Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 56



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Parchi di carta

La comunicazione fatta, subita e creata dalle aree protette italiane. Viaggio tra le testate che compongono un settore dell'editoria oggi tornato quasi clandestino, dopo i fasti degli anni passati; e tra i protagonisti di una vetrina vitale per il mondo dei parchi e il suo radicamento sociale. La visione di editori e direttori, le esperienze dei giornalisti e le fatiche dei precari incontrano le aspettative dei parchi: ma con quali risultati?

Fiocco verde in edicola. E' arrivata una rivista nuova. Elegante. Sobriamente raffinata. Testi e fotografie di gran classe. Pagine capaci di interessare non solo gli addetti ai lavori, ma anche una cospicua minoranza della società italiana. Non a caso il successo delle vendite è strepitoso. I soldi per l'investimento iniziale sono stati anticipati dalla concessionaria di pubblicità, la Seat, e le banche non sono state nemmeno interpellate. Nessuna campagna pubblicitaria ha preceduto l'uscita del primo numero, ma nemmeno dei seguenti. Giusto una locandina a fine mese da esporre fuori dalle edicole con la scritta “E' uscito il nuovo numero”. E tanto basta.
Tocca dirlo, è il 1981. Il primo numero di Airone, uscito a maggio, tra abbonamenti (sulla fiducia sono già 146) e vendite stimate ha una diffusione di 61.746 copie. La tiratura è di 80.000 copie, la percentuale di resa del 22,8%. A giugno la diffusione totale sale a 65.239, a luglio a 75.474, ad agosto a 80.528, a settembre a 88.798. ad ottobre a 101.118 di cui il 10% per abbonamenti. C'è una nuova stella nel firmamento dell'editoria di casa nostra.
La tiratura cresce senza soste. Nel 1982 sale a 142.142, nel 1983 a 209.077, nel 1984 a 234.431, nel 1985 a 246.998, nel 1986 a 247.113. Nel 1986 viene estromesso dalla guida della sua “creatura” il fondatore e primo direttore di Airone, Egidio Gavazzi. Da allora fino al 1994 a condurne le redini sarà Salvatore Giannella, quindi fino al 2000 Nicoletta Salvatori. Poi nel nuovo secolo e millennio qualcosa nel meccanismo s'inceppa. Falliscono i tentativi di frenare l'emorragia di lettori, sulle cui cause tra addetti ai lavori non s'è ancora smesso d'interrogarsi: la fine del labile innamoramento degli italiani per l'ambiente (negli stessi anni ha inizio pure il declino degli iscritti alle associazioni di protezione), il cambio di editore da Giorgio Mondadori a Urbano Cairo, le linee editoriali dei direttori che si susseguono, provenienti da ambiti professionali quasi sempre estranei a quello della testata. O tutte le cause messe assieme.
A sfogliarne le pagine l'Airone di oggi sembra seguire con convinzione – e da tempo – altre rotte. Il numero di febbraio, quello in edicola al momento di scrivere queste note, apre sull'orgasmo. In 158 pagine, di cui 35 di pubblicità non più selezionata come ai primi tempi, trovano inoltre spazio il desiderio di ventre piatto, le piramidi, i misteri dell'aldilà, la pratica spirituale e politica del digiuno e altro. Solo due servizi sono di 6 o più pagine, per il resto si susseguono brevi spazi dedicati agli argomenti più disparati. Due i servizi, rispettivamente di 3 e 4 pagine, dedicati alla natura e nella fattispecie alle blatte e agli animali che costruiscono tane. Di parchi neanche a parlarne. Airone oggi, diretto dal 2007 da Andrea Biavardi, diffonde centomila copie (dati Ads) grazie anche al prezzo di copertina fortemente competitivo di 1,50 euro. Si fa prima a dire, semplicemente, che Airone non c'è più.
«Noi lavoravamo con la consapevolezza di fare bene una cosa importante, che stava all'interno di un progetto di crescita civile e di modernizzazione del Paese. Sembrerà ideologico dirlo, ma era così», dice Cesare Della Pietà, tra le firme storiche della testata, ad Airone fin dai primi numeri e rimasto per 18 anni nella redazione con ruoli di responsabilità. Una redazione alla ricerca della qualità. Quanto veniva pagato un servizio? «Un servizio fotografico poteva essere pagato anche tre o quattro milioni di lire. Poi i fotografi e i giornalisti inviati godevano sempre di un appoggio logistico, certo non al livello del National Geographic ma sempre importante». Eravate consapevoli di essere una cometa? «No. Airone è cresciuto in parallelo con l'interesse e la sensibilità di una generazione nei riguardi della natura. Davvero ci sembrava di contribuire ad avvicinare il nostro Paese a quelli tradizionalmente più avanti del nord Europa».
