Parks.it
Il Portale dei Parchi Italiani

L'idea di parco


lago La parola parco evoca, nella stragrande maggioranza della gente, una serie di immagini diverse che vanno da un intricato bosco selvaggio ad un'area curata, con punti picnic e parcheggi attrezzati, da angoli sperduti, selvaggi, raggiungibili da pochi, ad un bell'ambiente nel verde, con boschi e cespugli, da un giardino fiorito di azalee ad un riposante esteso prato all'inglese che interrompa la grigia monotonia dell'asfalto urbano.
L'idea di parco ha subito nel corso dei secoli trasformazioni notevoli a secondo dell'immagine che l'uomo aveva della natura che lo circondava e dal rapporto che intratteneva con essa.
L'idea che ne abbiamo oggi, in una società industrializzata, è ancora in parte in formazione, ma sicuramente anch'essa deriva dal contesto da cui prende vita. Un contesto che dipende dalle idee prevalenti nel rapporto con l'ambiente, dalle situazioni economiche e sociali, dal livello di qualità della vita e da molte altre variabili. L'idea odierna di parco non è "assestata" ma in costruzione, in una dialettica tra azioni di conservazione e riflessioni su di esse.


La creazione dei parchi in Italia

paesaggio montano La creazione di parchi nel nostro paese ha seguito strade parzialmente diverse rispetto ai maggiori paesi occidentali dell'Europa, Germania, Francia, Inghilterra.
Nell'arco di tempo tra il 1922 ed il 1968 si assiste alla creazione di soli cinque parchi nazionali con tempi, vicende, motivazioni e funzionamenti diversi. Una seconda fase si apre nella seconda metà degli anni '70 quando, a seguito del passaggio di competenze dallo Stato alle Regioni con il D.P.R. 616/77, iniziano a sorgere i parchi regionali. Nel corso degli ultimi vent'anni vengono istituiti con ritmo crescente un centinaio di parchi regionali, oltre 150 riserve naturali ed altrettante aree protette di diversa tipologia. Questo processo si sviluppa però in assenza di una legge statale di inquadramento della materia, che verrà varata soltanto alla fine del 1991, con scarso collegamento, coordinamento e confronto tra le Regioni ed, a volte, persino con palesi differenze fra momenti istitutivi diversi all'interno di una stessa Regione.


Una situazione disomogenea

Anche su questo terreno l'Italia si presenta pertanto con una sua contraddittoria peculiarità. Da un lato questa variegata fioritura ha portato ad una vasta gamma di iniziative con una loro specificità, autonomia, ricchezza di esperienze umane, politiche, culturali e scientifiche.
Dall'altro però le forti differenziazioni esistenti hanno finito per creare una situazione disomogenea, casuale, che rischia di ritorcersi contro il proficuo lavoro di questi anni. Da un punto di vista culturale e scientifico i parchi di questa "seconda fase" sono figli di un pensiero ambientale che ha preso le mosse alla fine del secondo conflitto mondiale con alcuni pionieri che diedero vita al Movimento Italiano per la Protezione della Natura, sorto nel 1947.
Il contesto amministrativo-legislativo, dopo un decennio di consistenti iniziative regionali, è coinvolto oggi in una crisi di identità delle Regioni, risultate inadeguate a svolgere quel compito fondamentale di programmazione e pianificazione per cui erano state disegnate.
Il peggioramento continuo della qualità ambientale nelle grandi regioni metropolitane, la nascita di un ceto non manifatturiero, legato al terziario (con notevoli caratterizzazioni di "intellighenzia" urbana), contribuiscono fortemente ad accrescere la domanda di spazi, almeno semi naturali, dove ritrovare un contatto con la natura. Ne emerge una cultura parziale che, per quanto legittima, stenta a diffondersi in ampi strati della popolazione.
Gli oppositori ai parchi (per timori spesso eccessivi degli aspetti vincolistici), esprimono a loro volta una visione del bene natura altrettanto particolaristica.
Sono due schieramenti che raramente si confrontano direttamente, preferendo uno scontro a distanza espresso attraverso la costituzione di aggregazioni informali pro o contro. Scambi di accuse fra "retrogradi" difensori dei loro "interessi particolari", ed intellettuali "inquinatori" in casa propria ed esigenti "ambientalisti" fuori della cinta daziaria, rendono il dibattito alquanto stereotipato.
Eppure è soltanto dal riconoscimento di reciproche parzialità che è possibile ricostruire l'indispensabile dialogo ed anche una prospettiva diversa. I parchi dovrebbero e potrebbero diventare una delle sedi dove realizzare questo confronto, sia per accrescere la partecipazione della gente alla vita degli stessi, ma soprattutto per rimuovere pregiudizi ed ignoranza di entrambe le parti.


L'idea di parco laboratorio

paesaggio Oggi possiamo dire che il parco in cui prevale l'aspetto vincolistico è in via di superamento. Ma occorre distinguere fra ciò che pensano coloro che si occupano di conservazione della natura e quello che permane come inerzia nella visione della gran parte delle persone, comprese molte che frequentano ed apprezzano i parchi. Nella vastità dell'arcipelago italiano delle aree protette si va facendo strada, seppur faticosamente, I'idea di parco laboratorio. Un laboratorio per la sperimentazione della ricerca di una nuova convivenza fra uomo e natura, da estendere poi a tutto il territorio. I parchi devono assumere oggi un significato simbolico e rappresentativo legato alla loro capacità di costituirsi quale "metafora vivente" di un nuovo e più accettabile rapporto con la natura e con l'ambiente (Gambino, 1991).
Un parco pertanto a multifinalità effettive, secondo un concetto promosso recentemente anche dagli organismi internazionali di conservazione della natura (IUCN - Caracas 1992). Una struttura territoriale vasta e complessa che assume un ruolo di contenimento dell'espansione antropica, di riequilibrio degli insediamenti e di risanamento ambientale. Non più un parco dove nulla può essere toccato dalla mano dell'uomo, ma un parco dove le stesse attività economiche, in particolare quella primaria dell'agricoltura, agiscono in questo contesto come produttrici di beni e di "servizi ambientali"; in particolar modo nella cura e ricostruzione del territorio.
I parchi dunque come possibile volano di sviluppo, soprattutto in aree marginali. Si apre un terreno particolarmente ampio da riempire di contenuti. La legge quadro e le leggi regionali che l'hanno recepita demandano questa funzione ad un piano pluriennale di sviluppo socio-economico realizzato dalla Comunità del Parco, ossia dall'assemblea che rappresenta le comunità locali. Il parco dunque come "animatore" sociale, economico e culturale. Sono in grado le aree protette di svolgere questo ruolo? Dispongono delle competenze professionali necessarie? Sono uscite, definitivamente, da una posizione difensiva per dialogare a fondo sul territorio con le varie componenti sociali? Non esiste una risposte univoca, tuttavia pare corretto dire che, nel complesso, la strada da fare è ancora molta, ma la rotta è ineludibile alle soglie del terzo millennio.