50 Rivista della Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali - NUMERO 50 - FEBBRAIO 2007
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Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 50 - FEBBRAIO 2007



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Lo strano caso delle acque di Toblino

ovvero, la tutela di un sistema profondamente alterato

La Valle dei Laghi, nel Trentino centro-occidentale, deve il suo nome ad una serie di otto bacini che ne punteggiano l'arcuato decorso dal Garda fino a Terlago, in prossimità del capoluogo. Tra tutti questi, forse i più conosciuti, anche fuori del Trentino, sono i laghi di Toblino e di Santa Massenza. Il sistema di laghi che dà il nome alla spettacolare valle del Trentino sud-occidentale giace sul fondo e sulle pendici della netta incisione che sembra collegare la valle dell'Adige col bacino del Garda. Al di là della Paganella, a nord della valle, il lago di Molveno funge da serbatoio d'alimentazione di un sistema idroelettrico che coinvolge anche i laghi di Toblino e di Santa Massenza. Pochi chilometri più a valle di questi il lago di Cavedine ne riceve le acque attraverso il fiume Rimone, che solo in parte ha alveo naturale. Il primo deve la sua notorietà alla spettacolarità del paesaggio, mirabile connubio di natura, di insediamento umano e di disegno colturale del territorio. Il nome del secondo, invece, per anni è stato associato al primato della omonima centrale idroelettrica, la più potente d'Europa, e al complesso sistema di tunnel che per decine di chilometri convoglia le acque dai ghiacciai dell'Adamello e della Presanella fino alle turbine collocate in una galleria scavata nelle rocce strapiombanti nell'omonimo lago.
Toblino e Santa Massenza potrebbero essere considerati un unico lago; Santa Massenza, posto poco più a monte del primo, vi riversa infatti le sue acque attraverso uno stretto collettore, lungo una decina di metri. Probabilmente i due specchi d'acqua sono quanto resta di un bacino molto più vasto che si ritiene occupasse la valle da qui fin alle Marocche di Dro, lo spettacolare crollo di rocce verificatosi col ritiro dei ghiacciaio del Sarca al termine dell'ultima acme würmiana. Oggi la dimensione del lago di Toblino è poca cosa; ufficialmente raggiunge 67 ettari, ed è quasi tre volte più ampio di quella di S. Massenza, con assi che misurano circa 1600 e 800 m contro 1200 e 400 m di quell'altro bacino.
Il sito di Toblino è meta di un flusso continuo e importante di visitatori, attratti dal paesaggio che vi si gode, dolce e luminoso, pervaso da una sottile vena di romantica malinconia, cui non poco contribuiscono le vicende della storia e i racconti esili e sfumati delle leggende.

La lunga storia di Toblino
L'uomo popolò questi luoghi subito dopo il ritiro dei ghiacci. Tracce di insediamenti del paleo- e del mesolitico sono stati rinvenuti a Monte Mezzana, nella conca di Terlago e nel Basso Sarca, mentre numerosissimi nella Valle dei Laghi sono i più recenti insediamenti collinari noti col lemma castellieri.
La storia documentata di Toblino e dei suoi dintorni è da sempre collegata con quella di Trento e della valle dell'Adige. La parte più conosciuta è costruita intorno alle vicende delle pievi, dei castelli, dei comuni e dei grandi proprietari terrieri, laici ed ecclesiastici, ed è spesso segnata da fatti dolorosi e di distruzione legati, a partire dal medioevo, ai numerosi passaggi di eserciti, coi relativi saccheggi, incendi e violenze. Episodi altrettanto drammatici sono collegati anche alle battaglie del Risorgimento italiano fino agli anni della Grande Guerra.
Meno conosciuto è il fatto che Roma occupò e valorizzò questa terra dandola a compenso del servizio reso ai suoi legionari; da Riva del Garda fino a Terlago, la Valle dei Laghi fu, in quell'epoca, «una delle parti più belle e popolate del Trentino» (Bortoli, Venturini, 2001). Vennero allora tracciate alcune importanti strade che collegavano il Garda a Trento, il più importante centro urbano posto sulla direttrice Verona-Augusta. Una rocca ancorata allo scoglio nel mezzo del lago di Toblino venne presumibilmente eretta a presidio del nodo stradale che qui congiungeva la via bassa per Trento all'altra alta via che, attraverso il Bondone, porta ai centri a sud di Trento nella valle dell'Adige. Dopo la fine del dominio romano, in epoca comunale, la rocca di Toblino, ricostruita sui ruderi del fortilizio romano, restò il presidio fondamentale del sistema viario nord-sud, con diramazione verso le Giudicarie. Per meglio assolvere a questa sua funzione Castel Toblino venne ricostruito e ampliato più volte nei secoli successivi: nel XIII secolo ad opera dei signori di Toblino, che dopo pochi decenni cedettero il dominio della contrada ai signori di Campo, feudatari delle Giudicarie.
Il castello quasi certamente fu eretto sulle fondamenta d'una fortificazione d'epoca romana ed è l'unico sito difensivo lacustre del Trentino. Esso venne riedificato nel XIII e tre secoli dopo, entrato nei domini episcopali trentini, subì profondi rimaneggiamenti (il porticato e il loggiato del cortile, ad archi a tutto sesto) atti a renderlo comoda abitazione per i principi-vescovi di Trento.
Nel XV secolo il castello divenne parte importante dei domini episcopali Trentini; Bernardio Clesio ne fu munifico signore e provvide ad una prima sostanziale riorganizzazione del sito sia come fortilizio, sia come residenza. Ma i rimaneggiamenti più importanti furono voluti dalla nobile famiglia Madruzzo, feudataria di Castel Nanno, nella Valle di Non, che si appropriò di Toblino e poi di gran parte del Trentino a partire dal XV secolo. La famiglia diede alla Chiesa di Trento tre cardinali e quattro principi vescovi, che governarono la diocesi e le sue terre per 119 anni di seguito, influendo in vario modo sulla scena politica ed economica italiana ed europea.