Cos'è accaduto poi? «A un certo punto è sembrato come se la società italiana si fosse stufata di questi argomenti. La direzione della rivista, retta allora da quel grande giornalista che è Giannella, ha deciso dal canto suo che bisognava semplificare il prodotto nel senso di renderlo più accessibile. Secondo me troppo. Soprattutto col nuovo editore Cairo s'è iniziato a rincorrere la superficialità su tutti i temi, parchi compresi». In che senso? «Anche sulle nuove aree protette credo che Airone abbia avuto un ruolo importante, stimolando la crescita del necessario consenso alla loro nascita. Ospitavamo interventi, la rubrica di Gianluigi Ceruti sulla legge quadro. I servizi raccontavano le aree protette in modo intelligente e non superficiale cercando di mettere in primo piano la conoscenza e solo dopo la fruizione. In seguito è accaduto il contrario. Quello è un confine molto delicato, che gli stessi parchi conoscono bene». E che conosce lo stesso Della Pietà che oggi siede nel consorzio di gestione di un piccolo parco lombardo, quello di Montevecchia e della Valle del Curone.

Quel che resta da comprare a chi … non spende
«La situazione della stampa di settore? Drammatica», sintetizza senza giri di parole Francesco Petretti. Biologo, divulgatore noto al grande pubblico per la partecipazione a fortunati programmi televisivi, presidente dell'ente regionale gestore delle aree protette della Capitale RomaNatura, Petretti dal giugno 2006 è anche il direttore di Oasis. Altra storica testata di riferimento del mondo naturalista e ambientalista italiano, la sua fondazione risale al 1985 grazie all'iniziativa del suo ideatore Paolo Fioratti e dell'editore Sergio Musumeci.
«In quegli anni siamo riusciti a superare tirature di 50 mila copie a numero», dice Fioratti, che in seguito ha fondato e tuttora dirige la rivista di turismo Itinerari e luoghi. I dati sulla diffusione attuale di Oasis, richiesti all'editore di oggi, sono rimasti un mistero. Quelli che stiamo ricordando sono anni che non torneranno più? Cosa c'era allora nel panorama editoriale e, prim'ancora, nella società italiana che adesso manca? «Secondo me non vi è stato alcun cambiamento, gli italiani sono sempre gli stessi», risponde deciso Fioratti. «Semplicemente, in questo Paese mancano la cultura e l'attenzione vere ai temi della natura e dell'ambiente. Quella di quegli anni era solo una moda che poi è passata com'era venuta. La riprova sta nella chiusura a raffica di testate come Atlante, Natura Oggi, Geodes, Natura Mundi, Silva (la magnifica rivista fondata da Egidio Gavazzi, assieme ad Aqua, dopo l'estromissione da Airone, ndr). Anche il mondo della pubblicità snobba naturalisti e ambientalisti, per loro sono quelli che non spendono». Inutile a questo punto la domanda se esistano oggi spazi per nuove iniziative in questo settore… «Si dovrebbe rispondere che no, spazi non ve ne sono. Però poi non si può mai dire, a volte si verificano anche le cose meno probabili».
Adesso Oasis, acquistata anni fa dall'editore del quotidiano Il Corriere del Monferrato, si presenta ogni bimestre con 7-8 reportage ciascuno anche di 10-12 pagine. Molto spazio è lasciato alle fotografie, e tra le rubriche fisse una è dedicata ai parchi. Presenti, da tempo, diversi articoli cosidetti “redazionali”, cioè realizzati da collaboratori della rivista ma concordati con i committenti tra cui soprattutto enti pubblici. «I nostri lettori sono in aumento», dice Petretti, «perché viene premiata la qualità e soprattutto la coerenza con lo stile, sia nei contenuti che nella veste grafica. Non credo sia possibile oggi per gli Enti parco pubblicare periodici con molte pagine e costose impaginazioni e illustrazioni», aggiunge Petretti. «I parchi devono dotarsi di strumenti di informazione più agili, meno costosi ma più frequenti».
Tra le riviste che dedicano metodicamente spazio alle aree protette una menzione speciale per qualità e diffusione va naturalmente a National Geographic, dal 1998 esistente anche con un'edizione italiana. Raramente con servizi mirati (tra gli altri, ricordiamo quelli su Gran Paradiso ed Etna), più spesso con riferimenti in approfondimenti d'altro tipo oppure articoli brevi, la rivista diretta da Guglielmo Pepe è attualmente diffusa in 121.407 copie mensili – vale a dire più o meno il doppio di Gardenia o Bell'Italia, la metà di Casaviva o Io e il mio bambino, un quinto di Focus che ha superato anche il Messaggero di Sant'Antonio in testa alla classifica dei mensili italiani - e resta il punto di riferimento più alto dell'intero settore.
