Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 54



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California dreamin': aree protette e National Park

Un emozionante tour nella terra che piu’ di un secolo fa ha dato i natali ai primi parchi del pianeta.

Questo contributo nasce dall’opportunità che il Master di secondo livello in “Governance delle AANNPP” organizzato dall’Università degli Studi del Molise, dal MATTM e dai Parchi Nazionali della Majella e delle Dolomiti Bellunesi ci ha offerto dedicando alla conoscenza del sistema delle aree protette americane un Educational tour della California dal 9 al 21 novembre 2007. Il gruppo di 20 persone, provenienti da diverse realtà italiane, composto da direttori di parchi nazionali, da studenti del Master, da professori universitari, da funzionari delle AANNPP, da educatori e liberi professionisti è stato un valore aggiunto all’esperienza; le diverse anime e percorsi formativi hanno colmato lacune, suscitato dubbi, risolto interrogativi e, a cascata, generato emozioni. La diversità che ci ha accompagnato la ritroverete nel “viaggio letterario” che vi apprestate a fare: i diversi stili, ci piace pensare, siano anche la nostra ricchezza, la nostra biodiversità, non meramente un numero di specie su di una superficie o un numero di autori per un articolo, ma una qualità e una differenza che ci contraddistinguono, si amalgamano e si compenetrano.
Le emozioni del viaggio oggi si concretizzano in LANDS ONLUS , l’associazione no profit in cui siamo confluiti e di cui questo è il primo contributo di approfondimento. L’associazione si occupa, tra l’altro, di cooperazione, aree protette, volontariato e formazione e, ci va di pensare, che Marco Caporioni (biologo zoologo), Pierluca Gaglioppa (forestale), Beatrice Sanfilippo (giornalista) e Massimo Tufano (biologo botanico) che lavorano per il Sistema delle Aree Protette della Regione Lazio, Luisa Fiammata (biologo “interprete”), Floriana La Viola (agronomo) Antonio Cangelosi (naturalista educatore), Francesca Antonucci (forestale) e Riccardo Sedola (naturalista e tecnico faunistico) tutti liberi professionisti e Milena Tempesta (biologo marino) che lavora alla Riserva di Miramare (Trieste) possano continuare in giro per le varie regioni italiane a crescere assieme, ad imparare, a sorridere e a credere che gli alberi parlino.

Le origini
NPS un acronimo, un mito della storia mondiale della protezione della natura: National Park Service , il servizio governativo creato per la gestione del patrimonio naturale e culturale degli Stati Uniti d’America. La nascita del primo parco al mondo appartiene alla loro storia; subito una chicca: anche negli States si dibatte se il primo parco sia stato Yellowstone (istituito con atto federale del 1872) ovvero Yosemite (atto del Congresso del 1 ottobre 1890 ma atto del Presidente Abraham Lincoln del 1864)!
L’Educational Tour ha seguito un programma denso di incontri catalizzato da quel profondo conoscitore delle aree protette che è Maurilio Cipparone. Il tour ha consentito, grazie alla eccezionale disponibilità dei funzionari, dirigenti e volontari dei parchi della California, scambi e confronti costruttivi ed analisi accurate di metodologie e sistemi delle diverse realtà.
La scelta è stata sapientemente indirizzata verso tre tipologie di parchi differenti dal punto di vista della gestione, della caratterizzazione ambientale e del rapporto con i volontari e con le organizzazioni manageriali dei servizi e delle strutture. La visita ha previsto infatti una serie di incontri con i gestori del San Francisco Golden Gate National Park; parco urbano e semiurbano, spalmato sulla città e sulla baia che abbraccia il ponte e riveste un forte valore di presidio con ampie aree soggette a recupero e riqualificazione; il parco sta contribuendo con un forte stimolo allo sviluppo di capacità recettive e formative (spazi e tempi) ed è protagonista principale dell’interpretazione e dell’educazione ambientale affidando (caso piuttosto atipico anche per gli U.S.A.) la gestione di decine di siti e di tutti i servizi connessi ad una ONG no-profit (Golden Gate National Parks Conservancy) . La seconda area visitata è stata Yosemite National Park, nella regione californiana della Sierra Nevada, parco che presenta oltre il 95% di area wilderness, vera e propria stazione rifugio per fauna e flora e, inoltre, esempio classico di Parco in cui la gestione dei servizi (non educativi) è affidata ad un concessionario (profit). In coda è stato visitato il santuario marino di Monterey, area protetta gestita dalla NOAA organizzazione nazionale che si occupa anche degli oceani, della climatologia e della meteorologia.