Toblino restò per secoli il cardine della difesa e del controllo della via che dal Garda porta a Trento. Altri due presidi alla viabilità commerciale di questa parte del Trentino erano Castel Madruzzo e Castel Drena, che dominavano rispettivamente la Valle di Cavedine e i già ricordati e importanti percorsi montani del Bondone.
Memorabili sono le vicende che videro questi due castelli saccheggiati e incendiati durante la ritirata del duca di Vendôme nell'anno 1703, quando la guerra accesasi per la successione al trono di Spagna lo obbligarono a levare l'assedio alla città di Trento. Le colonne francoispaniche discesero la Valle dei Laghi depredando e facendo terra bruciata intorno a sé. Canoniche, residenze patrizie e case contadine furono saccheggiate; anche le chiese furono spogliate dei loro arredi e perfino delle campane (Bortoli, Venturini, o.c.). Fu risparmiato solo l'antico castello di Toblino, unico esempio trentino di fortificazione lacustre con torre e mura merlate. Così esso può ancora oggi catturare l'attenzione dei visitatori, come faceva in passato a giudicare dalla ricca iconografia storica di questi luoghi, sempre centrata sullo scoglio nel lago e sulla sua rocca merlata. Alla storia si sovrappongono malinconiche leggende e racconti romantici, che conferiscono un'aura particolare al già pittoresco paesaggio del lago. Si narra, ad esempio, che il castello sia stato teatro degli amori proibiti consumati dall'ultimo esponente della famiglia Madruzzo e della sua tragica morte. Un'altra romantica leggenda canta invece di come, nelle notti di luna piena, gli spiriti inquieti di due personaggi legati alla storia del castello, aleggino ancor oggi sulle acque del lago in cui vennero annegati. Queste sono leggende, che si ama ascoltare lasciandosi catturare dall'aria languida di Toblino. Restano invece affidati alla letteratura gli altrettanto struggenti versi che a Toblino, e al suo paesaggio di boschi e di rocce, sul finire del XIX secolo dedicò Antonio Fogazzaro e poi ancora, cinquant'anni più tardi, la poetessa Ada Negri.

Toblino oggi
Il lago di Toblino, col castello e gli abitati circostanti, coi boschi e i sistemi agrari che lo abbracciano, è dunque un sito di valenze di assoluta rilevanza sotto il profilo storico, architettonico, paesaggistico, dell'immaginario. Ma è anche un sito che, come si vedrà, alimenta l'osservazione naturalistica e la speculazione scientifica.
A pieno titolo, dunque Toblino, è un luogo della cultura.
Da sempre sono note le peculiarità ambientali e vegetazionali dei dintorni del lago. In particolare la mitezza del clima, ad impronta fortemente submediterranea, consente lo sviluppo di boscaglie di caducifoglie termofile, con abbondanza di roverella (Quercus pubescens), di carpino nero (Ostrya carpinifolia) e di orniello (Fraxinus ornus), ma soprattutto di boschi di leccio (Quercus ilex) che qui trova, assieme al terebinto (Pistacia terebinthus) e all'ilatro (Phillyrea latifolia), il limite settentrionale del suo areale di distribuzione, assegnando così alla conca di Toblino notevole valenza fitogeografica. La letteratura scientifica ricorda poi come nella zona fruttifichino, pur se in coltura e in siti particolarmente protetti, piante tipicamente mediterranee come il rosmarino (Rosmarinus officinalis), il corbezzolo (Arbutus unedo), il limone (Citrus limon) e l'olivo (Olea europaea). Le colture viticole sono qui importantissime; va segnalata la tradizionale e particolarissima lavorazione di un Vin Santo di caratteristiche uniche, dal cui colore assolutamente paglierino si vuole derivi il nome, dal greco ??????. Intorno al lago si possono incontrare specie di grandissimo interesse naturalistico e che nella Lista Rossa del Trentino vengono segnalate in uno status di forte vulnerabilità e di compromissione. Si tratta di Carex pseudocyperus L., Cladium mariscus (L.) Pohl, Senecio paludosus L., Ranunculus lingua L. e di Rumex hydrolapathum Huds. Toblino è dunque un luogo che merita tutela.
Chi percorre la strada che si snoda nella Valle dei Laghi non può non provare la struggente suggestione che trasmettono le quiete acque di Toblino e la romantica veduta del castello. Dall'Ottocento ad oggi è cambiata solo in parte la veduta che si gode da Padergnone e la valenza storica e culturale si è mantenuta intatta.
A Toblino emblematicamente si incontrano e si scontrano molti aspetti che ancora oggi infiammano il dibattito sulla conservazione naturalistica e sulla tutela del buon rapporto tra uomini e ambiente. Qui, infatti, mirabile è il connubio tra storia e colture di pregio, tra architettura e natura, tra turismo culturale e paesaggio vegetale in spontanea evoluzione, anche se non mancano segni di sofferta coesistenza tra natura e economia, come, ad esempio, la strada che transita a ridosso del lago e degli elementi di maggior pregio naturale e culturale del biotopo. La gestione programmata della biodiversità non può dunque ragionevolmente penalizzare il mirabile equilibrio che nel corso dei secoli si è organizzato in questa parte della Valle dei Laghi e che, almeno fino ad oggi, nonostante la presenza di alcuni elementi di rischio, può essere preso ad esempio delle buone regole di pianificazione e di governo del territorio.