Senza bollino doc sulla diffusione è un'altra testata e cioè La Rivista della Natura, edita da Pietro Greppi, evoluzione della precedente testata Parchi e riserve. «Il mondo della comunicazione spesso si rappresenta coi numeri che crede e io preferisco i dati veri», risponde Greppi, che della rivista è anche direttore. «Noi tiriamo 20.000 copie e ne diffondiamo 16-18 mila, di cui 5 mila per abbonamento. La seconda cifra è così vicina alla prima perché facciamo la redistribuzione dei resi. Non realizzando un prodotto che invecchia – nelle pagine abbiamo pochissima attualità – appena rientrano i resi (le copie rimaste invendute in edicola, ndr) li inviamo a costi ridottissimi agli enti gestori delle aree protette di cui abbiamo parlato in quel numero».
Parchi e riserve è nata nel 1999 e da fine 2007 ha cambiato pelle. «Ci siamo voluti chiamare Rivista della Natura per allargare il raggio d'azione in un momento nel quale tutti si allontanavano dalla natura. Rispetto a prima abbiamo anche aumentato la tiratura e adesso la rivista viene distribuita in tutt'Italia». Già a Roma però può essere difficile trovarla … «Siamo nelle edicole principali ma non ovunque, visto che in tutt'Italia le edicole sono in un numero tre o quattro volte la nostra tiratura. Ad ogni modo, se un lettore fa richiesta al proprio edicolante, lì troverà il prossimo e tutti i numeri seguenti».
Quanto pagate i vostri collaboratori per ciascun servizio giornalistico e fotografico? «Difficile indicare cifre che variano abbastanza, diciamo che abbiamo alcuni collaboratori più assidui cui affidiamo incarichi frequenti, chiaramente a compensi più contenuti. Comunque sia, il borderò medio a numero è di 5-6 mila euro».
Com'è il vostro rapporto coi parchi? Soddisfacente? Potrebbe migliorare e come? «Il rapporto con gli enti gestori è semplicemente ottimo», continua Greppi. «Bisogna tener presente che la nostra è l'unica rivista che parla solo di natura italiana. Oltre che con gli enti parco, siamo in stretto contatto con le associazioni ambientaliste come il Wwf e la Lipu. Siamo portavoce di Aidap, Aigap, Ebn (l'associazione italiana dei birdwatchers, ndr) e di altri. Dispiace solo che finora non si sia potuto costruire qualcosa proprio con Federparchi, cioè con l'associazione che rappresenta il mondo che noi raccontiamo ogni mese. Saremmo felici se ciò accadesse».
Non rientra ovviamente tra i periodici a diffusione certificata anche un'altra rivista, in qualche modo storica nel panorama italiano del settore e cioè La Nuova Ecologia, la rivista inviata a tutti i soci di Legambiente. «Stampiamo circa 50.000 copie che diffondiamo in buona parte per abbonamento e per il resto in libreria», dice il direttore Marco Fratoddi. Nelle sue pagine ai parchi è dedicata stabilmente una piccola rubrica, ma assai meno spesso un servizio specifico. «E' vero, ce ne occupiamo meno di quanto dovremmo, ma in realtà di parchi parliamo spesso in modo trasversale scrivendo d'altro. Raccontando le risorse di un territorio, ad esempio, spesso ci imbattiamo nelle aree protette e anche i nostri itinerari turistici le toccano di frequente».

Purché se ne parli
La rivista organizza un Corso di giornalismo ambientale quest'anno giunto alla ottava edizione, intitolato a Laura Conti e patrocinato tra gli altri da Ministero dell'Ambiente, Regione Lazio e Federparchi. Tra i docenti figurano giornalisti come Antonio Cianciullo di Repubblica, Franco Foresta Martin del Corriere della Sera, Toni Mira di Avvenire, tra le pochissime firme che si occupano anche di parchi sui grandi quotidiani italiani. Ai partecipanti selezionati, quest'anno ventiquattro, viene richiesto di contribuire a fine corso alla redazione di uno speciale della rivista, in passato dedicato anche ad un parco come per esempio il Cilento o l'Aspromonte. «Scoprire le aree protette assieme a questi giovani giornalisti è stato avvincente», aggiunge ancora Fratoddi, «perché siamo andati esplorando risvolti del territorio che spesso nemmeno gli enti gestori conoscevano. E l'abbiamo fatto con una freschezza e con una ricerca giornalistica sul campo di cui i parchi potrebbero e dovrebbero più spesso avvalersi».
