Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 56



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nuovo presidente di Federparchi

Giampiero Sammuri

A Federparchi un maratoneta è oggi più necessario che mai.
Dunque il grossetano Giampiero Sammuri, capita a fagiolo in una situazione che vede la politica dei parchi e delle aree protette -fondamentalmente, poi, della salvaguardia della ricca biodiversità italiana- un po' sottotraccia.

Non diciamo ignorata ma, certamente, non al centro delle attenzioni. Strada da fare ce n'è. Molta.
Giampiero giunge al vertice della "Confindustria dei parchi" dopo una lunga esperienza maturata come amministratore e come gestore di area protetta. Presidente del Parco Naturale regionale della Maremma dal 2000, è stato coordinatore toscano della Federparchi e responsabile della sua Commissione nazionale "Biodiversità". Laureato in scienze biologiche e specializzato in pubblica amministrazione, ha 55 anni e vive a Roccastrada (Gr).
Dal 1995 al 1999 è stato vicepresidente della Provincia di Grosseto con deleghe all'ambiente e risorse faunistiche.
Attualmente è dirigente della Provincia di Siena nel settore risorse faunistiche e riserve naturali e docente all'Università di Siena nel corso di laurea "Gestione e conservazione del patrimonio naturale".
Strada da fare ce n'è. Molta.

E il nuovo Presidente maratoneta sembra allenato a percorrerla senza cedimenti. La sua è una scelta convinta.
«La presenza di Federparchi è essenziale, consentendo alle aree protette di assumere la consapevolezza della loro importanza nel fornire nuove prospettive di sviluppo sostenibile ai territori. La costruzione di una rete di collaborazione, nel trasferimento delle buone pratiche, è stato il valore aggiunto che l´associazione ha saputo garantire in questi anni. Mi impegno a portare avanti questo disegno e questa prospettiva».

Atteggiamento mite e controllato -caratteristico di chi ha sicurezza in sé- il Presidente Sammuri ha idee chiare e conseguente determinazione nel perseguirle. Quale sarà la Federparchi targata "Sammuri"?
«Ogni persona ha, evidentemente, un taglio personale. Credo però che non ci sia da stravolgere ciò che fa Federparchi, e che si condensa essenzialmente in tre funzioni fondamentali.
In primis, fare il sindacato dei parchi, vale a dire rappresentare le istanze di interesse collettivo delle aree protette nelle sedi deputate: il Ministero per i parchi nazionali, le Regioni e le Province per le aree protette di interesse locale. In secondo luogo dare servizi agli associati che per questo pagano una quota associativa annuale. Sino a qui si tratta di cose che, essenzialmente, dipendono solo da noi, da Federparchi medesima. La terza questione è invece un pochino più ambiziosa e innovativa ed è quella di rappresentare, per le istituzioni italiane che hanno a che fare con i parchi, Ministero e Regioni, il ruolo che, ad esempio, ha la Federazione francese nei confronti del Governo nazionale.
Un ruolo, addirittura finanziato e sostenuto direttamente dal Governo nazionale, per una funzione di gestione e raccordo del mondo delle aree protette.
In Francia, accade addirittura che si possa usufruire di personale statale distaccato presso la Federazione... Per arrivare a questi risultati, ovviamente presupponiamo tempi più lunghi, uniti ai necessari approfondimenti tecnico-giuridici».

Se dovessimo fare dei paragoni, Federparchi in realtà è la Confindustria dei parchi e non il sindacato, perché raccoglie i Presidenti che sono l'espressione politica, mentre la controparte tecnica è costituita dai Direttori e dal personale tecnico...
«In realtà, quando parlo di "sindacato", faccio riferimento a organizzazioni come l'Anci o l'Upi che sono i "sindacati" dei Comuni e delle Province.
Mi rendo ben conto che il mondo dei parchi è più complesso e ricco di figure diversificate, dai direttori ai guardiaparco, agli amministrativi, che operano direttamente sul campo tutti i giorni e hanno una conoscenza approfondita delle problematiche. Ritengo che un rapporto più stretto anche con questi soggetti sia una cosa utile, indispensabile, che fa bene alla Federparchi».