Profondi cambiamenti
Oltre a quelli dovuti all'antichissima occupazione delle sue sponde, il lago di Toblino ha subìto altri profondi cambiamenti. Il più importante è stato generato dalla fame d'energia del Paese, che a partire dalla fine del XIX secolo ha fatto concepire il recupero d'ogni salto d'acqua per produrre elettricità. Già la Valle dei Laghi era stata interessata da alcuni piccoli impianti d'interesse locale, ma che alimentavano anche l'illuminazione della città di Trento, quando venne concepito un altro impianto che avrebbe potuto utilizzare il dislivello tra il lago di Molveno e l'Adige, o la valle del Sarca, circa 600 m. Era stato calcolato che «dal lago di Molveno si potevano derivare fino a 10.000 litri al secondo per produrre fino a 60.000 HP di potenza idraulica». Una nuova centrale, a Fies, sostituì la piccola centrale di Cavedine; per l'adduzione della considerevole nuova portata d'acqua, si dovette allora progettare ed attuare un tracciato più largo e lineare del torrente Rimone, che è il naturale emissario del sistema Toblino-Santa Massenza verso il sottostante lago di Cavedine.
Nel 1929, per aumentare ulteriormente l'acqua immessa nel lago di Toblino e per incrementare la disponibilità idrica degli impianti di Fies e di Dro, fu costruita una presa sul fiume Sarca, alle Sarche. Con un canale di 1200 m portava l'acqua al lago. Qui per un suo ulteriore sfruttamento, fu costruita un'altra centrale, quella di Toblino, della potenza di 1800 CV (oggi dismessa). In conseguenza di questo maggiore contributo idrico, la portata arrivò a circa 20 m3/sec. Si rese necessaria una ulteriore ricalibratura dell'alveo artificiale del Rimone. «...La normale attività di Fies ebbe termine negli anni sessanta quando fu vantaggioso portare tutta l'acqua possibile alla nuova centrale di Torbole». (Zanini V., Il carbone bianco: l'energia elettrica nell' Alto Garda. I primi anni 50: anni 1990-1940, Trento, Sommolago, 1998, p. 140). Solo verso la metà del secolo appena passato si potè dare corso al progetto di sfruttamento del Lago di Molveno e del Lago di Ponte Pià con l'intento di produrre 637 milioni di kwh annui. La centrale venne collocata all'estremità nord del lago dove giunge la condotta che scende dal Lago di Molveno. «L'impianto ha il suo fulcro nel lago di Molveno, diventato un grande serbatoio stagionale alimentato, oltre che dalle immissioni proprie, anche dalle acque captate con 46.5 chilometri di canale di gronda in galleria, a quota 900 metri, con tre prese principali e 8 minori, lungo tutta la sponda destra della Val Rendena. A monte di Pinzolo, il canale, dopo aver alimentato la centrale di Carisolo, attraversa in galleria il gruppo di Brenta per arrivare al lago di Molveno»… «Nel 1952 iniziò il prosciugamento del lago di Molveno attraverso lo scavo di due canne. Dal lago di Molveno viene captata l'acqua che, con una condotta forzata in galleria, del diametro di 4.80 m, attraversa tutto il monte Gazza, arriva alla centrale di S. Massenza dopo un salto di quasi 600 m. L'acqua sfruttata viene rilasciata nel Lago di S. Massenza che, collegato a quello di Toblino, porta le acque attraverso il Rimone, nel lago di Cavedine e successivamente, ancora in galleria, alla centrale di Torbole …per essere poi immesse nell'ultimo tratto di Sarca ed infine nel lago di Garda». Negli anni '50, dunque, con l'avvio dell'attività produttiva della Centrale, le acque fredde e limose dai bacini di Molveno e di Ponte Pià, collettori artificiali delle acque glaciali dei sistemi idrografici dell'alto bacino del Sarca alimentati dai ghiacciai della Presanella e dell'Adamello, vennero restituite ad alvei naturali con l'immissione nel lago di Santa Massenza e dunque in quello di Toblino.
Ciò ha determinato una repentina e significativa riduzione della temperatura e della trasparenza delle acque e, attraverso la sedimentazione dei materiali limosi, anche la progressiva trasformazione della morfologia dei fondali, la cui profondità massima è di circa 14 m, mentre quella media si assesta intorno a 7-8 metri, non molto differente da quella rilevata dal Museo Tridentino di Scienze Naturali e riportati da G. Tomasi nel suo famoso volume "I laghi del Trentino" (Ed. Manfrini), edito nel 1963 poco dopo l'avvio della produzione idroelettrica.

Assetti ecosistemici
Questi cambiamenti fanno parte della storia recente del lago, di cui poco o nulla si ha consapevolezza. Solo per i più attenti la visione delle opere esterne trasmette sensazioni un po' epidermiche che hanno la dimensione dell'impatto, e non rende assolutamente ragione dell'ingegno dell'uomo, della sua abilità tecnica, delle motivazioni sociali, oltre che di quelle economiche, che hanno spinto all'impresa.
I cambiamenti però sono stati avvertiti da osservatori attenti al destino delle risorse che il territorio mette a disposizione per la restante parte dell'economia del luogo.
Ad esempio, da sempre la fauna ittica è stata amministrata con molta attenzione, perché varia e abbondante al punto d'essere di riferimento per attività alieutiche di non poca importanza economica; pescatori e ristoratori per decenni hanno veduto nei laghi, e in particolare in quello di Toblino, un ottimo connubio tra paesaggio e gastronomia. Significativi, oltre che curiosi per gli inesperti, sono i suggerimenti che dà l'associazione pescatori a quanti si vogliano cimentare in questa attività nel lago: «(a Toblino,) oltre che alla pesca al coregone (anche se di dimensioni minori rispetto a quelli del lago di Cavedine - lago posto a valle di Toblino) e della trota, si può insidiare, vista la buona presenza, anche il luccio. Le esche consigliate sono: il pesce vivo (scardole o vaironi), o quelle artificiali di grosse dimensioni, rapalà o cucchiaini con colori fluorescenti. Si segnala che in questo lago si può pescare quasi esclusivamente sulla sponda occidentale, la sponda orientale rientra nel Biotopo provinciale. Inoltre non è permesso l'uso di imbarcazioni di nessun tipo».
