte fissa del parco, mentre “l’area di adesione” (individuata all’interno dell’ “area potenziale di adesione”) ne costituisce la parte variabile.
La creazione di un parco nazionale deriva sempre da un decreto del Primo Ministro adottato una volta sentito il parere del Consiglio di Stato e dopo consultazione delle collettività territoriali tramite referendum pubblico. Tale decreto di creazione è più completo che nel vecchio dispositivo di legge: non si tratta più solo di definire il perimetro del territorio posto sotto protezione e la regolamentazione da applicare su tale area, ma anche di fissare definitivamente le “aree urbanizzate”, di tracciare il contorno dell’ “area potenziale di adesione” e delle aree marine, di approvare la prima carta e di prendere atto della prima adesione dei comuni a tale carta. Dal momento in cui il Primo Ministro abbia “preso in considerazione” un progetto di parco nazionale, ed abbia i risultati del referendum pubblico, i lavori che possono intervenire a modificare il territorio del futuro “cuore” saranno sottomessi ad autorizzazione da parte del prefetto. In principio, la regolamentazione ed i confini del “cuore”, dell’ “area potenziale di adesione” e dell’area marina sono immutabili. Una modifica della regolamentazione o di uno di tali perimetri obbliga a rifare tutta la procedura (ciò che in francese viene chiamato “parallelismo delle forme”): nuova “carta del parco”, nuova documentazione cartografica, nuove consultazioni, nuovo referendum pubblico, nuovo decreto in Consiglio di Stato. Fa eccezione la procedura di estensione del “cuore” o dell’ “area potenziale di adesione” che è volutamente semplificata, potendo il referendum limitarsi ai soli comuni interessati.

La regolamentazione del parco è rivista
Analogamente a quanto stabilito dalla legge del 1960, la regolamentazione specifica dei parchi nazionali riguarda essenzialmente il “cuore”:
• alcune attività umane sono sempre proibite: l’installazione di pannelli pubblicitari e le attività industriali e minerarie
• altre attività non posso essere proibite ma sono comunque regolamentate: è il caso delle attività agricole, pastorali e forestali
• altre infine possono essere proibite, regolamentate o sottomesse ad autorizzazione del direttore del parco: caccia, pesca, attività commerciali, estrazione di “materiali non concessibili” (N.d.T. in francese: “materiaux non concessibles” ovvero tutti quelli per cui non è previsto il rilascio di concessione dal codice minerario, come cave di pietra, ghiaie, graniti,… la cui estrazione è regolata da normative ambientali), utilizzo delle acque, circolazione del pubblico, sorvolo a quota inferiore ai 1000 metri, in breve tutte le azioni che possano alterare il patrimonio o il carattere del parco nazionale.
La regolamentazione, potenzialmente prevista dalla legge, viene, inquadrata dal Decreto del Consiglio di Stato che ne fissa le pene, esplicitata dal Decreto del parco (sottomesso a referendum pubblico) e, se necessario, precisata nelle sue modalità di applicazione dalla “carta del parco” (anch’essa sottomessa a referendum pubblico). Tutto ciò, insieme alle decisioni del direttore, costituisce una “servitù di pubblica utilità” che s’impone ai proprietari e agli “utenti”.
Nelle aree marine, il decreto e la “carta” non possono che parzialmente regolamentare la pesca, la circolazione in mare e la gestione del demanio pubblico marittimo, ma l’ente pubblico può proporre alle autorità competenti (prefetto della regione, prefetto marittimo, prefetto del dipartimento) l’adozione di un regime particolare di regolamentazione. La nuova legge sottomette lavori, costruzioni e installazioni ad un regime particolare: per tutti i lavori di normale manutenzione e i grossi lavori di ristrutturazione su infrastrutture di interesse collettivo (per esempio i lavori di manutenzione stradale) non è necessaria l’autorizzazione, così come nelle aree marine, per la posa di cavi sottomarini e per i lavori legati alla difesa nazionale. Tutti gli altri lavori sono normalmente proibiti nel “cuore” e sottomessi all’autorizzazione del prefetto, dopo parere del direttore del parco nelle “aree urbanizzate”, e all’autorizzazione del direttore del parco dopo parere del “Consiglio Scientifico” nel resto del “cuore”. Nel caso in cui l’autorizzazione dei lavori riguardi sia le normative urbanistiche, sia le normative dei parchi nazionali, le procedure amministrative saranno coordinate e la richiesta di autorizzazione sarà presentata con un unico dossier (e non due separati come accadeva in passato).
Una sola disposizione della regolamentazione riguarda l’insieme del parco (e quindi anche l’ “area di adesione” e l’ “area marittima”): per tutti i lavori che sono sottomessi a un’autorizzazione particolare (“installazioni classificate” o “legge sulle acque”) o ad uno studio di impatto, e che sono suscettibili di incidere notevolmente sul “cuore” o sulle “aree marittime”, l’autorizzazione rilasciata dall’amministrazione competente deve obbligatoriamente conformarsi al parere del parco che a sua volta è tenuto a consultare il proprio “Consiglio Scientifico”. Fanno eccezione le autorizzazioni in demanio marino riguardanti la difesa nazionale, l’ordine pubblico, la sicurezza navale e la lotta all’inquinamento che sono esentate dall’obbligo di conformità al parere del parco. Nell’ “area di adesione”, inoltre, i lavori minerari possono essere sottoposti ad alcune prescrizioni fissate dall’autorità amministrativa.

Servitù ed agevolazioni per comuni, abitanti e proprietari del “cuore”
La legge riconosce ed integra alcune disposizioni già presenti in seno ai decreti di istituzione dei parchi esistenti ed in alcuni meccanismi di gestione degli enti: la regolamentazione del parco potrà per esempio prevedere delle agevolazioni per i residenti permanenti del “cuore” e per le persone che esercitino all’interno di tale area attività agricole, pastorali o forestali, in modo da assicurare loro, in misura compatibile con le esigenze di protezione, normali condizioni di vita e di godimento dei loro diritti. Inoltre la legge prevede alcune disposizioni finanziarie e fiscali che compensano in parte le servitù che il parco fa inevitabilmente pesare sui comuni e i proprietari terrieri: i comuni del “cuore” di un parco nazionale vedranno il loro “Finanziamento globale di funzionamento” aumentato da parte dello Stato. Alcuni lavori di manutenzione e di riassetto delle aree naturali nel “cuore” di un parco permetteranno di ridurre la base del calcolo d’imposta sui redditi del proprietario. I diritti di successione e donazione dei terreni non forestali del “cuore” saranno considerevolmente ridotti e le donazioni o lasciti di immobili all’ente parco ne saranno esentati. I proprietari delle parcelle situate nel “cuore” dei parchi nazionali dei “Départements d’Outre Mer”, saranno anche esonerati dalle tasse fondiarie, come accade già in madrepatria per i proprietari delle parcelle che ricadono in siti Natura 2000.