La storia del NPS (che dipende dal Ministero degli Interni) iniziò nel lontano 1916 e negli anni molte cose sono cambiate nella percezione globale della natura e nelle strategie da porre in essere per il futuro del pianeta; il NPS ha esaltato il compito dei propri parchi, dapprima preoccupandosi dell’aspetto di tutela, quindi curandosi di quello della conservazione anche culturale dei saperi e delle “genti”, infine di quello del comunicare, dell’interpretare, dell’educare (AA.VV., 2002). Nel corso di un secolo si è consolidata la prassi dell’esempio positivo, delle buone pratiche mostrate ai milioni di visitatori annui, ha funzionato l’entusiasmo del contaminarsi, del migliorarsi e promuovere atteggiamenti positivi.
Oggi nel prepararsi ai festeggiamenti del primo secolo di attività il NPS non trova modo migliore se non quello di porre le basi, i cinque pilastri, per il suo secondo centenario di vita e di trasmissione di valori. Il NPS fin da oggi inizia a lavorare alle pietre miliari che lo traghetteranno nel futuro e stabilisce che è necessario:
• “…to engage american people to the environment…” legare, affezionare, avvicinare le persone, i cittadini ai parchi e alla natura attraverso l’educazione e il volontariato;
• “…leadership environmental program: best practices…”; i parchi devono essere di esempio sia nella conservazione dell’ambiente che nella promozione di buone pratiche, devono essere “contagiosi” per migliorare tutto l’ambiente in cui viviamo;
• “…recreation renewal…”in campo educativo il NPS ritiene necessario un rinnovamento che coinvolga il turismo ricreativo, che analizzi e determini come gestire questo settore e che ruolo esso debba avere;
• “…education renewal…” i parchi debbono funzionare come laboratorio di educazione e apprendimento, come le più grandi università della federazione, aule all’aperto per la formazione di una cittadinanza ambientalmente consapevole e complice;
• “…organization renewal…” e, infine, la necessaria riorganizzazione del NPS per la futura gestione dei parchi con un budget in riduzione e un patrimonio da mantenere (KEMPTHORNE, 2007).
La strategia dei Parchi è quella di incontrare le persone e con loro progettare, indirizzare il futuro; quando nel documento citato dopo un ovvio riferimento ai fondi e alle garanzie date dal Presidente, si punta l’indice sull’ascolto di tutti gli Americans (quelli nativi, quelli arrivati mille o trecento anni fa e quelli giunti da sole due settimane), delle loro speranze e idee: “A visit to national park should cause you to think, to learn, to experience, and grow”. L’obiettivo del NPS è la creazione di 40 gruppi di ascolto, della ricezione on line di oltre 6000 commenti annui, la diminuzione dell’impatto sull’ambiente delle proprie attività, l’implementazione delle strategie di ricerca e conservazione, la comunicazione e l’ascolto dei visitatori e, non ultimo, la possibilità di essere uno dei dieci migliori posti di lavoro degli Stati Uniti. Tutte idee e goals che ritroveremo nel personale incontrato, nei master plan delle aree protette, nella cartellonistica, nella logistica e nell’organizzazione degli spazi, nel visitors care, nelle scelte progettuali, negli autisti dei pullman e anche di fronte ad una tazza di caffè nei momenti di relax con le nostre guide.

Il contagio
I° focolaio: S. Francisco (il ponte con la città intorno)
S. Francisco: dopo un giorno di pausa per ammortizzare l’effetto di un volo trans-oceanico, l’11 novembre in una stupenda mattina dall’aria frizzante e luce cristallina, partiamo dal molo 33 alla volta di uno dei parchi della Golden Gate National Recreation Area (GGNRA) nella Baia di S. Francisco: l’isola di Alcatraz. Il NPS preserva le risorse naturali americane ma, a differenza del sistema delle aree protette italiane, si occupa anche della gestione dei siti storici e delle aree a scopo ricreativo. Alcatraz con il suo famoso penitenziario, ma ancor di più Fort Baker e Fort Point che si trovano alle estremità del “ponte rosso”, sono divenute risorse educative, testimonianze storiche in cui è possibile diventare, ad esempio, un soldato della Terza Artiglieria Compagnia ‘M’ dell’Esercito regolare degli Stati Uniti, e, in questa veste, caricare uno dei cannoni e fare fuoco (experience). Questa infatti è la filosofia principe dello spirito del GGNRA: interpretazione ed esperienza. Attraverso di esse conduce il visitatore lungo un percorso che lo fa sentire partecipe e gli fa percepire in maniera tangibile come suo patrimonio tutto ciò che lo circonda, che sia esso un elemento architettonico o un processo naturale. Così il patrimonio è valorizzato e più facilmente tutelato: il visitatore emotivamente coinvolto dalle diverse azioni intraprese (e dal contributo in termini di denaro e tempo) diviene attore protagonista (engage).
