Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 51 - GIUGNO 2007



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Che cosa mi aspetto dalla III Conferenza Nazionale delle Aree Protette

La mia risposta è: «che nei parchi nazionali italiani vengano effettivamente realizzati gli obiettivi primari per i quali sono stati istituiti». Quando sarà avviato un buon programma di conservazione, ad esso si potranno affiancare anche altri temi di grande interesse, di cui oggi si parla molto in Italia, come gli aspetti socio-economici e le tradizioni storico-culturali. E cerchiamo di vederne il perché.

La ragione principale dell’esistenza dei parchi, e degli altri tipi di aree naturali protette, è dovuta all’azione da essi svolta per la conservazione delle risorse naturali che contengono, come si può constatare in base all’esperienza di oltre 100 anni di attività conservazionistica nei parchi di tutto il mondo. Moltissime specie animali e vegetali si sono potute salvare perché sono state protette all’interno dei parchi, come è avvenuto per lo stambecco, il cervo, il camoscio d’Abruzzo e l’orso marsicano in Italia. Altrettanto dicasi per foreste, paludi e altri ambienti naturali ed un caso valga per tutti. In Cile, le pendici e la cima del vulcano spento Nahuel Buda in passato erano ricoperte da una foresta di araucaria (Fig. 1), che da pochi anni è stata completamente abbattuta (Fig. 2) ad eccezione della parte sommitale del cono vulcanico, per la semplice ragione che era inclusa nel parco nazionale.
Ritornando all’Italia, la legge quadro 6 dicembre 1991 n. 394 afferma che i parchi nazionali vengono istituiti al fine di garantire e di promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese; si tratta degli obiettivi primari dei parchi, che vanno a costituire quella che Gianluigi Ceruti chiama la priorità della conservazione (CERUTI, 2001).
In particolare, la conservazione delle risorse naturali si riferisce ai seguenti aspetti, come afferma Kenton Miller che per diversi anni è stato il Presidente della Commissione dei parchi dell’IUCN: a) conservazione di campioni rappresentativi delle principali unità biotiche del mondo, in Italia le regioni mediterranea ed eurosiberiana, con tutte le loro suddivisioni locali; b) mantenimento in funzionamento perpetuo dei processi ecologici essenziali che dipendono dagli ecosistemi naturali; c) conservazione della diversità delle specie e della loro variabilità genetica (risorse genetiche); d) salvaguardia degli habitat critici per il mantenimento delle specie; e) mantenimento dell’ambiente fisico e delle bellezze paesaggistiche (MILLER, 1980).
Allo scopo di perseguire gli obiettivi ai quali si è prima accennato, è indispensabile che la conservazione delle risorse naturali nei parchi nazionali sia concreta, come ha scritto Renzo Videsott già nel 1948, e cioè efficace ed efficiente, come è stato specificato negli anni successivi dagli esperti dell’IUCN (VIDESOTT, 1948; IUCN/PNUMA, 1990; GODOY e UGALDE, 1992).
Se si risponde positivamente alle problematiche qui esposte, allora possiamo dire che i parchi nazionali esistono veramente, in caso contrario no; del resto, nei manuali di valutazione dell’effettività della gestione dei parchi nazionali, come quello recente di CIFUENTES, IZURIETA e de FARIA (2000) edito dall’IUCN, si fa riferimento ai parametri prima illustrati, ognuno dei quali viene valutato con un determinato punteggio.
Ciò non toglie, naturalmente, che possano essere istituite aree protette con caratteristiche diverse da quelle qui brevemente descritte, come – ad esempio – i parchi naturali regionali secondo le proposte dell’Associazione Italia Nostra degli anni ’70 (ITALIA NOSTRA, 1973), di cui era prevista una destinazione prevalente alla tutela del paesaggio; tali aree potrebbero avere scopi e obiettivi sicuramente positivi, ma in parte diversi da quelli dei parchi nazionali, oppure potrebbero costituire aree di raccordo fra differenti parchi nazionali ed essere funzionali alla coerenza del sistema, ma in ogni caso non potrebbero essere sostitutivi dei parchi nazionali. Invece i parchi nazionali italiani hanno più le caratteristiche di generici parchi per la tutela del paesaggio che non di parchi nazionali veri e propri.
Pur tenendo conto dell’evoluzione che ha subito dal 1872 ad oggi il concetto di parco nazionale (basterebbe rileggere le differenti definizioni proposte dalla stessa IUCN), la conservazione rimane sempre al centro delle aree protette.
In passato, in Italia era stata proposta l’istituzione di parchi nazionali in aree isolate e in contesti del tutto particolari: Gran Paradiso, Abruzzo, Stelvio e Circeo. Successivamente, a partire dagli anni ’70, sono stati proposti sistemi di parchi per singole regioni (parchi nazionali, parchi regionali, riserve naturali, etc...). Oggi questi sistemi di parchi sono ulteriormente potenziati dal loro inserimento nelle reti ecologiche, con le quali la protezione si estende anche al di fuori del territorio ristretto dei parchi. Però non si deve dimenticare che con la legge Galasso già era prevista la tutela del territorio nel suo complesso. Nella Regione Marche l’Istituto di Botanica di Camerino a suo tempo aveva partecipato alla redazione del P.P.A.R. (Piano paesistico ambientale regionale). Ne discende che i parchi nazionali non sono isole staccate e avulse dalla realtà, ma devono connettersi con altre aree naturali e, più in generale, con l’intero territorio, in un sistema a rete. Tuttavia non si deve incorrere nell’equivoco di assimilare gli ambiti territoriali delle aree protette a quelli esterni, quasi che non esistessero differenziazioni di valori intrinseci; si finirebbe per svilire le aree protette che hanno la loro ragione di essere proprio nel pregio particolare di flora, fauna, geologia e paesaggio, che ne caratterizzano l’ambiente, come afferma CERUTI (2001).
Uno dei problemi prioritari della conservazione nei parchi, che ho avuto occasione di illustrare varie volte, è quello relativo allo stato di conservazione degli ecosistemi forestali. Quasi tutti i boschi oggi sono ridotti a cedui più o meno invecchiati ad eccezione di pochi casi nei parchi nazionali del Gargano, Abruzzo e Foreste Casentinesi. Molto schematicamente, si può dire che il problema presenta due aspetti: da una parte sarebbe necessario permettere lo sviluppo dei boschi in modo che raggiungano lo stadio della fluttuazione per lo meno all’interno delle zone A, dall’altra dovrebbe essere permesso lo sviluppo del bosco per effetto della successione secondaria nei pascoli abbandonati e invasi progressivamente da specie arbustive, ma anche su questo argomento non c’è accordo. In ogni caso, una delle grandi possibilità oggi offerte dalle aree protette è proprio quella del recupero degli ecosistemi forestali, da riportare il più vicino possibile ad un alto grado di naturalità.
Il mantenimento di ecosistemi in funzionamento, della diversità biologica e delle risorse genetiche è estremamente complesso e difficile, soprattutto quando si tratta di situazioni in gran parte degradate e che necessitano di interventi volti al recupero ed al restauro, come avviene in molte parti d’Italia; è questa una grave preoccupazione ricolma di responsabilità di carattere non soltanto scientifico, tecnico e politico, ma anche etico, quando si pensi al continuo, progressivo e quasi inarrestabile degrado ambientale che interessa non soltanto l’Italia ma tutto il pianeta.
Nel nostro paese però, è bene precisarlo, in questi ultimi anni e comunque dopo l’approvazione della legge-quadro sulle aree protette, si è data sempre maggiore importanza agli aspetti di carattere socio-economico dei parchi, mentre quelli di carattere conservazionistico sembra che siano passati in secondo ordine, come è stato messo in evidenza nel recente libro sui parchi di PIVA (2005). In realtà, non c’è una contrapposizione fra due concezioni diverse dei parchi, come è stato affermato, ma una complementarietà di due aspetti: quello della conservazione, che costituisce la ragione stessa dell’esistenza dei parchi, e quello socio-economico che ne è il corollario. Il tema dei parchi e della protezione della natura è un tema di pace che dovrebbe unire e non dividere e contrapporre persone, associazioni ed enti.
In un manuale sulla gestione dei parchi nazionali dei tre ecologi sud-americani prima menzionati (CIFUENTES, IZURIETA e de FARIA, 2000), è scritto che i parchi dovrebbero costituire motivo di orgoglio nazionale per i valori che racchiudono: valori – aggiungo io - che lo storico dell’ambientalismo Luigi Piccioni chiama “Il volto amato della patria” e cioè il suo paesaggio, il suo ambiente, la sua natura, che cerchiamo quasi disperatamente di salvare e di mantenere (PICCIONI, 1999); se riusciremo ad organizzare i nostri parchi nazionali nel loro significato più completo, credo che avremo reso un alto servizio alla nostra patria.