La “carta del parco” è uno strumento mutuato dai parchi regionali
L’idea di “carta” del parco nazionale è chiaramente ispirata a quella dei parchi naturali regionali francesi che ha dato prova della sua efficacia: un progetto territoriale sottoposto a periodiche revisioni e condiviso volontariamente da più comuni che, da un lato, si impegnano a proteggere il loro patrimonio naturale e culturale, e dall’altro, si prefiggono di unire gli sforzi per valorizzare questo patrimonio e favorire uno sviluppo economico sostenibile delle loro popolazioni.
Tuttavia, alcune importanti differenze distinguono queste due categorie di “carte”.
La “carta” di un parco nazionale, che deriva da un’iniziativa dello Stato, deve definire un progetto di territorio che crei una “solidarietà ecologica” tra il “cuore” e “l’area potenziale di adesione”, progetto che deve necessariamente poggiare su un inventario del patrimonio naturale, paesistico e culturale e su una diagnosi socio-economica del territorio. Per il “cuore” la “carta” deve precisare sia gli obiettivi di protezione del patrimonio, sia le modalità di applicazione della regolamentazione definita nel decreto di creazione. Per l’ “area di adesione”, essa deve fissare gli orientamenti di protezione, di valorizzazione e di sviluppo sostenibile e le risorse per metterli in atto. La carta comporta naturalmente alcune documentazioni cartografiche sulle quali sia riportata la “zonazione” del territorio e le vocazioni di ciascuna area.
L’elaborazione della “carta” fa capo all’ente pubblico di gestione del parco (o, per un nuovo parco, al “raggruppamento di interesse pubblico” costituito per preparare la sua creazione) ed il Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’ente ne é il promotore.
Il progetto di “carta” è trasmesso alle collettività territoriali per averne il parere ed è sottoposto a referendum pubblico. Dopo la sua adozione la “carta” sarà, in caso di necessità, declinata sotto forma di convenzioni con le collettività territoriali e con altri enti di diritto pubblico (per esempio l’Ufficio Nazionale delle Foreste a cui il parco può affidare la realizzazione dei lavori di gestione del patrimonio naturale e compiti di accoglienza e informazione del pubblico) oppure anche sotto forma di contratti di partenariato con soggetti di diritto privato (associazioni, imprese, etc…).
Come la sua “cugina” dei parchi regionali, la “carta” del parco nazionale ha una durata limitata di 15 anni: essa deve infatti essere rivalutata dopo 12 anni e, all’occorrenza, ristipulata o rivista nei 3 anni successivi. In questo caso, tutta la procedura di adozione deve essere ripetuta (parere dei comuni, referendum pubblico, decreto) e i comuni sono liberi di ritirare la loro adesione se il nuovo progetto non li soddisfa. Tuttavia, in qualsiasi momento, modificazioni minori che non mettano in discussione gli orientamenti della “carta”, sentito il parere delle collettività territoriali, possono essere decise dall’ente parco e ufficializzate dal prefetto.
E’ importante notare inoltre che, per un comune, la decisione di aderire o di ritirarsi dal parco è libera solo per quella parte del suo territorio situata nell’ “area potenziale di adesione”. Il “cuore” e “l’area marittima” non possono venire esclusi dal territorio del parco e sono quindi obbligatoriamente inclusi nella “carta”.
Per incoraggiare il processo di adesione, ai comuni dell’ “area potenziale di adesione” che non abbiano ancora aderito, viene offerta l’opportunità di farlo ogni 3 anni.

La carta s’impone agli altri documenti di pianificazione
Il referendum pubblico a cui è sottoposta la “carta”, le conferisce carattere di “prescrizione legale” (N.d.T. in francese: “caractère d’opposabilité” significa che ha la medesima forza di una legge e s’impone agli attori in questione) che non è uguale nel “cuore” e nell’ “area di adesione”.
Per quel che riguarda il “cuore” la “carta” contiene le modalità di applicazione della regolamentazione e dunque s’impone come legge a tutti gli attori.
Per l’ “area di adesione” invece, la “carta” stabilisce degli orientamenti generali che s’impongono, non direttamente agli attori, ma ai documenti d’urbanistica e pianificazione (schema di coerenza territoriale o SCOT, piani locali di urbanistica o PLU e carte comunali). Questi ultimi devono quindi essere compatibili con gli obiettivi di protezione e gli orientamenti della “carta” del parco nazionale sull’insieme del territorio del parco e, se così non è, devono essere rivisti entro un limite di 3 anni. Nello stesso modo, la “carta dello sviluppo” di un “pays” che coinvolga comuni di un parco deve essere compatibile con la “carta del parco”.
Inoltre, tutti i documenti di pianificazione e gestione delle risorse naturali relativi all’agricoltura, alla selvicoltura, all’energia eolica, alle cave, alle attività ludiche e sportive nella natura, alla gestione delle acque, della caccia e della fauna selvatica (N.d.T. in Francia esiste un’azione di gestione della fauna selvatica coordinata con e dai cacciatori cui ci si riferisce con il termine « gestion cynégétique »), alla gestione del turismo ed alla pianificazione e valorizzazione delle risorse marine, che compaiono su una lista stabilita con decreto che concerne tutto o parte del territorio del parco, dovranno essere sottomesse al parere dell’ente pubblico di gestione ed inoltre, per il “cuore”, dovranno essere obbligatoriamente compatibili con gli obiettivi di protezione della “carta”.Infine le collettività pubbliche saranno tenute ad assicurarsi della coerenza delle loro azioni con gli orientamenti della “carta” ed ad attivare tutti gli strumenti necessari. Anche lo Stato deve chiaramente tener conto delle specificità del parco nei suoi documenti di pianificazione e programmazione finanziaria.

