Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 59


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DOSSIER
Parchi tra venti di tempesta e desiderio di nuova primavera

Una risorsa da difendere

Premesso che l'ideale sarebbe una società che non avesse bisogno di parchi (e leggi) per proteggere la natura e l'ambiente, fortunatamente i Parchi esistono e bisogna trarne il massimo vantaggio.
Fortunatamente e vantaggio per chi?
La prima domanda, «fortunatamente per chi?», ha una risposta abbastanza scontata. Perché i Parchi esistono direttamente per la tutela della natura - dell'ambiente più in generale - e della biodiversità; indirettamente per gli esseri umani che, magari senza rendersene conto, se ne avvantaggiano.
E così rispondendo si potrebbe anche ritenere di aver detto a vantaggio di chi sono istituiti i parchi. In realtà, non è così semplice la risposta.
Lo è oggi certamente meno di venti anni fa quando fu approvata la "rivoluzionaria" e mitica legge 391 che si accingeva a portare al 12% del territorio la superficie protetta in Italia. Lo è meno di allora perché i Parchi, specialmente i terrestri parchi nazionali, soffrono crescenti difficoltà che diminuendone la presenza sul territorio e sui cittadini, li fa vedere più come ostacolo che come amici.
Già l'acquisizione del consenso all'istituzione di un Parco e dei suoi inevitabili vincoli è difficile.
Sino a quando non si dimostra che, come recita lo slogan, i Parchi sono anche "occasioni di sviluppo" e lo sono anche e proprio facendo tesoro dei vincoli utilizzati come strumento di conservazione "produttiva" dell'ambiente in cui convivono natura e cittadini, tutela della biodiversità e attività produttive. Se, però, per i continui tagli che le "finanziarie" infliggono al Ministero per l'ambiente e questo trasferisce ai parchi, riesce sempre più complicato fare promozione e prevenzione, evidentemente il consenso diminuisce.
Eppure i Parchi sono una risorsa e risorsa, anche etimologicamente, dà il senso della sostenibilità, della riproducibilità, della durevolezza. Risorsa, infatti, dal latino resurgere, indica qualcosa che risorge e, come tale, non può esaurirsi, si riproduce, è sostenibile. Ma sostenibile, indipendentemente dalla Commissione
Brundtalnd che nel 1987 ne coniò la definizione, significa anche sopportabile e sopportabile è un termine che, a sua volta, può essere inteso in vario modo: specialmente con riferimento al suo opposto "insopportabile".
Questo è il modo in cui l'opinione pubblica, ma non solo, da qualche tempo affronta i temi dell'ambiente, della sua protezione, della conservazione della natura, dei Parchi. Per non parlare di biodiversità che pochi sanno cos'è. D'altra
parte, ad essere sinceri, i Parchi nemmeno chi li ha istituiti sa bene che cosa farne. Né saprei dire quanto si creda al loro ruolo se si pensa che per le aree protette in Italia si spende annualmente lo 0,003 del PIL. Insomma appare sempre più tristemente evidente che si va ridimensionando e sbiadendo nell'opinione pubblica il ruolo dei Parchi. E ciò proprio mentre essi possono essere un volano per lo sviluppo non solo economico, ma anche civile e sociale. E
soprattutto ora, nel lungo periodo di difficoltà economiche e finanziarie che l'Italia sta vivendo. E tanto più se si considera anche che il Paese è in gran parte esposto a gravi rischi naturali primi fra tutti quelli derivanti dal dissesto idrogeologico che coinvolge tutto l'Appennino. Per questa serie di motivi, oltre che per promuovere sviluppo, i Parchi possono essere anche un importante strumento per dare sicurezza del territorio.
Ben altra considerazione, dunque potrebbe avere il ruolo dei Parchi e delle aree protette in genere se questi possibili ruoli fossero noti, enfatizzati ed economicamente sorretti. Con una spesa che si configurerebbe anche come spesa di investimento e non di pura assistenza o, peggio, di riparazione dei danni a valle di un evento catastrofico. Una spesa che in altre varie circostanze ho definito frutto di una "politica del rattoppo".
C'è dunque anche un problema di informazione e comunicazione per acquisire consenso. Ma c'è anche un problema, non trascurabile, di governance. Cioè di quel complesso di condizioni volte al buon funzionamento e al raccordo dei differenti protagonisti e interlocutori sul territorio protetto e alla trasparenza dei processi decisionali.Vale a dire che nell'amministrare un Parco bisogna proporsi anche di razionalizzare e "mettere a sistema" le attività con lo scopo di realizzare politiche, programmi e progetti di massima efficacia ed efficienza, nell'interesse della collettività.
In termini spero più chiari ciò significa un nuovo modo di governare, basato su un approccio condiviso e allargato, capace di mettere in comunicazione tra loro attori pubblici e privati, interessi economici e singoli cittadini.
Cioè, ancora, un modo che dovrà includere la partecipazione ed il coinvolgimento già nella fase preliminare di adozione delle scelte. Si tratta di un processo decisionale partecipato che è più difficile da gestire e meno rapido da realizzare, ma si conclude con un consenso più ampio perché più consapevole e meglio informato e, quindi, garantisce maggiore efficacia all'azione dell'Amministrazione.
In un'area naturale protetta, in un Parco nazionale, una maggiore concertazione del modello di gestione del territorio protetto consente, attraverso la pratica della partecipazione, di ridurre i conflitti. Infatti, coinvolgendo la comunità nelle scelte, si favorisce il confronto, si rafforza la fiducia nelle istituzioni e si migliora la
qualità e la trasparenza nei processi decisionali.
Questa pratica dovrebbe avere come sede privilegiata la Comunità del Parco, ma non dovunque questa esiste e funziona e ciò anche per la litigiosità delle istituzioni (i Comuni) che vi si dovrebbero far rappresentare. Insomma ricerca e acquisizione del consenso vanno realizzati prevedendo momenti di concertazione, di partecipazione e di coinvolgimento volti ad accrescere la consapevolezza delle comunità locali sulle problematiche del territorio (non solo ambientali) e sulle politiche messe in atto per la loro risoluzione.
Naturalmente ogni parco ha le sue specificità e i suoi problemi. Qualcuno ne ha più di altri. Un caso che mi sembra emblematico proprio alla luce delle considerazioni sulla governanace e sulla partecipazione democratica, e sul quale
spendo una breve riflessione in conclusione è quello del Parco nazionale del Vesuvio.
Il territorio vesuviano è stato per decenni il regno dell'abusivismo camorristico, per cui la nascita del parco nel 1995 fu salutata anche come strumento di recupero della legalità. Qui l'acquisizione del consenso non è stata facile né, tuttora, lo è completamente e diffusa.
Paradossalmente il Parco, la sua esistenza e la sua importanza è entrata nelle coscienze dei cittadini in seguito alla sciagurata vicenda della trasformazione di una cava in discarica di rifiuti nel comune di Terzigno in pieno Parco e in un'area di importanti produzioni agricole.

Ugo Leone
Presidente Parco nazionale del Vesuvio