Il corso Laura Conti, naturalmente, non è l'unica iniziativa formativa in campo. Tra le altre segnaliamo, giunto alla quinta edizione, il Master in Comunicazione Ambientale (giornalismo, marketing e divulgazione socio-istituzionale è il sottotitolo) organizzato dal Centro Studi del CTS a Roma in collaborazione col mensile Modus Vivendi. Nata a sua volta dodici anni fa come allegato di Notizie Verdi, portavoce di un'informazione ambientale con un taglio scientifico-divulgativo e politico, questa testata è gestita dal 2004 da una cooperativa autonoma di giornalisti e si occupa anch'essa saltuariamente di parchi. Di natura post-universitaria, anche il master si avvale di qualificati docenti e divulgatori tra cui alcuni volti noti del giornalismo televisivo come Puccio Corona e Tessa Gelisio.
Ancora riguardo ai quotidiani, invece, va notato di passaggio come il tema dei parchi si sia più imposto a livello locale che in quanto tematica d'interesse generale e nazionale da dibattere sulle grandi testate, come si converrebbe in realtà ad istituzioni che interessano se non altro territorialmente un decimo del Paese. E quindi ecco che di aree protette ormai si parla, e tutti i giorni, sulle testate quotidiane locali. Basta scorrere la rassegna stampa di Federparchi (disponibile su www.parks.it). Corriere dell'Umbria, Adige, La Provincia di Latina, La Sicilia, Il Secolo XIX, Il Gazzettino, La Gazzetta del Mezzogiorno, La Nuova Sardegna, e via elencando: qui i parchi ci sono, fanno scrivere e fanno discutere a volte anche discutibilmente – va detto – come nel caso delle polemiche recenti sull'abbattimento dei cervi allo Stelvio, piuttosto che sulla reintroduzione dei camosci ai Sibillini. O sulle nomine che si susseguono. Ma va bene così, nel senso che quasi sempre anche un'informazione imprecisa o faziosa è meglio del silenzio, per istituzioni che devono innanzi tutto trovare un radicamento nella società.
E' quel che purtroppo accade coi grandi quotidiani. Dal Corriere della Sera a La Repubblica, da La Stampa al Sole 24 Ore, alle altre più diffuse testate, di parchi non si parla oggi come ieri se non con eccezioni che confermano la regola. Lo stesso ultimo congresso di Federparchi, nonostante gli sforzi compiuti in fase organizzativa e i lanci d'agenzia che pure non sono mancati – dall'Adn Kronos a Dire, dall'Agenzia Radicale all'Ansa – è stato sostanzialmente ignorato (tv comprese).
Con le redazioni locali, viceversa, può instaurarsi un rapporto proficuo e se la montagna non va da Maometto vi sono altri metodi. Al Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, ad esempio, hanno pensato di fare un accordo con quelli de Il Corriere delle Alpi, il secondo più letto quotidiano del bellunese dopo Il Gazzettino. Ogni settimana, il giovedì, il giornale dedica una pagina intera alle vicende del parco che in cambio acquista 300 copie, per poi inviarle alle aziende del proprio circuito Carta Qualità. «Prima dell'accordo ci si limitava a riportare qualche comunicato, ora c'è spazio per illustrare meglio le attività dell'area protetta», dice Ivan Perotto che cura la pagina per il giornale.

Un mestiere (al) verde
Fin qui gli altri. Ma cosa producono i parchi stessi? Come funziona, quando esiste, l'autopromozione delle complesse attività degli enti gestori? Chi si occupa della comunicazione all'interno di staff spesso esigui e quasi sempre sottodimensionati? Quanti sono i giornali dei parchi e chi li legge? E di cosa scrivono: solo di programmi di escursioni o c'è spazio anche per qualche analisi, per le idee?
Gaetano Perricone ha 52 anni ed è il titolare dell'ufficio stampa del parco dell'Etna. Probabilmente, l'unico giornalista assunto da un parco italiano col regolare contratto di categoria. Ha lavorato per quindici anni all'Ora di Palermo, poi nel 1998 ha vinto il concorso al parco. E' consigliere nazionale del GUS-Gruppo Giornalisti Uffici Stampa, gruppo di specializzazione della Fnsi (il sindacato dei giornalisti). «Al parco mi occupo della comunicazione a qualunque livello. Faccio i comunicati stampa sugli aspetti vulcanologici piuttosto che sull'educazione ambientale, oppure sui programmi di escursioni. E poi c'è la rivista, il nostro Bollettino Ufficiale, che è un trimestrale e che inviamo anche a tutti gli altri parchi italiani. Presto ne vareremo anche la versione elettronica». Quanti sono i parchi italiani che dispongono di un ufficio stampa? «Temo pochissimi. In Sicilia oltre a noi ce l'ha il Parco dei Nebrodi. Il fatto è che la politica teme l'ufficio stampa strutturato e preferisce il portavoce. Noi invece siamo qui sempre, al nostro posto, con passione. E raccontiamo con la nostra professionalità le attività del parco». Cosa devono fare i parchi per avere più attenzione dai media esterni? «Affidare la comunicazione ai professionisti e puntare sulle cose che possano interessare la gente. Le vicende politiche fanno parte della vita dei parchi, chiaro, ma ai lettori interessano poco. Poi io ho un sogno». Quale? «Sarebbe bello e utile alla promozione del nostro mestiere se si creasse un gruppo dei giornalisti dei parchi. Ne ho parlato ad Ippolito Ostellino dell'Aidap e si è dichiarato molto interessato».