La gestione di un parco nazionale è affidata ad un ente pubblico dello Stato
La nuova legge affida la gestione dei parchi nazionali ad un ente pubblico statale a carattere amministrativo, confermando così la scelta fatta per i sette parchi nazionali esistenti e chiudendo quindi la porta a tutte le altre ipotesi giuridiche.
Istituito dal decreto di creazione del parco, l’ente pubblico di gestione ha il compito di condurre una politica di protezione del patrimonio naturale, culturale e paesaggistico, di sviluppare e sostenere la conoscenza e il monitoraggio di questo patrimonio, di concorrere alla politica di educazione ambientale del pubblico, di partecipare all’elaborazione ed alla revisione della “carta del parco”, di contribuire a programmi di ricerca, di formazione, di accoglienza, d’animazione, di sviluppo, d’assistenza tecnica e di conservazione del patrimonio naturale.
L’ente pubblico ha il dovere di assicurare gestione e pianificazione del parco, di segnare sul territorio i limiti del “cuore” e di redigere “il documento di obiettivi” di un eventuale sito Natura 2000 situato prevalentemente nel “cuore”. E’ coinvolto inoltre nell’elaborazione e nelle revisioni dei documenti urbanistici dei comuni del parco e dà il suo parere su alcune decisioni dei comuni (permesso di sosta e di deposito temporaneo su suolo pubblico). L’ente parco può, in caso di necessità, disporre nel “cuore” lavori o provvedimenti che ritenga necessari per ripristinare ecosistemi in degrado o per prevenire un’evoluzione che pregiudichi lo stato di particolari habitat naturali. Può gestire terreni o edifici dello Stato e delle collettività territoriali e beneficiare del diritto di prelazione del “département” (se quest’ultimo non lo esercita) sui terreni messi in vendita all’interno del “cuore”. Può essere incaricato dallo Stato (e, nei “Départements d’Outre-Mer”, anche dalle collettività territoriali) di missioni connesse con le tematiche affini alle sue competenze statutarie: apportare alle collettività territoriali un aiuto tecnico in materia di conservazione e di pianificazione del patrimonio naturale, attribuire sovvenzioni a sostegno della “carta”, intraprendere alcune azioni comuni con i suoi omologhi transfrontalieri e sottoscrivere accordi di gemellaggio con i gestori delle aree protette di altri paesi.
Come in passato, l’ente pubblico di gestione è amministrato da un “consiglio di amministrazione” composto da rappresentanti dello Stato, delle collettività territoriali (regioni, “départements”, comuni) e del personale, e di personalità qualificate che includono in particolare i rappresentanti delle associazioni di protezione dell’ambiente, dei proprietari, degli abitanti e dei coltivatori, dei professionisti e degli “utenti”. La rappresentanza locale (amministratori e rappresentanti) deterrà almeno la metà dei seggi del consiglio. Il presidente eletto dal consiglio di amministrazione ha un ruolo più importante che in passato: promuove l’elaborazione, il controllo e la valutazione della “carta” e rappresenta, con il direttore, l’ente parco per la comunicazione, la stipula di partenariati e la conduzione di relazioni internazionali.
Il direttore, nominato con ordinanza ministeriale dopo una selezione guidata dal presidente del “consiglio di amministrazione”, gestisce l’ente pubblico, autorizza le spese, dirige l’equipe del parco, concede le autorizzazioni, e possono essergli attribuite dai sindaci alcune competenze di polizia (corsi d’acqua, cani e gatti randagi, animali nocivi, sentieri rurali, circolazione e sosta fuori dall’abitato) e, per le aree marine del cuore che sono a meno di 300 metri dalla riva, può vedersi trasferite le competenze di “polizia dei mezzi da spiaggia” (N.d.T. in francese: “police des engins de plage” è un potere di polizia affidato ai sindaci dei comuni che riguarda la spiaggia e la fascia di mare entro i 300 m dalla spiaggia e che interessa solo i mezzi non motorizzati: pedalò, windsurf, surf, kyte, kayak, etc... ). La nuova legge dà un fondamento giuridico al “Consiglio scientifico” del parco, che esisteva senza una solida base giuridica nei parchi già creati, e obbliga l’ente a consultarlo per le autorizzazioni dei lavori all’interno del “cuore” o sottomessi a studio di impatto nell’ “area di adesione”. Il suo presidente è membro di diritto del “Consiglio d’amministrazione”. La legge istituisce anche un “Consiglio economico, sociale e culturale”. Per preparare le sue decisioni, l’ente parco può basarsi sul parere del “Consiglio scientifico” e sui dibattiti del “Consiglio economico, sociale e culturale”. In caso di incidenti che colpiscano i visitatori, la responsabilità civile dell’ente (ma anche quelle del sindaco e del proprietario) è attenuata dalla considerazione dei rischi inerenti alle aree naturali e degli sforzi effettuati per informare correttamente il pubblico.