Questo è ciò che accade arrivando all’isola di Alcatraz , vetta di arenaria emersa circa 10.000 anni fa e ora colonizzata da agavi e da esemplari di gabbiani occidentali, che è stato un insediamento spagnolo sino al 1846 ed è poi passata al governo degli Stati Uniti che la usò come presidio della baia di fronte all’Oceano Pacifico grazie alla sua posizione strategica. Su questo “scoglio” è stato costruito il primo faro che ha illuminato la costa del Pacifico ed è stato poi installato il famoso penitenziario federale di massima sicurezza che ha ospitato detenuti famosi come Al Capone. Il carcere venne chiuso dopo l’unica evasione del 1962, in seguito l’isola è stata occupata per circa due anni dai nativi d’America riuniti nella coalizione “Indiani di tutte le tribù” e nel 1972 divenne Riserva sotto la Direzione dell’Ente Federale Golden Gate National Recreation Area.
L’edificio del penitenziario è per buona parte visitabile e, grazie alle audioguide, si riesce a percepirne la quotidianità, a palparne la storia (recreational renewal). Passeggiare lungo i corridoi tra le celle, vicino al parlatorio, nel cortile per l’ora d’aria, nel braccio D, nella biblioteca e nel refettorio, non si può certo dire che non sortisca il suo effetto; una strana sensazione opprime e stringe lo stomaco ma si dissolve in un profondo respiro tornando all’aria aperta a rimirare sulla costa opposta S. Francisco, con i suoi grattacieli e le sue strade. Un pensiero va ai detenuti, che vedevano la città dalle sbarre, e al terribile regolamento di Alcatraz che al punto 5 enunciava: “Avete diritto a vitto, alloggio, indumenti ed assistenza sanitaria. Tutto il resto consideratelo un privilegio”.
Ma l’isola di Alcatraz ha anche qualcos’altro: all’esterno la natura un po’ artificiosa dei giardini pensili realizzati più di cent’anni fa sui terrazzamenti adibiti ad orto oggi contano molte specie ornamentali (oltre 200) affidate alla cura dei volontari che gravitano nelle aree del GGNRA, lasciano spazio anche alla natura più vera rappresentata dalle numerose popolazioni di uccelli (falchi, corvi, fringuelli, colibrì, gabbiani occidentali, nitticore, cormorani, urie, beccacce nere) che qui nidificano, fino alle popolazioni di granchi, stelle marine, salamandre, insetti.
Ci rendiamo conto dell’importanza data all’interpretazione ambientale anche visitando il Centro di educazione di Crissy Field, un luogo la cui storia è già da sola testimonianza della capacità del GGNP di creare uno spazio di contatto con la natura, importante per i californiani e soprattutto per coloro che vivono nella metropoli. L’area era un aeroporto militare che, con l’aiuto dei cittadini e della famiglia Levi’s, è stato trasformato in un’area umida dove “atterrano” diverse specie di uccelli e dove è possibile, a qualunque età, imparare a conoscere la natura grazie a Rangers e volontari che, attraverso una serie di programmi appositamente studiati, riescono a coinvolgere ragazzi, adulti e famiglie, ad integrare le comunità di lingua spagnola e le persone con difficoltà motorie e psichiche, ad organizzare campeggi all’aperto.
Costeggiando le rive della Baia di San Francisco e dirigendosi verso il Golden Gate sembra che non si veda altro, l’enorme ponte rosso che collega le due rive attira tutte le attenzioni, ma basta guardare più in basso per scorgere Fort Point e Fort Baker, immersi nel Presidio e di fronte a Cavallo Point, siti storici, alcuni dei tanti pezzi del San Francisco Golden Gate puzzle.