La figura del portavoce del presidente è in realtà poco diffusa nei parchi di casa nostra. Ce l'ha da poco il Parco del Pollino, come si evince dal sito Internet dell'area protetta: l'incarico, per un anno, è di 18.360 euro e si aggiunge ai 23.400 euro assegnati allo storico addetto stampa del parco. Ancora sul web. Dalla home page di Parks.it cliccando in basso nella sezione Lavoro nei Parchi, su Albo consulenti, è possibile effettuare alcune ricerche. Provando a immettere la parola “comunicazione”, ad esempio, vengono fuori sei risultati per altrettanti singoli incarichi di consulenza: quanto agli importi si va dai 21.600 euro al Ticino lombardo (incarico annuale) ai 5.000 euro del Circeo (incarico semestrale), ai 6.600 euro dell'Alcantara (incarico quadrimestrale), agli 11.670 euro della Val Grande (incarico annuale per organizzazione e gestione di attività promozionali, di comunicazione e di marketing). E altri esempi emergono curiosando tra i siti dei parchi, per esempio quello del Parco dei Gessi bolognesi: 1626 euro per “addetto stampa e organizzazione iniziative divulgative autunno 2008”, cresciuti a 7.395 euro per “addetto stampa e alla comunicazione esterna” per il 2009. Incarichi a tempo determinato che assomigliano più a soluzioni provvisorie per sbarcare il lunario che a posti di lavoro. Eppure c'è chi è costretto a farne un obiettivo o quanto meno a confrontarvisi. Il mondo dei parchi italiani oggi, bene saperlo, è anche questo.
Claudia Fachinetti ha 34 anni. Milanese di origine, si è trasferita a La Spezia per seguire il marito. Laurea in Scienze naturali e Master in Giornalismo istituzionale e comunicazione scientifica, iscritta all'Ordine dei Giornalisti elenco Pubblicisti, ha alle spalle collaborazioni a riviste come Airone e La Macchina del Tempo. Per un po' di tempo cura l'ufficio stampa dell'Istituto Tethys, organizzazione no-profit per lo studio e la tutela dell'ambiente marino il cui presidente onorario è il noto cetologo Giuseppe Notarbartolo di Sciara. Nel 2005, grazie a uno stage finanziato dalla Provincia di La Spezia, inizia a collaborare con il parco di Montemarcello-Magra. «All'inizio non era ben chiaro cosa dovessi fare, in realtà», risponde al telefono di casa, «ma il lavoro era tantissimo. Quindi il direttore del parco mi ha chiesto di restare». Le danno un incarico per cinque mesi a 5000 euro lordi, poi rinnovato per altri sei mesi. Nel giugno del 2006 le viene formalizzato un contratto a progetto, il primo di una serie a scadenza annuale. Le sue mansioni sono: aggiornamento del sito Internet, stesura dei comunicati stampa, redazione di testi di brochure e opuscoli vari del parco, eventuali articoli redazionali illustranti l'area protetta richiesti da riviste, assistenza a giornalisti in visita al parco.