Il sistema penale è rinnovato
Le disposizioni penali della legge permettono di rinnovare l’antico dispositivo.
Il campo delle competenze dei guardiaparco è esteso all’insieme delle legislazioni in materia ambientale. Verranno opportunamente formati e ufficialmente abilitati dal ministero ad intraprendere procedure giudiziarie contro gli autori delle infrazioni. Dopo di ché saranno competenti per constatare le violazioni alla regolamentazione dei parchi nazionali, delle riserve naturali, della caccia, della pesca, della fauna e della flora, dell’acqua, della circolazione dei veicoli nelle aree naturali, del “Conservatoire” del litorale, della polizia costiera, della acque e delle baie, dei beni culturali marittimi, dei siti, delle foreste, ma anche, e questa è una novità, le infrazioni alla regolamentazione relativa all’inquinamento sonoro, alla qualità dell’aria, ai rifiuti, alla pubblicità e agli scavi e sondaggi archeologici. Il loro territorio di competenza che, nel passato, per alcune regolamentazioni, poteva ricoprire anche l’insieme del “département” è stato ora ridotto al territorio del parco.
I guardiaparco sono dotati di nuovi poteri che rendono la loro azione più incisiva ed efficacie: oltre al potere di sequestro diretto (dell’oggetto dell’infrazione, dello strumento o veicolo servito a commetterla), hanno ora il potere di “seguire le cose rimosse nei luoghi dove sono state trasportate” e di porle sotto sequestro, e di entrare nelle case in presenza di un ufficiale di polizia giudiziaria. Possono anche esigere l’apertura dei sacchi, delle borse e dei carnieri delle persone che controllano. I ritardi per trasmettere i verbali al Procuratore della repubblica ed alle autorità amministrative interessate, che erano molto variabili da una legislazione all’altra, sono armonizzati a 5 giorni dopo la chiusura del verbale (ovvero la fine della sua redazione).
Il direttore del parco acquisisce il “potere di transazione”: con il consenso del Procuratore della repubblica e, per alcune regolamentazioni (foreste, affari marittimi) con l’accordo delle autorità competenti (agricoltura, affari marittimi), può, interrompere le conseguenze giudiziarie per i reati e le contravvenzioni più gravi (di Vª classe), nel momento in cui colui che ha commesso l’infrazione versa al Tesoro pubblico una somma che il direttore stesso ha fissato.
La legge rivede in modo sostanziale anche le infrazioni alla regolamentazione di un parco nazionale, finora considerate tutte semplici contravvenzioni (infrazioni di modesta gravità che non potevano che condurre a multe inferiori ai 1500 Euro), stabilendo pene che vanno fino ai 2 anni di prigione e 30.000 Euro di multa (e multe più severe per persona giuridica o ente morale). Il danno all’integrità del patrimonio pubblico situato all’interno di un parco nazionale costituisce una “contravvenzione di interesse generale” rilevante per i tribunali amministrativi, che comporta una multa di Vª classe (1500 Euro) e presuppone che la riparazione e il ripristino dello stato dei luoghi, nonché le misure provvisorie decise dall’amministrazione, siano a carico del contravventore.
Anche le personalità giuridiche e gli enti morali possono venire sanzionati.
Alcune infrazioni sono punite con maggiore severità se sono commesse all’interno del “cuore” del parco: danneggiamento di specie protette (18.000 Euro), caccia (15.000 Euro e 1 anno di prigione), caccia notturna (30.000 Euro e 2 anni di prigione).

Nasce “Parcs Nationaux de France” per migliorare la sinergia tra i parchi nazionali
La legge istituisce un nuovo ente pubblico nazionale a carattere amministrativo, messo sotto la tutela del Ministero dell’Ecologia, incaricato di creare dei legami tra gli enti gestori dei parchi nazionali, di aumentarne la popolarità, di organizzare la loro immagine e comunicazione a livello nazionale e internazionale e di favorire il miglioramento della loro gestione. Questo supporto potrà assumere forme diverse: contributo tecnico e amministrativo, raccolta di dati sul patrimonio e le attività, creazione di alcuni servizi comuni, gestione dell’immagine collettiva. Inoltre, il nuovo ente pubblico ha un ruolo di consigliere strategico del Ministro dell’Ambiente a cui deve dare parere in merito alla politica dei parchi nazionali ed alle loro risorse finanziarie.

I parchi esistenti dovranno adeguarsi progressivamente alla nuova legge
Per i sette parchi nazionali esistenti, l’adeguamento alla nuova normativa avverrà in due tempi. Gli enti avranno a disposizione due anni per aggiornare il decreto di creazione (dopo un primo referendum pubblico), riordinare la regolamentazione, cambiare il nome di “territorio del parco” in “cuore”, se necessario ritoccarne i confini (per esempio annettendo una riserva naturale limitrofa), fissare le eventuali “aree urbanizzate” e conferire all’attuale “zona periferica” lo statuto di “area di adesione potenziale”, a costo di aggiustarne il contorno: questo sarà il caso del Parc national de Port-Cros che né è oggi sprovvisto e del Parc national de Guadaloupe la cui “zona periferica” attuale comprende sole tre degli undici comuni che contribuiscono alla “zona centrale”.
I parchi avranno poi altri tre anni per elaborare la loro carta e sottometterla ad un referendum pubblico, per far aderire ad essa i comuni dell’ “area potenziale di adesione” ed emanare un secondo decreto che approvi la carta. Infine alcuni comuni del Parc national des Cévennes dovranno scegliere tra la loro adesione alla carta del parco nazionale e la loro partecipazione al Parc naturel régional des Monts de l’Ardèche, per evitare situazioni di sovrapposizione e concorrenza.

Disposizioni straordinarie per favorire la creazione di parchi “oltre-mare”
L’insieme del dispositivo giuridico è studiato per i “Départements d’Outre-Mer” , con lo scopo di tener conto di alcune specificità di tali territori e di agevolare la creazione dei nuovi parchi della Guyane e della Réunion.
Così, l’obbligo di compatibilità dei documenti di pianificazione con la carta è limitato in principio al solo “cuore” del parco ed è compito della carta di essere compatibile con lo “schema di pianificazione regionale” principale documento di pianificazione delle collettività regionali d’oltre-mare. In compenso, l’ONF (Office National des Forets) e le collettività territoriali sono obbligate a conformarsi al parere dell’ente parco sulla pianificazione e gestione forestale del “cuore”.
Analogamente, nel caso in cui il “cuore” rappresenti più di un quarto della superficie del “département”, il parco può dare la sua autorizzazione a installazioni di approvvigionamento di acqua ed energia geotermica, costruzioni leggere a scopo turistico (lodges) ed alcuni lavori di interesse generale.
Alcuni strumenti particolari saranno approntati per favorire l’impiego di personale locale nelle nuove equipe dei parchi. In Guyane, il Consiglio di amministrazione vedrà tra i suoi membri la presenza di rappresentanti delle “autorités coutumières” (N.d.T. le autorità tradizionali riconosciute dalle comunità locali) delle comunità etniche del territorio in questione (N.d.R. nelle foreste del sud della Guyane la popolazione ha principalmente due diverse discendenze: “les amérindiens”, popolazioni originarie del luogo prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo e costituite da molte comunità con lingue e tradizioni differenti, e gli Aluku o “noirs marrons” discendenti dagli schiavi di colore fuggiti nelle foreste).