Anche la letteratura scientifica ricorda l'abbondanza di specie d'interesse alieutico. Gino Tomasi, già citato, segnala anguille, barbi, carpe, carpioni, cavedani, coregoni, perche, persici sole, savette, scardole, scazzoni, tinche, triotti, trote iridee, trote fario e vaironi. Altrettanto importante è il patrimonio avifaunistico, che in Toblino trovava un sito di riproduzione di eccezionale qualità ambientale, come, ad esempio, l'usignolo di fiume (Cettia cetti), il germano reale (Anas platyrhynchos), la gallinella d'acqua (Gallinula chloropus), la folaga (Fulica atra) e il raro svasso maggiore (Podiceps cristatus). L'airone cenerino (Ardea cinerea), un tempo specie assai rara, ha trovato in questo lago un favorevole sito di nidificazione, fino a qualche anno fa l'unico in Provincia di Trento. Ma la specie che più di ogni altra è sotto osservazione è il Cormorano (Phalacrocorax carbo sinensis), un tempo visto come singolarità faunistica da tutelare non solo in ossequio alla Direttiva Uccelli, ma anche per l'indubbio fascino culturale che questo grande predatore ittiofago riesce ad alimentare. Oggi le popolazioni stanziali di cormorano sono divenute così dense ed attive da essere vedute come minaccia per il mantenimento di un pur se minimo soddisfacente livello di pesca sportiva. Si sa che l'avifauna ha il privilegio d'essere veicolo di forti emozioni e di suggestioni, ma anche quello di essere efficace indicatore dei cambiamenti ambientali. Forse non è lecito abbinare il cambiamento delle acque prodotto dall'attività idroelettrica di Santa Massenza al mutato assetto avifaunistico; certo è, però, che il concomitante verificarsi di cambiamenti ambientali ed ecosistemici ha innestato una serie di allarmi, e di richieste di intervento, verso i quali l'Amministrazione provinciale ha sentito necessità di dare concrete risposte.
È singolare il fatto che lo spazio di manovra è fortemente limitato da una serie di vincoli giuridici, alcuni dei quali non possono essere rimossi, o modificati.

Il contesto giuridico
Il lago di Toblino, assieme ad una parte del territorio circostante, è Biotopo di interesse provinciale e Sito di Importanza Comunitaria. La tutela dei caratteri di naturalità del luogo, e i criteri cui essa deve venire programmata e perseguita, sono dunque regolati da numerosi strumenti normativi, tra cui la Legge Provinciale sui Biotopi (L.P. n° 14/86), la Direttiva Habitat (92/43/CEE) e i decreti ministeriali che ne hanno sancito il recepimento. Si tratta di atti legislativi che fissano precisi margini di manovra alla gestione attiva del sito, manovre che possono spaziare tra azioni di mera conservazione e interventi attivi indirizzati alla rimozione delle minacce esterne più incisive e incombenti su qualcuna delle componenti di maggior pregio naturalistico o ambientale del sito. Il Biotopo di Toblino è stato istituito nel 1992 sostenendo che la tutela si rivolgeva a «la particolare conformazione orografica della conca dei Laghi e l'influsso mitigatore delle correnti temperate provenienti dal bacino del Garda, (che) permettono la presenza e la conservazione di un paesaggio vegetale di tipo sub-mediterraneo di rilevante interesse fitogeografico (leccio arboreo, terebinto, roverella, carpino nero, lauro, fillirea, etc…). Nella zona circostante il lago fruttificano il rosmarino, il corbezzolo, il limone; nidificano il martin pescatore, l'usignolo di fiume, il germano reale, lo svasso maggiore, etc... Sono di passaggio e sosta l'airone cinerino, l'airone rosso, il cormorano, lo svasso maggiore, lo svasso collo rosso, il tuffetto». Viene già allora fatto notare che l'area di Toblino, e il suo lago viene «… influenzata negativamente dalla grande massa di acqua fredda che esce dalla centrale idroelettrica di Santa Massenza». Toblino è anche Sito di Interesse Comunitario, identificato con codice IT 3120055: «lago di fondovalle con cintura di vegetazione elofitica, in una cornice ambientale e paesaggistica di eccezionale interesse per la presenza dei boschi sempreverdi di leccio, qui al loro limite settentrionale di distribuzione. Il sito è inoltre di rilevante importanza per la nidificazione, la sosta e/o lo svernamento di specie di uccelli protette o in forte regresso, e/o a distribuzione localizzata nelle Alpi». «Altrettanto significativa - cita il rapporto di proposta - è la presenza di invertebrati dell'allegato II, che indica buone condizioni di naturalità delle acque correnti».

Complessi assetti vegetazionali ai margini del lago
Nello schema che segue, tratto da Sitzia (2005), sono indicati con un asterisco gli habitat prioritari, cioè quelli, in cui, ai sensi della Direttiva 92/43/CEE, il regime di tutela deve essere particolarmente stretto, specialmente in sede di valutazione di incidenza di piani e progetti che possano incidere negativamente sugli obiettivi di conservazione del sito.
Ad ogni habitat di interesse comunitario corrispondono mosaici paesaggistici e singole formazioni vegetazionali che con la loro variabilità a piccolo raggio testimoniano, nel caso di Toblino, una notevole eterogeneità di ambienti.