Direttori, guardiaparco, personale amministrativo. Come creare più sintonia per costruire il successo alla missione dei parchi?
«Possono anche esserci punti di vista diversi, perché diversi sono i ruoli; ed è normale che ciò accada. Ma vanno cercati dei momenti di confronto tra tutti i soggetti che operano per la missione dei parchi. In questa direzione è stata addirittura chiesta una modifica dello Statuto, in sede di Congresso. Ma è una cosa che si può fare da subito, anche senza bisogno di aspettare un cambio di Statuto. Basta costruire un tavolo comune che stabilisca di favorire questo incontro e questo scambio di esperienze.
Si tratta di sintonie necessarie. Occorre favorire l'incontro tra tutti coloro che sono chiamati a impegnarsi per tutelare il nostro patrimonio ambientale e di biodiversità».

Tu hai esperienza tecnica, come dirigente istituzionale che si occupa di queste cose professionalmente, con compiti specifici di gestione di tematiche naturalistiche, ma hai nel tuo curriculum anche esperienza politica. Dunque tutto ciò può favorire la tua opera di Presidente che ha il compito di dare attuazione a quella territorializzazione delle politiche ambientali auspicata dalla Conferenza di Rio, stabilendo opportuni rapporti con chi ha la responsabilità politico amministrativa del governo del territorio.
«Le mie conoscenze tecniche le metto senz'altro a disposizione e a servizio del mio nuovo ruolo; ma poi voglio anche utilizzare la mia esperienza politica.
Nel mondo dei parchi sono conosciuto come uno che ha competenze tecniche. Forse non tutti sanno che ho all'attivo un Piano del parco, da pochissimo esecutivo, che è stato approvato all'unanimità dal Consiglio del parco, dalla Comunità del parco -che è di colore politico diverso e variegato-, dalla Commissione regionale e dal Consiglio Regionale. Si tratta di un risultato che non può venire da sé, ma è frutto di un lavoro politico intenso e paziente in cui si è riusciti ad avere un consenso importante sul territorio. Se non si fosse lavorato in questa direzione e lì ci fossero divisioni, non si sarebbe certo giunti all'approvazione unanime.... In quel caso, lo sappiamo bene, un qualche portabandiera del dissenso lo si sarebbe di sicuro trovato... ».

Sentiamo spesso emergere la richiesta e la necessità di meglio affermare il ruolo dei parchi e delle aree protette non solo all'interno della politica, ma soprattutto nella società, nella nostra comunità nazionale. Quali strategie si possono mettere in atto per raggiungere risultati di maggiore efficienza sotto questo profilo?
«Serve innanzitutto una migliore comunicazione. Dobbiamo cercare di comunicare meglio cosa sono e cosa fanno i parchi, i problemi che affrontano. A differenza di qualche anno fa, avverto che c'è una migliore e più diffusa consapevolezza dell'importanza dei parchi. Oggi ci sono milioni di persone che visitano le aree protette. Ciò nonostante, anche chi li frequenta spesso ignora i loro problemi, cui potrebbe invece dare, forse, un contributo di sostegno anche in termini politici se meglio conoscesse la situazione. Si tratta di un obiettivo non trascurabile, perché i parchi hanno bisogno di consenso.
Dunque uno dei nostri obiettivi rimane quello di cercare di comunicare non solo agli addetti a lavori, ma a una comunità più vasta, per condividere problematiche, esperienze, conoscenze, soluzioni... ».

Si tratta certamente di un campo di impegno su cui Federparchi può fare un ottimo lavoro a beneficio dell'intero sistema. Ci sono progetti su quali possono essere le strategie e gli strumenti per fare ciò?
«Non sono un esperto di comunicazione, dunque mi propongo di approfondire questo tema con gli specialisti. Quella che avverto è l'esigenza politica di intervenire e vorrei mi fossero suggerite le possibili soluzioni tecniche. Sono in ogni caso convinto che la Federparchi faccia bene ad investire, una parte significativa delle risorse che ha a bilancio, in questa direzione».