Ciò che più colpisce visitando i cantieri allestiti per la riqualificazione e valorizzazione di queste storiche strutture sono i cartelli che all’ingresso indicano la data di inaugurazione al pubblico: sono già pronte brochure che illustrano accuratamente il progetto che si persegue, gli obiettivi a cui si tende e i programmi che passo per passo si intendono attuare, le risorse finanziarie, i fondi resi disponibili dai donatori, dai finanziatori, dal governo (leadership). E’ inoltre del tutto evidente come la realizzazione del progetto sia solo la tappa finale di un percorso attuato attraverso un’attiva collaborazione con la popolazione interessata, grazie ad un processo di progettazione partecipata. San Francisco e il Golden Gate NP rappresentano quindi un’altra forma di intendere il parco urbano, che non è costituito più solo dalla presenza di elementi naturali sensibili, da tutelare e al tempo stesso utili per diffonderne la conoscenza tra la popolazione, e consentirne il godimento alle porte di una metropoli, ma è in tal modo anche un luogo d’incontro e scambio, con elementi architettonici storici ma funzionali alle diversificate attività, evolute nel contesto attuale. Appare evidente da questi primi contesti visitati che quando uno statunitense parla di Parco intende il proprio patrimonio nazionale, di qualunque natura esso sia con la millenaria evoluzione naturale del continente e con la, seppur giovane, memoria storica.

Alla ricerca del virus: Yosemite National Park (dove la wilderness rigenera)
Partendo dalla città alla volta di Yosemite NP facciamo tappa in alcune aree protette del circondario gestite sempre dal Golden Gate N.P. (un po’ come il sistema dei Parchi e delle aree protette di RomaNatura), quella che ci colpisce in modo impressionante è Muir Woods NM. Chissà se anche il naturalista americano John Muir (STETSON, 1994) quando ha scoperto questo paradiso naturale è stato attratto e affascinato dalla maestosità di una sequoia, Coast Redwood (Sequoia sempervirens), che alla fine si è rivelata essere solo la metà dei giganti cui fa da introduzione. Avremmo voluto che il centro visite sparisse, che i visitatori non ci fossero, avremmo voluto scoprire noi questo angolo di america, magari dopo estenuanti ore di cammino e rimanere lì in silenzio a cercare di intravedere la cima degli alberi più alti.
Il sentiero su cui ci muoviamo si insinua nella foresta permettendoci di ammirare gli esemplari più spettacolari di sequoia (fino a 90 metri di altezza), alloro, acero, ontano e leccio tanto per citare le vicarianti italiane più prossime. Vorremmo uscire dal tracciato, avvicinarci a queste meraviglie, toccarle, sentirne il respiro, ma il volontario che ci accompagna ci trattiene, ci spiega che il divieto di uscire dal sentiero è una misura di protezione dell’ecosistema forestale, un modo per difendere questi alberi (educational) che hanno vissuto per secoli (oltre 2000 anni i più vecchi). Con il cuore triste lasciamo questi guardiani del tempo senza neanche finire il sentiero, il nostro autista russo ci attende con il coach al parcheggio e ci ricorda che dobbiamo raggiungere Yosemite NP in un orario decente.
Yosemite National Park: John Muir è evocato anche qui che, per chi si occupa di parchi, da sempre rappresenta il tempio della wilderness e la storia della conservazione della natura così come oggi la intendiamo. Rappresenta un po’ il sogno di noi “park people”, come dicono gli statunitensi, e, per noi, poco abituati alle grandi distanze, arrivarci da S. Francisco sembra un lungo viaggio ma, nella realtà americana, è la classica gita domenicale fuori porta. E’ quindi comprensibile come questo enorme parco sia visitato ogni anno da più di 3,5 milioni di persone.
Arrivarci di sera tardi, con il buio, dopo aver percorso strade di montagna buie e senza neppure una luce in lontananza rende bene l’idea dell’isolamento e dell’incontaminazione della Sierra Nevada. E’ il risveglio mattutino che toglie il fiato quando, aperta la porta del lodge, il buio pesto della notte ha ceduto il palco ad una luce nitida e fresca che esalta una maestosa parete di 1000 metri di granito.
Ci troviamo nella Yosemite Valley, una striscia di parco che rappresenta appena il 5% della superficie totale, ma che concentra il 98% dei turisti essendo l’unica attrezzata con alberghi, ristoranti, negozi, parcheggi e strutture turistiche varie. La quota di turisti che realmente si reca nella wilderness è esigua rispetto al totale (circa l’1,5%), ma è comprensibile dato che non si tratta di passeggiare lungo sentieri asfaltati e resi accessibili ma di inoltrarsi per giorni in estese foreste in compagnia di orsi, linci rosse, puma e coyote.