Uno degli aspetti più interessanti del sito sono le praterie xeriche. Queste possono essere riferite agli xero- e mesobrometi (habitat 6210). Sono diffusi soprattutto su piccole superfici isolate e frammentarie, minacciate in modo evidente dalla ricolonizzazione boschiva ad opera di formazioni pioniere dominate da Fraxinus ornus e da specie arbustive termoxerofile. Gli xerobrometi si collocano soprattutto su pendii rupestri e mostrano la dominanza di Bromus condensatus; i secondi sono localizzati su superfici a pendenza moderata.
L'habitat 6110 si localizza, in stazioni puntiformi, di solito non censite in fase di schedatura. È stato infatti rinvenuto solo in una occasione in prossimità di una casa colonica in ristrutturazione (vedi capitolo precedente), attualmente disabitata, ma circondata da un vigneto e da brometi degradati, ma periodicamente falciati. La formazione è sicuramente di origine secondaria e condizionata dall'erosione del suolo indotta dall'uomo. Tra le specie presenti si citano Sedum album, S. rupestre, S. sexangulare e S. dasyphyllum.
L'habitat 6510 è presente solo in corrispondenza di un prato stabile circa 170 m a nord- di Castel Toblino, ed è caratterizzato dalla presenza di porzioni più magre, a dominanza di Arenaria serpyllifolia e Salvia pratensis e delle più fresche con Festuca arundinacea e Ranunculus acris.
L'habitat 7210 è stato rinvenuto lungo il lato ovest del Castello in corrispondenza di una cenosi monospecifica a Cladium mariscus di eccezionale valore naturalistico, anche se di ridotta estensione.
Intorno al lago, obbedendo alla varietà di condizionamenti portati dal territorio con le sue forme, a volte aspre e a volte dolcissime, e dai conseguenti regimi termici e igrometrici, si organizzano sistemi ecologici tra loro assai differenti, di frequente molto interessanti sotto il profilo naturalistico. Spesso coesistono, tra loro intimamente mescolati, sistemi colturali di sicuro interesse economico, come i vigneti specializzati, e i boschi, quasi sempre cedui invecchiati (a sinistra sullo sfondo). Talvolta, soprattutto lungo le sponde, la pressione dell'agricoltura ha castigato i sistemi naturali perilacustri nelle dimensioni di sottilissime bande vegetate, a volta discontinue (a destra). Ancora a sinistra un particolare di un interessante Brometo primitivo a Stipa eriocaulis (habitat 6210), al confine nord-est del biotopo, la cui permanenza è minacciata dal progressivo avanzamento delle boscaglie.
L'habitat 3150, che caratterizza i laghi eutrofici, si presenta in uno stato mediocre di conservazione a causa delle modifiche nelle caratteristiche chimiche e fisiche del lago indotte dallo sfruttamento idroelettrico e dalla notevole antropizzazione delle sponde settentrionali. Mancano o sono molto rare, infatti, le specie adattate alla vita in ambiente sommerso, come i Potamogeton. Tuttavia sia dalla letteratura (Beguinot, 1931; Ferrari e Dalla Fior, 1978), sia da immagini storiche, è certo che il lago potrebbe ospitare queste specie in misura più consistente. In questo habitat sono comprese anche le vegetazioni palustri a grandi carici (specie del genere Carex), come quelle a Carex paniculata, C. acutiformis e C. elata ed anche i fragmiteti, formazioni costituite da piante di alta taglia, come la Phragmites australis e lo Schoenoplectus lacustris. Anche queste sono collocate lungo le sponde e sono fortemente ridotte rispetto alla loro potenzialità.
Le rocce calcaree (habitat 8220) caratterizzano il paesaggio circostante il lago, si presentano libere da vegetazione o colonizzate dalla lecceta rupestre o da specie arbustive pioniere (Amelanchier ovalis, Genista radiata, Hippocrepis emerus, Prunus mahaleb, etc...).
Le leccete circostanti il lago di Toblino sono un tipo di vegetazione extrazonale e relittuale che conferisce all'area un impronta fisionomica mediterranea di eccezionale valore biogeografico, oltre che vegetazionale. Sono presenti tre diverse facies: la Lecceta mesofila, la Lecceta a terebinto e la Lecceta rupestre.
L'habitat 91H0 raccoglie gli ostrio-querceti tipici, diffusi specialmente nel settore est del biotopo in alternanza alla lecceta mesofila e nella forra del torrente Ranzo.
Le foreste palustri (habitat 91E0) sono state censite lungo le sponde del lago in più settori. La loro superficie è ridotta perché legata alla presenza di suoli asfittici e periodicamente allagati. Sono presenti alnete di ontano nero, a dominanza di Alnus glutinosa con Salix cinerea; saliceti di Salix alba con Populus nigra, di forma lineare e ricchi di specie erbacee nitrofile. La presenza di Robinia pseudoacacia, di rovi, ortiche e di altre specie ruderali (Chenopodium album) ed esotiche (Bambusa sp.) è testimonianza del disturbo derivante dalle attività agricole che si spingono fin quasi sulle sponde del lago.
Oltre agli habitat naturali o seminaturali riconosciuti dall'all. II della Dir. 92/43/CEE alcuni altri popolano l'entroterra del lago contribuendo alla formazione del mosaico territoriale. Tra quelle erbose o arbustive si possono ricordare le formazioni ruderali, molto comuni all'interno dei vigneti e ai loro margini ove costituiscono la vegetazione delle aree calpestate o fortemente antropizzate; le formazioni arbustive e prenemorali, a rovi spinosi, immerse nella lecceta mesofila, in particolare dove sono stati effettuati recenti trattamenti selvicolturali sotto forma di ceduazioni a carico di orniello e carpino nero con rilascio delle matricine di leccio. Tra le formazioni boschive, sono presenti superfici ridotte a Salix cinerea, pinete di pino nero di origine artificiale e ostrio-querceti con strati arbustivi improntati da Cotynus coggygria e l'orno-ostrieto, presente nella parte nord-ovest del biotopo, su una falda detritica.
