Le Marche sulla via di Torino


Mai come nelle giornate di summit a Johannesburg, nelle quali l'informazione sembra volersi fare perdonare anni di silenzi sui problemi dell'ambiente, noi che amministriamo parchi ci sentiamo "notizia politicamente corretta".
Il Papa segnala l'importanza. Berlusconi infine andrà. Gli Stati Uniti si presentano decisi a collaborare. Il ministro italiano si batte senza tentennamenti e appoggia la linea europea che, si badi, è più avanzata di quella statunitense. Perdincibacco! Sembra di sognare. Vuoi vedere che viviamo nel migliore dei mondi possibili?
Forti di questa impressione, nella regione Marche (un territorio dell'alto Levante, cuore dell'Appennino e segmento della costa Adriatica, tanto che di qui sono partiti i progetti Ape e Cip, per non parlare dei convegni di Camerino) si lavora guardando già alle opportunità del dopo Johannesbourg, ben sapendo che il grande discorrere mediatico di queste ore sui mali del mondo presto sarà sostituito da altre chiacchiere, ma che quei gravissimi temi dovranno essere egualmente affrontati, senza alcuna copertura di stampa, nella solitudine delle "nostre" aree protette.
Sicché nelle Marche ci si sta organizzando per traformare l'autunno in una stagione di confronto culturale e di cooperazione istituzionale, affinché la diffusa preoccupazione sui mali ecologici della Terra si converta almeno in una aggiornata politica dei parchi e delle riserve. Tutti sappiamo che a Torino, tra l'undici ed il tredici ottobre, si svolgerà la seconda conferenza nazionale delle e/o sulle aree protette. Alcuni di noi sanno che nella regione Marche si è consumato uno scontro duro relativo al taglio dei fondi regionali destinati alle aree protette, che - dopo alterne vicende, e con molte sofferenze - si sta risolvendo in una vittoria del buonsenso e della cultura. Quel confronto ha lasciato strascici di varia natura, ma forse può essere usato in positivo. Si può immaginare che quella discussione abbia suscitato interesse, abbia stimolato curiosità, abbia messo in campo energie vecchie e nuove. Tutto questo verrà messo alla prova in un percorso, che il Coordinamento delle aree protette marchigiane ha concordato di gestire assieme alla Regione Marche e quindi all'assessorato ai parchi. Si svolgeranno nell'arco di un paio di settimane ben cinque pubblici appuntamenti (sul turismo e la cultura, in Amandola con il contributo del parco dei Sibillini; sulla biodiversità e la pianificazione, a Carpegna, con la organizzazione del parco del Sasso Simone e del WWF; a Serra San Quirico sul progetto APE, con la regia di Legambiente e del parco di Frasassi; a Villa Caprile di Pesaro, sull'agricoltura, gestito dal parco del San Bartolo; a Sirolo, sul progetto CIP, a cura dell'omonimo comitato) e poi si terrà una sessione conclusiva e riassuntiva, a Portonovo di Ancona, nel pomeriggio di lunedì 7 ottobre, dove tutto quello che è stato discusso sarà socializzato e finalizzato a due obbiettivi: la partecipazione alla conferenza di Torino, e la preparazione della conferenza marchigiana, dopo Torino, affinché la politica che si attuerà nelle Marche negli anni a venire non prescinda dal livello di elaborazione e dalle esperienze di quanti si occupano oggi del sistema regionale delle aree protette. Questa è l'idea. Vedremo nei fatti come prenderà corpo. Se è vero che una delle lacune di quanto è accaduto in questi ultimi anni è la debolezza della cooperazione istituzionale, che a volte ha subito supplenze, altre volte ha semplicemente ignorato ostacolando perfino le supplenze, quanto si sta preparando nelle Marche sul cammino della conferenza di Torino non è cosa da poco, e potrebbe essere un fatto importante, non solo localmente.
Già la fase della preparazione estiva sta segnalando interessanti novità. Si mettono in movimento energie che fino ad oggi hanno agito in modo isolato e - a volte - emarginato. Si creano le pre condizioni per un confronto ampio, che potrebbe cercare di ridurre il deficit di culture che è esploso nella fase di predisposizione del bilancio regionale. Il Coordinamento delle aree protette marchigiane tenta di svolgere un ruolo connettivo, ma molto rispettoso delle autonome identità, affinché davvero tutte le energie disponibili vengano allo scoperto e si colleghino tra loro per le famose "sinergie".
In attesa di fare il bilancio di tutto questo, il Coordinamento si è confezionato un vestito nuovo. Fino ad oggi, infatti, usava il simbolo della Federparchi, in un accordo con la federazione dove il mutuo sostegno confinava con il parassitismo di logo.
Oggi è in campo un logo nuovo, che si affiancherà con pari diritti, doveri e dignità con tutti gli altri, più conosciuti. Anche questo - probabilmente - è modernizzare. In ogni caso è sintomo di una vitalità che serve a tutti noi per uscire dai nostri mortai dove troppo spesso ci ostiniamo a pestare acqua, in un periodico moto in luogo più verbale che fattuale, e di dubbia utilità collettiva.

Mariano Guzzini




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