Il primo forte attacco della malattia: la carica virale
Il nostro primo incontro ufficiale è mercoledì 14 novembre, presso la sede del Parco. Ad accoglierci è Scott Gediman, il responsabile delle relazioni con i media, ovviamente in divisa verde e cappello da Ranger, la divisa ufficiale di tutti i funzionari del NPS. Scott, nel farci accomodare nella sala ove campeggia la scritta “Is it in the best interest of the park?” ci racconta la nascita di Yosemite National Park, e l’aneddoto con Yellowstone su quale parco sia nato prima, facendoci capire che in fondo “tutto il mondo è paese”, ma soprattutto ci introduce al tema della “giurisdizione esclusiva”, cioè quella competenza su tutto, dalla gestione faunistica all’ordine pubblico che rende il Parco un piccolo mondo a sé rispetto al resto della nazione. Il NPS si occupa di gestione degli incendi, fondamentali per la conservazione di questi ambienti, di interpretazione e sensibilizzazione, di soccorso alpino (con tanto di ospedale), di sicurezza (con tanto di tribunale e prigione), di gestione ordinaria e di pianificazione con un organico di 450 dipendenti, che diventano 700 in estate (organization renewal). Niente male se pensiamo che soltanto il 20% del loro bilancio proviene dal governo federale. Tuttavia il NPS non è solo nella gestione di questo immenso territorio, ma è seguito molto da vicino dai cosiddetti “Yosemite Partners”, un’alleanza di società private, associazioni e organizzazioni profit e no-profit che sostengono il parco contribuendo a raccogliere quasi 3 miliardi di $ all’anno da donazioni ed eredità oltre che da un vero e proprio esercito di 70.000 volontari che annualmente collabora alla gestione ordinaria del Parco.
Le dimensioni del Parco sono considerevoli: 303.750 ettari confinanti con altre foreste protette, seppur gestite da altri dipartimenti del Ministero degli Interni come il Fish and Wildlife Service, il National Forest Service o il Bureau of Land Management, con il quale il NPS si trova di volta in volta a dialogare, talvolta anche in modo conflittuale.
Il programma del pomeriggio prevede la visita a Mariposa Grove, dove si trovano oltre 500 sequoie giganti, Giant Redwood, (Sequoiadendron giganteum), tra le quali l’enorme Grizzly Giant di 1800 anni. Uno degli stop più caratteristici sulla via è Tunnel View, appena all’uscita dalla Yosemite Valley, dal quale si può godere di un meravigliosa vista della valle, e delle imponenti rocce granitiche di El Capitan, Half Dome, Sentinel Rock e Cathedral Rock.
Mariposa Grove si trova a una sessantina di km da Yosemite Valley, qui un paio di sentieri natura di appena qualche miglio di lunghezza consentono di apprezzare al meglio la foresta e le immense sequoie giganti; si passeggia agevolmente con il naso all’insù distratti solo da scoiattoli e cervi (Odocoieleus hemionus) anche troppo confidenti. Tracce di fuochi e d’incendi ci portano poi a contatto con la realtà gestionale di questo habitat che vede nel fuoco periodico un elemento fondamentale per la sua sopravvivenza e necessita quindi di uno staff dedicato a tempo pieno proprio alla gestione dei fuochi prescritti nelle varie località del Parco e alla spiegazione al pubblico della sua importanza per la conservazione. Lungo il percorso alcuni pannelli molto ben curati secondo i principi americani dell’Interpretation raccontano le sequoie ed il loro mondo per immagini e parallelismi con altre realtà a noi più consuete. Si tratta di un modo di organizzare i sentieri natura molto attento, scientifico che tiene conto delle persone con difficoltà, dei bambini, dei target a cui rivolgersi e dei linguaggi da utilizzare per comunicare nella maniera più efficace possibile. Nonostante la bassa stagione centri visita, pub e ristoranti sono aperti e frequentati sia da umani sia da orsi e procioni, che con comportamenti innaturali, dovuti ad abitudini sbagliate dei primi ma anche a un regime di tutela radicato che supera il secolo, si avvicinano in cerca di cibo.
