Un'audizione poco...sorvegliata.
Il comandante del CFS alla Commissione Ambiente della Camera


Le audizioni in corso alla Commissione della Camera sul sistema di gestione amministrativa degli Enti parco nazionali proseguono piuttosto in sordina, sebbene l’indagine sia stata promossa a seguito delle roventi polemiche sui residui passivi di alcuni parchi nazionali.
Il 29 ottobre è stato il turno dei rappresentanti del Corpo forestale dello Stato. E subito viene da porsi una domanda che ci auguriamo non suoni meno che rispettosa nei confronti della commissione parlamentare: cosa c’entra il CFS con la “gestione amministrativa dei parchi nazionali”?
Sicuramente c’entrano di più i direttori, ma non ci risulta che siano stati ascoltati; ed è bene perché della gestione amministrativa rispondono gli Enti, i soli che abbiano titolo per farlo. Un trattamento speciale dunque, che non si spiega e non si giustifica, ma che a maggior ragione avrebbe dovuto indurre i rappresentanti di un corpo - di cui si discute da fin troppo tempo - a muoversi in punta di piedi. Invece no.
Giuseppe Di Croce, Capo del corpo, dopo avere assicurato i commissari che “Il CFS assolve in modo soddisfacente al lavoro richiestogli” (ne è sicuro? Non gli risultano, nel corso degli ultimi anni, motivi di contrasto e numerose giustificate diatribe in diversi parchi?) si è dimenticato della sua stessa premessa sui compiti della forestale, che sono di sorveglianza, per presentarla come titolare di un ruolo autonomo, che affianca l’Ente parco, che svolge una funzione di “ambasciatrice del parco sul territorio”, con una professionalità molto elevata ed un rapporto corretto tanto con la normativa quanto con i fruitori del territorio medesimo. E perché fosse chiaro il concetto ha detto che “concorriamo con gli Enti parco all’esercizio di attività di rilievo”. Non pago, dopo avere sentenziato su piani del parco, sui piani socioeconomici, su attività interpretative di norme e regolamenti, ha sostenuto che la “realtà più scandalosa” (!) dei parchi rispetto alle popolazioni residenti è quella dei residui passivi. Presa l’aire il Di Croce si è augurato che al più presto si possa ottenere “il superamento dell’arbitrio degli amministratori”. A questa stupefacente performance,, che sulle cause effettive dei residui non ha aggiunto - né poteva aggiungere - alcunché (anzi, no: secondo Di Croce una causa dei residui è il ritardato pagamento dei servizi prestati dal corpo), ha fatto seguito un ancor più sorprendente dibattito. A nessuno dei parlamentari, alcuni dei quali si sono sperticati in salamelecchi talvolta grotteschi (le guardie che riconoscono fiori e animali senza bisogno di consultare libri!) è venuto in mente di chiedere se ai parchi nazionali non comporti qualche difficoltà il fatto di non avere la sorveglianza alla propria completa dipendenza. Soprattutto di fronte alle parole di Di Croce, che non aveva esitato a lamentarsi di qualche direttore, il quale avrebbe la fantasiosa pretesa di gestire la sorveglianza appunto in base alle esigenze dell’area protetta o non a quelle degli uffici del corpo. Perché il vero problema di oggi, per i parchi nazionali, è che - a differenza di quanto avviene nei parchi regionali - non hanno la piena titolarità del corpo di vigilanza. E l’audizione almeno a questo è servita: a far comprendere che il CFS si considera una realtà distinta dal parco, tanto che Di Croce si è permesso di fare le bucce agli amministratori senza tanti giri di parole.
Al capo della forestale va riconosciuta almeno l’estrema franchezza. Ai parlamentari semplicemente di avere perso una occasione per discutere di un problema che prima o poi andrà risolto e non ignorato.
r.m.



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