L'istituzione presso il parco ligure del Centro Studi sulle aree protette e gli ambiti fluviali, che presto diventa lo strumento di lavoro dell'omonimo coordinamento tematico di Federparchi, aggiunge lavoro ulteriore ma anche soddisfazioni. Affiancando il direttore, Claudia organizza materialmente il primo convegno del Centro, nel 2006. I contratti a progetto si susseguono, ogni volta per un importo di 12.000 euro l'anno: la stessa somma assegnata agli altri “ragazzi” – in tutto cinque - che al parco con contratto a progetto si occupano dell'ufficio tecnico, della certificazione ambientale, del settore biodiversità. «Lo so che, paragonata a quelle indicate nel tariffario dell'Ordine dei giornalisti che partono da 35.000 euro annui, quella somma fa ridere», dice, «però parlando con altri operatori dei parchi ho scoperto che non è poi così male». Ora la normativa è cambiata e i contratti a progetto li fanno solo a giovani sotto ai 30 anni. Claudia e gli altri possono essere pagati solo utilizzando soldi di provenienza diversa, come quelli per i progetti europei. Possibilità di assunzione non ve ne sono. L'ente ha soltanto tre dipendenti assunti, tra cui una segretaria e un guardiaparco, che guadagnano entrambi più di loro nonostante il medesimo orario di lavoro. Nella pianta organica la figura del comunicatore non è prevista. «All'interno dei parchi spesso la precedenza ce l'hanno altre figure e ruoli», commenta Claudia cui la scorsa estate è nata anche una bimba, Giorgia. «D'altro canto assumerci con regolare contratto di categoria sarebbe costosissimo. Il commercialista mi ha detto che per avere 1000 euro al mese “puliti” devo chiederne almeno 24.000 lordi. L'unica è mettersi in proprio ed è quello che sto per fare, speriamo bene». Dalla cornetta arrivano gridolini di fondo: l'intervista è finita e il cartone animato pure.
Il Parco di Montemarcello non pubblica una rivista, ma dal 2009 una newsletter sì. Però alla carta si affida ancora un numero cospicuo di aree protette, combattendo coi costi crescenti ed il calo delle risorse. In alcuni casi, più che di notiziari, si tratta di piccole riviste. E' il caso di Adamello Brenta, interessante quadrimestrale dell'omonimo parco trentino: una cinquantina di pagine a colori e l'invio gratuito a tutte le famiglie dei Comuni del parco, agli enti, associazioni e collaboratori (oppure su richiesta, versando 8 euro per l'abbonamento). O di Plinius, rivista del Parco del Vesuvio tirata in 10.000 copie. Oppure di Natura Protetta, trimestrale del “nuovo” Parco d'Abruzzo diretto da uno dei pochissimi giornalisti nominati in seno al consiglio direttivo di un parco e cioè Mario Camilli, ex addetto stampa al Gran Sasso-Laga dove curava l'interessante rivista del parco Camozze. «I giornali dei parchi è giusto che informino le popolazioni locali su cosa realizzano i soggetti gestori, però dovrebbero indirizzare il dibattito pubblico: altrimenti sui parchi vanno avanti solo i luoghi comuni», dice Camilli.
Di foliazione più ridotta ma non meno interessante è Parco della Maremma, organo dell'area protetta toscana stampato in 5000 copie in carta riciclata (come tutte le testate citate, d'altronde): e anche qui si vede che a dirigerlo sia un giornalista, in questo caso un consulente dell'ente, Gabriele Baldanzi.
La maggior parte dei notiziari pubblicati dai parchi ha però il formato tabloid, poco più piccolo de La Repubblica per capirsi. E' quello che consente, grazie alle pagine più grandi, maggiore libertà nella disposizione di testi, foto, tabelle. La qualità della carta è poco adatta alla riproduzione fedele di un apparato fotografico di livello, ma questi davvero sono soprattutto fogli di informazione. E' il caso ad esempio di Crinali, il periodico del Parco delle Foreste casentinesi: dodici pagine dedicate alle attività e il paginone centrale agli eventi. Di Parco Ticino, il giornale dell'area protetta lombarda, scaricabile anche in PDF dal sito del parco. Di Nel parco c'è, ormai storico bimestrale del Parco del Conero giunto al quindicesimo anno di vita, pure consultabile sul sito Internet dell'area protetta marchigiana. Di Tracce, notiziario delle Dolomiti Bellunesi: «lo stampiamo in 56.000 copie uno o due volte l'anno», dice il funzionario del parco Enrico Vettorazzo, che lo dirige, «e lo inviamo a tutti i residenti dei Comuni del parco». Di Voci dal Parco, periodico dei Sibillini. Anzi no.
«Almeno non più», dice Michele Sensini, che lo curava fin dal 1996. Giornalista pubblicista, scuola di giornalismo alla Luis, Sensini ha iniziato a seguire le attività di comunicazione del parco dall'inizio col primo presidente Carlo Alberto Graziani e non ha più smesso. «Voci dal Parco ha cessato le pubblicazioni. Per problemi di bilancio del parco, ora i soldi per la rivista sono stati destinati a calendari ed agendine. La tiravamo in 12.000 copie: negli ultimi tempi era soprattutto una vetrina degli eventi e metà tiratura la distribuivamo presso gli IAT (gli uffici turistici locali, ndr). E' stata sostituita dalla newsletter, ricevuta dai circa mille utenti che ne hanno fatto richiesta: un bel segnale di attenzione, no? ».