CERUTI G.L., 2001 – Il piano per il parco e la priorità della conservazione. In: Acli Anni Verdi, sotto il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio, Guida all’uso del parco. Roma, ed. AESSE, pp. 205-207.
CIFUENTES M.A., IZURIETA A.V., de FARIA H.H., 2000 – Mediciòn de la efectividad del manejo de areas protegidas. WWF, GTZ, IUCN.
GODOY J.C., UGALDE A., 1992 – Areas protegidas de Centroamèrica. Informe IV Congreso Mundial Parques Nacionales y areas protegidas. IUCN/WCPA. San Josè, Costa Rica - Guatemala, Guatemala.
ITALIA NOSTRA, 1973 – Parchi nazionali e riserve naturali: contributo alla definizione e nomenclatura. Documenti Italia Nostra, 10: 1-80.
MILLER K., 1980 – Planificaciòn de parques nacionales para el ecodesarrollo en Latinoamérica. Madrid, FEPMA.
PICCIONI L., 1999 - Il volto amato della patria. L’Uomo e l’Ambiente, 32: 1-319.
PIVA G., 2005 - I parchi nel terzo millennio. Bologna, Alberto Perdisa.
IUCN/PNUMA, 1990 – Manejo de areas protegidas en los Tròpicos. Gland, IUCN.
VIDESOTT R., 1948 - Lettera inviata agli invitati alle riunioni di Oreno e Sarre. In: Pedrotti F., 1998 - Il fervore dei pochi. Trento, TEMI, pp. 95-98.

Franco Pedrotti