La mattina successiva partiamo con un bus verso Glacier Point, un altro dei punti panoramici più visitati del Parco, grazie all’incredibile colpo di vista che offre su chilometri e chilometri di wilderness.Il viaggio è molto particolare, perché a condurci sul posto è un autista-interprete, cioè un autista che con un microfono ci racconta storie, aneddoti e curiosità sul Parco, su quello che si vede percorrendo la strada, sugli animali che ci sono, che vengono visti o che si possono vedere. Sembra quasi un dj radiofonico, che in perfetto stile americano interagisce con il suo pubblico con battute e sketch con lo scopo di contribuire appunto all’interpretazione di ciò che vediamo intorno. Non è formalmente vietato l’uso dell’auto ma l’uso dei mezzi pubblici nella valle è fortemente incentivato, proprio per ridurre l’impatto dei milioni di visitatori che vengono annualmente; un efficace e frequente sistema di autobus gratuiti rende la zona e tutti i trekking perfettamente fruibili lasciando l’auto ai lodge (recreation renewal). Arrivati a Glacier Point la vista spazia facendoci dominare su centinaia di chilometri quadrati ingannando i nostri occhi che perdono letteralmente la nozione di distanza e di proporzione. Da qui torniamo a piedi sfruttando la bellezza del paesaggio per provare a far sedimentare tutte le domande e gli stimoli di questo confronto con la realtà americana e cercando soprattutto di non cedere al nostro brutto vizio di paragonarla banalmente a quella italiana. In questo ci aiuterà, una volta rientrati in hotel, Maurilio Cipparone che da grande conoscitore del mondo dei parchi americani guida un intenso debriefing sulla giornata e sugli stimoli raccolti. La mattina seguente è il turno di Tom Medema, Ranger del Parco incaricato di farci avvicinare alla tecnica dell’interpretation, cioè all’arte, o meglio alla scienza di collegare le persone alle risorse, trasformando interventi ambientali in una questione emotiva. Ci introduce al Piano di Interpretazione del Parco (leadership), un vero e proprio strumento tecnico che definisce gli argomenti, i target e le modalità comunicative sia all’interno del Parco sia all’esterno. Il Piano, strumento di pianificazione dell’uso del territorio, fornisce indicazioni circa la progettazione e la realizzazione di infrastrutture, percorsi e attività coerenti con le finalità di tutela dell’ambiente che tengano conto della sua fragilità ma anche degli obiettivi educativi e socio economici del parco. E’ pensato in modo da aiutare la gente ad emozionarsi non solo davanti ad un orso nero, ma anche davanti ad un sasso, ad un insetto; a trasferire cioè il tema della conservazione da un ambito prettamente scientifico ad uno fortemente emotivo. L’approccio è quello di una macchina ben organizzata, con oltre 60 Ranger con il ruolo di interpreti, e migliaia di mostre, collezioni e conferenze tutti gli anni. Gli operatori privati sono soggetti ad una certificazione professionale molto rigorosa e collaborazioni con le facoltà di psicologia permettono di intervistare i visitatori ad un anno dalla loro visita e verificare cosa rimane impresso maggiormente valutando scientificamente l’efficacia a lunga scadenza dei percorsi di interpretazione.

Il virus anaerobio: il Monterey Bay Marine Sanctuary (il dominio dell’acqua)
Siamo ormai da una settimana in California, cuore e mito della West Coast, e questa tappa marina durerà tre giorni e la meta sarà la visita alla Monterey Bay, la conoscenza del programma dei Santuari Marini e la visita ad uno dei più estesi e profondi di essi, il Monterey Bay National Marine Sanctuary (MBNMS), dove incontreremo l’autorità che li gestisce, la NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) e in particolare la direzione West.
Arriviamo a Monterey in tarda serata e il primo incontro con la NOAA è per venerdì 16. Il programma è fittissimo e l’accoglienza calorosa. Presso la sede del MBNMS, c’è l’intero staff: il direttore, il responsabile della ricerca e quello dell’educazione, chi si occupa della protezione delle risorse; Karen Grimmer, responsabile dei programmi operativi, e nostra “guida” per gran parte della tappa insieme a Bill Douros, a capo della direzione West. La mattina trascorre nella presentazione reciproca e nell’esposizione dei programmi e della struttura operativa dell’amministrazione che gestisce il maggiore dei 13 santuari marini protetti dalla legislazione federale, istituito quindici anni fa per tutelare le acque a largo della Baia di Monterey. Il Santuario che si estende nella parte centrale della costa della California, a sud di Marin Headlands fino a Cambria, annovera la presenza di 33 specie di mammiferi marini, 345 specie di pesci, 94 specie di uccelli marini, 4 specie di tartarughe, migliaia di invertebrati, vanta il passaggio delle megattere tra maggio e novembre e delle balene grigie nella restante parte dell’anno oltre, naturalmente, alla lussureggiante foresta di kelp (Macrocystis pyrifera), una alga bruna gigante che può crescere anche 18 pollici (45 centimetri circa) al giorno e che nelle colonie costiere ospita circa 2.000 lontre marine.