Peccato per la rivista, però. «Peccato sì, io poi sono diventato giornalista grazie a Voci dal Parco dove ho pubblicato gli articoli necessari all'iscrizione all'albo professionale. Ma le risorse sono sempre di meno. Anch'io mi sono fatto i conti – dal parco prendo 1000 euro lordi al mese per l'ufficio stampa: mandiamo 40-50 comunicati stampa all'anno, perlopiù alla stampa locale – e da marzo 2008 sono diventato guida ufficiale del parco. Accompagno i turisti per arrotondare».
Quella dei Sibillini, purtroppo, non è la sola voce dei parchi a tacere. Ha chiuso pure Panorami, il più ambizioso tentativo della categoria, voluto dall'ex presidente del parco Walter Mazzitti: un centinaio di pagine a colori, testi con traduzione a fronte in inglese, cadenza trimestrale, carta patinata. Lo facevano al Gran Sasso-Laga ma l'accoppiata commissariamenti-taglio alle risorse è stata ancora una volta fatale.
E' scaricabile liberamente in formato PDF dal sito Internet del parco anche la rivista del Gran Paradiso, che si chiama Voci del Parco. Esce due volte l'anno ed ha pure un bell'apparato fotografico: l'ultimo numero del 2008 è dedicato interamente al lupo e lo illustrano le immagini di un maestro del settore, Angelo Gandolfi.

Sguardi più lunghi
C'è da notare, in ogni caso, come in tutte queste pubblicazioni siano assenti – tranne episodiche eccezioni – articoli di approfondimento ed analisi che non appartengano alla dimensione locale. Quel che manca, insomma, è la cornice, il quadro di riferimento, una visione più generale. E qui trova una collocazione l'altra categoria dei giornali dei parchi, vale a dire quelli di taglio e provenienza regionali.
Prim'ancora va però ricordato, di nuovo sul piano della comunicazione promozionale, che qualche tentativo a dire il vero è stato fatto e sempre dalla Federparchi anche a livello nazionale. Nel 2005 esce infatti Parchi Italia, su iniziativa congiunta dell'editore Technè di Milano e dell'associazione dei parchi. Un mensile di cento pagine a colori, carta patinata, dai contenuti interessanti ma dalla cura redazionale discutibile e, soprattutto, dalla distribuzione assai lacunosa. Dopo cinque numeri l'esperimento si arresta, anche per il mancato auspicato supporto del Ministero dell'Ambiente e per problemi di partnership: «l'editore non era adatto», dice il direttore di Federparchi Luigi Bertone.
Passa un anno e ci si riprova, stavolta con un editore serio ed affermato come Fioratti. Nasce un progetto editoriale per una nuova rivista di carattere nazionale e taglio soprattutto turistico sui parchi, ma non arriverà mai in edicola. Anche stavolta, senza supporti istituzionali, i conti non tornano. «Questo settore dell'editoria negli ultimi tempi è sempre stato un po' drogato», commenta senza giri di parole ancora Bertone, «e se uno non accede a questi finanziamenti non ce la fa. Tantomeno i parchi da soli possono farcela».
Finanziata e realizzata direttamente dalla Regione è Piemonte Parchi, storica testata delle aree protette regionali. Una presenza costante e incoraggiante in un settore dell'editoria, come s'è visto, dove l'estinzione è sempre dietro l'angolo. Nell'anno ventiseiesimo della sua esistenza, la rivista esce regolarmente ogni mese. Quarantotto pagine, tirata in 23.000 copie, viene diffusa solo per abbonamento e cioè attualmente a 10.500 abbonati paganti (16 euro il costo annuo) che comprendono da poco 4000 insegnanti di scienze per iniziativa del Museo di Storia Naturale di Torino. Tradizionalmente attenta a raccontare non solo le aree protette piemontesi ma anche i temi più generali che incrociano la vita dei parchi, dalla ricerca scientifica al patrimonio etnografico, la rivista è confezionata da cinque persone che vi lavorano a tempo pieno, più due part-time, più una segretaria, più un'altra che si occupa della promozione. «E poi c'è il gran patrimonio rappresentato dai collaboratori esterni, ben 150», dice il caporedattore Emanuela Celona. A breve Piemonte Parchi crescerà ancora. Alle sue pagine, prive di pubblicità, si aggiungerà un ulteriore sedicesimo per inserti dedicati alla fruizione di parchi, giardini storici, etc...
Da fine 2007 a Torino c'è un nuovo direttore, che ha sostituito Gianni Boscolo che questa rivista ha accompagnato e fatto crescere a lungo. E' Enrico Camanni. «Intorno alla rivista c'è un buon gradimento, quel che manca è un dibattito sui temi che andiamo trattando e su come lo facciamo», dice. «In Regione sembra quasi che non ci leggano. Invece dai parchi arriva molto interesse, le riunioni periodiche che teniamo con loro sono sempre assai partecipate». «Parlando invece a livello più generale, registro che siamo tornati indietro rispetto agli anni Ottanta», continua Camanni. «Ora i media sono colpiti solo dal cambiamento climatico ed è bene che se ne parli, naturalmente, però manca una buona divulgazione della natura come mondo complesso».
