I dieci anni della legge quadro

Era il 1991. L'anno della fondazione del Pds (e, di riflesso, di Rifondazione Comunista), dell'affondamento della Moby Prince, della firma del Trattato di Maastricht. Se è vero però che ogni ambito culturale ha le sue date - e i suoi eroi - di riferimento, quell'anno per il mondo dei protezionisti va ricordato senz'altro per un altro avvenimento e cioè l'approvazione della legge sui parchi: la n.394.
Come in occasione della prima Conferenza sulle aree protette (Roma, settembre ‘97) le parole più importanti sono state quelle del Presidente della Repubblica. "I Parchi sono laboratori a cielo aperto, ecosistemi delicati e complessi, essenziali per la salvaguardia dell'ambiente e della salute dell'uomo". Così scriveva Ciampi alla Federparchi in occasione del suo convegno del decennale, il 30 novembre a Roma. E ancora: "le aree protette rappresentano modelli di integrazione delle varietà naturalistiche con il contesto storico e culturale del nostro territorio". Un modello tutto italiano, anche se sperimentato pure in altri Paesi (vedi ad esempio i parchi regionali francesi).
Il decennale della legge era atteso da un po' tutti gli attori in campo per un bilancio, una proposta di correzione, una dichiarazione di intangibilità. Così è stato, pur se in tono minore alle attese. Intanto l'anniversario è passato sotto silenzio nella più simbolica "casa" dei parchi, cioè il ministero dell'Ambiente. Nessuna particolare iniziativa, neppure di taglio critico-riflessivo, ha accompagnato infatti le contemporanee e ripetute dichiarazioni di voler riformare la legge (da parte del sottosegretario Roberto Tortoli). Come italica tradizione, alla latitanza istituzionale hanno supplito le associazioni ambientaliste, con l'aggiunta dei parchi stessi rappresentati da Federparchi. Convegni e appuntamenti si sono susseguiti un po' in tutta Italia, dal Gran Sasso a Pisa, da Aosta a Roma. Wwf e Legambiente, pur naturalmente con toni diversi, hanno sostanzialmente concordato sul bilancio largamente positivo della 394. "Un decennio di successo", ha sentenziato il Cigno, lasciando aperta la porta a modifiche possibili sui fronti dell'autonomia degli enti e delle politiche di sistema. Bilancio "positivo", pur senza enfasi, è invece quello del Panda, subito accompagnato da severi rilievi sugli eccessi burocratici e sul ricorso ai commissariamenti (ma nessuna apertura a possibili modifiche). Tra le altre associazioni merita un cenno Italia Nostra, poichè proprio l'occasione del decennale è stata colta dopo anni per la ricostituzione di un gruppo nazionale sui parchi, coordinato da Gianluigi Ceruti. L'associazione ha peraltro presentato un dossier sui parchi ancora da istituire, o da mettere a regime.
Quanto ai partiti, quasi totale il disinteresse che va purtroppo registrato. Il "quasi" è merito indubbio - e però quasi obbligato, visti gli interessi di cui il partito si dichiara portatore - dei Verdi, che dopo il rinnovamento del congresso di Chianciano hanno dedicato giusto ai parchi il loro primo appuntamento pubblico (un convegno il 13 dicembre a Roma). A tinte assolutamente fosche il giudizio sui dieci anni trascorsi, visto che "le ombre prevalgono sulle luci". E le ombre si chiamano riduzione dei perimetri, commissariamenti, caccia e abusi edilizi, rischio stesso di snaturare i parchi, "interessi economici al di sopra di ogni valore". Addirittura "parchi abbandonati", tra cui la Val Grande, il Gargano, le Cinque Terre. Insomma, più che una festa un funerale.
Ma il Sole non rideva ?

    g.i.




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