Un primo incontro con la fauna marina in piena città lo abbiamo con lontre, leoni e centinaia di uccelli marini che popolano l’US Coast Guard Pier durante la pausa pranzo, ospiti del MBNMS e di Anita Ferrante, proprietaria di Massaro Santos e incredibile tesoro di tante storie legate agli emigrati italiani. Ma la sorprendente rappresentazione di questi habitat e della ricchezza di biodiversità presente la scopriamo nel pomeriggio durante la visita al Monterey Bay Aquarium . Nella pittoresca e ormai turistica Cannery Row, celebrata da Steinbeck e capitale mondiale delle sardine negli anni Trenta, l’Acquario di Monterey è costruito su uno dei più grandi conservifici di sardine della città. Oltre 200 gallerie e vasche su due piani raccontano la vita che si trova al di fuori nella baia. L’Outer Bay Exhibit è una vasca da un milione di galloni di acqua (quasi 4 milioni di litri) che ospita tartarughe marine, squali, tonni, barracuda e numerose altre specie. Incantano le gallerie permanenti di meduse e l’imponente vasca che ospita la foresta di kelp; divertono le lontre marine alla cui tutela è dedicata una speciale campagna. Ai più piccoli è riservata la Splash Zone, ma per tutti ci sono attività di contatto diretto con gli animali seguiti dai volontari dell’Acquario che “ruotano” tra le sue diverse sezioni. La nostra visita prevede anche un giro guidato dietro le quinte per conoscere da vicino la gestione della struttura e le sue problematiche.
Il sabato siamo diretti a Big Sur, altro mito californiano della letteratura. Percorrendo la famosa Highway 1 sull’Oceano Pacifico, si arriva a Point Sur Lightstation State Historic Park . L’area, tutelata come sito di importanza storica, ospita, su una imponente roccia che sembra staccarsi dalla costa, un faro attivo dal 1889 che visitiamo grazie ai volontari della U.S. Lighthouse Society. Si tratta di un sito esemplare in quanto gestione e fruizione sono condotte quasi esclusivamente da personale volontario, esperienza questa che nasce da una legislazione che attraverso politiche ad hoc riesce a fare della partecipazione uno dei capisaldi della gestione e della tutela.
Tappa successiva è Point Lobos State Riserve , poco a sud di Carmel, antica missione spagnola. Il nome della riserva ricorda la presenza di una nutrita colonia di leoni marini che con i loro versi (scambiati per lupi) impressionarono i primi navigatori spagnoli. L’accesso alla riserva è esclusivamente giornaliero e per un massimo di 450 unità (engage). La riserva comprende anche una zona sottomarina istituita nel 1973 come “riserva ecologica”, che costituisce una delle 10 “no-take zones” dello Stato della California. La visita è introdotta da un Ranger ed è condotta da un volunteer docent, figura speciale di accompagnatore volontario promossa da un programma specifico e sostenuta attraverso la Point Lobos Association (organizzazione no-profit). La foresta di cipressi di Monterey, aggrappati agli strapiombi e in parte coperti da alghe rosse, insieme alle Sea Lion Rocks, scogliera più estrema popolata dai leoni marini, costituiscono alcuni dei punti più interessanti della riserva.
La cena del sabato come quella della sera precedente è presso ristoranti messicani, segno di una presenza di ispanici che a Monterey sfiora il 55%, tanto da spingere la stessa amministrazione del MBNMS a dedicare un programma specifico di educazione ambientale (“MERITO”) a questa fascia di popolazione (educational renewal).
Domenica è la giornata dell’incontro con le megattere: lasciato il molo con il sole, l’uscita nell’oceano lungo il Monterey Canyon diventa man mano un viaggio nella nebbia. Dopo aver navigato a lungo e aver perso completamente l’orientamento, l’imbarcazione comincia a fermarsi in prossimità di punti di precedenti avvistamenti. La comparsa delle megattere nella nebbia segnalate dalla pinna dorsale e l’attesa dell’uscita della coda irregolare e sinuosa sono momenti magici e indimenticabili per molti. La terza giornata di questa tappa si avvia a conclusione con la visita nel pomeriggio di A?o Nuevo State Riserve, situata sulla strada del ritorno verso San Francisco. La riserva ospita una colonia numerosissima di elefanti marini, che popolano la spiaggia nel periodo dell’accoppiamento e delle nascite. Il Ranger ci accompagna lungo un percorso di circa quattro miglia a passo spedito per arrivare prima del tramonto in prossimità della spiaggia dove alcuni maschi adulti hanno già cominciato i rituali combattimenti. Il ritorno è nella suggestiva penombra ma ci riscaldano alcuni avvistamenti di coyote che ci “accompagnano” sino a S. Francisco. Dopo una dozzina di giorni e pellegrinaggi in parchi molto differenti dai nostri, la città ci riporta alle nostre aree antropizzate e ai problemi di gestione e governance del territorio, pensieri che sulla strada dell’aeroporto irrompono a chiosare sulla bellissima esperienza; problemi che affronteremo più facilmente in ufficio sicuramente carichi di tanta positività e contagio.