La competitività delle formazioni di esotiche, come il robinieto e l'ailanteto è qui generalmente scarsa, grazie al clima e all'aridità del substrato, che non è ad esse favorevole.

Un sistema alterato negli assetti fisici e chimici …
Va ora osservato che, a dispetto della qualificazione giuridica, il sistema di laghi di Toblino e di Santa Massenza, più il secondo del primo, deve comunque essere visto anche come struttura funzionale alla produzione di energia, in quanto serbatoio di scarico delle acque turbinate dalla centrale idroelettrica e come bacino di carico del collegato sistema di Torbole, posto più a valle, verso il Lago di Garda.
S'è anche visto che questa strana situazione strutturale, e funzionale, era peraltro preesistente all'inserimento di Toblino, quale biotopo, nel novero delle aree protette provinciali, e alla sua successiva qualificazione come SIC.
La generazione d'elettricità ha dunque alterato significativamente le condizioni ambientali dei due bacini. Causa più importante di cambiamento ambientale è la riduzione del tempo di ricambio idrico, che ora avviene nel brevissimo arco di 2-3 giorni. Non è possibile alcun raffronto con la situazione pregressa, che comunque si colloca in campi di velocità di ordini di grandezza inferiori a questa.
Ciò condiziona l'insieme dei caratteri ecologici del lago di Toblino, la cui temperatura media annua si è drasticamente ridotta rispetto al passato, annullando la stratificazione termica che normalmente qualifica nel periodo estivo in questo tipo di sistemi d'acqua. Il valore medio di temperatura, ormai pressoché costante lungo tutta la colonna d'acqua dalla superficie al fondo, è dunque inferiore di circa 3.5°C a quello atteso per i laghi di fondovalle posti alla stessa quota. Una temporanea sospensione nella produzione di energia elettrica avvenuta durante i mesi tardo primaverili del 2005 ha confermato le modalità e la misura di questo cambiamento. Infatti, nel giro di qualche settimana, si è verificato un percepibile aumento della temperatura superficiale dell'acqua, che ha dato poi il via ad una significativa stratificazione termica delle acque. Il processo si è poi interrotto con la ripresa della produzione idroelettrica sul principio della successiva arida estate. L'acqua convogliata in galleria dal lago di Molveno ha però altre caratteristiche chimiche e fisiche che sono alquanto differenti rispetto a quelle degli originali immissari dei laghi; gli effetti di questi cambiamenti sulle componenti biotiche dei bacini paiono davvero importanti. Ad esempio l'acqua di Molveno porta una significativa quantità di materiale fine in sospensione, che produce una altrettanto significativa riduzione della trasparenza delle acque. Questo fatto, per altro, era già stato segnalato da Tomasi (o.c.) nei primi anni '60, quando verificò che la zona eufotica, cioè permeata dalla luce, si estendeva non oltre 3,5 m di profondità. Questa dimensione dello strato d'acqua permeato dalla radiazione fotosinteticamente attiva viene oggi confermato dalle analisi periodicamente compiute dai competenti istituti provinciali, che testimoniano picchi di opacità durante il periodo di massimo funzionamento dalla centrale (luglio e agosto), soprattutto nel lago di Santa Massenza, che in qualche modo funge da bacino di decantazione per il sottostante lago di Toblino. Le analisi compiute dall'Istituto Agrario di S. Michele all'Adige durante il periodo di sospensione dell'attività della centrale hanno verificato che la trasparenza nel lago di Toblino è giunta fino a oltre 5 m di profondità e fino ad oltre a 4 m in quello di S. Massenza. È stato anche dimostrato che i solidi sospesi derivano dall'azione dei ghiacci sui graniti (tonaliti) dell'Adamello e della Presanella.
Alquanto anomala è anche la stratificazione dell'ossigeno nelle acque. Con la sospensione dell'attività idroelettrica, e dunque a partire da aprile 2005, le acque di Toblino hanno mostrato una progressiva diminuzione dell'ossigeno disciolto dalla superficie verso gli strati più profondi. Nel mese di giugno si è verificata la totale anossia al disotto degli 8 m di profondità. Secondo gli esperti dell'Istituito di San Michele il fenomeno non è da porre in relazione con la stratificazione termica del lago, ma va piuttosto interpretato come conseguenza di fenomeni di decomposizione e di mineralizzazione di necromassa algale sedimentata, così come tipicamente avviene nei bacini caratterizzati da lento ricambio delle acque e dunque con modesta circolazione sul fondo, quand'esso è sufficientemente profondo. Con la ripresa della circolazione idrica forzata i valori dell'ossigeno disciolto sono rapidamente tornati su livelli prossimi alla saturazione, comportamento che è tipico dei corsi d'acqua alpini, cui i due laghi si avvicinano, nonostante l'ampiezza e la profondità, grazie alla imponente e artificiale portata idrica che li attraversa. È dunque assai verisimile che prima dell'avvio della produzione idroelettrica le acque profonde dei due laghi presentassero condizioni di anossia pressoché continua.
Questa, di fatto, non è stata ancora strumentalmente determinata; in ogni caso essa è variabile con cadenza giornaliera coi cicli di attività della centrale. Nei momenti di punta della produzione il livello dei canali in uscita dai due bacini si eleva repentinamente, cioè nel giro di poche ore, anche di due metri, con l'immaginabile effetto sulle condizioni d'ambiente nell'area spondale. In estrema sintesi, prima del 1952, anno in cui la centrale idroelettrica entrò in funzione, i laghi di Toblino e di Santa Massenza erano con ogni probabilità laghi monomittici, caratterizzati da una stabile stratificazione termica delle acque, soprattutto in estate. Il fatto che non vi sia carenza di ossigeno nemmeno negli strati più profondi, ove si arriva al 70% di saturazione, conferma che si tratta di sistemi quasi oligotrofici, al pari dei torrenti alpini.