Un’evoluzione necessaria

Non una rivoluzione, ma un necessario adeguamento normativo rispetto al momento in cui la Francia avviò la sua politica di tutela delle aree naturali meritevoli di conservazione

La nuova legge sui parchi nazionali non costituisce una rivoluzione, ma segna un’evoluzione necessaria.
Vengono riconfermati i principi fondamentali della legge del 1960: la protezione di aree eccezionali e la tutela della biodiversità restano il cuore della missione dei parchi nazionali. Responsabili di fronte ai nostri bambini del patrimonio naturale che ci hanno lasciato i nostri genitori, dobbiamo preservarlo e farlo conoscere, dal momento che a nulla servirebbe proteggere senza condividere.
In 45 anni, però, la Francia ed il mondo sono cambiati.
Negli anni ’80 è iniziato il processo legislativo di decentralizzazione. Molti nuovi sport e divertimenti sono emersi e altri sono scomparsi. Le popolazioni si sono spostate o hanno cambiato natura. Di fronte alle difficoltà concrete o psicologiche del funzionamento dei parchi, era necessario adattarsi.
La prima esigenza era di favorire il meccanismo di appropriazione dei parchi da parte degli attori locali. Sovente i parchi apparivano più come un’intrusione dello Stato centrale su un territorio, che come un’opportunità o un riconoscimento. Conferendo prioritariamente le responsabilità agli amministratori locali ed ampliando le possibilità di espressione della popolazione locale, possiamo trasformare in ambasciatori dei parchi coloro che spesso ne erano i denigratori. Il rispetto di pratiche, usi e costumi tradizionali possono dare un significativo contributo a questo cambiamento necessario.
La seconda esigenza era di creare, intorno al cuore del parco, una zona dove l’ambiente costituisse ugualmente il fattore prioritario per le politiche di sviluppo. In altri termini, un vero sviluppo sostenibile deve nascere intorno al cuore del parco per permettere una maggiore coesione territoriale. Questa nuova zona deve far nascere delle forme contrattuali tra il parco e le collettività e diventare oggetto di un processo di adesione : è attraverso un impegno volontario e non tramite una rete di obblighi e vincoli che si giocano le vere possibilità per l’avvenire dei parchi.
Infine, come non notare che senza queste evoluzioni necessarie, i parchi “al di là del mare” come la Reunion o la Guyane mai potrebbero esistere. La loro identità eccezionalmente forte, la loro lontananza, i loro vincoli forestali o insulari avrebbero reso infatti ben più aspre le critiche formulabili per i parchi francesi. Il fatto che questi nuovi parchi vengano istituiti in un prossimo futuro, costituisce la migliore prova che la nuova legge era necessaria.
Un fatto confermato e suffragato dall’unanimità del parlamento sulla legge.

Jean Pierre Giran
Deputato nel Parlamento Francese
Segretario Nazionale per l’Educazione UMP
(Union Mouvement Populaire)
Presidente del Parc national de Port Cros


Verso i parchi nazionali del XXI sec.

Dopo quarant’anni, un’opportuno aggiornamento, per stare al passo con i tempi.

I parchi nazionali francesi presentano numerose singolarità a livello internazionale:
•assenza di controllo fondiario da parte dello Stato;
•dimensione ridotta che li rende molto sensibili a ciò che accade nei territori limitrofi;
•paesaggi che sono stati influenzati dal “savoir-faire” delle società tradizionali e il cui equilibrio richiede una manutenzione di alcune attività agricole, pastorali o forestali.
Per queste ragioni il Parlamento francese aveva cercato di promuovere nel 1960 un concetto di “parco nazionale alla francese”, dotando il parco nazionale di un’ “area periferica”.
La legge votata all’unanimità del 14 aprile 2006 prende in considerazione i problemi e le difficoltà pratiche incontrate nel corso dei 40 anni trascorsi dalla legge del ‘60, collocandosi sulla linea coerente dei 4 precedenti rapporti di riflessioni e proposte sui parchi nazionali (1983, 1995, 1997, 2004). Il provvedimento mira inoltre ad integrare l’evoluzione delle riflessioni sviluppate sul piano scientifico (ivi incluse le scienze sociali) in materia di biologia della conservazione, nonché cerca di apportate alcune soluzioni innovative in tutti i campi, restando fedele alle grandi ambizioni della legge del 1960.Riprendendo lo schema del rapporto Giran del 2004, la legge innova il concetto di parco nazionale definendolo come l’associazione di:
•un “cuore” per cui lo Stato conferisce all’ente pubblico di gestione del parco nazionale tutti gli strumenti giuridici per un controllo quasi totale delle attività;
•un’“area di adesione” costituita dai comuni situati in un’area definita al momento della creazione del parco di mettere in atto un progetto territoriale (cf. la “carta”) strutturato intorno alla tutela del “cuore”, ma volto anche allo sviluppo sostenibile dei loro territori.
Le 4 grandi linee che strutturano la riforma sono:
•la modernizzazione degli strumenti necessari degli enti pubblici dei parchi nazionali, in un contesto costituzionale, politico (decentralizzazione del 1982), giuridico e penale (nazionale e europea), sociale e culturale che è molto cambiato dal 1960 ad oggi;
•un’attenzione alle modalità di governo, nello spirito convergente con quello dello sviluppo dell’IUCN con la sua griglia di classificazione delle aree protette, cercando un equilibrio tra nazionale e locale, la formalizzazione di un “progetto di territorio” condiviso, e più trasparenza e partecipazione del pubblico ai principali processi decisionali;
•un adeguamento per tener conto delle particolarità del settore marino, ma soprattutto di quello francese “oltre-mare”, dove è in corso la creazione di due parchi nazionali che pongono problemi molto differenti da quelli dei parchi esistenti: un parco che coprirà il 60% dell’Isola di Réunion; ed un parco di 2-3 milioni di ettari di foreste umide tropicali all’interno di cui vivono differenti popolazioni che sorgerà in Guyane;
•la creazione di un ente pubblico “a cappello” dei parchi nazionali, “Parcs nationaux de France”: una federazione ed un servizio per gli enti gestori (che restano autonomi) che ha lo scopo di coordinare e rafforzare la loro visibilità nazionale ed internazionale (comunicazione e presenza nelle sedi internazionali) e la qualità delle loro azioni.
Cronologicamente, le grandi scommesse per i prossimi cinque anni sono:
•l’attivazione al 1 gennaio 2007 di “Parcs nationaux de France”, l’individuazione dei progetti coordinati da seguire (in primo luogo quelli legati alle “carte”) e dei servizi comuni da sviluppare;
•la creazione (inizio 2007) dei parchi nazionali di Réunion e Guyane e la progressiva formalizzazione del territorio del potenziale parco nazionale marino e terrestre delle Calanques di Marsiglia e di Cassis, in modo tale da permettere l’adeguamento del progetto agli standard nazionali ed internazionali di un parco nazionale;
•la revisione dei decreti di creazione dei sette parchi nazionali esistenti, per armonizzarli con potenzialità e quadro della nuova legge, in particolare tramite la creazione di un area ottimale di adesione e di un’area marina per il Parc national de Port Cros, nonché la possibile creazione di un secondo “cuore” (terrestre e marino) del Parc national de Guadeloupe in contemporanea all’estensione della sua area ottimale di adesione;
•l’elaborazione in partenariato e l’adozione (dopo referendum pubblico) della “carta” (sezione “cuore” e sezione “area di adesione”) dei nove parchi nazionali, percorso animato dal Presidente del Consiglio di Amministrazione di ogni ente parco nazionale, che presuppone un nuovo stato d’animo e “savoir-faire” da sviluppare in materia di relazioni con le collettività locali e gli altri partner locali.