Una direzione nella quale occorre cercare di ottenere, da un lato, maggior peso politico e, dall'altro, convincere della bontà delle politiche per i parchi avendo la capacità di comunicare i risultati raggiunti attraverso le buone pratiche messe in atto.
«Le due cose sono strettamente connesse, perché il maggior peso politico si ottiene se dietro il mondo dei parchi c'è più spinta e più consenso; questo si ottiene anche con una comunicazione efficace. Accanto è necessario un lavoro paziente di tessitura di rapporti e relazioni con interlocutori politici.
I soggetti politici, ovviamente, sono a loro volta molto sensibili all'opinione pubblica e dunque se otteniamo questo obiettivo ecco che il nostro peso politico è destinato ad aumentare. In una strategia complessiva è evidente che diffondere la conoscenza delle buone pratiche diviene tema centrale. Bisogna cercare di arrivare a comunicare questi risultati al grande pubblico e dunque esaminare quali sono gli strumenti più efficaci per farlo. Ma si tratta di un'esigenza insopprimibile».

Per concludere, alcune domande secche. Legge quadro: va bene così com'è o occorre cambiarla?
«La 394 è una legge con aspetti positivi ed altri che andrebbero meglio modulati e soprattutto attualizzati rispetto alla situazione di oggi, cioè vent'anni dopo la sua promulgazione. Per metterci mano è tuttavia necessario che si ricrei il clima di quel momento, con un vasto consenso e una diffusa condivisione, sia in Parlamento sia tra gli addetti ai lavori; allora si può davvero compiere un'azione che non divida ma che, anzi, consenta di trovare una visione comune e uno spirito di collaborazione che ne consenta il miglioramento.
Perché ciò accada credo sia indispensabile sentire la voce di Federparchi, che è in grado di elaborare proposte condivise dal mondo dei parchi in maniera "bipartisan", dunque senza alcun problema di coalizione o schieramento partitico, ma per il bene dei parchi. Dunque l'invito a chi fosse intenzionato a mettere mano alle modifiche della legge quadro è quello di coinvolgerci: solo così si troverà una sintesi condivisa che può essere davvero utile al futuro delle aree protette del nostro paese».

Terza conferenza: è stata promessa dalla Ministra nel saluto al nostro Congresso. Quali attese?
«Intanto che si faccia. Ho fiducia nella promessa, nella buona volontà e nell'impegno del Ministero nell'organizzare la Conferenza. Penso che, a sette anni dall'incontro di Torino, ce ne sia davvero un forte bisogno. Anche perché il mondo corre e in sette anni le problematiche relative alle aree protette si sono molto evolute. Quindi il punto della situazione va fatto e mi auguro che in questa conferenza sia dato il giusto spazio alla nostra organizzazione che -rappresentativa della quasi totalità del sistema dei parchi italiani- si dichiara disponibile ad affiancare il Ministero sin dal momento organizzativo».

Ancora sulla Conferenza. Il dibattito si è sviluppato sull'organizzazione e tra chi vorrebbe accorpare la Conferenza su parchi e aree protette a una auspicata Conferenza sulla biodiversità della nostra penisola, per affermare una visione globale di cui i parchi rappresentano una parte. Qual'è l'opinione del Presidente di Federparchi?
«Il mio interesse professionale per la biodiversità è sufficientemente noto. Tuttavia credo che le aree protette meritino una Conferenza a sé stante. Non perché non vi sia una strettissima connessione tra i temi della biodiversità e le aree protette, ma perché una conferenza sulla biodiversità con dentro i parchi rischierebbe di essere riduttiva, sia per l'uno che per l'altro degli argomenti. La biodiversità è un argomento che va considerato come politica di tutela per l'intero territorio. Dunque richiede una visione generale; se dentro c'è una sezione sui parchi, si rischia di offuscare questa necessaria visione generalista.
D'altra parte i parchi non sono solamente politica per la biodiversità. Sono uno degli strumenti per la tutela della biodiversità, ma debbono affrontare anche altri ambiti, come il turismo, la diversità storico culturale, il paesaggio, i prodotti tipici, l'identità.
Dunque credo ci sia bisogno di un momento di riflessione sulla biodiversità e uno in cui si ragioni di politica dei parchi e delle aree protette».

Valter Giuliano