E come nei torrenti alpini, anche le acque fluenti nel bacino risultano mediamente di discreta qualità, che è comunque superiore a quella delle acque che ne escono.

… e negli assetti biologici.
L'attività della centrale limita in maniera decisa anche la crescita delle alghe, soprattutto nel lago di S. Massenza, mentre a Toblino si sviluppa, pur se in forma embrionale, una comunità più stabile e diversificata. Anche in questo caso i fattori limitanti sono la torbidità dell'acqua e il velocissimo ricambio, che riduce le possibilità riproduttive delle alghe in situ. Ne è riprova il fatto che nel breve periodo di inattività della centrale i due laghi sono tornati ad esprimere la loro potenzialità biogenica sviluppando comunità algali variate e di consistente biomassa, grazie anche alla considerevole disponibilità di nutrienti.
Anche la comunità zooplanctonica è scarsa e poco diversificata. Anche in questo caso solo dopo alcuni mesi di arresto della centrale si è osservata la presenza di numerosi cladoceri (generi Daphnia e Bosmina), e di diversi rotiferi (Polyarthra sp., Keratella sp.). Assenti, o quasi assenti, i copepodi ciclopoidi, e rari i calanoidi.
Assolutamente importanti sono le osservazioni riguardo l'ittiofauna. Esse indicano come le specie presenti con popolazioni sufficientemente strutturate, e quindi da ritenere parte stabile delle comunità ittiche dei due laghi, siano specie "frigofile", o comunque in grado di ben adattarsi agli ambienti d'acqua fredda. In questa categoria si collocano soprattutto coregone, persico reale, vairone, luccio e scozzone e, in una certa misura, anche trota di torrente. Le altre specie ittiche rinvenute nei laghi forse sono oggi presenti in numero significativo perché sono state oggetto di immissioni nel lago di Santa Massenza e in quello di Cavedine, dal quale possono essere risalite fino a Toblino, cioè nell'area protetta.
Le acque fredde di Molveno e dell'alto bacino del Sarca hanno dunque radicalmente trasformato anche l'assetto dell'originaria comunità nectonica, che un tempo era prettamente ciprinicola mentre ora è dominata da specie salmonicole tipiche delle acque correnti o a veloce ricambio. Si sono perdute alcune specie che non erano più in grado di completare il proprio ciclo biologico nel nuovo ambiente, tra cui la tinca, la carpa e l'alborella, mentre hanno assunto maggiore consistenza, escludendo le prime, il coregone, lo scazzone e la trota di torrente.
Altre specie che un tempo erano abbondanti, come la scardola, il triotto, il vairone e la sanguinerola, hanno invece conservato modestissime possibilità di sopravvivenza, pur se solo siti "rifugio" di modestissima estensione dove l'ambiente non è divenuto del tutto limitante, come allo sbocco degli immissari nei laghi dove queste specie, soprattutto sanguinerola e vairone, ancora formano esigue popolazioni provviste di una propria autonomia demografica.
Scardola e triotto, presenti fino ad una dozzina di anni fa, sono ora scomparsi per la sinergica azione dei cambiamenti idroambientali e della predazione da parte dei salmonidi, come trote e salmerini, di cui i giovani ciprinidi sono facile preda.
Spontaneamente si sono invece diffusi il coregone, il persico reale e lo scazzone che, attraverso il canale Rimone, pur se limitati dalla velocità della corrente, hanno qualche possibilità di risalita da Cavedine fino a Toblino.
Quando la centrale di S. Massenza immette nell'omonimo lago circa 30 m3 d'acqua al secondo, il torrente Rimone subisce importanti oscillazioni di portata, con variazioni dei livelli idrometrici che possono superare i due metri nel giro di poche ore. Queste oscillazioni si riverberano anche sul livello di Lago di Toblino, pur se in misura decisamente minore. Ne risentono sia la vegetazione spondale, sia gli animali che su di essa fanno riferimento come habitat elettivi o come luoghi funzionali al regolare svolgimento di alcune attività vitali. Anche le operazioni colturali, e in particolare quelle destinate alla viticoltura e alla frutticoltura, che sono una delle fonti principali di reddito della zona, generano effetti pericolosi sulle biocenosi del lago e delle terre circostanti. Ne stanno dando parziale dimostrazione alcune indagini entomologiche, che segnalano la drastica riduzione delle popolazioni di odonati, taxa ritenuti eccezionali indicatori della qualità dell'ambiente.