L’epidemia
A fronte delle tante tematiche affrontate e della quantità di stimoli che ci portiamo a casa come valore aggiunto del viaggio ci piace sottolineare che i parchi californiani hanno una gestione e una ricaduta sulla cittadinanza molto positiva dovuta sia alla capacità di conservazione sia a quella di trasmissione dei valori (interpretazione ed educazione), inoltre la disponibilità del patrimonio, legata alle sconfinate dimensioni di aree wilderness, consentono una “gestione” o meglio una tutela della fauna e degli habitat che a noi fanno una certa invidia. La realtà italiana non può che essere differente, e ciò rappresenta anche il punto di forza delle nostre aree protette, però quello su cui dobbiamo interrogarci è qualcosa che sconfina di più nella cultura, nella contaminazione e nel contagio che riescono a trasmettere, nella passione di cui si ammalano decine, migliaia di volontari e milioni di cittadini. Forse in questa capacità di coinvolgimento emotiva sta anche la chiave del successo del fund raising che da noi raccoglie briciole mentre negli USA garantisce l’80% del budget dei parchi; in questo rientra sicuramente la capacità e l’efficacia di gestire i servizi ed il merchandising e/o l’efficienza di darlo in appalto esternamente.
Alla luce del primo secolo di vita il NPS sta dando, inoltre, una forte spinta ai capisaldi della sua storia e, opportunamente rivisitati, alle fondamenta per il prossimo secolo che in primo luogo si rivolgono alla formazione del personale, delle leadership e alla loro riorganizzazione affinché si giunga a promuovere la filosofia dei parchi e la salvaguardia ambientale a quanta più gente possibile e si riesca a farla affezionare in un percorso di governance che travalichi i confini dei parchi ma che coinvolga la Gestione, l’Organizzazione, i Valori, l’Etica, la Ricerca, la Natura, l’Apprendimento (accoglienza), il Networking, la Conservazione e l’Economia.

Profilassi
AA.VV., 2000 - "Comprehensive interpretive planning" National Park Service - Interpretation an Education Guideline Department of the Interior, USA.AA.VV., 2002 – “Nuova frontiera per i parchi USA”, E-Quaderni del Giornale dei Parchi, 30 pp., Ed. Federparchi (Roma).
AA.VV., 2004 – “Marine Life Protection Act, Marine Protected Areas of California’s Central Coast”, California Department of Fish and Game, Marine Region. www.dfg.ca.gov/mlpa/
AA.VV., 2006a – “Management policies 2006 – The Guide to managing the National Park System”, 180 pp., NPS, Department of Interior. www.nps.gov/policy/MP2006.pdf
AA.VV., 2006b – “Ecosystem Observations for the Monterey Bay National Marine Sanctuary 2006”, 18 pp., NOAA MBNMS, Monterey, CA.
American Park Network, 2007 – “Yosemite your complete guide to the park 2007/8”, APN Media, NY (USA).
Folkens Pieter, 2005 – “Marine Mammals of the Eastern North Pacific National Marine Sanctuaries, A Higher Porpoise Design Group”, United States.
Kempthorne Dirk, 2007 – “The future of America’s National Parks”, 19 pp., National Park Service Eds (United States).
McArdle Deborah A., 2002 – “California Marine Protected Areas Past and Present”, 23 pp., California Sea Grant College Program, University of California, La Jolla
Stetson Lee, 1994 – “The wild Muir. Twenty-two of John Muir’s greatest adventures”, 213 pp., Yosemite Association, Yosemite National Park, California (USA).

Un ringraziamento particolare ai compagni di camerata e, in special modo, a Maurilio Cipparone, Marco Marchetti, Davide Marino e Nino Martino.

LANDS ONLUS, via XX settembre, 65 – 90141 Palermo; tel. 091347687 fax 0917301560 c/o ANFE via F. Cesi, 44 – 00193 Roma; tel 063213956 fax 063210995

Francesca Antonucci, Antonio Cangelosi, Marco Caporioni, Luisa Fiammata, Pierluca Gaglioppa, Floriana La Viola, Beatrice Sanfilippo, Riccardo Sedola, Milena Tempesta e Massimo Tufano.