Christian Barthod
Vice-Direttore del Settore Aree Naturali
Direction de la Nature et des Paysages
Ministère de l’Ecologie et du Développement durable


Una bella novità

Si tratta di “Parcs Nationaux de France”, cui si affida l’obiettivo di fare rete a livello nazionale e internazionale.

Tra gli aspetti interessanti e innovativi della nuova legge sui parchi nazionali francesi, troviamo “Parcs Nationaux de France”, un nuovo soggetto pubblico che ha il compito di legare in rete i parchi a livello nazionale e internazionale e di costituire una piattaforma di scambio di saperi ed esperienze.
Da un lato, un impegno deciso, come rivelano le parole del Ministro dell’Ecologia e dello Sviluppo Sostenibile, Nelly Olin: “Abbiamo formulato appositamente le missioni di questa istituzione perché possa sostenere con forza una politica ambiziosa e il legame in rete dei parchi a livello internazionale”.
Dall’altro, un’esigenza sentita e condivisibile, come rivela una dichiarazione del deputato Jean-Pierre Giran : “La connessione radiale deve nascere dalla creazione di una rete dei parchi nazionali, sotto forma di istituzione pubblica. Tutti gli enti – parchi naturali, aree protette – hanno una struttura federativa. Sarebbe incomprensibile che quella che è la punta di diamante dei parchi francesi, i parchi nazionali, non ne abbiano una”.
La legge, arricchita dai dibattiti parlamentari, contiene oggi obiettivi strategici condivisi dal Ministero, dagli enti gestori dei parchi nazionali e dal futuro “Parcs Nationaux de France”: un funzionamento reticolare del sistema parchi, la creazione di legami più forti tra il personale e tra gli enti, l’approfondimento della cultura comune e la condivisione di obiettivi con gli altri attori della protezione delle natura a livello nazionale e internazionale. Tutte ambizioni cui “Parcs Nationaux de France” potrà contribuire in maniera essenziale, dal momento che costituiscono l’ossatura della sua missione.
In una visione prettamente operativa, i parchi nazionali e la Direzione della Natura e dei Paesaggi del Ministero si aspettano da “Parcs Nationaux de France” interventi concreti fin dalla sua creazione.
Le riunioni preparatorie permettono già di delineare alcuni tratti del suo futuro operato.
Animerà la rete dei parchi nazionali. Organizzerà manifestazioni comuni come “gli incontri dei parchi nazionali” che si sono tenuti a Valdeblore nel Parc national du Mercantour nell’aprile scorso. Creerà con loro una strategia ed eventi di comunicazione. Li rappresenterà in eventi ed incontri, stringendo rapporti con le ONG specializzate nel settore della protezione della natura, come l’IUCN o Europarc. Tutto questo sia in ambito nazionale che internazionale.
“Parcs Nationaux de France” sarà anche punto di riferimento sul piano tecnico, scientifico e giuridico, garantendo ai parchi una serie di risorse tematiche che separatamente avrebbero difficoltà a raccogliere e sviluppare, soprattutto in vista della redazione della “carta” prevista dalla nuova legge.
E’ previsto inoltre che coordini progetti di interesse comune, ricerche scientifiche e inchieste pubbliche; che costituisca alcuni gruppi tematici di lavoro per condividere “savoir-faire” e soluzioni innovative; che raccolga ed elabori dati patrimoniali e socio-economici.
Infine per migliorare e rendere più sicura la gestione, “Parcs Nationaux de France” creerà alcuni servizi comuni sul piano contabile, finanziario e amministrativo.
Il consiglio di amministrazione di “Parcs Nationaux de France” si costituirà nell’autunno prossimo.

Jean Marie Petit
Direttore Mission Inter Parcs Nationaux
per la costituzione di “Parcs Nationaux de France”


Nuovo slancio alla politica dei parchi nazionali

La nuova legge offre opportunità, ma lancia anche una sfida, ridisegnando la concezione francese delle aree protette.