Meno votata all'approfondimento scientifico e più ad indagare gli aspetti politici, istituzionali e gestionali della realtà delle aree protette è invece Toscanaparchi, rivista del Coordinamento toscano di Federparchi. E' così perché così la vuole il suo ideatore e coordinatore, l'infaticabile Renzo Moschini, già fondatore e a lungo direttore della stessa Parchi. Nato nel 2000, pubblicato dalle stesse Edizioni ETS di Pisa che hanno in catalogo una ormai nutrita collana di libri d'approfondimento sui parchi, il trimestrale ha da poco superato il rispettabile numero 20 e conta attualmente su 200 abbonamenti a 20 euro l'anno. In otto anni ha pubblicato inchieste sul ruolo delle Province nella politica toscana delle aree protette, sulla tutela della biodiversità a livello regionale, sul lunghissimo trascorso commissariale del Parco dell'Arcipelago Toscano, nonché interviste ai protagonisti della politica regionale delle aree protette. Inoltre, nonostante il nome della testata, la rivista ospita con regolarità interventi e articoli sui parchi delle regioni confinanti come Liguria, Lazio, Emilia Romagna. «Con l'Emilia abbiamo in comune due dei tre nostri parchi nazionali», argomenta Moschini; «con la Liguria, il Santuario dei Cetacei e fiumi come il Magra; col Lazio siamo confinanti, come pure con le Marche, di cui però ci siamo interessati sporadicamente. Nel futuro cercheremo di fare meglio».
Pubblica una propria rivista sui parchi anche la Regione Emilia-Romagna. Si chiama storie naturali, ogni numero conta un'ottantina di pagine, una tiratura variabile di 10-16 mila copie e una lodevole cura editoriale. Contiene articoli su singole aree protette, attualità, approfondimenti culturali e naturalistici, interviste, itinerari, recensioni. La consulenza editoriale e redazionale è della Fondazione Villa Ghigi, a Bologna. Sarebbe una delle migliori realizzazioni del settore, se non fosse penalizzata dalla periodicità più che annuale. Infatti, il primo numero è del 2004, il secondo del 2005, il terzo del 2007. Del quarto, fanno sapere dal Servizio Parchi, è prevista l'uscita nella primavera 2009.
La rivista dell'Ufficio parchi naturali della Provincia di Bolzano si chiama invece Parks ed è anche questa molto curata. La veste grafica è decisamente elegante e il livello dell'apparato fotografico elevato. Viene stampata in ben 40.000 copie di cui tre quarti in tedesco e un quarto in italiano, ma le 24 pagine di ciascun numero ospitano sempre anche uno o più articoli in ladino. Ne escono due numeri all'anno e tutti possono essere scaricati liberamente in formato PDF dal sito web dell'Ufficio parchi. Realizzati con professionalità, articoli ed interviste riguardano esclusivamente le aree protette altoatesine.
Infine, a chiusura di questa certo parziale esplorazione del mondo della carta stampata che guarda ai parchi e che dai parchi guarda il mondo, c'è da registrare una interessante novità. «Ci pensavamo da un po' ed ora partiamo con un numero zero, che uscirà presto e comunque entro l'anno», dice il direttore dell'Arp Vito Consoli. L'Arp, per i pochi che non lo ricordassero in un pubblico di addetti ai lavori, è l'Agenzia per i parchi del Lazio, quindi un ente regionale. E la novità è appunto il varo di una rivista delle aree protette del Lazio. «Due le considerazioni di partenza», continua Consoli. «La prima è che crediamo ci sia lo spazio per una rivista che viene dal mondo delle istituzioni che non si limiti però a offrire una vetrina per la passerella dei politici. La seconda è che Airone ci ha lasciati orfani e puntiamo a qualcosa che gli somigli il più possibile». A una delle riunioni preparatorie Consoli si presenta coi primi numeri della rivista allora di Giorgio Mondadori, tirati fuori dalla sua collezione personale. «Il nostro sarà un quadrimestrale inviato agli amici dei parchi del Lazio oppure magari, se troviamo un partner disposto a condividere i rischi, anche un mensile che va in edicola con pagine di pubblicità ovviamente selezionata». E davanti a quelle copertine gialle sul tavolo con le quali chissà quanti lettori di Parchi sono cresciuti, hanno scelto una strada, anche al cronista corre un brivido nella schiena.
Auguri, auguri.

Giulio Ielardi