Anche la vegetazione subisce, al pari delle altre componenti, gli effetti delle trasformazioni antropiche, è certo anzi, che in molti casi, il mediocre stato di conservazione della vegetazione perilacustre e la rarefazione della vegetazione natante, determina l'assenza di nicchie trofiche e spaziali idonee a conferire equilibrio a molte comunità animali. Tra le minacce più importanti c'è l'abbandono di rifiuti e inerti, prevalentemente rifiuti verdi derivanti dalla gestione dei prati e degli alberi interni al castello che provoca, specialmente sul lato est un notevole danno sui popolamenti igrofilo-palustri e sul magnocariceto che è invaso in più settori da rovo e altre specie nitrofilo-ruderali; la realizzazione delle passerelle: questa attività, unitamente agli effetti della vicinanza della strada provinciale, ha indubbiamente comportato un danno ai fragmiteti e alle cenosi ad essi legate lungo le sponde nord del lago. Per quanto riguarda il bosco, sono da evitare ceduazioni con densità di matricinatura rada nella lecceta e, con attenzione ancora maggiore, negli ostrio-querceti. La pressione al margine dei vigneti sulle cenosi seminaturali circostanti si manifesta soprattutto sulle piccole formazioni boschive palustri che hanno ormai assunto spesso una forma lineare. Tra le minacce di origine naturale è notevole quella legata alla ricolonizzazione del bosco delle ultime radure di prato xerico, siti di elevato valore naturalistico, specialmente in presenza di fioriture di orchidee. Infine, il raffreddamento del lago e le periodiche variazioni del suo livello hanno certamente esercitato un ruolo importante nel ridurre drasticamente la superficie delle comunità a foglie sommerse e natanti e delle comunità erbose palustri. Ed infine va segnalata la stabile presenza di cormorani. Mentre un tempo erano rare e saltuarie le osservazioni di questa specie, nel corso degli ultimi anni essa ha conosciuto eccezionali incrementi demografici, con elezione di stabili siti di svernamento, di riproduzione e di pernottamento. La Valle dei Lagni, e Toblino in particolare, offre condizioni ideali per la vita di questo eccezionale predatore ittiofago, che vi ha dimorato negli anni passati con popolazioni di un centinaio d'individui. Tenendo conto che mediamente, tra settembre e marzo, i cormorani di Toblino prelevano circa 4 Kg di pesce per ettaro di lago, il prelievo raggiungerebbe circa di 275 kg di pesce ad ogni stagione. Ma è probabile che al prelievo degli individui stanziali si debba aggiungere anche quello degli individui provenienti dal dormitorio di Foci dell'Avisio, nella Valle dell'Adige a nord del capoluogo, di quelli che stabilmente occupano l'area dell'alto Garda. Le prede più frequenti del Cormorano sono i pesci gregari, come alcuni Ciprinidi, il Pesce persico e il Coregone. Il comportamento gregario di queste specie, infatti, nelle acque torbide ed eutrofiche, favorisce la pesca di gruppo da parte del Cormorano.

Conclusioni
Toblino è dunque un sistema d'acque e di terra alquanto singolare. Esso è infatti luogo nel quale convergono, e si scontrano, interessi assolutamente differenti, ognuno ben legittimato a livello nazionale, o comunitario, non solo locale. Da un lato forti sono le attese del Paese verso la produzione di grandi quantità di energia pulita e sicura, come è quella idroelettrica. Dall'altro lato la Provincia di Trento ha individuato nel sito di Toblino, per le sue indubbie valenze paesaggistiche, oltre che ambientali, un sistema meritevole di tutela e di valorizzazione. Le forme di tutela previste dalla legge provinciale sui Biotopi sono state ulteriormente sottolineate, e per certi versi rese più solide, dalle Direttive europee; per la Direttiva Habitat vanno assolutamente preservati alcuni habitat prioritari, ed alcune specie d'elevatissimo valore, mentre per la direttiva Uccelli, richiamata dalla successiva Direttiva Habitat, grande attenzione va riservata alla tutela del Cormorano, ma anche dell'airone cenerino che ad esso si accompagna come importante, e interessante, specie ittiofaga. Non possono sfuggire alcune evidenti discrasie tra questi dispositivi di tutela e la situazione ambientale attuale, e quella pregressa alla loro promulgazione.
Toblino è infatti un sistema in larga misura alterato.
La centrale di Santa Massenza, entrata in funzione un quarto di secolo prima dell'istituzione del Biotopo e del SIC, ha generato condizioni ambientali nelle acque del lago che progressivamente riverberano effetti significativi sulle comunità acquee e su quelle terrestri. L'immagine di naturalità verso cui mirava la conservazione giuridicamente sancita era dunque destinata a sfumare nel tempo senza alcuna possibilità di arresto del processo di alterazione. La tutela va dunque oggi programmata ed attuata per questi sistemi artificiali che sono alquanto discosti da quelli naturali pregressi? O si dovrebbe, piuttosto, concepire un sistema di parziale recupero delle originarie condizioni biocenotiche, magari salvaguardando la coesistenza del nuovo e del vecchio, la cui integrazione è espressione di una ricchissima biodiversità?
Altrettanto singolare è il conflitto tra due norme comunitarie, che qui a toblino vede coinvolti anche interessi sociali di non poca rilevanza. La diffusione del Cormorano, infatti, sta ponendo a repentaglio la sopravvivenza di una parte significativa dell'ittiofauna che, pur non essendo portatrice di rilevantissimi valori naturalistici, comunque è componente di una biodiversità dei sistemi d'acqua che, nell'insieme, ha eccezionale valore. Tutelare dunque il cormorano ai sensi della Dir. Uccelli oppure preservare, ai sensi della Dir. Habitat, la biodiversita da esso minacciata? Nello scontro tra le due posizioni tecniche e giuridiche si colloca anche la pesca, almeno quella tradizionale esercitata per secoli dalle genti locali con metodi equilibrati e attenti all'ambiente. Privilegiare dunque il Cormorano nel confronto coi pescatori, verso i quali è competitore, che non ha da subire vincoli giuridici di sorta, oppure cercare un giusto equilibrio tra i due, tenendo conto che le tradizionali attività ecocompatibili sono ammesse, anzi favorite, dalla direttiva europea del '92? Ed infine, se nei sistemi tutelati non è ammessa l'immissione di avannotti o di altro pesce di maggiori dimensioni, com'è possibile impedire l'inquinamento biologico che inevitabilmente si diffonde dai sistemi lacustri vicini attraverso la rete idrica che naturalmente li salda tra loro?.
Sono quesiti, questi, ai quali debbono risposte concrete i redattori del futuro Piano di Gestione1 del sistema di Toblino, la cui stesura è già avviata secondo protocolli particolari che la Provincia Autonoma di Trento ha voluto stabilire per renderne la gamma delle possibili soluzioni tecniche massimamente condivisa tra tutti i soggetti coinvolti.

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Franco Viola - Tommaso Sitzia - Lucio Sottovia