La nuova legge del 14 aprile 2006 rappresenta un’opportunità da cogliere per dare un nuovo slancio alla politica dei parchi nazionali: è anche una sfida da raccogliere.
Si tratta di un’evoluzione positiva, ed allo stesso tempo di una azione di continuità che riprende lo spirito originario dei precursori, come Gilbert André e Denys Prandelle in Vanoise, che hanno inventato una “concezione francese di parco nazionale”, con la nozione di “zona periferica”, che costituisce con la “zona centrale” un progetto territoriale.
La legge del 1960 non aveva approfondito come era lecito sperare questi aspetti peculiari del sistema francese e la riflessione in merito è stata portata avanti dai direttori dei parchi nazionali e dai presidenti dei consigli di amministrazione, in particolare negli anni 1995-1996, per elaborare nuove proposte e mettere in atto nuove forme di partenariato.
La nuova legge, sulla linea tracciata da queste riflessioni e dal rapporto parlamentare richiesto dal Primo Ministro, dà una forte legittimità a questo progetto territoriale e incarica l’ente pubblico gestore del parco di animarlo. Ciò deve permettere di conciliare, su un territorio esteso, protezione e sviluppo sostenibile.
La tutela del “cuore” è rafforzata da un fondamento giuridico più solido, e la vecchia “zona periferica” viene ad essere sostenuta da uno statuto reale, con un vero partenariato basato sulla libertà di adesione a una “carta del parco”.
La “carta” diventa quindi punto centrale e strumento essenziale d’azione del parco nazionale. Essa dev’essere infatti il dispositivo per precisare gli obiettivi, le azioni ed i mezzi per mettere in atto una politica equilibrata di tutela nel “cuore”, e di protezione, valorizzazione e sviluppo nell’ “area di adesione”.
In un primo tempo, senza voler coprire tutti i settori dello sviluppo sostenibile, il Parco dovrà sviluppare le sue capacità e competenze, il suo « cœur de métier » (N.d.T. l’insieme delle sue abilità professionali), al di là del “cuore” del parco, stringendo legami ed alleanze con i comuni su posizioni ed azioni precise, accrescendo l’ambizione ed il sentimento di appropriazione da parte dei comuni. La riuscita di tale concertazione e di queste forme di partenariato è un punto esenziale.
I campi d’azione sono, almeno in parte, noti: gestione e valorizzazione del patrimonio naturale, con la novità che nella legge attuale vengono riconosciuti ufficialmente anche il patrimonio culturale ed il paesaggio; la riqualificazione e pianificazione dei siti del parco; gestione dei flussi di persone a piedi ed in automobile; orientamento delle pratiche agricole, turistiche, sportive; accoglienza, informazione, sensibilizzazione del pubblico…
La carta, secondo la legge, deve anche precisare la vocazione delle differenti aree del parco. Sarà quindi necessario approfondire la riflessione sulla pianificazione spaziale, nel campo dell’urbanistica e su altre tematiche, sempre con un occhio attento all’equilibrio tutela-sviluppo.
Tutto questo necessita di un rinnovato lavoro di equipe, di alcune nuove competenze e professionalità, di una forte dinamicità interna all’ente, di una visione condivisa da tutti di questa nuova ambizione, che diano nell’insieme un senso allo sforzo collettivo. Questa sfida è decisamente stimolante.
La nuova legge offre anche la possibilità di collocarsi in una famiglia allargata dei parchi nazionali francesi, con la creazione di nuovi parchi, in particolare nelle aree d’oltre mare, una famiglia che va ad integrarsi alle altre reti di aree naturali, con una forte vocazione internazionale e l’ambizione di essere riconosciuta come formula esemplare di gestione delle aree naturali di pregio.

Philippe Traub
Direttore del Parc national de la Vanoise


Gioco di ruolo o vero progetto

E’ questo il vero interrogativo.
Per raggiungere gli obiettivi all’origine della nuova normativa era davvero necessaria una nuova legge?

Due grandi motivazioni erano all’origine dell’evoluzione della nuova legge: radicare i parchi nazionali nelle dinamiche locali, diffondere maggiormente la conoscenza dei parchi nazionali francesi attraverso una comunicazione comune di una certa importanza.
Era necessario cambiare la legge per raggiungere questi due obiettivi?
La domanda è più che lecita.
Oggi la legge è stata votata e spetta ad ogni parco, attraverso il suo decreto di applicazione, mettere in atto il referendum pubblico per l’adesione dei comuni e la predisposizione della “carta del parco”.
Al Parc National des Ecrins, in cui lavoro da una ventina di anni, non possiamo che aderire a questo progetto territoriale e alla procedura della sua messa in atto.
Entrambi questi passaggi sollevano però non poche domande.
Cerchiamo di affrontare le principali con la sincerità e la semplicità di un responsabile di servizio che non ha partecipato alle tappe della riflessione, ma vive il provvedimento nel quotidiano secondo le informazioni che riguardano il contesto di questa legge e ciò che viene detto in merito.
La prima domanda è: che cosa cambierà?
Per il Parco in sé la legge rappresenta la presa in considerazione ufficiale di un territorio sotto protezione e di un territorio che lo circonda e diventa area di adesione. Ciò corrisponde alla realtà del nostro lavoro agli Ecrins da molto tempo, ma senza altra legittimazione, se non quella di una politica efficiente di affiancamento e di continuità territoriale.
La buona volontà, tuttavia, ha i suoi limiti e la messa in atto effettiva di una “carta di sviluppo sostenibile” deve permettere la stesura di un progetto territoriale in cui sviluppo e tutela dell’ambiente si ritrovino affiancati in un progetto comune.
Ciò dovrebbe significare che l’insieme dei funzionari si trova a doversi fare carico di questo progetto nella sua totalità.
In questo risiede il primo ostacolo: i guardiaparco e i tecnici dell’ambiente sapranno sviluppare le loro competenze ed il loro mestiere per essere equipe avanzate di un nuovo dialogo dove tutela dei patrimoni e sviluppo potranno essere costruiti insieme? E’ grande, a mio parere, il rischio di andare verso due parchi: quello della legittimità del “cuore” e quello della legittimità “politica locale” che darà i suoi ordini ai suoi settori d’interesse ed ai relativi agenti di sviluppo piazzati presso i diversi settori. Un’evoluzione difficile che richiede nuove forme di organizzazione e di management.
Seconda domanda, al di là di calendario e processo di messa in atto: dove sono gli interessi dei comuni?
I comuni che hanno parte del loro territorio nel “cuore” desiderano essere differenziati da quelli che sono solo nell’ “area potenziale di adesione”. Come creare questa differenziazione? Deve forse prendere la forma di una compensazione quando il parco ha la sensazione di una buona gestione?
Un’altra domanda che ne consegue: sapremo costruire un’identità del territorio che dalla scala d’insieme del sistema parchi al singolo parco sia sinonimo di eccellenza, di luogo di richiesta e di sperimentazione? Questo presuppone un’alta visione del sistema che non è sicuramente ancora maturata.
Altra domanda soggiacente, ma comunque essenziale, è quella delle risorse che, in un contesto di difficoltà e carenza, devono permettere di far emergere una nuova politica nei Parchi, di creare due nuovi parchi nazionali e dotarli dei mezzi indispensabili per operare, nonché sostenere un nuovo ente pubblico “Parcs Nationaux de France” e di permettergli di intraprendere le azioni collettive che esigono degli enti e dei territori di eccezione.
A tutti i livelli come vediamo, questo progetto passa attraverso una dimensione politica, un progetto collettivo che rompe abbastanza radicalmente con i piccoli poteri locali, associativi e corporativi che conosciamo e utilizziamo tutti noi.
Questa ipotesi di progresso, che prende il sistema nel suo insieme come scala di sviluppo e di comunicazione nazionale e internazionale, è una sfida eccezionale.
Saprà questa sfida trasformare ognuno di noi in suo fautore ora che nuove scadenze si avvicinano? Prova di verità o grande scena di giochi di ruolo interni ed esterni, la domanda è posta e tocca a noi formulare la risposta più professionale possibile. Sarà necessaria una buona dose di pedagogia cui andrà sommata una profonda determinazione da parte di ciascuno di noi, dal momento che le società rurali di montagna si trascinano ancora dolorosamente tra “mercantilismo” e nostalgia.

