C'è parco e parco

I Parchi archeominerari


Ci ha scritto in redazione la signora F. L.
"Mi piacerebbe saperne di più, ed anche avere il vostro preciso parere, su quei parchi nati prevalentemente per tutelare i valori culturali del territorio e che sono stati istituiti secondo leggi speciali (finanziare ecc.) non direttamente riferibili a quelle che si adoperano per garantire la tutela dei beni ambientali. per capirci, ad es., il "parco archeominerario delle colline metallifere", il "parco geominerario storico e ambientale della sardegna". ecc.
potete dedicare un piccolo spazio anche a questi? Grazie
"

Abbiamo chiesto ad Antonello Nuzzo di rispondere per noi alla gentile lettrice.

Nell'esperienza più che decennale della legge quadro sulle aree protette si è registrata una notevole evoluzione del suo campo di operatività. Superata la cosiddetta discriminante naturalistica il campo si è esteso ad abbracciare anche valori storici e culturali, fatto abbastanza scontato in Italia, dove è impossibile procedere a distinzioni sulla caratterizzazione delle risorse da sottoporre a disciplina speciale.

C'è poi da segnalare l'assenza di criteri unitari da parte del Ministero dell'Ambiente nella gestione dell'elenco ufficiale delle aree protette. La casistica più disparata trova qui fedele registrazione, rispecchiando, comunque, i comportamenti istitutivi delle Regioni che sottopongono al regime di area protetta un'ampia gamma di valori: emergenze naturalistiche ed ambientali, paesaggi ed assetti storicamente connotati, singolarità di interesse locale e altro ancora.

Eppure da un ambito di operatività già così vasto ed elasticamente interpretato ed interpretabile, sfuggono comunque - essendone esplicitamente esclusi - "parchi", nati proprio per iniziativa del Ministero dell'Ambiente, che apprendiamo essre "altro" da quanto trattato dalla legge n. 394 /'91, comprensiva, in quanto "quadro", di ogni principio in materia di aree protette.

E' la legge 23. 12. 2000, n. 388, finanziaria per il 2001, che ci riserva questa sorpresa - all'art. 114 - aprendo la via all'istituzione di parchi nazionali archeologici e di archeologia mineraria, di cui ben tre in Toscana. Ma forse la sorpresa, almeno per quanto riguarda la sede impropria di tale novità, non è poi del tutto giustificata visto che dal disposto di legge l'unica cosa chiara è che ad alcune localizzazioni, sempre che si seguano determinate procedure, vengono erogati finanziamenti per un triennio.
Sapere di più sulla natura di tali parchi nazionali è impossibile, data l'inesistenza, nella legge finanziaria, di qualunque raccordo alla legge "quadro" e rimandandosi ogni precisazione agli statuti dei consorzi che dovranno gestire tali situazioni; consorzi che vedono la presenza dei Ministeri dell'Ambiente e dei Beni Culturali, delle Regioni, degli Enti Locali.

Pur trattandosi di parchi nazionali, istituiti con decreto ministeriale, nessun impegno viene assunto a garanzia della continuità di risorse finanziarie statali necessarie ad una loro sopravvivenza decente, oltre gli stanziamenti triennali previsti nella finanziaria, peraltro limitati e ben lontani da assicurare un assetto a regime.

Se nulla si può eccepire sulla dignità e rilevanza dei valori archeologici e di archeologia mineraria in questione, va evidenziata la compresenza, nelle localizzazioni oggetto degli atti istitutivi, di emergenze naturalistiche non di poco conto; alcune ben note ed inserite nella rete europea Natura 2000, destinate inevitabilmente ad una specifica disciplina di valorizzazione e tutela, che, a quanto pare, sarà necessariamente distinta da quella di "parco" prevista dalla finanziaria 2001.

Emblematica, al proposito, è l'istituzione del "parco" archeologico delle Alpi Apuane, lì dove già esiste l'omonimo parco regionale, destinata a creare un inestricabile groviglio di competenze e conflittualità difficilmente spiegabili alle popolazioni, ovviamente inconsapevoli di tanto accanimento e concorso di competenze nella cosiddetta valorizzazione e tutela.

Ci accorgiamo dunque che possono esserci - magari sugli stessi territori - più situazioni di "parco", di origine e con regimi diversi e, quindi, con prospettive di gestione e destini diversi: questo non giova alla chiarezza ed alla serietà che forse si richiederebbe ad una politica delle aree protette che, superato il decennio di rodaggio della legge quadro, dovrebbe ormai avviarsi ad una maggiore età con esiti di ben altra coerenza ed organicità.

Se pensiamo poi che l'esperienza regionale e locale in materia, in regioni come la Toscana, ha origini ben più lontane, ormai risalenti alla fine degli anni '70, non può che destare disappunto e perplessità il consenso degli enti locali e l'intesa incondizionata tra Stato e Regioni su cui si fondano tali avventurose e pasticciate iniziative: è dunque, per ora, la perfetta realizzazione di una leale collaborazione, fondata, però, su basi alquanto insicure e comunque degna di miglior fine.

Attendiamo dunque esiti concreti e le prime scadenze, al termine dei finanziamenti accordati, per un giudizio circostanziato su questa nuova vicenda dei parchi nazionali archeologici e di archeologia mineraria, augurandoci che ci sia sempre tempo e voglia per correggere il tiro e riportare ad unità e coerenza quello che si sta definendo, almeno a parole, come il sistema nazionale delle aree protette e che sembra essere sempre di più il solito vestito di Arlecchino.

    A. Nuzzo




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