Claude Dautrey
responsabile del settore Comunicazione del Parc National des Ecrins


Nuova legge, nuovi equilibri

Al centro della politica dei parchi si afferma il ruolo
degli amministratori locali: il rischio è che gli interessi locali prevalgano sulla tutela.

La nuova legge dei parchi nazionali, promulgata il 14 aprile 2006, è rimasta fedele allo spirito del suo principale artefice : il deputato Jean-Pierre Giran. Essa colloca amministratori e rappresentanti locali al centro della questione parchi nazionali.
Non molto differente, dal punto di vista formale, da quella che finora in vigore, la nuova legge rivoluzionerà profondamente il funzionamento degli enti di gestione, ed anche il ruolo ed il lavoro di tutti gli attori dei parchi nazionali.
Un parco nazionale non sarà più solamente la zona centrale, area protetta circondata da una zona periferica, ma sarà ora l’insieme di “cuore” ed “area di adesione”… D’ora in poi decine, centinaia o anche migliaia di persone abiteranno all’interno di un parco nazionale…
La scelta di questa nuova configurazione porta logicamente ad affidare ad amministratori ed attori locali, un vero potere di orientamento e di controllo delle politiche condotte dall’ente parco nazionale sul loro territorio. Tutte le modifiche apportate dal dispositivo di legge girano intorno a questo punto essenziale; ed è proprio in questa grande sfida della nuova legge, che risiede anche un notevole fattore di rischio.
La prima virata in direzione degli attori locali si traduce nella maggioranza di fatto attribuita ad amministratori e rappresentanti locali all’interno del consiglio di amministrazione dell’ente, ma la vera sfida si trova nella messa in atto obbligatoria di una “carta del parco”.
Una “carta” della durata di 15 anni il cui contenuto determinerà la vera natura del progetto territoriale, nonché il livello di coinvolgimento delle collettività locali verso una politica ambientale. Infine, la consistenza di queste “carte” darà una prima indicazione sulle reali volontà “locali” di impegnarsi sulla via della tutela del patrimonio. E’ da temere quindi che le trattative per la redazione della “carta” siano occasione di conflitto tra il concetto di sviluppo (più o meno sostenibile) portato dai partner locali e quello di conservazione difeso dallo stato e dai responsabili scientifici.
Le negoziazioni per la redazione delle “carte” contengono un’altra sfida: quella dell’adesione più ampia possibile dei comuni alla “carta” stessa e quindi al parco nazionale ed al suo progetto territoriale… i comuni negozieranno una carta e poi sceglieranno di aderire o meno (dopo un referendum pubblico).
Sembra delinearsi quindi un dilemma che vede due possibili alternative:
una “carta” troppo impegnativa che si tradurrebbe potenzialmente in poche adesioni, cosa che creerebbe un parco nazionale “a mosaico”;
una “carta” poco impegnativa senza reali ambizioni in materia di tutela ma che, almeno sulla carta, farebbe apparire un bel parco nazionale “completo”.
Bisognerà quindi scegliere tra imporre, con il rischio di limitare, o anche di smantellare il futuro territorio dei parchi, oppure dare fiducia agli attori locali lasciando loro la scelta di impegnarsi, rischiando, in tal caso, che l’impegno sia debole o quantomeno molto variabile da un parco all’altro.
E’ necessario anche ricordare un’altra novità: la creazione di un “consiglio economico, sociale e culturale”. Il suo ruolo, secondo la legge, sarà di formulare proposte al consiglio di amministrazione in materia di sviluppo (sostenibile?). Però la composizione di questo consiglio ricalca in maniera evidente quella del consiglio di amministrazione. Questa ambivalenza susciterà un “gioco di ruolo” per lo meno ambiguo se non controproducente. A nostro avviso, il rischio è che questo gioco sia utilizzato dagli attori locali come una cassa di risonanza per le loro esigenze e recriminazioni.
C’è da scommettere che l’azione del “consiglio economico, sociale e culturale” guarderà principalmente agli interessi, in particolare economici, siano essi particolari o collettivi, a scapito di una protezione consistente dell’ambiente.
La legge definisce infine, nuove modalità per ciò che concerne le autorizzazioni di attività e lavori. Il concetto di “aree urbanizzate” (non ancora definito) compare nelle legge con il suo corollario di deroghe. Saranno concesse disposizioni più favorevoli ad alcune categorie di cittadini. Alcune pratiche o attività saranno oggetto di deroga. Su questi due punti della legge, sussistono molti punti oscuri.
L’ampiezza di tali deroghe e la gestione delle domande di lavori saranno un condizionamento al reale livello di protezione dei “cuori” dei futuri parchi nazionali.

Thierry Houard
Rappresentante del SNE (Syndicat National de l’Environnement)
Funzionario scientifico e agente sul territorio del Parc national de Port-Cros